Proposte di lettura
Marzio Zanantoni, Proposte di lettura, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 54, no. 19, dicembre 2022, doi:10.48276/issn.2280-8833.10155
Fascismo e società italiana
Nell’anno del centenario della “marcia” fascista su Roma sono decine libri usciti quest’anno dedicati al regime mussoliniano. Ne segnalo alcuni tra i più rappresentativi. Certamente interessante è la pubblicazione collettanea, a cura dell’Istituto italiano di Studi germanici, del libro La politica culturale del fascismo. 1. Le istituzioni culturali, a cura di Elisa D’Annibale, euro 30,00. L’Indice è ricchissimo di saggi anche innovativi, soprattutto bene documentati attraverso ricerche d’archivio suggestive. Basta vedere le sezioni che compongono il volume per rendersi conto di quanto la panoramica intorno ai modi in cui il fascismo ha inteso e organizzato la sua politica culturale sia stata approfondita: 1. Costruzione dell’ideologia e politica culturale; 2. Istituzioni e centri di ricerca; 3. Cultura popolare, 4. Media e spettacolo.
Tra i tantissimi interventi di valore credo siano da rimarcare quelli di Albertina Vittoria, più generale e dedicato al ruolo degli intellettuali; quello di Alice Crisanti, che da anni sta portando alla luce il ruolo poco conosciuto, ma essenziale anche per la politica estera e culturale del regima, dell’Istituto Italiano per il Medio e Estremo Oriente; quello di Elisa Guzzo Vaccarino dedicato all’Accademia Nazionale di Danza, nel quale emerge esplicitamente il ruolo della danza come atto di fede e come dogma. Un’unica perplessità: risulta un po’ fuorviante la sezione dedicata alla “cultura popolare”, con soli tre interventi, che rimanda a un tema fondamentale che tuttavia qui emerge molto da lontano: quanto le istituzioni culturali del regime hanno pensato, progettato e costruito una cultura “bassa”, atta a trasmettere l’ideologia fascista negli strati più ampi della popolazione? Quale narrativa, quali fumetti, quali fotoromanzi, quale manualistica erano davvero entrati nell’immaginario di massa? Gramsci nei Quaderni del carcere aveva iniziato una riflessione straordinaria in questo senso. Potrebbe essere l’occasione di una prossima indagine più approfondita.
Altre segnalazioni sicuramente da indicare sono il volume della storica De Grazia (Victoria de Grazia, Il perfetto fascista. Una storia d’amore, potere e moralità nell’Italia di Mussolini», Einaudi, euro 36,00) che è solo apparentemente una storia privata. Al centro c’è la figura di uno dei più importanti gerarchi fascisti — l’eroe di guerra Attilio Teruzzi — e le vicende del suo matrimonio fallito con l’attrice americana Lilliana Weinman, giovane diva dell’opera. L’intento dell’Autrice è quello di mostrare, attraverso l’impietoso ritratto di Teruzzi, la società fascista, i suoi metodi di corruzione, il suo modello di uomo virile ecc. In realtà il lettore viene maggiormente attratto dalla figura di lei, documentata in modo straordinario grazie al ricchissimo archivio privato. Ne nasce una storia sociale dell’Italia del ventennio, esplorata con grande competenza. Del tutto diverso è il progetto che si dipana nell’ultimo Annale Feltrinelli (Fascismo e storia d’Italia. A un secolo dalla marcia su Roma. Temi, narrazioni, fonti, a cura di G. De Luna, Feltrinelli, euro 60,00). In questo caso l’orizzonte storiografico è molto più ampio: attraverso la suddivisione enunciata nel sottotitolo— temi, narrazioni e fonti — i 22 saggi indagano davvero ogni area della società italiana, dal mito alla religione politica, dal consumismo alla risata, dalla fotografia al racconto del cinema. Credo che meriti un particolare sottolineatura la sezione delle «FONTI». I 4 saggi presenti offrono materiali editi ed inediti davvero di grande interesse. L. Giuva esplora il carteggio ordinario del Duce e della sua segreteria; Mineo e Taraborrelli illuminano il tema della violenza squadristica attraverso le fonti giudiziarie; G. D’Autilia indaga le fonti fotografiche come fonti di storia sottolineando quanto la rappresentazione nazionale e internazionale del fascismo sarebbe stata ben poco efficace senza la sua replica visiva. Infine G. Scirocco riscopre e presenta una parte della produzione di Luigi Salvatorelli in merito al fascismo — una parte degli articoli apparsi su «La Stampa» ma per decenni mai pubblicati — attraverso le carte dell’’archivio Einaudi.
L’unica pecca è forse quella di essere stato pensato necessariamente diversi mesi fa, nel 2019, e purtroppo gli anni della pandemia hanno limitato la possibilità per gli studiosi di indagare documenti, archivi e biblioteche, per un aggiornamento che tenesse conto della grande produzione uscita proprio in questo 2022. Ma è un limite certamente superato dall’impegno e dalla serietà degli studiosi che hanno collaborato all’impresa feltrinelliana.
Prosegue con continuità impressionate l’uscita in libreria di ricerche, testimonianze, raccolte di scritti dedicate al fascismo. Da poche settimane è disponibile questa antologia di Scritti e discorsi di Mussolini (La costruzione dello Stato nuovo, Marsilio, euro 25,00) curata da Fabio Frosini. Frosini è conosciuto meritatamente come uno dei migliori interpreti di Antonio Gramsci ma questa volta, grazie anche al suggerimento di Giuseppe Vacca, ha voluto proporre una nuova raccolta dei testi mussoliniani, a distanza di decenni, dal volume che un altro storico “democratico”, Enzo Saltarelli, aveva pubblicato nel ’79 da Feltrinelli, antologizzando gli «scritti politici» del Duce.
L’antologia di scritti e discorsi che propone Frosini, ha una scansione cronologica delimitata: dal 1921 al 1932, periodo che, come esprime il titolo del volume, segna il decennio della peculiare conformazione del fascismo italiano. La curatela di Frosini ai testi mussoliniani è davvero molto apprezzabile: ogni sezione del volume ha una introduzione di carattere storico-politico, ogni testo è presentato nel suo contesto specifico e annotato con informazioni utili per il lettore. I testi perlopiù sono noti soprattutto perché oggetto di migliaia di ricerche che dal 45 ad oggi sono state pubblicate, ma è cosa diverso trovare quegli stessi testi nella loro originale forma anche espressiva. Ne cito uno per tutti: il discorso del Duce al VII congresso nazionale di filosofia del 1929: un breve discorso che nella sintesi più estrema esprime concetti piuttosto chiari sulla dibattutissima questione del rapporto (esistente, o meno) tra fascismo e cultura: parole spesso dimenticate, fraintese, strumentalizzate. Partire dai testi originali come sempre è un buon metodo storiografico e la bella antologia di Frosini ne dà una ennesima prova.
Gramsci e il Fascismo
Proseguono a ritmo incalzante le pubblicazioni sul tema “fascismo” e dintorni in occasione del centenario della marcia su Roma. Escono quasi contemporaneamente due antologie, molto diverse tra loro, degli scritti di Gramsci sul fascismo. Una per Einaudi: A. Gramsci, Il popolo delle scimmie. Scritti sul fascismo, a cura di Marco Revelli, Einaudi, euro 13,00 e la seconda presso Lunaria Edizioni: A. Gramsci, Contro il fascismo nascente, a cura di Luca Cangemi, Lunaria edizioni, euro 13,00. Il volume curato da Revelli ha l’intento di offrire una scelta molto vasta di testi gramsciani, dal 1918 sino agli scritti carcerari, proprio per mostrare l’ampiezza dell’analisi gramsciana del fenomeno fascista, inquadrato all’interno di una complessa articolazione storico-sociale della nazione italiana. L’Introduzione di Revelli è ampia e mi è sembrata sin troppo analitica, infarcita di citazioni e riferimenti bibliografici che a volte distraggono il lettore dal tema principale. Il pregio è quello di aver costruito una antologia simile, ma più completa e aggiornata, di quella pubblicata negli anni Settanta dagli Editori Riunti con lo stesso titolo.
L’antologia costruita da Cangemi è invece frutto di una scelta che potremmo definire “militante” e battagliera. La stessa grafica che caratterizza l’impaginazione interna del libro esprime bene questo spirito, con titolazioni costruite come manifesti. Gli scritti gramsciani sono in numero molto inferiore rispetto al volume di Einaudi e coprano solo gli anni dal 1920 al ‘26, escludendo dunque gli scritti del carcere. Pensato soprattutto per i giovani, Cangemi ha corredato il volume con un piccolo Glossario dei concetti principali e una breve biografia di Gramsci.
Da Marx a Labriola
Ecco un libro, diviso in due tomi, che appare subito come una rarità per i tempi correnti. Intanto son ben 1380 pagine molto fitte complessive e questo, abituati come ormai siamo ai saggi che gli editori chiedono di 200 pagine al massimo, già appare straordinario. Lo apriamo e troviamo subito un’altra caratteristica oggi inusuale: le note a piè di pagina: quelle note lunghissime, che di per sé costituiscono dei paragrafi a parte, quindi non solamente bibliografiche ma di discussione e ulteriore approfondimento. E poi, ovviamente, c’è il contenuto: un nuovo testo su Marx, più esattamente sulla teoria politica di Marx, che lascia sopresi (un altro libro su Marx?) ma anche desiderosi di capire se l’Autore in 1300 pagine ci offre qualcosa di nuovo (Michele Prospero, La teoria politica di Marx, 2 voll., Boudeaux edizioni, pp. 1285, euro 40,00). La mole dei due tomi può inizialmente respingere la lettura, ma se con buona volontà e interesse ci si immerge in queste pagine, la buona scrittura e una chiara strutturazione del testo, riesce a condurre il lettore sino alla fine. Molto in sintesi: Prospero, sulle orme lontane di Norberto Bobbio, si chiede se esiste in Marx una teoria politica dello Stato. Problema enorme, spesso risolto negativamente: per decenni Marx è stato considerato un classico dell’economia politica capitalistica ma un generico utopista riguardo una chiara visione dello stato socialista. Prospero non solo dimostra l’esistenza di una teoria politica in Marx, ne traccia anche i termini e, sulla scorta di un testo molto poco considerato, delinea i principi costituzionali di una Stato socialista. Ma ciò che maggiormente colpisce è la valutazione positiva della “forza della democrazia”, è lo svilupparsi, dalle opere giovali alle ultime, non più e non solo di una visione romantica e utopistica del futuro, di una ideologia dell’estinzione dello Stato, ma una forte presenza della «politica», della costruzione di valori e diritti per spingere la democrazia fuori dall’ambito liberale, per dare ad essa, insomma, nuova sostanza. È questo il vero Marx, si chiedeva Stefano Petrucciani nella sua recensione al libro sul Manifesto di qualche settimana fa? Chissà, certamente Prospero ci dimostra che qualcosa di nuovo su Marx è ancora possibile dire.
Mentre sono in fase di avanzata pubblicazione i volumi dell’«Edizione Nazionale delle Opere di Antonio Labriola» presso Bibliopolis di Napoli, è uscito recentemente un volume Luigi Punzo dedicato al filosofo di Cassino (Luigi Punzo, Antonio Labriola. Filosofia della praxis e impegno politico e civile, Biblion, euro 20,00). Punzo, da anni uno dei migliori interpreti di Labriola e ora segretario dell’Edizione Nazionale, ha raccolto e parzialmente modificato, una decina di saggi scritti in varie occasioni, saggi nei quali il pensiero teorico e l’azione politica del cassinate sono esaminati in profondità. Nella sua ampia Introduzione, Punzo richiama alcuni punti nodali che sono stati continuamente fonte di discussione storiografica attorno alla figura e al pensiero di Labriola e che ancora oggi, e tanto più dopo il completamento dell’Edizione Nazionale e la pubblicazione di molti inediti, sarà opportuno riprendere.
Innanzitutto, va sottolineata la mancanza, ad oggi, di “un profilo complessivo della biografia intellettuale” del filosofo di Cassino. Per quanto sia ancora imprescindibile la monografia di Luigi dal Pane, pubblicata in prima edizione nel 1934 e rivista ampiamente per l’edizione Einaudi del 1975, proprio le carte Dal Pane, ora raccolte in un apposito archivio a Napoli, stanno restituendo un Labriola da ripensare. Punzo a ragione richiama la necessità di riflettere nuovamente su quello che è stato da sempre il nodo interpretativo cruciale della figura complessiva di Labriola: quanto cioè sia stato fondamentalmente naturale lo sbocco teorico-politico del cassinate nel suo avvicinamento al marxismo o, viceversa, quanto quel percorso e quell’approdo sia segnato da una forte discontinuità teorica e pratica del suo itinerario intellettuale. Punzo propende per una visione unitaria del processo evolutivo del pensiero labrioliano, legando la sua interpretazione al filo continuativo dell’interesse di Labriola per il divenire storico e individuando nella celebre «Prelazione» del 1887, dedicata ai Problemi della filosofia della storia, il punto essenziale della linea di continuità e di sviluppo teorico del cassinate.
Nell’analisi dei Saggi labrioliani più compiuti sul materialismo storico, pubblicati tra il 1895 e il ’98, Punzo sottolinea soprattutto l’emergere del nucleo più originale che contraddistingue il marxismo di Labriola: la filosofia della praxis. Una dottrina dotata di una sua autonomia e intesa come autentica concezione filosofica, che pone l’accento sulla produzione e sullo sviluppo cioè sull’attività dell’uomo nel suo rapporto niente affatto passivo con la realtà naturale. Qui Labriola introduce quel concetto di prassi che egli individua come il tratto distintivo di quella visione filosofica di cui la concezione materialistica della storia è portatrice.
In questa raccolta di ricerche precedenti, Punzo ripubblica opportunamente due testi intorno al tema comune dell’analisi del diritto e dello Stato da parte di Labriola, saggi che me sembrano particolarmente importanti proprio perché Punzo è stato una dei primi interpreti a dare rilievo a quelle riflessioni del pensatore di Cassino. Per diversi anni, dal 1880 al 1886, Labriola dedicò i suoi corsi universitari romani al problema dello Stato, della sua formazione storica, del diritto e della politica. Sono anni che, secondo alcuni interpreti, rappresentano un lungo momento di “disimpegno” politico di Labriola, dopo i primi anni Settanta, contraddistinti dalla militanza nelle file di moderati napoletani e prima della sua fase radical-socialista e poi marxista. Il saggio di Punzo sottolinea al contrario come quei primo anni Ottanta furono anni di impegnata riflessione politica e proprio grazie a quella continuativa riflessione e minuziosa analisi intorno alla Stato, Labriola fece i conti definitivamente con quella visione liberale, presente nella sua formazione giovanile, dell’entità statuale come eticità, come dover essere per accostarsi sempre più all’essere, alla realtà fattuale, alle contraddizioni di classe. In questo senso, e lo sottolinea bene Punzo avendo presente soprattutto i manoscritti inediti, va spiegata l’attenzione di Labriola, dagli inizi degli anni Novanta in poi, per lo studio degli episodi rivoluzionari della storia cha vanno dall’eresia comunistica di Fra’ Dolcino ai diversi corsi tenuti sulla Rivoluzione francese sino all’ultimo grande affresco, incompiuto, Da un secolo all’altro, che doveva costituire un quarto Saggio dedicato all’Italia moderna: una sorta di tentativo di una verifica fattuale della capacità ermeneutica della concezione materialistica della storia.
Storia dell’Università
Gli studi complessivi di storia delle nostre Università non sono molto frequenti. Disponiamo certo di numerosissima saggistica locale, oltre che di un Annuario dedicato alla storia delle Università italiane, ma è difficile trovare un volume come quello dedicato da Enrico Decleva al complesso delle istituzioni universitarie milanesi (E. Decleva, Milano città universitaria, Laterza, euro 48,00). È davvero il libro di una vita, come è stato scritto. Decleva, scomparso nel 2020, ha dedicato decenni e migliaia di pagine intorno alla storia delle Università di Milano (e non solo) e aveva deciso di riscrivere totalmente i suoi saggi per riunire in un’opera organica le sue ricerche. Era ormai giunto alla conclusione quando è sopravvenuta la morte. Due docenti della Statale di Milano, I. Piazzoni e E. Scarpellini, hanno completato e rivisto il tutto e ne è uscito un volume di quasi mille pagine che dall’Unità d’Italia al fascismo traccia la storia di progetti e protagonisti delle diverse istituzioni universitarie costruite a Milano: l’Accademia scientifico-letteraria, poi Università Statale, Il Politecnico, le diverse scuole di Medicina, di Agraria e Veterinaria ecc. e gli uomini che di queste scuole sono stati elementi decisivi come Isaia Graziadio Ascoli, Ettore Ciccotti, Luigi Mangiagalli, Bocconi e altri. Decleva ci racconta anche gli scandali, i soprusi, le lotte interne che sin dall’origine di queste istituzioni hanno caratterizzato ile vicende di docenti e ministri, il tutto basato su solidissimi documenti d’archivio. Un libro fondamentale.
Editoria e storia del libro
Continuano con una certa frequenza i volumi dedicati alla storia dell’editoria e comunque alla storia e organizzazione dell’azienda libraria. Tra i volumi recenti ne vanno segnalati un paio pubblicati nella collana “Storia e cultura” del libro dell’editore veneto Ronzani. Il primo (Tra cultura e mercato. Storie di editoria contemporanea, a cura di Arianna Leonetti, Ronzani editore, euro 19,00) raccoglie 9 saggi che spaziano cronologicamente dall’Unità d’Italia agli ultimi nostri decenni e analizzano la produzione libraria con un occhio alle proposte editoriali di collane e progetti raccontati non solo nei loro contenuti ma anche all’interno degli esiti di mercato o della loro produzione. Si vola dalle proposte divulgative di Michele Lessona trasformate in programmi editoriali soprattutto dagli editori Treves e Pomba, alla collana, diventata Casa editrice ben più vicina a noi, “Il Castoro”, sino alla editoria per ragazzi. L’altro volume è la raccolta di saggi e articoli di una dei maggiori giornalisti di inizio Novecento, Aldo Sorani (Aldo Sorani, Il libro italiano», Ronzani editore, euro 16,00), un Autore che si è occupato a lungo dello stato del libro nell’Italia dei suoi tempi, in particolare nei decenni dopo la Grande guerra. È impressionate leggere come ad es. le stesse lamentele degli Editori sulla scarsa vendibilità dei loro prodotti, o le invettive dei lettori, espresse in lettere ai giornali, relative alle brutte confezioni del libri o ai troppi errori di stampa presenti o, ancor più interessanti, le attenzioni di Sorani alle prime costituzioni dei “trust” editoriali – oggi noi le definiamo le “grandi concentrazioni” – e al ruolo che in quegli anni lontani assumeva la maggior azienda di distribuzione libraia, Le Messaggerie. Davvero profetico.
Intellettuali del Novecento
Nel novembre di quest’anno (2022) si sono ricordati i settant’anni dalla morte di Benedetto Croce. Adelphi, con gli eredi del filosofo abruzzese, ha avuto l’idea di pubblicare un piccolo e bellissimo libro di ricordi autobiografici (B. Croce, Soliloquio e altre pagine autobiografiche, Adelphi, euro 12,00). Sono brevi passaggi, approntati da Giuseppe Galasso nel 2016 per una serata in ricordo di Croce: brevi brani, tratti da altre opere crociane, articoli di giornale, dichiarazioni pubbliche nei quali don Benedetto racconta di sé, dei suoi momenti più privati, del suo percorso intellettuale. Una raccolta così combinata potrebbe apparire una operazione paradossale, riferita ad un filosofo che fu critico feroce dell’individualismo, ma al tempo stesso autore di quel Contributo alla critica di me stesso, preceduto dalla Memoria della mia vita, che ha fatto epoca nelle scritture autobiografiche del Novecento. Un paradosso, o una contraddizione, solo apparenti: anche l’approccio autobiografico ha la sua genesi, per Croce, nella speculazione filosofica, concettualmente connesso alla dimensione dell’io e alla problematica del sé. Per un pubblico più vasto che vuole avere di Croce una prima immagine, questo piccolo libro è un tesoro davvero prezioso. Ad un pubblico diverso e più «accademico» è invece rivolta la raccolta di saggio di Michele Ciliberto dedicati a Croce e Gentile (M. Ciliberto, Croce e Gentile. Biografia e filosofia, Edizioni delle Normale, euro 10,00). Ciliberto è senza dubbio uno dei più intelligenti lettori del pensiero crociano e i saggi qui raccolti lo testimoniano. Uno in particolare è da raccomandare: quello intitolato. Malattia/sanità. Momenti della filosofia di Croce tra le due guerre, che, sin dal suo apparire (1983) ad oggi costituisce una delle più lucide e originali interpretazioni della lettura del tempo del fascismo da parte del filosofo abruzzese: una lettura nella quale si intrecciano vita e morte, decadenza e riscatto, patologia, anche mentale, e sanità rincorsa. Un equilibro che nella stessa sua esistenza Croce aveva costantemente cercato.
Appare come una biografia, il personaggio indagato è pressoché sconosciuto ma legato ad uno dei più noti e discussi storici italiani, Delio Cantimori, e il titolo, «L’infiltrata», aggiunge quel tanto di mistero e di spionistico che rende il tutto ancor più sollecitante (Massimo Mastrogregori, L’infiltrata. Vita e opere di Emma Cantimori, Il Mulino, euro 16,00) I tanti lettori che dal dopoguerra ad oggi hanno letto il “Manifesto del partito comunista” di Marx e Engels, nella edizione Einaudi prima, e Laterza poi, hanno ben in mente il nome di Emma Cantimori Mezzamonti, nome che a tutti è rimasto impresso per quell’unico merito di traduttrice. Per il resto, oltre a immaginarla come devota moglie di Delio, altro non si sapeva. Era stato per la prima volta Dario Miccoli nella sua biografia einaudiana del 1969, dedicata allo storico degli “Eretici”, ad aver svelato, in una nota di due righe, che Emma Mezzamonti (nata nel 1903 a Bolzano) era stata una comunista militante di vecchia data (presumibilmente sin dalla fine degli anni Venti) e membro del Soccorso rosso, ma nessuno aveva mai indagato oltre. Ora il libro di Mastrogrergori, pur tra molti “non detto” e ambigui riferimenti, svela parecchie novità. Intanto che Emma era stata a lungo segretaria dell’Istituto germanico di studi italiani nel 1930, grazie anche all’intervento di Ugo Spirito, e che in quella istituzione fascista ebbe modo di frequentare personaggi importanti del regime e coglierne informazioni (tra l’altro il capitolo dedicato a Villa Sciarra, sede dell’istituto, è sicuramente tra i più interessanti del libro e tante annotazioni andrebbero approfondite). Inoltre, del tutto sconosciuto era l’incontro con Delio (il loro matrimonio è del ’36) che quindi non poteva non sapere della attività militante di Emma: anzi, in qualche modo lo stesso Delio ne fu partecipe e questo può far ripensare il tragitto intellettuale e biografico dello storico. Ma soprattutto il libro di Mastrogregori insiste su una questione (da qui anche il titolo, a mio parere un po’ forzato): la direttiva del PCI durante il fascismo di infiltrarsi il più possibile nelle strutture, soprattutto culturali, del Regime. Emma ne rappresenterebbe un caso e così forse lo stesso Delio e tanti altri. In questo modo diventa chiaro che non regge più, o comunque con molta difficoltà, la tesi secondo la quale molti futuri militanti e dirigenti comunisti furono prima fascisti e si “convertirono” strumentalmente nell’opposta ideologia. Forse, o certamente, erano già antifascisti e comunisti, che seguendo le direttive del partito agivano infiltrandosi anche legalmente nelle pieghe del fascismo. E questo fa riflettere anche sulla ritrosia di molti di loro a ricostruire le proprie biografie di quegli anni.
Il libro insomma lancia tanti spunti di interesse, anche se lascia altrettanti punti in chiaroscuro e soprattutto il lettore non deve aspettarsi, nonostante il sottotitolo, una esauriente biografia di Emma: lei in fondo rimane ancora “nascosta”, come lo fu per tutta la sua vita.
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