Bibliomanie

La Minerva o sia Nuovo giornale de’ letterati d’Italia. Rivista mensile impressa a Venezia dal 1762 al 1767
di , numero 41, gennaio/giugno 2016, Saggi e Studi,

Come citare questo articolo:
Piero Venturelli, La Minerva o sia Nuovo giornale de’ letterati d’Italia. Rivista mensile impressa a Venezia dal 1762 al 1767, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 41, no. 2, gennaio/giugno 2016

1. Che cosa fu e chi fondò «La Minerva»

«La Minerva o sia Nuovo giornale de’ letterati d’Italia» fu una delle più significative riviste di alta cultura ad essere stampate a sud delle Alpi nei decenni centrali del Settecento. Venne fondata all’inizio del 1762 dall’oscuro abate Iacopo Rebellini (1714-1767), che ne fu poi il direttore de facto, e dal combattivo camaldolese Angelo Calogerà (al secolo, Domenico Demetrio: 1699-1766). Il primo, uomo di poco prestigio e di difficile carattere, nacque nel Padovano (a Piove di Sacco) e studiò teologia ed eloquenza, coltivando la poesia e insegnando in varie località della Repubblica Serenissima; nominato pubblico revisore per le stampe dai Riformatori dello Studio di Padova, esercitando questa carica acquisì competenze redazionali ed organizzative che gli furono molto utili durante gli anni della «Minerva»; quest’ultima cessò con la morte di Rebellini. Il secondo era un celebre dotto che, quando ebbe origine codesto periodico, poteva contare sull’amicizia e sulla stima dei più importanti uomini di cultura veneti (e non solo veneti) dell’epoca, e aveva alle spalle una notevole esperienza editoriale per quanto riguardava i fogli eruditi. Dal 1730 ricoprì la carica di pubblico revisore per le stampe della Serenissima e da allora collaborò, in qualità di consigliere, coi tipografi veneziani. Nacque a Padova e visse stabilmente dal 1726 al 1759 nel monastero di San Michele in Isola, sull’isola di San Michele (nei pressi di quella di Murano, e per questo chiamato spesso – seppur impropriamente – «monastero di San Michele di Murano»), comunità di cui diventò priore nel 1729; entrato in urto con la gerarchia ecclesiastica e coinvolto in un’accusa di stregoneria di fronte agli inquisitori di Stato, fu trasferito nella badia della Vangadizza (in Polesine), dove rimase fino all’inverno 1763/1764, cosicché si trovava lontano da Venezia quando venne fondata «La Minerva»; la sua collaborazione con Rebellini non durò tuttavia a lungo, dal momento che Calogerà sentì presto quel foglio come cosa non sua e preferì dedicarsi ad altro. Morì poco tempo dopo nel monastero di San Michele in Isola.
Di questo periodico, scritto integralmente in lingua italiana e impresso a Venezia, uscirono 66 numeri dal marzo 1762 all’agosto 1767: venne pubblicato dallo stampatore Domenico Deregni fino al numero XLII (agosto 1765); dallo stampatore Giambattista Novelli, invece, a partire dal numero XLIII (settembre 1765). La rivista uscì in eleganti fascicoletti mensili destinati a comporre un volume per trimestre; la paginazione dei vari numeri (ciascuno di 96 pagine) ricominciava ogni tre mesi. Il numero XXXI (settembre 1764) fu il primo nel quale all’intitolazione «La Minerva o sia Nuovo giornale de’ letterati d’Italia» seguì la dicitura «Sotto la protezione della Sacra Reale Maestà di Ferdinando IV Re delle Due Sicilie».

2. «La Minerva» e le prime generazioni di giornali eruditi

Nel tardo Seicento e nel Settecento, Venezia costituì uno dei centri più importanti della Penisola nel campo della pubblicistica periodica dotta. In Laguna, infatti, sorse già nel 1671 il «Giornale veneto de’ letterati», il secondo foglio erudito ad apparire a sud delle Alpi, dopo il «Giornale de’ letterati» di Roma (1668-1681) e prima dell’omonima rivista impressa a Parma (1686-1690) e poi a Modena (1692-1693, 1696-1697); tutti e tre erano scritti in lingua italiana. La pubblicazione edita a Venezia constava di recensioni, novità di varia erudizione e «memorie» di argomento scientifico; stampata con cadenza variabile, ebbe una prima serie (1671-1680) e, dopo qualche anno, una seconda serie (1687-1690). A quell’epoca, tutti i periodici colti risultavano ispirati al capostipite internazionale del genere, «Le Journal de sçavans». Quest’ultimo cominciò ad uscire nel gennaio 1665 – a Parigi, sotto il patronato del sempre più potente consigliere reale alle Finanze Jean-Baptiste Colbert (1619-1683) e principalmente grazie all’impegno editoriale e organizzativo di Denis de Sallo, signore di La Coudraye (1626-1669), consigliere del Parlamento della capitale francese e legato al mondo degli eruditi di quella città – per dar conto di quanto di significativo si stampava nella république des lettres; lungi dall’accontentarsi di registrare soltanto titoli, come di norma avevano fatto sino ad allora i bibliografi, tale foglio si propose di riferire – all’inizio, settimanalmente; poi, con una certa irregolarità; infine, una volta al mese – sugli argomenti teologici, scientifici e umanistici trattati nei diversi volumi e opuscoli impressi nel mondo (ma soprattutto in Francia) e di suggerire le categorie di studiosi alle quali codeste opere potevano giovare; inoltre, nel periodico di cui si parla veniva garantito spazio ai necrologi di illustri persone di cultura venute a mancare di recente. Per lo più, i testi inseritivi o erano lasciati anonimi o dell’autore si davano le sole iniziali del nome e del cognome o venivano usati pseudonimi (così faceva – ad esempio – lo stesso fondatore, che si firmava «Sieur d’Hédouville»).
Trattandosi di fogli eruditi, «Le Journal de sçavans» e i suoi epigoni diretti, vale a dire pressoché tutte le riviste impresse nel Vecchio Continente sino ai primi decenni del Settecento e molte di quelle successive, potevano contare su una diffusione limitata ad un pubblico ristretto e altamente specializzato, composto di dotti. Lo scopo primario di questi periodici consisteva nell’informare sulle novità letterarie nazionali e a volte anche europee, con particolare attenzione – di solito – a quelle che concernevano temi legati alla storia, all’archeologia, all’antiquaria, alla medicina e alle scienze naturali; di tali opere si offriva spesso un «estratto», cioè un riassunto che fosse il più possibile obiettivo e scevro, dunque, di commenti. In genere, codesti fogli erano assai solleciti nel pubblicare necrologi di insigni personaggi defunti da poco. Parecchie riviste, a partire proprio dal «Journal des sçavans» (che venne pubblicato fino al 1792, acquisendo più volte, nel corso del tempo, intitolazioni lievemente diverse), vantavano inoltre un ruolo non secondario nella divulgazione delle conoscenze e delle scoperte scientifiche, così come nella comunicazione tra gli scienziati.
Tornando più direttamente al mondo dei periodici colti veneziani, in Laguna l’approdo al nuovo secolo avvenne grazie ai saltuari numeri della «Galleria di Minerva» (1696-1717). Di notevole prestigio, anche oltralpe, godette poi per qualche tempo il «Giornale de’ letterati d’Italia» (1710-1740), che fu fondato dall’eminente medico, biologo e geologo Antonio Vallisnieri (o Vallisneri, 1661-1730) e dai celebri uomini di lettere Scipione Maffei (1675-1755) e Apostolo Zeno (1668-1750), il quale ultimo per i primi nove anni di vita del foglio – che, sino al 1713, venne pubblicato ogni tre mesi; fra il 1714 e il 1718, ogni quattro mesi – si accollò i maggiori oneri dell’impresa editoriale. Concepito come una sorta di piccola enciclopedia del sapere realizzata da un gruppo fisso di fedeli collaboratori competenti e determinati, tale rivista mostrò subito una portata che ora diremmo «nazionale», giacché forniva novelle letterarie riguardanti l’Italia, o che con l’Italia avevano una qualche attinenza; questa sua impostazione generale risentiva non poco della lezione muratoriana (tenuta peraltro in altissima considerazione da molti illustri esponenti della classe intellettuale veneta del tempo), come stava già significativamente a certificare la pregevole Introduzione anonima (ma di Maffei) al periodico, contenuta nel numero d’esordio, un testo dove si denunciavano i preoccupanti limiti della coeva pubblicistica erudita italiana, ivi compresa la sua incapacità di mostrare appieno il grande fervore dei letterati e degli scienziati che operavano all’epoca in svariate città della Penisola, quando dare per tempo notizia dei loro libri recenti alle persone di cultura attive oltralpe avrebbe non solo rappresentato un doveroso atto di giustizia nei riguardi dei migliori ingegni italici viventi, ma anche contribuito a farli partecipare da protagonisti ai dibattiti allora in corso nel Vecchio Continente e, dunque, al cammino che stava conducendo a straordinarie conquiste dello spirito umano nei campi più disparati. Nel «Giornale de’ letterati d’Italia», accanto ad elogi di dotti e ad annunci bibliografici brevi, erano previsti articoli di recensione (lunghi dalle venti alle cinquanta e più pagine) che consistevano, da un lato, in un ampio riassunto dell’opera presa in considerazione e, dall’altro, in una serie di giudizi critici sulle tesi espresse in tale libro; sovente, inoltre, l’autore del contributo coglieva l’occasione per indugiare su scritti che con quello in esame avevano attinenza, sicché la recensione veniva non di rado a configurarsi come una sorta di trattato in miniatura sul soggetto del volume stesso. Una fisionomia di questo genere, insieme con una veste tipografica sobria ed elegante, il piccolo formato, i caratteri nitidi e l’impaginazione uniforme, decretò ben presto il grande successo del foglio di cui parliamo. Quando Zeno fu chiamato a Vienna come poeta cesareo (1718), alla direzione de facto del «Giornale de’ letterati d’Italia» gli subentrò il fratello Pier Caterino (1666-1732), noto cultore delle letterature latina e italiana, ma la rivista andò a poco a poco diradando le proprie uscite e isterilendosi fino praticamente a spegnersi nel 1724 (negli ultimi sedici anni, infatti, ne apparvero solo quattro numeri). L’influenza esercitata dal tipo di codesto glorioso foglio fu considerevole sullo stile e sul “taglio” della successiva pubblicistica erudita periodica, e non solo a Venezia.
Per concludere questa nostra breve (ed incompleta) carrellata intorno al giornalismo dotto nel contesto lagunare, ricordiamo che effimera e di scarso rilievo si dimostrò l’esperienza della «Galleria di Minerva riaperta» (1724-1725) e che tutt’altro che egregie furono le «Novelle della repubblica letteraria» (1729-1762), mentre non prive di interesse si rivelarono tanto le «Memorie per servire all’istoria letteraria» (1753-1758) quanto le «Nuove memorie per servire all’istoria letteraria» (1759-1761).

3. Caratteristiche salienti della «Minerva»

Come all’epoca avveniva spesso nell’ambito dei fogli di alta cultura, anche «La Minerva» viveva grazie al contributo di un certo numero di dotti, i quali spesso non firmavano i propri testi. I collaboratori anonimi del nostro periodico davano conto, tramite recensioni o meri elenchi di titoli, delle novità librarie riguardanti i settori più disparati, spaziando dalla morale alla storia religiosa e profana, dalla filosofia alla medicina, dalla teoria delle arti all’antiquaria; non disdegnavano di occuparsi, poi, di raccolte di versi di poeti viventi, di volumi che offrivano notizie su città importanti ecc. I giornalisti della «Minerva» prendevano in esame solo opere scritte in italiano o in latino, e date alle stampe – generalmente – in Italia (invero, si riscontrava una speciale predilezione per gli editori veneti); inoltre, non ignoravano le traduzioni recenti di volumi stranieri considerati significativi.
Nelle pagine di tale rivista, sempre a cura di dotti che rimanevano anonimi, era garantito pure un certo spazio a brevi corrispondenze provenienti da varie città (anche non italiane) ovvero ad annunci librari divisi per località, allo scopo di fornire al lettore notizie sulle ultime pubblicazioni di suo probabile interesse; ogni tre mesi, inoltre, era possibile trovare l’indice e il catalogo delle opere uscite nella Penisola a partire dal 1760. Venivano accolti volentieri anche altri generi di scritti (a volte erano testi firmati): epistole di uomini di cultura; elogi di personaggi più o meno illustri deceduti da poco; trattazioni erudite; dissertazioni scientifiche. A quest’ultimo proposito, vale forse la pena di sottolineare che, nei diversi numeri della rivista, uno dei temi affrontati più spesso, sia tramite «memorie» sia tramite recensioni, fu quello dell’innesto del vaiolo, una questione che all’epoca era all’ordine del giorno nel Vecchio Continente anche al di fuori della comunità medica e che veniva affrontata non di rado pure in altri fogli coevi di carattere non prettamente scientifico, dal «Caffè» (1764-1766: stampato dapprima a Brescia, città allora in territorio veneto, e poi nella Milano asburgica, inizialmente ogni dieci giorni, ma abbastanza presto le uscite cominciarono ad accumulare ritardi sempre più consistenti) alla parigina «Gazette littéraire de l’Europe» (1764-1766: esordì come settimanale dotato di un supplemento mensile che conteneva i testi più lunghi, ma in seguito lo perse e diventò quindicinale), oltre che in innumerevoli opere letterarie in prosa (tra le più precoci in ordine cronologico, l’undicesima delle voltairiane Lettres écrites de Londres sur les Anglaises et autres sujets [1734], intitolata Sur l’insertion de la petite vérole, la cui traduzione inglese, On Inoculation, era peraltro già apparsa all’interno di Letters concerning the English Nation [1733]) e in poesia (si rammenti, ad esempio, l’ode pariniana L’innesto del vajuolo, uscita nel 1765 come premessa alle Osservazioni sopra alcuni innesti di vajuolo di Giovammaria Bicetti de’ Buttinoni).
Nella «Minerva», accanto a brevi e neutre informazioni librarie, e ad articoli bibliografici che prendevano la forma di «estratti» (vale a dire, come si è dianzi osservato, di riassunti di opere freddi e privi di spunti critici o appena percorsi da essi) composti con grande cura e molti dettagli, erano talvolta presenti ampi ed approfonditi contributi ricchi di giudizi espliciti sulle recenti pubblicazioni di cui si parlava.
Negli anni in cui i numeri della nostra rivista uscivano, era iniziato da poco il processo di graduale penetrazione della cultura inglese nella Repubblica Serenissima. Particolare attenzione veniva riservata in Laguna al tipo di giornalismo proposto mezzo secolo addietro dall’innovativo quanto effimero «The Spectator» (1711-1712 e 1714), foglio londinese che privilegiava una visione pratica della vita, aveva obiettivi moralistici, predicava l’oraziana aurea mediocritas e puntava a far aumentare il numero dei propri lettori, affrontando anche questioni di primario interesse per i ceti medi (in special modo, per i professionisti e gli artigiani alfabetizzati), ai quali erano presentate osservazioni sul mutamento dei costumi e degli stili di vita, sui modelli culturali, sulla filosofia, sulla politica, sui princìpi etici e sull’economia; gli intenti e il linguaggio risultavano divulgativi, mentre predominava un tono elegantemente colloquiale e spesso ironico. Fondato dal celebre uomo pubblico inglese Joseph Addison (1672-1719), scrittore e drammaturgo, ex diplomatico e a quel tempo politico whig, in società con il connazionale scrittore e commediografo Richard Steele (1672-1729), entrambi freschi reduci dall’esperienza del «Tatler» (trisettimanale londinese che il secondo aveva creato nell’aprile 1709 e diretto fino al gennaio 1711, e del quale il primo era stato assiduo collaboratore), «The Spectator» usciva tutti i giorni (tranne la domenica), riscuotendo un successo clamoroso: si stima che, per alcuni mesi, abbia avuto una tiratura di ben 30.000 copie, quando allora la capitale britannica presumibilmente non superava i 600.000 abitanti; lungo l’intero XVIII secolo, arrivò poi a contare innumerevoli ristampe e diverse traduzioni in varie lingue europee. Alla guida del fortunatissimo quotidiano si erano posti gli stessi Addison e Steele (prima serie), poi il solo Addison (seconda serie).
Responsabili e collaboratori di alcuni periodici veneziani della seconda metà del Settecento assunsero «The Spectator» come modello per dar vita a fogli in grado di contribuire a svecchiare la cultura e, insieme, di influire sull’ordinamento morale della società, stimolando la curiosità dei lettori per il racconto, l’aneddoto e il bozzetto. «La Minerva» non si rivelò sensibile a codesto genere di giornalismo, rimanendo sempre fedele alla propria linea editoriale e al proprio carattere di rivista colta e destinata ad una relativamente piccola cerchia di dotti accademici e di scrittori eruditi.

4. La polemica letteraria franco-italiana del 1765

Uno dei principali e costanti obiettivi del nostro periodico, anche alla luce delle convinzioni del suo direttore (a tale proposito, si veda il prossimo paragrafo), era mostrare quanto gli intelletti italici stessero collaborando allo sviluppo delle diverse «scienze», a dispetto di ciò che al tempo capitava talvolta di leggere in libri e riviste europei: secondo vari giornalisti della «Minerva», infatti, erano quasi sempre del tutto infondate e pretestuose le denunce, provenienti da oltralpe, di crisi del mondo culturale della Penisola. In questo senso, l’articolo che costituisce ovvero può essere ritenuto una sorta di condensato o manifesto programmatico del foglio è molto probabilmente l’Epistola ai signori compilatori della Minerva sopra un’Epistola francese scritta in biasimo dell’Italia, un contributo anonimo recante in chiusura la data dell’11 settembre 1765 e apparso il mese successivo (si tratta – per la precisione – del n. 44 della rivista, e l’intervento è collocato alle pp. 99-120). In codesta sede, l’autore del testo, ossia il poeta emiliano Agostino Paradisi il Giovane (1736-1783), offrì una risposta ben argomentata e decisa nel tono, seppure a tratti alquanto ottimistica nella descrizione delle condizioni in cui versava la Penisola, a una pungente Lettre écrite de Parme, datata 3 gennaio 1765 e uscita anonima nel supplemento del 3 marzo 1765 della già menzionata «Gazette littéraire de l’Europe». Estensore del suddetto intervento in lingua francese era il controverso philosophe ed Enciclopedista Alexandre Deleyre (1726-1797), ex gesuita originario dei dintorni di Bordeaux e da quattro anni attivo presso la Corte parmense. In tale Lettre, egli aveva raffigurato l’Italia settecentesca a tinte assai fosche; a suo modo di vedere, la situazione della cultura, della società, dei costumi e dell’economia appariva talmente rovinosa, anche a causa del retaggio feudale e di una teologia e un potere ecclesiastico oppressivi, che i governanti e i dotti degli Stati e degli staterelli nei quali era frazionata la Penisola non potevano dilazionare oltre l’introduzione di profonde riforme nei diversi ambiti della vita civile e intellettuale. Le reazioni da parte italiana non si erano fatte attendere e aveva avuto così origine una veemente polemica letteraria italo-francese, la quale, nonostante la sua breve durata, ebbe il considerevole effetto di contribuire a ravvivare il sentimento nazionale in una porzione non trascurabile del mondo colto della nostra Penisola.
Le prese di posizione più lucide e ragionevoli nei confronti delle accuse deleyriane provennero dalla dianzi citata Epistola di Paradisi. In quel testo, egli affermò che il quadro offerto dall’autore anonimo della Lettre écrite de Parme era troppo ingeneroso e malevolo, e che più volte le sue tesi sfioravano il ridicolo, in quanto la stragrande maggioranza dei dotti europei coevi sapeva che, pure a sud delle Alpi, erano presenti Istituti, Università, Accademie, laboratori ecc., dove moltissime persone, coltivando assiduamente le lettere, le scienze e ogni genere di arte, stavano ottenendo risultati di prim’ordine nei processi di sviluppo delle conoscenze e di affinamento del gusto, processi – questi – che investivano numerosi campi, dalla poesia al teatro, dall’anatomia alla giurisprudenza, della geologia all’algebra, dalla chimica dalla biologia, dalla fisica alla storia. E Paradisi non si astenne dall’indicare il nome di una trentina di figure d’indiscusso merito, le quali stavano tenendo alto il prestigio dell’Italia a livello internazionale, per dimostrare con ancora maggiore chiarezza che non era altro che un imperdonabile mistificatore chi descriveva la Penisola come culturalmente arretrata e marginale al cospetto delle progredite potenze europee, e come popolata di gente misoneista, gretta, oziosa e ignorante. Quella del poeta emiliano fu una risposta ferma e circostanziata che, pur nella polemica sferzante, non risultava affetta da “passatismo” e non intendeva tagliare i ponti con la cultura francese: tali aspetti differenziarono con nettezza il suo intervento da altre prese di posizione avanzate in varie sedi contro la Lettre di Deleyre da un certo numero di autori italiani.
Sulla stessa lunghezza d’onda, comunque, erano diversi altri testi – o loro porzioni – usciti nella «Minerva». Uno dei più significativi da questo punto di vista fu l’articolo anonimo Sopra i pregi del corrente Secolo in fatto di Scienze. Dissertazione stesa in quest’anno 1766. a contemplazione di ragguardevole Soggetto (n. 57, novembre 1766, pp. 203-225), ove si menzionavano – anche a scopo celebrativo – svariati autori (viventi o scomparsi negli ultimi decenni) della Penisola, compresi quelli dediti alle indagini di carattere storico ed erudito (Lodovico Antonio Muratori [1672-1750], Apostolo Zeno, Scipione Maffei, Giovanni Lami [1697-1770], Giammaria Mazzuchelli [1707-1765] ecc.), e ove non mancavano esortazioni indirizzate ai governanti degli Stati e degli staterelli italiani a promuovere gli studi nei rispettivi territori. In tale testo, peraltro, faceva capolino il parziale riconoscimento della coeva condizione di crisi della cultura nella Penisola, tanto che – per esempio – capitava ad un certo punto di leggere: «Non vi ha Città primaria d’Italia, ed alcune ancor se ne contano fra le inferiori, la quale non vanti nel suo seno qualche Uomo veramente scienziato; e se la munificenza dei Principi, le istituzioni letterarie, le commode feraci Biblioteche e maggior libertà di scrivere favorissero e proteggessero così in Italia come altrove i Letterati e le Lettere, non invidiarebbe esse al certo i suoi pellegrini talenti all’Inghilterra, ed alla Francia» (ivi, p. 216).

5. L’importanza dell’erudizione e le accuse all’Illuminismo

In varie occasioni, le pagine della nostra rivista accolsero contributi polemici nei riguardi di chi, come Giuseppe Baretti (1719-1789) nel suo agguerrito foglio «La frusta letteraria» (pubblicato tra il 1763 e il 1765, dapprima a Venezia e poi ad Ancona, con cadenza – per lo meno, nominalmente – quindicinale), svalutava programmaticamente il ruolo dell’erudizione nella vita culturale del tempo.
Non di rado dure, e talvolta anche un po’ sarcastiche, furono poi le prese di posizione contro le incalzanti idee degli Enciclopedisti e le opere di Voltaire (1694-1778) e di Jean-Jacques Rousseau (1712-1778): diversi giornalisti della «Minerva», mentre accusavano i «filosofi» loro contemporanei di dimenticarsi troppo spesso di essere cristiani, lodavano quelle opere che, in mezzo a tante nelle quali si discuteva e ricercava la vera felicità, ribadivano che quella divina è la prima legge e che gli uomini debbono quindi sempre obbedire a un Essere superiore, da cui venne il tutto e il tutto dipende. Del resto, il direttore Rebellini era personalmente schierato a sostegno della più rigida ortodossia religiosa sia contro i molinisti sia contro i philosophes; rigorista e legato al gruppo giansenisteggiante bresciano raccolto intorno a Mazzuchelli, egli concepiva il suo foglio anche come uno strumento di battaglia per salvaguardare la tradizione e il sapere italiani di fronte agli innovativi orientamenti intellettuali che si stavano irradiando da Francia, Olanda e Inghilterra.
Il nostro periodico tendeva dunque a riproporre, nel settimo decennio del XVIII secolo, mentre il mondo culturale della Penisola si stava ormai misurando con l’Encyclopédie e le opere di Montesquieu, Rousseau e David Hume (1711-1776), la difesa ad oltranza di un sapere erudito che, se aveva senz’altro rappresentato un valore di rottura tra la fine del Seicento e gli inizi del Settecento, adesso lo era in misura assai minore. Con «La Minerva», che pur non mancava di una sua vivacità, Rebellini e Calogerà figuravano, anche se in modo dignitoso, nel novero delle forze che difendevano i vecchi ideali, la religione e la società costituita – insomma, gli stessi modelli culturali e formali del passato. Cionondimeno, va rilevato che la nostra rivista non rimase del tutto impermeabile alle tendenze intellettuali d’oltralpe, come dimostra bene – fra l’altro – la suaccennata Epistola paradisiana. Nel complesso, comunque, «La Minerva» rivelava senza dubbio un respiro meno internazionale e meno sensibile alle idee illuministe di quello proprio di svariati fogli colti impressi all’epoca nel Vecchio Continente, inclusi i summenzionati «Il Caffè» e «Gazette littéraire de l’Europe», il trimestrale «Estratto della Letteratura europea» (uscito a Berna dal 1758 al 1762, a Yverdon fino al 1765 e a Milano tra il 1766 e il 1769), il quindicinale «Journal encyclopédique» (stampato a Liegi dal 1756 al 1793, prendendo il titolo «Journal encyclopédique ou universel» a partire dal 1775) ecc.

Biblioteche pubbliche italiane dove sono custoditi tutti i numeri della «Minerva»
Biblioteca Nazionale Braidense (Milano): collocazione XD. I. 023-025.
Biblioteca Nazionale Marciana (Venezia): collocazione PER. 0001077.

Bibliografia di riferimento
Assael, Baroukh M.: Il favoloso innesto. Storia sociale della vaccinazione, Roma-Bari, Laterza, 1995 (sul vaiolo, soprattutto il cap. I: Il vaiolo tra scienza e storia [pp. 11-67; riguardo al contesto settecentesco, in special modo le pp. 11-37]).
Bédarida, Henri: Parme et la France de 1748 à 1789, Paris, Champion, 1928 (rist. anast.: Genève, Slatkine Reprints, 1977), pp. 368-371 (parte riservata alla polemica letteraria del 1765 tra Italia e Francia).
Bellocchi, Ugo: Storia del giornalismo italiano, 8 voll., Bologna, Edison, 1974-1980 (circa i fogli letterari veneziani del tardo Seicento e del primo Settecento, vol. IV [1975], passim, con accenni alla «Minerva» alle pp. 49 e 57; intorno all’editoria periodica lagunare del secondo Settecento, vol. V [1976], passim, con considerazioni sulla «Minerva» alle pp. 20 e 25).
Benassi, Umberto: Una guerra letteraria italo-francese del secolo XVIII, «Giornale storico della letteratura italiana», a. XLII (1924), fasc. 247-248 [cioè: vol. LXXXIII, fasc. 1-2], pp. 54-83 (a proposito della polemica italo-francese del 1765; di particolare interesse ai nostri fini sono le pp. 68-80).
Berengo, Marino: Introduzione ad Aa.Vv., Giornali veneziani del Settecento, a cura di M. Berengo, Milano, Feltrinelli, 1962, pp. IX-LXIV (sulla «Minerva», pp. XX-XXII. Dopo questo saggio preliminare, il volume offre un’antologia di scritti derivanti da alcuni dei maggiori periodici impressi in Laguna nel XVIII secolo; alle pp. 81-115 sono riportati testi apparsi nella «Minerva»).
Binni, Walter: I giornali letterari del Settecento, «La Ruota», S. III, n. 7-8 (1940), pp. 308-313. [Poi, come prima sezione senza titolo di Giornali letterari del Settecento, in Id., Critici e poeti dal Cinquecento al Novecento, Firenze, La Nuova Italia, 1951 (19632, raccolta accresciuta), pp. 53-58; la seconda – e ultima – sezione del breve saggio è intitolata Profili delle riviste letterarie (1760-1766), era già apparsa nel 1946 e si trova alle pp. 59-68: il testo che ci interessa, risulta dedicato al giornalismo settecentesco in generale, senza una focalizzazione sugli ambienti veneziani e senza che sia menzionata «La Minerva»; la seconda sezione, invece, è composta di schede relative al «Caffè» (pp. 59-61), alla «Frusta letteraria» (pp. 61-64) e all’«Osservatore veneto» (pp. 64-68, con scheda intitolata semplicemente Osservatore). Esiste anche una 3a ed. di Critici e poeti dal Cinquecento al Novecento: Firenze, La Nuova Italia, 1969; all’interno di tale raccolta, che è in parte accresciuta e in parte diminuita, la prima sezione del contributo si trova alle pp. 35-40, mentre la seconda è alle pp. 41-50).]
Bond, Donald F.: Introduction a The Spectator, 5 voll., con intr. e note di D.F. Bond, New York, Oxford University Press, 1965, vol. I, pp. iii-cix.
Colombo, Rosa Maria: Lo Spectator e i giornali veneziani del Settecento, Bari, Adriatica, 1966 (anche se non vi si parla della «Minerva», è un libro utile per approfondire lo studio della porzione più filo-inglese del mondo dell’editoria periodica veneziana nel XVIII secolo).
Cuaz, Marco: Giornali e gazzette, in Gf. Folena – G. Arnaldi – M. Pastore Stocchi (diretto da), Storia della cultura veneta, 6 voll. (per la precisione: i primi due, diretti da Folena; gli altri, da Arnaldi e Pastore Stocchi), Vicenza, Neri Pozza, 1976-1986, vol. V (Il Settecento, 1985), t. 1, pp. 113-129 (sulla «Minerva», pp. 114 e 121-122).
De Michelis, Cesare: Calogerà, Angelo (al secolo Domenico Demetrio), in Dizionario biografico degli Italiani, vol. XVI, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, 1973, pp. 790-793 (contiene varie informazioni circa il giornalismo veneziano del Settecento; a proposito della «Minerva», p. 793).
Id.: Letterati e lettori nel Settecento veneziano, Firenze, Olschki, 1979 (sul giornalismo veneto, i primi 5 capp., passim: La scoperta del pubblico [pp. 7-35], Le iniziative di riforma di Apostolo Zeno [pp. 37-65], L’autobiografia intellettuale e il «Progetto» di Giovanartico di Porcia [pp. 67-90], Angelo Calogerà un organizzatore della cultura [pp. 91-127] e L’illusione letteraria di Gasparo Gozzi [pp. 129-152]; intorno alla «Minerva», pp. 122-125).
Donà, Cristina: «I giornali di Berna»: giornalismo letterario tra Milano e Venezia nel secondo Settecento, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Venezia – Ca’ Foscari, Facoltà di Lettere e Filosofia, Anno Accademico 1991-1992, Relatore il prof. G. Pizzamiglio (sull’editoria periodica meneghina e lagunare dell’epoca; si segnala il fatto che il cap. III [pp. 36-81] è intitolato e dedicato a L’«Estratto della Letteratura europea» a Milano).
Ead.: «Giornali di Berna» e giornalisti veneziani a metà Settecento, «Quaderni Veneti», n. 22 (1995), pp. 71-103 (circa le riviste pubblicate in Laguna, passim; un cenno alla «Minerva» è a p. 93).
Fadda, Bianca: L’innesto del vaiolo. Un dibattito scientifico e culturale nell’Italia del Settecento, Milano, Angeli, 1983.
Fattorello, Francesco: Il giornalismo veneto del Settecento, 2 voll., Udine, Istituto delle Edizioni Accademiche, 1933 (a proposito della «Minerva», passim nei due volumi; in special modo, però, si vedano, nel vol. I, le pp. 117-126).
Foscolo, Ugo: Letteratura italiana periodica, in Id., Saggi di critica storico-letteraria tradotti dall’inglese [da C. Ugoni] raccolti e ordinati da F.S. Orlandini e da E. Mayer, vol. I, Firenze, Felice Le Monnier, 1859 (con numerose ristampe successive; l’originale, in inglese, era uscito in rivista nel 1824), pp. 447-486 (sul giornalismo veneziano, passim; «La Minerva» non viene mai menzionata). (Si tratta del vol. X delle Opere edite e postume di Ugo Foscolo, 12 voll., Firenze, Felice Le Monnier, 1850-1890 [con numerose ristampe successive].)
Francioni, Gianni: «Il Caffè» tra Milano e l’Europa, primo dei due saggi introduttivi a «Il Caffè» 1764-1766, a cura di G. Francioni e S. Romagnoli, Torino, Bollati Boringhieri, 1993, pp. XIII-LXXIX (l’opera offre al lettore tutti i testi usciti nel famoso giornale, corredati dall’annotazione di Romagnoli; del libro esiste una seconda edizione riveduta – data alle stampe nel 1998 presso il medesimo editore – in due volumi, in testa al primo dei quali sono ripubblicati – con la stessa paginazione – i due saggi introduttivi).
Gaeta, Giuliano: Storia del giornalismo, 2 voll., Firenze, Vallardi, 1966 (il vol. I va dall’antica Grecia a Napoleone, mentre il vol. II affronta i due secoli e mezzo successivi; solo molto marginalmente ci si sofferma sull’editoria periodica italiana: quasi tutta l’opera è infatti dedicata a contesti stranieri. Nel vol. I, ci si occupa del «Journal des sçavans» alle pp. 173-179 e passim; dello «Spectator», invece, alle pp. 234-240 e passim).
Gaspari, Giammarco: Introduzione a P. Verri, Del fulmine e delle leggi. Scritti giornalistici 1766-1768, a cura di G. Gaspari, Milano, All’insegna del pesce d’oro di Vanni Scheiwiller, 1994, pp. 7-33 (sul «Caffè», pp. 7-11 e passim; sulla fase lombarda dell’«Estratto della Letteratura europea», pp. 11-33; l’intero saggio preliminare, inoltre, contiene informazioni a proposito della cerchia illuministica meneghina). (Il libro raccoglie sette testi pubblicati da Pietro Verri nell’ultima serie del trimestrale «Estratto della Letteratura europea». In merito alle due riviste appena indicate, sono poi utili – oltre all’Introduzione di Gaspari – le brevi schede che il Curatore ha via via premesso, a mo’ di presentazione, agli scritti verriani riproposti nel volume; infine, per approfondire le questioni inerenti all’«Estratto», agli autori milanesi del tempo e all’attività redazionale di Verri, da tenere presente è la Nota bibliografica ragionata, a cura di Gaspari [pp. 167-171].)
Generali, Dario: Il «Giornale de’ letterati d’Italia» e la cultura veneta del primo Settecento, «Rivista di storia della filosofia», N.S., a. XXXIX (1984), fasc. 2, pp. 243-281.
Hatin, Eugène: Histoire politique et littéraire de la presse en France avec une introduction historique sur les origines du journal et la bibliographie générale des journaux depuis leur origines, 8 tt., Paris, Poulet-Malassis et De Broise, 1859-1861 (rist. anast.: Genève, Slatkine Reprints, 1967), specie tt. II-III (in quest’opera, si prendono in considerazione solo le riviste francesi).
Newman, Donald J. (a cura di): The Spectator. Emerging Discourses, Newark, University of Delaware Press, 2005.
Piccioni, Luigi: Il giornalismo letterario in Italia. Saggio Storico-Critico, vol. I (Primo periodo. Giornalismo Erudito-Accademico), con lettera di A. Graf, Torino-Roma, Ermanno Loescher, 1894 (circa l’editoria periodica veneziana, passim; sulla «Minerva», pp. 161-165). (Non sono usciti altri volumi dell’opera.)
Postigliola, Alberto (a cura di): Periodici italiani d’Antico regime, con la collab. di N. Boccara, Roma, Società italiana di studi sul secolo XVIII, 1986 (in particolar modo, sono da tenere presenti: D. Generali, Periodici eruditi ed epistolari nell’Italia del primo Settecento, pp. 19-30 [sul contesto veneziano, senza riferimento alla «Minerva», pp. 19-22 {testo vero e proprio} e 24-30 {corrispondenti note di chiusura}]; F. Piva, La cultura francese nei fogli veneti del Settecento: problemi e prospettive di lettura, pp. 88-93 [alle pp. 88-89, accenno alla «Minerva»]; M. Cuaz, Per un inventario dei periodici settecenteschi, pp. 101-161 [con lista dei titoli dei fogli veneti alle pp. 120-135: giornali scientifico-letterari, pp. 120-126 {a p. 122 è menzionata «La Minerva»}; gazzette, pp. 126-128; almanacchi, pp. 128-135]).
Praz, Mario: Prefazione a J. Addison, Lo Spettatore, a cura di M. Praz, Torino, Einaudi, 1943, pp. VII-XII (questo volumetto raccoglie una selezione di testi – annotati dal Curatore – apparsi per la prima volta nel fortunatissimo quotidiano londinese).
Raymond, Jean-François de: Querelle de l’inoculation ou préhistoire de la vaccination, Paris, Vrin, 1982.
Revelli, Carlo: Introduzione a J. Addison, Dallo “Spettatore”, intr. e tr. it. di C. Revelli, Torino, Utet, 1957, pp. 5-35 (si tratta di un’antologia di articoli usciti in origine nel famoso foglio britannico).
Ricuperati, Giuseppe: Giornali e società nell’Italia dell’«ancien régime» (1668-1789), in V. Castronovo – G. Ricuperati – C. Capra, La stampa italiana dal Cinquecento all’Ottocento, intr. di N. Tranfaglia, Roma-Bari, Laterza, 1976, pp. 69-372 (circa il giornalismo veneziano, passim; sulla «Minerva», p. 299). (Si tratta del vol. I di V. Castronovo – N. Tranfaglia [a cura di], Storia della stampa italiana, 7 voll., Roma-Bari, Laterza, 1976-1994 [vol. VII, 1994; poi, 2002; infine, con una nuova premessa, 2008].)
Romagnoli, Sergio: Storia editoriale del «Caffè», secondo saggio introduttivo a «Il Caffè» 1764-1766, cit., pp. LXXXI-CXLV.
Rother, Wolfgang: La maggiore felicità possibile. Untersuchungen zur Philosophie der Aufklärung in Nord- und Mittelitalien, Basel, Schwabe, 2005 (sul «Caffè» e sugli illuministi lombardi, passim).
Id.: Il “filosofo” nella cultura italiana del Settecento, «Giornale critico della filosofia italiana», S. VII, a. XCIII [XCV] (2014) [cioè: vol. X], fasc. 3 [ma: 2015], pp. 610-619 (testo del discorso letto l’11 novembre 2011 presso l’Accademia Nazionale dei Lincei; ha collaborato alla sua tr. it. P. Casini. L’Autore riprende qui, in sintesi, alcuni importanti temi affrontati nella propria monografia del 2005, opera che abbiamo menzionato al punto precedente: «Il Caffè», il circolo intellettuale che gli ruotava attorno ecc.).
Saccardo, Rosanna: La stampa periodica veneziana fino alla caduta della Repubblica, s.l. [ma: Padova], Tipografia del Seminario di Padova, 1942 (inchiesta bibliografica di grande completezza; la scheda riservata alla «Minerva» è alle pp. 61-62).
Sgard, Jean (sotto la direzione di): Dictionnaire des journaux. 1600-1789, 2 voll., Paris, Universitas, 1991 (si prendono in considerazione solo i periodici in lingua francese). (Costituisce il t. I di Id. [sotto la direzione di], Dictionnaire de la presse, 2 tt., Paris, Universitas, 1991.) [Dal 2011, ne esiste una versione elettronica, quasi in tutto praticamente non difforme da quella a stampa, all’interno dell’Édition électronique revue, corrigée et augmentée du Dictionnaire des journaux (1600-1789).
Tomasetto, Samantha: Introduzione a Joseph Addison (1672-1719): sulla religione, su Dio, sull’ateismo. Gli articoli tratti dallo The Spectator (1711-1712), intr. e tr. it. di S. Tomasetto, prem. di A. Olivieri, Padova, Cleup, 2004, pp. 13-39 (questo volume raccoglie una selezione di testi apparsi per la prima volta nel celeberrimo giornale londinese).
Torcellan, Gianfranco: Giornalismo e cultura illuministica nel Settecento veneto, «Giornale storico della letteratura italiana», a. LXXX (1963), fasc. 2 [cioè: vol. CXL, fasc. 430], pp. 234-253 (sulla «Minerva», p. 237).
Venturelli, Piero: Agostino Paradisi il Giovane e la polemica letteraria italo-francese del 1765, «Gente di Panaro», vol. XVII (2015), pp. 61-102 (in merito alla contesa e a chi vi partecipò, pp. 61-76; riproduzione integrale dell’Epistola ai signori compilatori della Minerva sopra un’Epistola francese scritta in biasimo dell’Italia, pp. 77-82; annotazione del testo paradisiano, a cura di Venturelli, pp. 83-97; bibliografia ragionata, pp. 98-102).
Venturi, Franco: Ritratto di Agostino Paradisi, «Rivista storica italiana», a. LXXIV (1962), fasc. 4, pp. 717-738: 721-723. {L’articolo è ripreso, senza intitolazione, in Id., Settecento riformatore, 5 voll., Torino, Einaudi, 1969-1990, vol. V [L’Italia dei lumi (1764-1790), 1987-1990], t. 1 [La rivoluzione di Corsica. Le grandi carestie degli anni sessanta. La Lombardia delle riforme, 1987], pp. 592-615 [cap. III: Gli uomini delle riforme: la Lombardia, pp. 425-834]; il luogo a cui ci riferiamo, è nel vol. V, t. 1, pp. 597-599. Una versione lievemente più breve del testo vero e proprio, e del tutto priva di note a piè di pagina, è questa: Id., Nota introduttiva a Id. [a cura di], Agostino Paradisi, in Aa.Vv., Illuministi italiani, 6 voll. finora usciti [voll. I-III e V-VII], Milano-Napoli, Ricciardi, 1958-, vol. VII [Aa.Vv., Riformatori delle antiche repubbliche, dei ducati, dello Stato pontificio e delle isole, a cura di G. Giarrizzo, G. Torcellan e F. Venturi, 1965], pp. 435-453 [la seconda sezione della parte Agostino Paradisi, a cura di Venturi, è costituita da un’antologia di brani tratti dai corsi universitari di Economia Civile, ed è collocata alle pp. 455-480]; la parte di nostro interesse si trova alle pp. 437-440.} (Ricostruzione della polemica letteraria italo-francese del 1765.)
Id.: Un enciclopedista: Alexandre Deleyre, «Rivista storica italiana», a. LXXVII (1965), fasc. 4, pp. 791-824: 807-812. (Poi, in lingua francese e col titolo Un encyclopédiste: Alexandre Deleyre, in Id., Europe des lumières. Recherches sur le 18e siècle, tr. fr. di F. Braudel, Paris – La Haye, Mouton, 1971, pp. 51-90: 70-74.) (Indichiamo qui il luogo dedicato alla contesa letteraria del 1765 tra Italia e Francia.)

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