Bologna, maggio 2004 A tutti i miei compagni di giochi, quelli di oggi e quelli di… oggi Quasi un soffio… Non ho mai capito il perché, delle divisioni e delle moltiplicazioni, degli addendi e delle somme, dei conti che devono sempre tornare. L’unica cosa che doveva tornare era lì: quel senso di Amore e di Uguaglianza, impresso nel cuore, come un sasso nel mare. Mi sono sempre chiesta il perché d’innumerevoli cose: forse ora solo so la risposta a quei molti perché. “Vi arriva il poeta”, lungo lo “sciame dei tuoi pensieri”. Così si arriva nel mezzo della vita, un cammino lungo un’ora, breve come un secondo e lieve come un soffio, al mare sulla sabbia d’inverno. Quando ero bambina, pensavo a come sarebbe stato un giorno, ma ora il mondo è racchiuso in uno schermo, di vetro o di cristallo: lo sento intorno e lo guardo e lo osservo, ma spesso non riesco a riflettere. E penso di essere stupida perché non amo la razionalità, che tanto serve a non soffrire mentre, con infantile ingenuità e severa maturità, ancora non mi aiuta l’età a comprendere le persone, i loro infiniti controlli emotivi, le mancanze d’amore, l... continua a leggere
torna suUn ampio canzoniere accolto tra due ali di esiguo peso, ma dall’inequivocabile significato di soglie, una d’ingresso e una di uscita: l’autore ha scelto di collocare la propria collezione poetica in una coppa di massime e aforismi, di adagiarla tra frantumati cristalli di prosa. In apertura sono Cocci fra terra e cielo, citazioni tratte da molti maestri di morale e utili strumenti per il viaggio. Sono inevitabili, bisogna camminarci sopra prima di entrare, e restarne feriti. Uno per tutti, l’ultimo (il 66, numero che pone più di un quesito), che fa compiere infine, col dolce tocco autoritario della firma di Ceronetti, il lancio nel canzoniere: «La poesia ripara gli errori della Ragione, riempie i vuoti dei sensi, toglie il “velo di Maya” dai nostri occhi. È la vera Conoscenza». E se all’inizio sono cocci, alla fine ecco alcune schegge firmate dall’autore, il fragile artigiano, che nelle prime compie, scalino per scalino, una straordinaria confessione aforistica, confidandoci cosa gli piace e cosa no. Ma poi s’insinua in uno spazio di veri aforismi, massime disilluse e realiste, sapienti ma anche frustrate da un mondo che va come è sempre andato. Se non fosse per quella luce finale (ancora il 66, intendenti paucissima) che si accende sullo stile, sulla sua ubiquità e, soprattutto, sul suo effetto conciliatore. Verrebbe quasi da deformare la sconsolata affermazione di Heiddeger: solo lo... continua a leggere
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