Marilù Oliva, Cent’anni di Marquez. Cent’anni di Mondo, prefazione Omero Ciai
Mauro Conti, Marilù Oliva, Cent’anni di Marquez. Cent’anni di Mondo, prefazione Omero Ciai, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 26, no. 16, luglio/settembre 2011
Il mondo delle lettere è in gran fermento. Le tipologie espressive del passato, generi come il romanzo, il saggio critico, il poema epico, cioè quei modelli su cui si sono esercitate generazioni di giovani fin dalle origini della letteratura, davanti alla modernità e alla concorrenza di nuovi canali comunicativi, hanno denunciato la necessità di profonde modificazioni, per non dire il ripensamento radicale della loro forma.
Oggi sembra prevalere quella che, a buon diritto, può essere definita, con parola desunta dall’ambito delle scienze biologiche, la contaminazione, o meglio la mescolanza di tipologie differenti all’interno della pagina letteraria, dell’espressione artistica. Quel polimorfismo insomma, per citare qualche esempio, che caratterizza la pagina di un Gadda, di Joyce, ma in fondo quella di tutti grandi della letteratura, da Dante a Roberto Longhi, Roland Barthes, o Raimondi, i cui scritti in definitiva presentano sempre una doppia valenza e si leggono vuoi come un viaggio dell’immaginazione, vuoi come espressione dell’intelligenza creatrice e ragionante. Se è così, di cosa parliamo quando parliamo di letteratura? Che cosa è il Letterario? Tutto, niente, quello che ci sta in mezzo: la lista della spesa, il menù dell’infima trattoria, Il Principe di Machiavelli, il bugiardino accanto al farmaco, il De remediis utriusque fortunae di Petrarca o La Vita Nuova di Dante Alighieri. Tutto fa narrazione e noi siamo i protagonisti di questo gran teatro del mondo, a volte senza forza, a volte ebbri di espressione.
Marilù Oliva, che collabora con la nostra rivista fin dagli inizi ed è una delle stelle nascenti nel panorama della narrativa italiana, – Marilù, per altro, è in libreria in questi giorni con il suo nuovo romanzo Fuego, presso l’editore Eliot, – ha scritto un bel saggio su Gabriel Garcia Marquez, dal titolo Cent’anni di Marquez, Cent’anni di Mondo. Saggio, sì, ma subito mi domando se sia corretta codesta definizione? Certo del saggio rigoroso, paludato nei tecnicismi di una serrata analisi scientifica non c’è traccia. Per quanto distaccata e asettica, si vede subito che la sua analisi percorre altre strade, è sintonizzata su altre dimensioni. Del resto, non è necessario aver partecipato alla Campagna di Russia per scrivere Guerra e Pace, ripeteva Tolstoj.
Dunque, come definire altrimenti questo bel lavoro, se non, semplicemente, un atto di amore, la testimonianza di una passione, la percezione di un legame profondo unito a lunghe ore di ascolto con uno dei più grandi narratori del nostro tempo, l’autore di Cien anos de soledad, Cento anni di solitudine, Gabriel Garcia Marquez? Saggio biografico, profilo biografico intellettuale, ascolto amoroso, dichiarazione d’amore, lezione sulla vita di un genio come risarcimento per quel sentimento, quella simpatia che il grande autore ci ha saputo strappare, pulsante e lussuriosa, dalle rocce dell’anima? Difficile dirlo, e forse, inutile domandarselo. Del percorso che Marilù Oliva ha tracciato sulla mappa del continente Marquez, ciò che importa è il viaggio. Si va dal Sud America come luogo di città primigenie, giungle e stazioni, alla soggettività dell’artista sublimata in tante esperienze narrative, dalla prima all’ultima, che hanno nella magia e nell’incanto, nella passione e nella vitalità il loro termine di confronto. E poi le letture fatte da Marquez, Kafka in primo luogo, come emblema dell’assurdo, del problematico esistere novecentesco, ma anche Salgari, Conrad e quei cronisti e navigatori che hanno saputo guardare al mondo esteriore ed interiore con uguale gravità e leggerezza.
Forse le recensioni non servono a nulla, o meglio servono il volere pubblicistico del loro autore; ma non ci dicono nulla degli istanti di grazia, di illuminazione, chiarezza che ci si sono aperti quando quel libro stavano interrogando, esplorando con i nostri sentimenti attivi a cercare una occasione di esistere. Nel saggio di Marilù Oliva questi istanti li cogliamo, e sono numerosi.
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