La prossima volta: Schiller, Die Kunstler. Oggi: Manzoni, I promessi sposi. Enorme diffusione, opinione consolidata, fuori d’Europa; io ho da dare solo alcuni cenni, a chiarimento di ciò che è noto senz’altro.
Nell’estetica si aprì nello stesso tempo un dibattito intorno al concetto di «romanzo storico». Il 1827 era l’acme della gloria di Walter Scott; la sua colossale ricchezza d’invenzione, il suo sentimento, di una sanità a tutta prova, la sua arte della descrizione esteriore e interiore sovente prolissa, il suo studio dei tempi e del costume, il suo tono sempre drammatico, che s’alza con forza sino alla peripezia, nella persona degli stessi protagonisti. Qui, invece, un romanzo storico, i cui innamorati sono del tutto insignificanti: Lucia non è bella, Renzo non è intelligente; un contadino e una contadina; essi scompaiono talora per lunghi tratti del racconto; ciò che si svolge con loro e con gli altri personaggi, non è la storia di Renzo e Lucia, ma un frammento di storia universale; il tono drammatico è... continua a leggere
torna su
Di Marino Moretti (1885-1979) qui si delinea la sua anima crepuscolare – la sua vicenda crepuscolare, visto che la sua opera non si esaurisce con il crepuscolarismo storico – flessa nella trilogia che annovera Poesie scritte col lapis (1910), Poesie di tutti i giorni (1911) e Il giardino dei frutti (1915), cui seguì, dopo una vasta produzione narrativa ben apprezzata dalla critica, un lunghissimo, emblematico, silenzio lirico protrattosi fino a L’ultima estate (1969), e successivamente Le poverazze nel 1973 e Diario senza le date nel 1974. Al lungo silenzio di poeta forse contribuì la scomparsa di alcuni autori suoi compagni di strada, che fissava anche la fine del crepuscolarismo storico.
... continua a leggere
tag: Guido Gozzano, Marino Moretti, Sergio Corazzini, simbolisti franco-belgi
torna su
Queste pagine – nella forma di uno stream of consciousness di questioni proustiane in un movimento di scrittura che procede a stratti, e che torna sui propri passi con altre impressioni fuggevoli – sorgono dalla fusione di note parziali e lontane o lontanissime nel tempo e dall’esigenza di non estinguere l’eco delle letture lungo gli anni, di qui il citazionismo diffuso: pour ne pas oublier. Perché «L’oubli comme une brume efface les visages / Les gestes adorés au divin autrefois»… Non era Proust a dire che spesso ciò che le letture «lasciano in noi è soprattutto l’immagine dei luoghi e dei giorni in cui le abbiamo fatte»? Dei giorni andati, sprecati, ma talora, per caso e per istantaneo lumen, irresistibili richiami nel presente. Con la pretesa di un nesso con il tempo e la memoria rifondati nello stile, il titolo qui rovescia due aggettivi di un emistichio («et le tout près, lointain») nei versi di Antoine Watteau, nei Plaisirs et les jours. Ed è per via metaforica che le cose lontane si fanno vicine. E per gli spostamenti dello sguardo, e per la uguale ... continua a leggere
torna su
L’obbiettivo di questo contributo è quello di fornire un esempio di racconto illustrato che ponga quale nervatura centrale del suo sviluppo narrativo l’ucronia.
A tal fine, senza addentrarsi in una ricostruzione storica e filologica di cosa sia e di cosa sia stata la fantastoria – compito che in modo ben più approfondito altri autori svilupperanno in questa pubblicazione – ci si è concentrati sul racconto stesso.
Piergiorgio Nicolazzini curò diversi anni fa una interessante raccolta che riuniva una lunga serie di racconti ucronici, che proposti in modo diacronico relativamente alla loro pubblicazione, suggerivano un percorso lungo oltre un secolo di storie, o meglio Storia, alternativa. Qui, oltre a fornire alcune possibili definizioni del genere, Nicolazzini ricordava come i primi esempi possano essere fatti risalire addirittura a Tito Livio ed il suo Ab urbe condita. Nell’offrire questa panoramica di autori e opere, sempre Nicolazzini sosteneva ad esempio che il primo libro esplicitamente ucronico sia da vedersi in Napoléon et la conquete du monde, 1812-1823: Histoire de la monarchie univ... continua a leggere
torna su
Queste pagine – nella forma di uno stream of consciousness di questioni proustiane in un movimento di scrittura che procede a stratti, e che torna sui propri passi con altre impressioni fuggevoli – sorgono dalla fusione di note parziali e lontane o lontanissime nel tempo e dall’esigenza di non estinguere l’eco delle letture lungo gli anni, di qui il citazionismo diffuso: pour ne pas oublier. Perché «L’oubli comme une brume efface les visages / Les gestes adorés au divin autrefois»… Non era Proust a dire che spesso ciò che le letture «lasciano in noi è soprattutto l’immagine dei luoghi e dei giorni in cui le abbiamo fatte»? Dei giorni andati, sprecati, ma talora, per caso e per istantaneo lumen, irresistibili richiami nel presente. Con la pretesa di un nesso con il tempo e la memoria rifondati nello stile, il titolo qui rovescia due aggettivi di un emistichio («et le tout près, lointain») nei versi di Antoine Watteau, nei Plaisirs et les jours. Ed è per via metaforica che le cose lontane si fanno vicine. E per gli spostamenti dello sguardo, e per la uguale ... continua a leggere
torna su
Le lezioni pisane di Giovanni Macchia restano per me uno squarcio vivo di sensazioni ed esperienze appartenenti al primo anno di vita universitaria, ma non fermatesi lì. Correva l'anno accademico 1940-1941. La seconda guerra mondiale stava dilagando; la Francia era in ginocchio, secondo una frase del gergo allora corrente. Si viveva in una Pisa ancora goliardica e (non è contraddittorio) un po' sonnolenta, ma attraente per un campagnolo di fatto lucchese vissuto un po' in disparte, sia pure senza portare un cappuccio sugli occhi. Gli studenti, in gran maggioranza, erano ancora – per l'età, per l'inesperienza – effervescenti e un po' incoscienti insieme, poiché non potevano certo trarre beneficio critico da una propaganda martellante che, sin dall'infanzia, accompagnava ora per ora il ritmo della loro vita. Frequentare quindi i corsi di letteratura francese aveva un po' il sapore di una presa di posizione indipendente, quasi una piccola sfida, e – ad un tempo – quello di un amaro ripiegamento su se stessi.
All'inizio, non era facile orientarsi per un diciannovenne che la dichiarazione di guerra alla Francia av... continua a leggere
torna su
Un poeta che tu ami solo in parte, e riguardo al quale è generalmente ammesso che Sainte-Beuve, che gli era molto legato, diede prova dell’ammirazione più chiaroveggente e divinatrice, è Baudelaire. Ora, se Sainte-Beuve – commosso dall’ammirazione, dalla deferenza e dalla gentilezza di Baudelaire, che gli mandava ora dei versi ora del pan pepato, e gli scriveva lettere entusiastiche su Joseph Delorme, sulle Consolations, e sui Lundis – gli inviava lettere affettuose, non ha mai tuttavia accondisceso alle sue ripetute richieste di dedicargli almeno un articolo. E il maggior poeta dell'Ottocento, che per di più era suo amico, non compare nei Lundis, ove invece figurano tanti Conti Daru, Alton Shée e altri del genere. O vi compare solo marginalmente. Una volta, al momento del processo intentato contro di lui, Baudelaire implorò da Sainte-Beuve una lettera in sua difesa: Sainte-Beuve reputò che i suoi legami col governo imperiale glielo impedissero, e si limitò a scrivere uno schema anonimo di difesa, del ... continua a leggere
torna su
Montaigne non ci lascia ignorare di esser nato gentiluomo. Sia che parli di guerra, o di opere dello spirito, o anche di educazione, egli ne parla da gentiluomo.
Benché si compiaccia non poco di intrattenerci sui suoi antenati, sulla terra ove essi hanno riposto il loro affetto, sul suo stemma, e persino sul difetto abituale dei gentiluomini di esagerare un poco la loro nobiltà, la sua nobiltà è piuttosto recente. Infatti, il suo bisavolo, Ramon Eyquem, arricchitosi a Bordeaux col commercio del vino, del pastello e del pesce secco, proprio al termine della sua lunga vita, e soltanto cinquantacinque anni prima della nascita del filosofo, comprò il feudo di Montaigne nel Périgord. Suo nonno, Grimon Eyquem, è ancora un mercante che abita a Bordeaux e fa buoni affari. Solo suo padre, Pierre Eyquem, divenuto capofamiglia nel 1529, rinuncia al commercio: ha partecipato alle guerre d’Italia con l’audace nobiltà del suo tempo, poi ha vissuto da gentiluomo nelle sue terre, che ha accresciuto con amore in virtù di acquisizioni successive e arricchito di un bel castello secondo la moda dell’epoca. E Michel sarà il p... continua a leggere
torna su
Io canto gli Eroi che Esopo han per padre,
schiera di cui la Storia, ancorché mendace,
racchiude verità che servon di lezione.
Tutto parla nella mia Opera, perfino i Pesci:
quel che dicono si rivolge a tutti quanti noi.
... continua a leggere
torna su
Occorre essere stringati, andare subito al punto che – ahimè – troppe volte è dolente, per non essere tacciati di prolissa vacuità o vacua prolissità. La sintesi è dote di pochi. Teocrito, dunque. Molto di più non è che se ne sappia. O, meglio, non quanto se ne vorrebbe sapere: il naufragio della letteratura classica, soprattutto greca, è uno strazio annoso: generazioni e generazioni si sono interrogate diciamo pure sul nulla. Del resto, per colpa di Manzoni, Carneade è passato alla storia come uno sconosciuto, ed era provetto filosofo, di cui si sa, si sa anche parecchio. Ma, come dice Cicerone ad Attico, de hoc alias.
... continua a leggere
torna su
Joachim Du Bellay nasce nel 1522, nel castello della Trumelière nell’Anjou. Malaticcio, presto orfano e trascurato dal tutore, trascorre l’infanzia come in un sogno continuo, senza che nulla di rilevante gli accada. Cresciuto in una famiglia già famosa per aver dato i natali a guerrieri e diplomatici illustri, sperava di mettersi in mostra facendo carriera nell’esercito, sotto la protezione del cugino Guillaume de Langey; ma, con la morte di quest’ultimo, tale progetto svanì presto.
... continua a leggere
torna su
Miguel de Cervantes Saavedra (1547-1616) nacque ad Alcalà de Henares, com’egli stesso afferma in un documento ufficiale sottoscritto a Madrid il 18 dicembre 1580; s’ignora la data esatta della sua nascita, ma fu battezzato nella chiesa di Santa Maria Maggiore, ad Alcalà de Henares, domenica 9 ottobre 1547. Era il secondogenito di Rodrigo de Cervantes e di Leonor de Cortinas; nulla di particolare si sa della madre; il padre, che aveva un diploma, era - sembra - un modestissimo chirurgo: la sordità, infatti, non gli avrebbe permesso di conseguire brillanti successi nella sua professione, e così rimase povero per tutta la vita.
... continua a leggere
torna su
Non c’è bisogno di scrivere la vita di Marsilio Ficino, giacché in definitiva, nella sua esistenza studiosa e solitaria, i fatti rilevanti sono soltanto la pubblicazione di trattati e traduzioni; basterà qui offrirne una cronologia sommaria.
Nato a Figline presso Firenze il 29 ottobre 1433, Ficino, sin dal 1453, all’età di 23 anni, presenta a Cosimo de’ Medici le sue due prime opere: il De laudibus philosophiae e le Institutiones platonicae. Nel 1457, due nuovi trattati: il De amore divino e il Liber de Voluptate, ove confronta le dottrine di Platone, Aristotele, Epicuro e Zenone.
... continua a leggere
torna su
Quando frequentavo ancora l’ultimo anno di liceo, preso da non so che demone, mi venne l’uzzolo di tradurre Saffo: un pensiero folle, una passione insana, quella per la resa e la riscrittura di testi antichi che non mi riesce di guarire e che, anzi, ha contagiato testi che antichi non sono, ma scritti sempre in lingua latina o greca. Mi misi lì, meo Marte, a compulsare il mio Rocci, con quelle tre macchioline che la mia stilografica gli ha lasciato di fianco schizzando il suo inchiostro una mattina che avevo una versione in classe.
... continua a leggere
torna su
Cristina Campo, che in realtà si chiamava Vittoria Guerrini, ha scritto poco e “meno avrebbe voluto scrivere”. Ha costruito lucide recensioni e testi di analisi letteraria. Ha tradotto molto: W. Carlos Williams, J. Donne, S. Weil, V. Woolf, K.Mansfield, H. von Hofmanstahl... Ha vissuto tra Bologna, Firenze e Roma. Ha composto versi. Ha inviato e ricevuto molte lettere ed ha avuto contatti con grandi personalità della cultura italiana, fino alla morte, nel 1977. E’ stata quasi costantemente in stato di malattia. Ha amato sopra ogni cosa lèggere.
... continua a leggere
torna su
Già da parecchi anni Victor Hugo non è più tra noi. Mi sovvengo del tempo in cui la sua figura era di quelle che s’incontravano più spesso tra la folla; e molte volte mi sono chiesto, vedendolo comparire così sovente nella confusione delle feste o nel silenzio dei luoghi solitari, come potesse mai conciliare le necessità del suo lavoro assiduo col suo gusto sublime ma pericoloso per le passeggiate e le fantasticherie. Tale apparente contraddizione è evidentemente il risultato di un’esistenza ben regolata e di una robusta fibra spirituale, che gli consente di lavorare camminando, o piuttosto di non poter camminare se non lavorando. Senza posa, in ogni luogo, sotto la luce del sole, tra le onde della folla, nei santuari dell’arte, lungo le librerie polverose esposte al vento, Victor Hugo, pensoso e calmo, sembrava dire alla natura esteriore: «Entrami bene negli occhi, affinché mi ricordi di te».
... continua a leggere
torna su
Novis te cantabo chordis,
O novelletum quod ludis
In solitudine cordis.
Esto sertis implicata,
O femina delicata
Per quam solvuntur peccata!
... continua a leggere
torna su
Si offre la traduzione italiana di un breve ma denso saggio di Stendhal, I briganti in Italia, che apparve peraltro anonimo, col consenso dell’autore, in un’opera del cugino Romain Colomb, ossia nel Giornale di un viaggio in Italia e in Svizzera dell’anno 1828 (1833); Colomb vi dichiarava, alludendo a Stendhal e a queste sue pagine
... continua a leggere
torna su
1. Per amare bene una persona, bisogna amarla come se dovesse morire domani. (Proverbio arabo)
2. Lava il tuo cuore come lavi un vestito. (Proverbio arabo)
3. Chi è guercio ha pietà dei ciechi. (Proverbio arabo)
... continua a leggere
torna su
Questo titolo un poco scherzoso non è qui usato per far pensare che io abbia una privilegiata familiarità con l’attuale - bravo - Presidente della Repubblica italiana, poiché dall’anno accademico pisano 1940-41 non l’ho più incontrato.
... continua a leggere
torna su
Dedicato a tutti gli studenti che ho cercato di educare dall'ottobre del 1969 al luglio del 2006. Alla scuola media per cinque anni, in un Istituto professionale femminile per un anno, al ginnasio e al liceo per 31 anni, e alla Scuola di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario dell’Università per sei anni. Tutto questo finora (10 luglio del 2006).
... continua a leggere
torna su
Catullo, per tutti, ormai… per molti o per qualcuno, diciamo pure così, se è vero che non si può né si deve dare proprio nulla per scontato; Catullo, insomma, è il poeta dei basia, di quei “baci” che sono la più alta manifestazione di affetto, di complicità e di comunione che l’uomo è in grado di riservare al suo simile. Tant’è vero che lascia sgomenti come con un bacio Giuda tradisca il Maestro, l’Amico: «Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo?»
... continua a leggere
torna su
Da qualche tempo, parecchi si sono occupati di Beyle, arguto scrittore che si era celato sotto lo pseudonimo un po’ teutonico di Stendhal. Quando morì a Parigi, il 23 marzo 1842, attorno a lui calò il silenzio; rimpianto da alcuni, parve presto dimenticato dai più. Dopo appena dieci anni, ecco invece tutta una nuova generazione che comincia ad innamorarsi delle sue opere; le cerca, le studia in ogni senso quasi si trattasse di un classico; vi è una sorta di Rinascita intorno a lui e al suo nome.
... continua a leggere
torna su
El objetivo de este trabajo es ofrecer una introducción al Juramento Hipocrático. Se pretende que el lector, gracias a estas páginas, pueda introducirse en el Juramento accediendo al texto mismo y a una serie de comentarios que permitan su comprensión. Por lo tanto, este artículo se organiza del siguiente modo: en primer lugar, se hará una aproximación general a la medicina hipocrática y a Hipócrates
... continua a leggere
torna su
Basta un talento assai mediocre e un po’ di fortuna per essere un buon ministro anche in una repubblica. Ma in un impero dispotico basta il favore del padrone. Di lontano si può nutrire grande considerazione per i favoriti, ma da vicino essi sono uomini molto comuni
... continua a leggere
torna su
Chege aveva sempre saputo che suo padre lo disprezzava. Fin da quando era un bambino e scorrazzava per il sentiero polveroso del villaggio, spingendo una macchinina fatta in casa con cartone e spago. Cresceva tormentato da domande che non avevano risposte chiare. Perché Baba Muga lo guardava come se lui non fosse suo figlio, con gli occhi che dicevano odio invece che amore?
... continua a leggere
torna su
Il timore di apparire un po’ irriverente, o inadeguato, nel paragonare il ritrovamento di un nuovo frammento di Saffo al figliuol prodigo della nota parabola evangelica (Lc 15, 11‑32), è innegabile: ce l’ho, e come!
... continua a leggere
torna su
René Descartes è nato a La Haye, oggi denominata La Haye-Descartes, al confine fra la Turenna e il Poitou, il 31 marzo 1596. Victor Cousin e, probabilmente sulle sue tracce, Michelet, l'hanno definito Bretone, ma Descartes non aveva assolutamente nulla d'armoricano. Tutta la sua famiglia, appartenente alla nobiltà di toga e di spada
... continua a leggere
torna su
Se si riesce a farlo parlare, Goethe è mirabile; la sua eloquenza è tutta nutrita di pensiero, la sua arguzia è a un tempo ricca di grazia e di filosofia, la sua immaginazione è colpita dagli oggetti esterni come quella degli artisti antichi; nondimeno la sua ragione possiede fin troppo la maturità del nostro tempo. Nulla turba la forza della sua mente, e gli inconvenienti stessi del carattere, malumore, imbarazzo, ritegno, passano come nuvole ai piedi di una montagna, sulla cui vetta sta il suo genio
... continua a leggere
torna su
Pur non amandolo particolarmente, André Gide lo definì il maggior poeta di Francia, e Fjodor Dostoevskij non la pensava in maniera troppo diversa se di lui scriveva: «Ha un carattere angelico e un indirizzo poetico giovanilmente cristiano; in ciò nessun altro gli può essere paragonato»
... continua a leggere
torna su
Quando Angel morì, i genitori fecero cremare il corpo e le ceneri furono disperse nel loro giardino sul retro. Nessuno riusciva a crederci. Quando venne a saperlo, la madre di Oge disse che lei l’aveva sempre saputo che la madre di Angel era “disturbata”
... continua a leggere
torna su
Non ha piovuto per quindici mesi e due giorni. Lo so perché ho contato i giorni uno a uno da quando la polizia s’è portata via il mio unico figlio. Ho passato al setaccio il cielo del Botswana, sperando che un segno dicesse che le cose cominceranno ad andar meglio
... continua a leggere
torna su
Parlò di Alessandro Manzoni, e mi disse che il conte Reinhard aveva visto da non molto tempo Manzoni a Parigi, ove, come giovane e già illustre autore, era ben accolto nei circoli. Ora era ritornato nella sua campagna presso Milano e ci viveva felice, con una giovane famiglia e la madre. «Manzoni», continuò Goethe, «ha un solo difetto: non sapere egli stesso di essere un grande poeta, e quali diritti un grande poeta abbia
... continua a leggere
torna su
Valla, sta’ attento che, a sfidare tutti/ A duello, tu non muoia incautamente/ E non ti faccia favola del volgo./ Senza vergogna i sommi sacerdoti/ Inchiodarono il re degli dèi in croce,/ durante il suo soggiorno sulla terra;/ forse perdonerà un Valla, se gli offri/ motivo, chi preparò l’uccisione/ per Cristo?
... continua a leggere
torna su
Ellen Bass è una poetessa statunitense. Oltre a sette raccolte di poesie, ha pubblicato vari saggi ed è curatrice di un’antologia di poesie scritte da donne e di un’antologia di scritti autobiografici di donne che hanno subito abusi sessuali durante l’infanzia
... continua a leggere
torna su
Viaggiavo dentro di me, sfogliavo pagine, e quando ho guardato intorno, nelle pareti e negli oggetti del mio appartamento, un’energia estranea aveva invaso tutto quanto
... continua a leggere
torna su
Ricordo la prima volta che vidi un soldato; avevo circa sei anni, vale a dire nel 1973 o ’74. La guerra civile nigeriana era appena finita e i soldati se ne tornavano a casa dal fronte: era di sera tardi, una di quelle sere di luglio lunghe e calde, e noi stavamo in piedi, spalla a spalla, sudati, sul ciglio della strada, mentre il lungo convoglio di camion con i soldati nel vano posteriore aperto attraversava il centro della città
... continua a leggere
torna su
La più grande regina d’Inghilterra, il più sublime esempio di sovranità. Altera figura dal volto innaturalmente candido, superiore e distante quanto quello di una divinità, illuminato dallo sfavillio di corona e scettro, simboli della sua maestosa regalità e potenza. Forte, fiera, capace, gloriosa e pura: tale è l’immagine che ci siamo costruiti, da secoli e nei secoli, di Elisabetta Tudor, significativamente conosciuta, anche in vita, come La Buona Regina Bess, Gloriana o La Regina Vergine
... continua a leggere
torna su
In un pomeriggio di settembre, all'interno di uno svettante e fiorito edificio di rue Marie Rose, le finestre spalancate sui mattoni rossi del Convento di Saint-François de Paris, inizia a realizzarsi una complessa, importante, eppure fluida e appassionata, conversazione a proposito dell'"anima" della traduzione
... continua a leggere
torna su
Nel 1829 Belli estraeva per il suo Zibaldone numerosi brani dal pamphlet Dei futuri destini dell’Europa, pubblicato anonimo a Bruxelles nel 1828 da Pierre-François-Xavier Bourguignon d’Herbigny
... continua a leggere
torna su
All’epoca in cui ero appena diventata una giovane donna, uscii con un vecchio. L’uomo aveva occhi del blu dell’oceano e una bocca fine, labbra sottili capaci di pronunciare altrettanto bene piacere come acredine. Le borse sotto gli occhi e le guance flosce gli pendevano dalla faccia spigolosa; lo facevano sembrare minaccioso, quasi brutto
... continua a leggere
torna su
Spero e credo che siano parecchi quelli che come me sentono la mancanza di un organo autonomo nel quale si possano esprimere i bisogni e i moti di contenuto prevalentemente filosofico e religioso che occupano e attirano gli animi della nostra generazione. Ciò che manca non è tanto la rivista dove deporre
... continua a leggere
torna su
Non è senza peso, nel definire i caratteri della nostra civiltà, che presso di noi le presenze più persuasive e perenni non siano tanto dei capitani o dei politici quanto di coloro che dell’esercizio della parola scritta fecero la ragione della loro vita. Uomini come Dante, Foscolo, Machiavelli prima di essere testimonianze capitali della nostra vicenda storica ne sono anelli insostituibili
... continua a leggere
torna su
Obiora Udechukwu è noto specialmente come artista figurativo, ma la sua produzione include numerose poesie in molti casi abbinate a opere pittoriche o grafiche. La raccolta What the Madman Said, della quale presentiamo qui tre componimenti, nacque come una personale (dallo stesso titolo), nella quale l’artista esponeva opere grafiche a inchiostro abbinate a poesie. La raccolta vinse, nell’anno della pubblicazione, lo Association of Nigerian Authors/Cadbury Poetry Prize
... continua a leggere
torna su
Sergio Chejfec è uno scrittore argentino, autore di dieci romanzi, oltre a un paio di raccolte di poesie e una raccolta di saggi sullo statuto della letteratura. Sue opere sono state tradotte in francese, in tedesco e in portoghese. L’ultimo romanzo, Mis dos mundos, è uscito lo scorso agosto per i tipi di Alfaguara (Buenos Aires) e a breve sarà pubblicato anche in Spagna
... continua a leggere
torna su
Sergio Chejfec è uno scrittore argentino, autore di dieci romanzi, oltre a un paio di raccolte di poesie e una raccolta di saggi sullo statuto della letteratura. Sue opere sono state tradotte in francese, in tedesco e in portoghese. L’ultimo romanzo, Mis dos mundos, è uscito nel 2008 in Argentina (Alfaguara, Buenos Aires) e in Spagna (Candaya, Barcelona). Nel 1990, anno di pubblicazione del primo romanzo (Lenta biografía, Puntosur, Buenos Aires, 1990; Alfaguara, Buenos Aires, 2007), Chejfec si trasferisce da Buenos Aires a Caracas, dove dirige la redazione di Nueva Sociedad, rivista di scienze sociali, politica e cultura. Resta in Venezuela fino al 2005, per stabilirsi in seguito negli Stati Uniti. Attualmente vive a New York. Un tratto caratteristico dell’opera di Chejfec è il costante intreccio della narrazione con considerazioni di natura politica, sociale o etica e con riflessioni sull’espressione verbale del pensiero
... continua a leggere
torna su
Rigoberto González è uno scrittore, poeta e critico letterario statunitense di origine messicana. Oltre a due raccolte di poesie (So Often the Pitcher Goes to Water Until It Breaks, 1999, University of Illinois Press; Other Fugitives and Other Strangers, 2006, Tupelo Press), ha pubblicato un romanzo (Crossing Vines, 2003, University of Oklahoma Press), un racconto autobiografico (Butterfly Boy: Memories of a Chicano Mariposa, 2006, The University of Wisconsin Press), una raccolta di racconti brevi (Men Without Bliss, 2008, University of Oklahoma Press) e due libri bilingui illustrati per bambini (Soledad Sigh-sighs/Soledad suspiros, 2003, Children’s Book Press; Antonio’s Card/La tarjeta de Antonio, 2005, Children’s Book Press). Ha insegnato in varie università statunitensi e attualmente è Associate Professor of English presso la Rutgers University, Newark, New Jersey. È editor e contributing editor della rivista letteraria semestrale Luna della University of Minnesota, tiene una rubrica bimestrale di critica letteraria su El Paso Times, ed è membro del direttivo del National Book Critics Circle
... continua a leggere
torna su
Joan Manuel Serrat (Barcellona, 1943) è considerato il principale cantautore spagnolo. Dalla metà degli anni sessanta ad oggi, ha composto centinaia testi in catalano e in castigliano, oltre ad aver messo in musica alcuni dei più importanti poeti sia castigliani (Antonio Machado, Miguel Hernandez, Mario Benedetti), sia catalani (Joan Salvat-Papasseit). I suoi testi si caratterizzano per una poetica della vita quotidiana che lo rendono accostabile, variatis variandis, al crepuscolarismo italiano
... continua a leggere
torna su
Jo Shapcott, poetessa inglese vincitrice di vari premi letterari, impegnata anche sul fronte della promozione della poesia, insegna nel master in scrittura creativa della Royal Holloway (University of London) ed è Visiting Professor presso il Department of English Literary and Linguistic Studies della University of Newcastle e presso la University of the Arts di Londra. Dal 2005 è Presidente della Poetry Society. Ha curato varie antologie di poesia contemporanea ed è Consulting Editor per Arc Publications. Ha collaborato con vari musicisti e diversi suoi componimenti sono stati messi in musica da compositori di spicco. Tra i suoi titoli ricordiamo Electroplating the Baby, Bloodaxe, 1988 (1989 Commonwealth Poetry Prize for Best First Collection); Phrase Book, Oxford University Press, 1992; My Life Asleep, Oxford University Press, 1998 (1999 Forward Poetry Prize for Best Poetry Collection of the Year); Her Book: Poems 1988-1998, Faber and Faber, 2000; Tender Taxes: Translations from Rainer Maria Rilke, Faber and Faber, 2002; The Transformers, Newcastle/Bloodaxe Poetry Lectures, Bloodaxe, 2007
... continua a leggere
torna su
- Desidera, signorina? Un vecchio sorridente con i baffi bianchi stava davanti a Irénke sulla porta della bottega. Accanto a lui c’erano due manichini e dentro la bottega da una barra di ferro pendeva una lunga fila di abiti femminili colorati simile a un grazioso ponte allegramente sospeso
... continua a leggere
torna su
Nell’esporre e definire il suo canone, Dante definisce Orazio poeta principalmente satirico: «Quelli è Omero poeta sovrano; / l’altro è Orazio satiro che vene; / Ovidio è ’l terzo, e l’ultimo Lucano» (Inf. IV 88-90). Eppure, io ho sempre preferito l’Orazio lirico, il sommo autore delle Odi, l’autore di una poesia che, come la famosa goccia, scava il sasso, penetra, plasma e ridetermina il nostro modo di vedere, considerare e agire il mondo. E certo quella di Orazio è una poesia molto consapevole del suo ruolo, intellettuale e sociale, che è poi il ruolo della letteratura. L’aurea mediocritas, in fondo, è lo strumento, l'imprescindibile methodus, per raggiungere tutti gli uomini, al di là di linguaggi iperspecialistici e tecnocratici, al di là di lingue volutamente oscure e impenetrabili, salvo che agli iniziati
... continua a leggere
torna su
Juan Carlos Friebe è un poeta andaluso. È autore di Anecdotario (1992), Poemas Perplejos (menzione della giuria del Premio Internacional Gabriel Celaya de Torredonjimeno, 1995), Aria contra coral (2001), Las briznas (Premio Nacional de Poesía Paloma Navarro, 2007) e Hojas de morera (Granada, 2008). Suoi componimenti appaiono in varie antologie e riviste letterarie. Collabora con artisti visivi e organizza eventi interculturali. È autore del testo poetico per il poema scenico Geometría del Desconcierto: Las bacantes, creato dall’artista spagnolo Jaime García, con musica del compositore Frano Kakarigi. Altre opere: Mundos paralelos (2002), con l’incisora María José de Córdoba, Tres estancias de un apartamento burgués (2007), con l’artista Jaime García, Un kílim para Rimbaud, con il pittore Valentín Albardardíaz (2009)
... continua a leggere
torna su
I testi qui tradotti provengono da due raccolte di Judith Ortiz Cofer ( Portorico 1952): A love story beginning in Spanish (2005) e The Latin Deli (1993). La Cofer, che è Franklin Professor di Inglese e scrittura creativa all’Università della Georgia, comincia ad essere amata negli Stati Uniti per lo stile particolarissimo, frutto dei suoi continui spostamenti dall’area linguistica dei Caraibi e quella Nord- Americana, e del suo continuo sentirsi fuori posto, straniera. La sua carica vitale e la sua ironia, ancorate al quotidiano per mezzo delle memorie portoricane filtrate attraverso la figura della madre quasi mitica, e alla letteratura alta grazie alla cultura classica ( Orazio e il Tropico del Cancro) rendono le sue lezioni –conversazioni una esperienza davvero potente per il pubblico; tutto questo, e molto di più, si ritrova nei suoi testi, a un tempo caldi e razionali
... continua a leggere
torna su
Pascal era uomo di gran cuore e, insieme, di grande intelligenza, cosa piuttosto rara negli spiriti grandi; e tutto ciò ch’egli ha fatto nell’ambito dell’intelletto e in quello del cuore è improntato ad una notevole originalità e capacità d’invenzione, che testimoniano forza, profondità ed una ricerca appassionata e quasi accanita della verità. Nato nel 1623 da una famiglia che si era distinta per ingegno e virtù, educato liberamente da un padre ch’era egli stesso di mente elevata, Pascal aveva ricevuto dalla natura qualità mirabili, un’eccezionale attitudine per il calcolo ed i concetti matematici, e una squisita sensibilità morale, che lo rendeva appassionato al bene e nemico del male, bramoso di
... continua a leggere
torna su
À deux siècles de distance, deux penseurs, également attachés pourtant au christianisme jusqu’au tréfonds de leurs âmes ferventes, se sont rencontrés dans le procès de leur religion telle que les temps l’ont déformée. L’un et l’autre dénoncent l’incompatibilité qui oppose l’esprit qui animait le christianisme à ses débuts et son état des temps modernes. Cet antagonisme date du jour où l’Église a tenté d’entrer en relations intimes avec le «monde», le «siècle», autrement dit avec la culture développée sur des bases purement humaines. Le bilan de l’Église fut entrepris, dans les deux cas, avec tant de passion, et poussé avec tant de logique qu’il y aurait eu matière à une grande révolution intellectuelle et morale, mais
... continua a leggere
torna su
Emily Holmes Coleman è una scrittrice, poetessa e pittrice americana. Nata a Oakland, in California, nel 1899, fu educata in una scuola privata e quindi al Wellesley College. Nel 1921 sposò Lloyd Ring Coleman (Deak), dal quale ebbe un figlio nel 1924. Soffrì di febbri puerperali, che la condussero alla malattia mentale e a un periodo di ricovero al Rochester State Hospital, sul lago Ontario, nello Stato di New York, periodo dal quale trasse le esperienze fissate nel suo romanzo The Shutter of Snow
... continua a leggere
torna su
Due pensatori, a due secoli di distanza, ma egualmente legati al cristianesimo sino all’intimo delle loro anime appassionate, si sono incontrati nel processo alla loro religione, che i tempi avevano alterato. Entrambi denunciano l’incompatibilità che contrappone lo spirito che animava il cristianesimo delle origini al suo stato nei tempi moderni. Tale antagonismo comincia il giorno in cui la Chiesa ha tentato d’entrare in intima relazione con il «mondo», il «secolo», vale a dire con una cultura fondata su basi puramente umane
... continua a leggere
torna su
...la figura, già a suo tempo appartata, ed oggi quasi totalmente obliata, di Arduino Suzzi da Tossignano, erudito del tardo Seicento che – accanto ad interessi magici, ermetici e cabalistici che lo portarono a proporre, fra visionarietà, genialità ed esoterismo, immaginifiche interpretazioni di oggetti altamente suggestivi, e a loro modo numinosi, come la pietra di Bologna (con il celebre enigma Aelia Laelia Crispis) e la Patena di San Pier Grisologo, conservata nella cripta del Duomo di Imola – coltivò anche studi, diremmo oggi, di linguistica comparata, dedicandosi, negli ultimi anni, ad una poderosa opera erudita, Le Origini Hebraiche delle tre lingue, che non ebbe mai l’imprimatur del Santo Uffizio e che giace tuttora, nella forma di un manoscritto in pulito già pronto per la mai avvenuta stampa, presso la Biblioteca Comunale di Imola
... continua a leggere
torna su
Nonostante avesse perso la sfacciataggine e l’insolenza dei suoi avi, Lambert Obama Ondo, membro del clan degli yendjok, si sforzava di affermare e mantenere viva la sua africanità in ogni luogo e circostanza. Ma non poteva evitare di sorprendersi ogni volta che scendeva verso la metropolitana: gli pareva di trasformarsi in un essere strano, metà animale e metà umano, una specie di gigantesco grombif che ad ogni imbrunire cercava la sua tana nei cunicoli sotterranei della grande città. Pensava che quell’irrimediabile discesa verso le profondità non fosse naturale per gli esseri umani, e un malessere lo assaliva ogni volta che le scale mobili lo portavano nelle viscere della terra, perché immaginava che in quegli abissi umidi forse un giorno avrebbe incontrato l’anima di qualcuno dei suoi morti, anche se
... continua a leggere
torna su
Eduardo Estévez è nato nel 1969 in Argentina, a Buenos Aires, e nel 1995 si è trasferito in Galizia, a Santiago de Compostela, dove tuttora risiede. Ha esordito con due raccolte di poesia in castigliano (Catedrales de perfil, Buenos Aires, 1990, e Ya tan deshabitado, Maracay, Venezuela, 1994), ma in seguito ha adottato il galiziano come lingua d’espressione letteraria. Le sue raccolte di poesie hanno ricevuto vari premi. Ricordiamo, in particolare, lúa gris (1998, finalista del Premio Tivoli Europa 1999), caderno apócrifo da pequena defunta (2003, Premio Baleirón 2002), derrotas (2004, Premio Concello de Carral 2002) e construcións (2008).Eduardo Estévez ha creato uno dei primi siti web dedicati alla poesia in gallego (www.luagris.net), è autore di alcuni blog e microblog e ha sviluppato vari progetti di creazione poetica in Internet. Il blog en construción (http://enconstrucion.blogspot.com/) è il diario della scrittura di un libro di poesie. In esca e pedra (http://culturagalega.org/opinion/escaepedra/) Eduardo pubblica poesie settimanali su temi aleatori tratti da Wikipedia utilizzando la funzione “una voce a caso”
... continua a leggere
torna su
Il desiderio ha più fantasia dell’inclinazione e non è sempre in rapporto al bisogno. Non si può desiderare una cosa di cui non si ha esperienza. Per questo non c’è limite ai desideri che gli inventori possono suscitare in noi, come di aereo, radio, televisore, di andare sulla luna, ecc. Si desidera qualcosa di nuovo. Saggezza vuole che regoliamo i nostri desideri sui nostri bisogni e persino (poiché si acquisiscono bisogni) sul livello medio degli uomini
... continua a leggere
torna su
Quando Pascal compì un anno, gli accadde una cosa assolutamente straordinaria. Sua madre, per quanto assai giovane, era molto devota e caritatevole; aveva un gran numero di famiglie povere a ciascuna delle quali dava una piccola somma ogni mese, e fra le povere donne a cui faceva la carità ce n’era una che aveva fama di essere una strega: tutti glielo dicevano, ma sua madre, che non era affatto credulona e possedeva molto spirito, non badava a tali avvertimenti e continuava ugualmente a farle l’elemosina. In quel periodo, avvenne che il bambino cadesse in un languore simile a quello che a Parigi chiamano tomber en chartre
... continua a leggere
torna su
Montesquieu aveva solo vent’anni alla morte di Luigi XIV. Sotto Luigi XV, se fu testimone quasi indifferente di guerre che, peraltro, hanno lasciato la Francia indifferente, assisté al risveglio della vita economica e amministrativa che si verificava allora nelle province. Era un’epoca favorevole alle meditazioni di un giurista filosofo. Allievo insieme di Fontenelle e di Fénelon, emulo di Voltaire e di Rousseau, predecessore di Buffon, egli domina il suo secolo con l’ampiezza del suo pensiero. Era ricco e stimato, e non aveva ambizioni di sorta: l’amore della verità era la sola sua passione
... continua a leggere
torna su
La canzone leggera italiana contemporanea, dai suoi esordi con Nel blu dipinto di blu di Modugno-Migliacci (1958) alla sua evoluzione nel corso degli ultimi decenni, va riconosciuto come un genere musicale a sé stante. In particolare, un brano di Minellono-Hoffman-Farina, portato al successo da Al Bano e Romina Power nel 1985, il cui titolo è Grazie, rappresenta al meglio questa dimensione, da un lato per la vibrante melodia e i contenuti toccanti, dall’altro per la metrica del testo
... continua a leggere
torna su
Per completare questo viaggio nel mondo della poesia [del secondo Ottocento francese], occorre trattare gli indipendenti. Brizeux, il tenero poeta bretone che, se avesse avuto uno stile francese meno aspro, avrebbe fatto un capolavoro del poema Marie, e Victor de Laprade, il poeta lionese tanto famoso per i suoi guai con l'Impero quanto per il poema Pernette, entrambi creatori di quella poesia regionale che doveva diffondersi ben più nella Provenza e in lingua provenzale; Marceline Desbordes-Valmore che, per la musicalità delicata dei versi, sembra essere più vicina a noi che al Parnasse, Auguste Barbier, il celebre autore dei Giambi e di una raccolta di pura e toccante bellezza sull'Italia, Il pianto, dopo il quale non scrisse più nulla di valido. C'erano poi Châtillon, Cros, il povero e grande Tristan Corbière e, infine, Théodore de Banville, più parnassiano, più liberamente e naturalmente parnassiano dello stesso Leconte de Lisle o di Léon Dierx. Ma Banville si dilettava troppo con i giochi di rime, gli spostamenti e pe... continua a leggere
torna su
Talvolta si tarda molto a rendere giustizia. Due o tre autori, mercenari o fanatici, parlano del barbaro ed effeminato Costantino come di un dio, e trattano da scellerato il giusto, il savio, il grande Giuliano. Tutti gli altri, copiando i primi, ripetono l’adulazione e la calunnia. Queste diventano quasi un articolo di fede. Infine, giunge il tempo di una critica sana, e, dopo millequattrocento anni, alcuni uomini illuminati riesaminano il processo su cui l’ignoranza si era pronunciata. In Costantino, si riconosce un ambizioso fortunato, che si fa beffe di Dio e degli uomini. Costui ha l’insolenza di fingere che Dio gli abbia inviato nel cielo un’insegna per assicurargli la vittoria. Si bagna nel sangue di tutti i propri parenti e riposa nella mollezza; ma era cristiano, e fu canonizzato...
... continua a leggere
torna su
Di recente, fu tradotto dinanzi ai nostri tribunali un infelice la cui fronte era illustrata da un raro e singolare tatuaggio: Sfortuna! Egli portava così al di sopra dei suoi occhi l’etichetta della propria vita come un libro porta il suo titolo, e l’interrogatorio provò che quella bizzarra scritta era crudelmente veritiera. Nella storia letteraria ci sono destini analoghi, dannazioni, dannazioni di uomini che portano la parola scalogna scritta in caratteri misteriosi nelle pieghe sinuose della loro fronte. L’Angelo cieco dell’espiazione si è impadronito di loro, e li sferza senza pietà, a edificazione degli altri. Invano la loro vita mette in mostra talenti, virtù, grazia: ad essi la Società riserva uno speciale anatema, e li accusa delle menomazioni che la sua persecuzione ha provocato loro. Cosa mai non fece Hoffmann per disarmare il destino, e cosa non ... continua a leggere
torna su
L'instaurazione dell'Estado Novo portoghese nel 1933 rappresentò solo l'apice di un lungo processo di crisi e decadimento delle istituzioni liberali. Il periodo della Prima Repubblica (1910-1926) fu fin da subito caratterizzato da forti tensioni sociali e instabilità politica: la mancata realizzazione dell'allargamento del suffragio, l'incapacità del governo nel porre un freno alla crisi economica e la politica fortemente laica portata avanti nei confronti della Chiesa cattolica crearono un forte senso di sfiducia verso della classe dirigente da parte della popolazione. L'entrata in guerra del paese a fianco dell'Intesa nel 1916 non fece altro che acutizzare la crisi politica ed economica nel paese. La delegittimazione politica e culturale del Partito Democratico al potere non riguardava solamente il partito, ma più in generale i principi stessi della democrazia liberale e del sistema liberista-capitalistico. L'opinione pubblica, veicolata dalla stampa, iniziò a simpatizzare sempre più per soluzioni di tipo autoritario che ponessero fine alla crisi del paese. Nel 1917 il golpe di Sidónio Pais rappresentò un primo tent... continua a leggere
torna su
Prendendo il coraggio a due mani, mi piacerebbe farvi leggere quelli che io chiamo “giochi di tradusione”. La tradusione è una modalità di traduzione-uso-illusione per trasferire all’Io presente la bellezza canonica di un irripetibile bello passato. È un modo di camminare costantemente sull’orlo di un baratro che attrae chi, consapevolmente o no, ama e odia il kitsch. E il mio odio-amore va alla scienza in cui mi sono laureato, la filologia, in onore della quale non disdegno qualche (im)probabile integrazione, mentre l’amore va alla poesia e al senhal (Lesbia, Eliodora-Cristodora di Meleagro, Cicala e onomatopee ad essa legate) che soggiace all’intero canzoniere. (Non) abbiate pietà di questo slancio adolescenziale, di cui vi invio qualche goccia. I malcapitati sono soprattutto Catullo e altri ero(t)ici compagni di classe (classici).
Quale vita mi aspetta, quale gioia
senza l(’)a -dorata mia divina?
Venga pure la morte quando ... continua a leggere
torna su
In genere l'Accademia dell'Arcadia viene presentata e studiata come movimento tipicamente, anzi esclusivamente, italiano. In realtà, essa costituì, dopo il petrarchismo (che ebbe nel Camoens lirico un esponente di valore assoluto, di un'essenzialità lirica e concettuale adamantina, forse accostabile, sul piano europeo, solo allo Shakespeare dei sonetti o a Maurice Scève) e sulle orme di esso, e prima del simbolismo e del modernismo, una sorta di grande codice, di comune esperanto, di ponte ideale, transoceanico, fra il mondo culturale italiano e quello lusofono, tanto portoghese, quanto brasiliano (la reale esistenza di un'Arcadia brasiliana, in passato messa in dubbio, è ormai certa; anche se il paesaggio stilizzato e idealizzato del petrarchismo arcadico, se era lontano dalla realtà storica dell'Europa settecentesca, e così pure della stessa Grecia antica, ancor più remoto e straniato appariva rispetto a quello, ancor più impervio, delle Minas Gerais, dove, come affermava il caposcuola dell'Arcadia brasiliana Cláudio Manoel da Costa, il cimento del poeta diveniva simile all'«ambiziosa fatica di cavar minerale dalla terra che ne ha snaturato i colori»).
Si potrebbe ipotizzare, anzi, che l'Arcadismo costituisse il primo, se non l'unico, legame diretto fra un movimento culturale prettamente italiano e uno brasiliano, dato che romanticismo, simbolismo, modernismo, avanguardia, postmoderno sono movimenti globali accomunati da antecedenti comuni,... continua a leggere
torna su
Insigne esponente della letteratura cattolica francese del primo Novecento, Paul Claudel (1868-1955) ha in particolar modo trasfuso il suo potente afflato religioso nella produzione poetica e teatrale. Dopo un’adolescenza a contatto con un’educazione positivistica di cui non si stancherà poi di denunciare quella che gli appare come una assai misera visione dell’uomo, lo scrittore ritrova la fede degli anni precedenti (sarebbe stato illuminato durante la notte di Natale del 1886 nella cattedrale di Notre-Dame a Parigi) e riprende la pratica religiosa. Pur restando convinto che la vita trascorsa in un ordine monastico sia la più degnamente vissuta, egli affronta la carriera di console e poi di ambasciatore, soggiornando sotto quasi ogni latitudine, dagli Stati Uniti all’Est asiatico, dall’Europa al Brasile e al Giappone. Allo stesso modo, la sua convinzione religiosa non lo allontana del tutto dalle tentazioni della passione amorosa (l’inizio del suo Journal si situa proprio nei dintorni della crisi provocata dalla fine della sua relazione con una donna già sposata). L’approfondimento dei testi sacri e l’osservazione della realtà fanno intanto maturare quei tratti di un’esperienza che si ritrovano in un’opera non esente da inclinazioni autobiografiche. Claudel delinea l’ideale di un uomo alla ricerca del volere di Dio nella solidarietà conoscente e co-nascente (egli definisce il connaître come un co-naîtr... continua a leggere
torna su
Pierre Oster, né en 1933 à Nogent-sur-Marne, poète et auteur des notes qui conçoit la langue comme l’unité profonde de la poésie et de la pensée, est pris dans l’entre-deux d’un travail infini à travers les fragments du langage et d’une vocation au chant de l’univers. Il publie en 1954 son premier recueil Premier poème au Mercure de France, et Quatre Quatrains gnomiques dans La Nouvelle Revue Française. Pour Le Champ de mai, qui paraît l’année suivante dans la collection « Métamorphose », dirigée par Jean Paulhan, il reçoit le prix Fénéon qui récompense « un jeune écrivain dans une situation modeste, afin de l’aider à poursuivre sa formation littéraire ou artistique ». Il succède ainsi à Claude Roy, Alain Robbe-Grillet, Michel Vinaver ou Miche Cournot. En 1958, il est aux armées, en Algérie, quand on lui attribue le Prix Max Jacob pour Solitude de la lumière (Gallimard, 1957). En 1961, il rencontre Saint-John Perse par le truchement de Jean Paulhan. Une profonde amitié lie les deux écrivains. En 1965, Paulhan le charge de superviser l’édition de Honneur à Saint-John Perse, monumental volume d’hommages qui marquera la première pierre du rapport éditorial et critique au poète.
Aux éditions Tchou, Pierre Oster édite, avec Jean-Claude Zylberstein, les œuvres complètes de Jean Paulhan. Il fait partie du comité de lecture des éditions du Seuil jusqu’en 1995. Son œuvre personnelle a déjà fait l... continua a leggere
torna su
“È estremamente probabile che, prima della diaspora seguita alla condanna dei Lambertazzi, esistesse una raccolta di poeti bolognesi, in larga maggioranza ghibellini, che fu messa in salvo al di fuori della città felsinea e alla quale dovettero attingere i redattori toscani dei codici a noi pervenuti. In tal modo, si spiegherebbe il particolare che i rimatori in questione, a differenza degli altri autori antologizzati, siano detti di Bologna e non da Bologna: è il caso non solo di Guinizzelli, nel ms. Palatino, ma anche di Paolo Zoppo, nel codice Vaticano”. Il concittadino Ranieri dell’importante famiglia dei Samaritani, con il sonetto Fansi ‘ndivini a tal tempo ch’è ‘n danno, risponde appunto a una poesia di Polo andata perduta, Venuto è ‘l tempo, che sarebbe stata certamente interessante: innanzitutto perché si trattava di una ballata (di una forma metrica cioè vicina allo Stilnovo), e poi perché la risposta allusiva e polemica del guelfo Ranieri ha fatto supporre che in essa trovasse attestazione la fede ghibellina del suo autore, delusa dalla cacciata dei Lambertazzi nel 1274. Al contrario è stato anche reperito, in alcuni registri datati tra il 1274 e il 1295, un Paolo da Castello tra i milites geremei. La verità è che della vita di Polo Zoppo di Castello non si sa quasi nulla: di sicuro davvero, soltanto che era nella sua città tra il 1268 e il 1273, quando ebbe contatti con Monte Andrea, ma tanto può bastare a collocare nel ... continua a leggere
torna su
Tonino Guerra, Il viaggio, Maggioli 1986
El vìaz
Un dè d’uotobar i s’è mèss a caminé
te fióm éulta i santir ad sabbia e dri
cal linguètti d’aqua ch’al sèlta tra i sas.
De mèr u i avèva zcòurs piò di tótt
una piscèra che fina e’ melanovzentquarènta
là i arivéva a là sò in biciclètta,
pu la s’è fata e’ sidecar e la purtéva
al casètti pini ’d giaz e pès
e la racuntéva ch’u i era dal bés-ci
dróinta l’aqua piò grandi dal munghèni
e che dal vólti u s’arenéva dal baléni
ch’l’era dal muntagni ad chèrna sòura la sabia.
Rico e la Zaira i n’éva mai vést ’e mèr
che in linea d’aria, pasénd da i sentir
de fióm, l’era a trénta chilometri gnénca.
Adès ormai ch’i avéva quèsi utènt’an
i s’è decióis a fè che viaz ad nòzi a pì,
ch’i éva armànd d’an in an. I stéva
a Petrella Guidi, un ghèt ad chèsi vèci
in dò che ogni tènt u i era di cavàl
ch’i scapéva dal mèni de manischèlch
e i féva al lózzli sòtta i zòcal mat
e ’d nòta u i era l’udòur de pèn ch’i l cuséva
te fòuran e te al sentévi da dróinta te lèt,
ranicéd ti béus di mataràz ad fòi. Rico
l’à fat i barbìr quèsi stènt’ an ma i óman
mal doni e pu e’ tuséva i sumàr e al pigri;
la Zaira la féva al fazèndi ’d chèsa
... continua a leggere
torna su
Fortunat Strowski. Ora ho il compito di ripercorrerne, dinanzi a voi, la carriera e di farne rivivere lo spirito: era uomo illustre e affascinante. È compito certo gradito: ripercorrendo venticinque o trent’anni, ho avuto l’illusione di ritrovare un po’ della mia giovinezza nella familiarità di maestri e amici – come lui, ahimè, o prima di lui, scomparsi.
Compito tuttavia delicato: per quanto eminenti e solide fossero le qualità del vostro collega, erano il fascino e la grazia a distinguerlo. Una sorta di grazia intellettuale, un po’ simile alla grazia femminile, che La Fontaine dice «più bella ancora della bellezza»; una sorta di fascino, di cui subiva la magia rinunciando a definirlo. Strowski aveva qualcosa del poeta, discepolo com’era non solo di La Fontaine, ma di Montaigne; spesso, all’apparenza, «mutevole e vario» come l’autore degli Essais, volando spesso, giusto come l’autore delle Fables, «di fiore in fiore e da una cosa all’altra». Si possono fermare i riflessi del ruscello, la screziatura di un’ala?
Ma, quanto a Michel de Montaigne, Fortunat Strowski era legato a Blaise Pascal: nei tre volumi in cui seppe restituirci mirabilmente l’autore delle Pensées, si consolidava la sua fede – ma con fascino e grazia, sempre associata a un pudore discreto. Il pudore, d’altronde, è uno dei tratti essenziali di questo spirito gentile. Non si faceva affatto notare: si lasciava intravedere, preferendo insinuarsi ... continua a leggere
torna su
L’antiformalismo di Cioran dipende da un punto di vista ontologico, che si differenzia radicalmente dall’idea di poesia di Mallarmé o di Valéry, per i quali la parola deve sostituirsi all’idea, poiché il linguaggio è fine a se stesso. Per Cioran le parole debbono restare in rapporto sostanziale con la realtà che indicano, benché tale designazione costituisca un mistero, ma un mistero che non deve fare problema. Il vuoto abissale che si può intravedere in fondo alle parole evoca il vuoto che si coglie in fondo alle cose.
In Précis de décomposition (1949) sono già tutte esposte le alterazioni e derive di cui egli è spettatore impassibile e impietoso. L’aforisma è l’arma che si costruisce per rendere più incisiva la sua distruzione sistematica. I bersagli sono la religione, la storia, il tempo, la morte, Dio. La poetica di Cioran è un’anti-poetica nella misura in cui pronuncia una condanna alla poetica intesa come esercizio di lucidità razionale di fronte al linguaggio e alla creazione estetica. Più il mistero della poesia resta inviolato, più ha la possibilità di agire sul reale.
Generalmente si parla di Cioran come di un pensatore che si vuole contraddistinguere sia dai filosofi e dalla filosofia (che non cessa di condannare), sia dalla comunità letteraria, cui si esita ad assimilarlo. In Syllogismes de l’amertume (1952) lampeggia una ‘teoria’ di figure che nessuna logica potrebbe ... continua a leggere
torna su
Oggi tutti sappiamo cosa significa “tradurre”, ma chi non ha studiato latino al liceo o lingue e traduzione ed interpretariato all'università, difficilmente saprà che l'origine della parola non ha nulla a che vedere con l'idea di riscrittura linguistica a cui è legato questo termine. Infatti i termini latini utilizzati per indicare una traduzione erano vertere, convertere, interpretari, transvertere, exprimere, explicare, latine reddere, latine disserere e non, come si potrebbe pensare, traducere, che significava spostare, trasferire da un luogo all’altro (da TRANS al di là e DUCERE condurre) e non compare né nel latino antico, né in quello medievale (Sabbadini 1900: 201). Ancora nel 1300 si usava generalmente “traslatare” (rimasto poi nell’inglese “translation”) derivandolo dal participio di transferre. Il concetto moderno del tradurre nasce solo nel 1400, a causa (o grazie) ad un errore di Leonardo Bruni che nelle Noctes Atticae di Aulo Gellio usa traductum, inteso nel testo come “trapiantato” dal greco al latino, nel senso odierno di “tradotto”. Da quel piccolo errore, involontario o meno che sia stato, il vocabolo traducere è entrato prepotentemente nella lingua italiana e si è affermato cancellando oggi quasi tutti i potenziali sinonimi sopravvissuti sino all'inizio del novecento, come “recare in volgare”, “ritrarre in volgare”, “volgarizzare”. Rare tracce del significato originale di traducere rimangono ai gio... continua a leggere
torna su
Sono passati esattamente duecentoquarant’anni dalla pubblicazione di quello che è senza dubbio uno dei libri più importanti di Jean-Paul Marat (1743-1793), The Chains of Slavery, uscito a Londra – anonimo e a spese dell’Autore – nel maggio del 1774, durante la campagna elettorale per la Camera dei Comuni. Nel corso del decennio precedente, egli ha per lunghi periodi risieduto e lavorato come medico nella capitale britannica, dove è stato un assiduo frequentatore di clubs politici, maturando posizioni di stampo «democratico». Ora confida con questo scritto di risvegliare il sentimento del dovere civico del popolo inglese.
L’opera, che ha richiesto innumerevoli letture preliminari e ha avuto una non breve gestazione, è caratterizzata da evidenti influssi rousseauiani (ma qua e là s’intravede anche la lezione di Montesquieu) ed è volta tanto a denunciare le tendenze «dispotiche» (termine, in codesta sede, da intendersi come sinonimo di «tiranniche») dei varî monarchi che – con malizia e iattanza – hanno via via calcato le scene della storia quanto a descrivere gli stratagemmi dei quali costoro si sono serviti per instaurare e consolidare il proprio potere ai danni delle moltitudini popolari.
In The Chains of Slavery, anzi, si riscontra un vero e proprio studio dei mezzi impiegati dai principi per diventare sempre più potenti. I progressi del «dispotismo» sono in ogni tempo e in ogni luogo attribuiti dall’Autore ad un ef... continua a leggere
torna su
Un giorno di primavera a Berlino, alcuni anni fa, al terzo piano di una casa «casa occupata» di Potsdamer Straße a due passi dal muro, che giovani oppositori della speculazione urbana stanno rimettendo in sesto con piglio un po’ dogmatico. Dalle ringhiere fine-secolo pendono ad asciugare gli indumenti in varie tonalità di arancione dei seguaci di una setta religiosa. Dentro, barattoli di vernice, strumenti musicali, stoviglie da lavare. In un angolo, una pila di libri: il primo è Annährungen (Approcci), l’itinerario fra le droghe e nell’estasi di Ernst Jünger [1895-1998].
Gli inquilini ignorano che alla loro età, più di mezzo secolo prima, Jünger, sopravvissuto alla Grande guerra con una dozzina di ferite gravi e la massima decorazione tedesca, l’Ordre pour le Mérite, dava alle stampe tutt’altro breviario, In Stahlgewittern (Tempeste d’acciaio). Acclamato agli esordi dall’ala più radicale dei reduci, lo scrittore ha raccolto e continua a raccogliere, nel lunghissimo autunno di un’esistenza che sfiora la soglia di un’ironica mitologia, l’omaggio di hippies, verdi e alternativi di varia estrazione, venuti a bussare all’eremo di Wilflingen.
Il contrasto è suggestivo, ma non deve trarre in inganno.
Malgrado qualche tentazione oracolare, Jünger non è stato il vero capofila dei primi, né può essere considerato oggi il patriarca o il consolatore dei secondi. Dall’alto dei suoi novantacinque fertilissimi ann... continua a leggere
torna su
PREFAZIONE
10 GIUGNO 1940
DUCE, DUCE, DUCE…
È il grido di una folla, radunatasi nella piazza di Palazzo Venezia.
Mani appoggiate al davanzale, parole altisonanti:
“Combattenti di terra, di mare, dell’aria… Questa è l’ora segnata dal destino.
L’ora delle decisioni irrevocabili: la dichiarazione di guerra è già stat... continua a leggere
torna su
Martedì, 24 agosto 2004, ore 11.15
, Yale University, Presidente della Dante Society of America, Professore emerito dell’Università di Bologna, Presidente IBC Emilia-Romagna
, poeta e scrittore: Quando si ha che fare con due grandi autori, due grandi classici, in questo caso, come Dante e Petrarca, ci si accorge che il problema non è tanto che, da molti anni, da molti secoli, si parla di loro, ma è che da molti anni e da molti secoli loro parlano di noi. E quindi, l’attenzione alla loro opera, è un modo con cui uno presta attenzione a se stesso. Il classico è tale, infatti, perché continua a dire qualcosa di vivo alla mia vita.
Abbiamo voluto soffermarci, in questa edizione del Meeting, su questi due autori, in particolare su Dante e su Petrarca, non solo per la ricorrenza che molti voi sanno, del settecentesimo di Petrarca, che ricorre quest’anno, e che ha visto in tutto il mondo, e in tutta Italia, anche celebrazioni; ma perché ci sembra possibile anche verificarlo e impararlo dai due amici e professori che ho di fianco a me; ci sembra che nel rapporto, nella differenza, nella discussione, nel legame, che esistono tra questi autori, sia messo a fuoco, sia indagato, sia inquietata una questione che ci riguarda e che è il rapporto tra me, la mia coscienza, la mia vita, il tempo, il tempo che passa, il tem... continua a leggere
torna su
Un’opera di Tullio Ascarelli [1903 - 1959] su Hobbes e Leibniz non potrebbe presentarsi al lettore senza una diligenza assoluta. La mente poderosa del maestro italiano aveva familiarità con i più insigni pensatori di tutti i tempi. E la cosa migliore, dinanzi a lui e dinanzi a loro, è farsi da parte.
Vorrei così, in queste righe, limitarmi a offrire una duplice testimonianza: sull’opera e sull’uomo.
Poco prima della morte, Tullio Ascarelli mi diceva le ragioni di questo libro. Era tragicamente consapevole della crisi della nostra civiltà. Forse Roma, più di ogni altra città al mondo, è adatta a far vivere quella mescolanza di grandezza e barbarie che si ritrova in qualsivoglia civiltà umana. Ma come questo ebreo, che si era visto minacciato, con la moglie e i figli, per la semplice appartenenza ad una razza, avrebbe potuto restare insensibile alle ombre del tempo presente, più minacciose delle cupe stradine schiacciate, di notte, fra i grandi palazzi romani?
Il diritto, in sé e per sé, gli sembrava una questione ben poco importante. Cosa è mai un buon notaio, un buon procuratore e persino un buon giudice, se è soltanto un giurista, e se non è, anzitutto, un uomo fra gli uomini? Ai suoi studenti, i cui padri erano stati spesse volte razzisti, si sforzava di dare una formazione morale e politica. Ma, nel contempo, s’interrogava. Aveva la consapevolezza che l’umanità si era sviata o che, a ogni modo, aveva dimenticato, nel ... continua a leggere
torna su
Ci sono buoni segnali per affermare che l’asinità sia una qualità della vita. Una dote rara e preziosa, la capacità di travalicare, di connettere, di trasformare con la leggerezza di un salto: forse lo stesso balzo di Guido Cavalcanti portato ad esempio nella prima lezione calviniana. Un “hop” che prima innalza e ti fa vedere a volo d’uccello, poi atterra e rivela le cose a muso basso, e insomma, come Machiavelli ci indica all’inizio del Principe «a conoscere bene la natura de’ populi, bisogna essere principe, et, a conoscere bene quella de’ principi, conviene essere populare».
Infine, l’asinità pare comporsi di una sorta di potenza alchimistica che trasforma il ferro in oro, o meglio il legno in carne, come successe a quel certo Pinocchio che di asini se ne intendeva non meno di Machiavelli.
Allora riaccostiamolo, il prototipo di tutti gli asini, quel Lucio mago che da asino scopre il mondo, anche se avrebbe voluto scoprirlo da gufo, e mette così ben a frutto i nuovi mezzi, le orecchie fini, da trasformare un abisso in apoteosi e da saperlo raccontare alle orecchie... continua a leggere
tag: Apuleio, metamorfosi, Monica Longobardi
torna su
Alla sparuta schiera di narratrici italiane che si sono occupate della guerra di Spagna 1936-1939 appartiene anche la pugnace e scomoda militante cattolica, terziaria francescana, Antonietta Giacomelli.
Il romanzo in forma autobiografica che pubblica nel 1941 e che si discosta dalla tematica dei suoi precedenti lavori, “stava per uscire quando squillò la dichiarazione di guerra”: così avverte in apertura l’autrice datando la nota “Novembre 1940-XIX”. Però
il protagonista – che mai s’era veramente rassegnato alla pubblicazione dei ricordi ch’ero riuscita a strappargli – ne profittò per mandarmi un perentorio veto, motivato con l’inopportunità del momento.
Dal “momento”, 10 giugno 1940, sono trascorsi alcuni mesi e Antonietta ritiene che nulla
in quest’ora che richiede ai nostri soldati nuovi eroismi, a tutti noi nuovi sacrifici, potrà far sembrare inopportune pagine ricordanti i cimenti che da un trentennio tengono l’Italia in armi.
Questo reti... continua a leggere
tag: Antonietta Giacomelli
torna su