Bibliomanie

Sulla sodomia ovvero anche sull’omosessualità: norme, pratiche e consapevolezze in età moderna
di , numero 51, giugno 2021, Saggi e Studi, DOI

Sulla sodomia ovvero anche sull’omosessualità: norme, pratiche e consapevolezze in età moderna
Come citare questo articolo:
Vincenzo Lagioia, Sulla sodomia ovvero anche sull’omosessualità: norme, pratiche e consapevolezze in età moderna, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 51, no. 2, giugno 2021, doi:10.48276/issn.2280-8833.5935

1. Il peccato di Sodoma

È del giurista francese Boucher d’Argis la voce Sodomie dell’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert ben collocata in quella operazione culturale di grande portata e cristallizzata in poche righe a sintesi di sedimentate opinioni sul tema. Un manifesto di ciò che la storia ha raccolto su questo crimine e sui suoi autori:

«est le crime de ceux qui commettent des impuretés contraires même à l’ordre de la nature; ce crime a pris son nom de la ville de Sodome, qui périt par le feu du ciel à cause de ce désordre abominable qui y étoit familier»1.

Sodomia, come si sa, deriva dalla città di Sodoma, distrutta e punita da Dio con tutti i suoi abitanti per non aver accolto nel modo giusto gli angeli inviati dal cielo. La narrazione dei fatti è presentata in Genesi 19 e sulle interpretazioni riguardanti i motivi della sua distruzione e le colpe dei suoi abitanti il dibattito si è ampliato soprattutto tra XIX e XX secolo2. Quello che però a noi interessa riprendere, sia pur in forma non sistematica, è la persistenza di un concetto emergente da fonti varie, soprattutto di epoca moderna, che riporta la sodomia e i sodomiti negli spazi normativi e sociali per essi stabiliti: sessualità disordinate, atti contro natura, sovvertimento delle leggi naturali e morali, azioni turpi, enormi eccessi, indicibili e nefandi peccati, odiosi reati, questi alcuni dei topoi che nelle auctoritates biblico-patristiche e normative, puntualmente citate, trovano la loro legittimazione. La città di Sodoma quindi venne distrutta, questo è ciò che è passato attraverso i secoli ed è arrivato a noi, perché i suoi abitanti, uomini, chiesero a Lot di abusare dei suoi ospiti tant’è che lo stesso Lot offre le sue figlie vergini (“non hanno conosciuto uomo”) pur di calmare i famelici desideri dei suoi concittadini. Nella Scrittura in diversi passaggi si ritrovano confermati i medesimi concetti: abominio verso Dio è anche (la lista è ampia) avere rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso (le citazioni tra Antico e Nuovo Testamento riportano entrambe le possibilità)3.
Non potendo soffermarci sul tipo di dibattito e sui differenti risultati in ambito esegetico-teologico, possiamo però accogliere l’incisiva considerazione che Umberto Grassi presenta in premessa al suo discorso sulle radici bibliche e il cristianesimo istituzionale nascente nei suoi epiloghi repressivi: «Fu l’incontro tra il diritto romano e le prescrizioni della Chiesa a dare vita al micidiale arsenale giuridico che ha costituito, nei secoli a venire, la base della persecuzione giudiziaria della sodomia»4. Quello che a noi interessa, al di là delle necessarie contestualizzazioni e ai pericoli degli anacronismi che i lavori citati e la varietà di fonti hanno permesso di realizzare (contestualizzazioni) ed evitare (anacronismi), che già dai primi secoli dell’era cristiana, nella produzione letteraria dei padri della Chiesa e nella giurisprudenza, i sodomiti erano essenzialmente soggetti che praticavano una sessualità tra membri dello stesso sesso, che da Sodoma simbolicamente provenivano, che offendevano le leggi naturali e morali attraverso una sessualità non procreativa e non ordinata secondo natura appunto e che, come per la città biblica, colpevoli di un vizio abominevole, venivano puniti con il fuoco: il crimine è creato. Certamente in senso ampio la sodomia riguardò la violazione dell’ordine stabilito praticata attraverso una sessualità non finalizzata alla generazione e vissuta nella cornice simbolica del matrimonio tra uomo e donna (naturalmente), una sessualità che non sovvertisse i ruoli, non disperdesse il seme (masturbazione, polluzione, etc..) e non praticasse sesso penetrativo nel “vaso indebito”. Una policroma rappresentazione di atti che, nella pratica giudiziaria di età moderna, riguardò essenzialmente il sesso tra maschi.
Dagli scritti di Paolo di Tarso a Filone d’Alessandria e ad Agostino, da Giovanni Crisostomo ai primi Concili, pur influenzati dai processi culturali tardo-romani (stoicismo) e dalle nascenti eresie in seno al cristianesimo, l’associazione del crimine di sodomia con i rapporti omosessuali maschili era quella dominante. Tra V e VI secolo la legislazione giustinianea nella Novella 141, solo per citarne una, cristallizza nuovamente il legame tra lussuriosi contro natura e la città, ormai iconica, della Scrittura5.
Tale elaborazione risalente, trova spazio, come si diceva, nelle pagine di un manifesto culturale assai potente quale quello enciclopedico in pieno Settecento. Boucher d’Argis, dopo il preambolo sopra citato, scrive:

«La justice divine a prononcé la peine de mort contre ceux qui se souillent de crime, morte moriatur; Lévitique, ch. XX. La même peine est prononcée par l’antheritique, ut non luxurientur. La loi cum vir au code de adult. Veut que ceux qui sont convaincus de ce crime soient brûlés vifs. Cette peine a été adoptée dans notre jurisprudence: il y en a eu encore un exemple en exécution d’un arrêt du 5 Juin 1750, contre deux particuliers qui furent brûlés vifs en place de Grève»6.

Il passo biblico è quello presente in Levitico 20,13: «Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro». Il giurista riporta la traduzione corrente e l’interpretazione secolarmente recepita. Si tratta di una sessualità non conforme che merita la morte. Il riferimento a “l’antheritique” è un refuso dell’Authenticum o Liber Authenticorum cioè le Novellae constitutiones dell’imperatore Giustiniano, in particolare la 77, Ut non luxurientur homines contra naturam. Si continua con l’editto degli imperatori Costante e Costanzo del 342 d.C. Cum vir nubit in feminam7. Una volta citate le auctoritates Boucher d’Argis ricorda che le disposizioni previste anticamente sono state recepite nell’ordinamento francese tant’è che due uomini sono stati bruciati vivi il 5 giugno del 1750 in place de Grève. La targa commemorativa posta in rue Montorgueil a Paris ricorda che Bruno Lenoir e Jean Diot furono condannati per omosessualità e bruciati (la data, 6 luglio, è differente rispetto a quella riportata dall’enciclopedista) e che tale esecuzione riservata agli omosessuali fu l’ultima in Francia8. Come sappiamo il codice penale del 1791 nato dal lavoro dell’Assemblea Costituente eliminerà dalla lista tale reato riservando la pena ad azioni di violenza contro i minori e all’oltraggio al pubblico pudore9.
Donne e minori, continua la voce enciclopedica, che commettono evidentemente lo stesso reato, sono colpevoli nel medesimo modo. A questo punto è ricordata la posizione del giurista italiano Giacomo Menochio (1532-1607) che nel suo De Arbitrariis judicum quaestionibus et causis scrive che i minori, sotto l’età della pubertà, al di là del ruolo assunto nell’atto criminale, devono ricevere una pena più lieve10.

Les ecclésiastiques, les religieux, devant l’exemple de la chasteté, dont ils ont fait un vœu particulier, doivent être jugés avec la plus grande sévérité, lorsqu’ils se trouvent coupables de ce crime ; le moindre soupçon suffit pour les faire destituer de toute fonction ou emploi qui ait rapport à l’éducation de la jeunesse11.

La parte finale della voce è riservata alla polemica anticlericale e il riferimento ai chierici e all’educazione della gioventù (si pensi all’attività gesuitica nei collegi di Francia) non poteva che riportare la sodomia e pederastia (nella criminalistica moderna i reati si richiamano) nell’ambiente religioso12. Del resto le carte processuali spesso riportano episodi, nei loro epiloghi violenti, riguardanti chierici. Questa prossimità è un’altra persistenza che la storia ci restituisce. Dal Liber Gomorrhianus di Pier Damiani (pubblicato nel 1051) alle bolle pontificie di Pio V (Cum primum e Horrendum illud scelus, 1566 e 1568) all’ampia trattatistica criminale di XVI e XVII secolo, la figura del chierico sodomita è una fattispecie giuridica13.
La chiusura della voce è riservata alle forme di impudicizia e di incontinenza: vizi nei quali, come abbiamo ricordato sopra, rientra anche la categoria della sodomia14.

2. Tra vizio e reato: le parole indicibili

I comportamenti sessuali, gli atti non conformi all’ideale di virtù comune, condannati dalla teologia morale e repressi dalla norma, nei secoli tra medioevo ed età moderna diventano sempre più definiti e categorizzati. È stato scritto che l’idea di omosessualità così come oggi è intesa nella sua relazione con una specifica identità sessuale non corrispondeva al sistema di senso di epoche appunto risalenti nelle quali, secondo questa lettura, il soggetto non poteva sviluppare un’autocoscienza specifica ma rivolgeva il suo sguardo e la sua attenzione (come la società voleva) solo alle sue azioni, queste ultime quindi condannabili15. Nota è la tesi di Foucault sulla “nascita” dell’omosessuale moderno e il suo passaggio da responsabile di atti, recidivo, a soggetto di desiderio determinato e quindi “specie”16.
Del resto la questione tra atti e identità, tra natura e cultura, è nota ed ha portato anche a scontri tra posizioni di pensiero differenti rispetto proprio al nostro oggetto di studio, di conseguenza ai soggetti e alle loro consapevolezze. Teorie contrapposte (costruzionista ed essenzialista) che hanno creato un dibattito internazionale dal quale si fa fatica a ripensarsi17. Del resto è importante ricordare, metodologicamente, che la qualità della fonte interrogata (letteraria, giudiziaria, etc..) consegna risposte differenti18. Ne discute, nell’ampia mole di documentazione raccolta, Giovanni Dall’Orto inserendosi proprio in questo dibattito19. I linguaggi, le pratiche, i comportamenti, le azioni, dicono molto delle consapevolezze. Il sodomita recidivo, il vizioso abituale, il peccatore incorreggibile, così etichettato e categorizzato storicamente, ha sviluppato, nell’evidenza dell’azione, una consapevolezza sulla sua dimensione sessuale ed ha imparato, in un difficile equilibrio tra lecito e illecito, a difendersi dalle norme e dalle teoriche condanne silenziando le parole. Per dirla con Tommaso Scaramella: «forse quelle parole c’erano, ma andavano pesate e disciplinate, negate anche, perché così era meglio fare»20.
Recependo passaggi filosofici presenti in Platone e Aristotele sul concetto di contro natura, sui quali non possiamo soffermarci21, il cristianesimo, con la sua antropologia teologica, rafforza le idee di unione naturale tra uomo e donna, di temperanza e procreazione. L’ordine naturale può corrompersi attraverso abitudini sbagliate che producono una malattia della mente. Tommaso d’Aquino sistematizzerà il concetto e fra i peccati di lussuria inserirà il vizio contro natura specificando che è nominato vizio sodomitico quello col sesso indebito cioè tra soggetti dello stesso sesso22.
Dalle comunità monastiche medievali in cui, secondo lo storico americano Boswell, si sarebbero vissute relazioni omoerotiche ampiamente tollerate con una Chiesa quindi ben disposta ad accogliere, alle benedizioni delle fratellanze spirituali (simil unioni tra persone dello stesso sesso)23, la svolta basso medievale e l’inasprimento attraverso la predicazione premoderna praticata dagli ordini mendicanti e ben presente nelle invettive di Bernardino da Siena e Girolamo Savonarola, solo per ricordare i più celebri, avrebbero riportato i soggetti a vivere sessualità non conformi e criminali.
Abbiamo ricordato sopra le bolle del papa domenicano Ghislieri che, nel solco della tradizione, formula la sua condanna come si legge nella Cum primum:

«abbiamo stabilito di punire innanzitutto e senza indugi quelle cose che, sia con l’autorità delle Sacre Scritture, che gravissimi esempi, risultano essere spiacenti a Dio più di ogni altra e che lo spingono all’ira: ossia la trascuratezza del culto divino, la rovinosa simonia, il crimine della bestemmia e l’esecrabile vizio libidinoso contro natura; colpe per le quali i popoli e le nazioni vennero flagellati da Dio, a giusta condanna, con sciagure, guerre, fame e pestilenze. (…) Se qualcuno compirà quel nefando crimine contro natura, per colpa del quale l’ira divina piombò su figli dell’iniquità, verrà consegnato per punizione al braccio secolare e, se chierico, verrà sottoposto ad analoga pena, dopo essere stato privato di ogni grado»24.

Del resto i criminalisti di epoca moderna, alla voce Sodomia, dedicano ampio spazio e ne mostrano tutte le possibilità giuridiche: da Giulio Claro (1525-1575) a Prospero Farinacci (1544-1618), da Marcantonio Savelli (1623-1695) a Filippo Maria Renazzi (1745-1808)25, alcuni dei nomi più ricordati nelle cui opere troviamo le definizioni della categoria criminale. Savelli ricorda:

«Sodomia propriamente si dice quella che si commette fra maschi, nominata così dalla nefandissima citta di Sodoma, e anco si sia divulgata appresso diverse nazioni, e molte altre cose in abominazione di questo vizio»26.

Già il sapiente giurista e prolifico autore Giovanni Battista De Luca (1614-1683), divenuto cardinale nel 1681 al tempo del pontificato di Innocenzo XI, alla voce Sodomia del suo Il Dottor volgare (1673), ritenendo opportuno di tralasciare nella sua opera i dettagli sessuali noti ai criminalisti che «vanno considerando molte circostanze», dichiarava di non volere «offendere l’orecchie delle persone oneste, le quali per curiosità, overo per istruzione la leggessero, quando non siano professori, e molto maggiormente quando fossero donne»; trattandosi pertanto di un gravissimo ed «enormissimo» delitto degno della pena capitale («abbruggiare il cadavere con l’infamia»), che a suo dire è praticato da rustici e idioti, ammette infine come tale delitto, «nell’opinione del Mondo.. sia frequente… secondo le diversità de’ secoli e de’ paesi». Del resto frequenza e diffusione di tali delitti, ammoniva già sant’Agostino nelle Confessioni, mai potrebbero giustificare tali comportamenti anche se «tutti i popoli li commettessero»27. L’autorevole giurista, però, descrivendo il crimine fornisce elementi particolarmente significativi e utili al nostro discorso. Comportamenti pregiudiziali alla reputazione, di difficile prova, raramente denunciati ma pur sempre nocivi alla pubblica quiete, conducono De Luca a ribadire che tali «sporchezze» sono commesse quasi inavvedutamente da gente plebea.
Al di là delle evidenze documentarie che ci mostrano protagonisti di tali pratiche uomini per nulla rustici o plebei, l’operazione culturale di negazione e stigmatizzazione proposta da De Luca (operazione eminentemente divulgativa) diventa centrale, a mio parere, nel percorso di assimilazione di un concetto e della sua pratica28. Il cardinale, a questo punto, circoscrive e delinea il crimine: «la pratica suol portare minor gastigo nel patiente, che nell’agente, scusandosi il patiente dalla pena ordinaria, per l’età tenera, ò minore, soggetta à questo delitto» ciò, continua, sarebbe dovuto, pur nella sua bruttezza, ad un «certo stimolo quasi naturale, che il patiente sia in tal’età tenera»; più avanti, nel testo, presenta ancora come forma attenuante il rivolgersi «verso i giovanetti di bell’aspetto». Età tenera e bell’aspetto: all’agente, attivo e maturo, parrebbe riservarsi, pur nella gravità del fatto, una certa comprensione. La conclusione è quanto mai interessante e sembra posta quasi in forma retorica: in alcuni paesi si mormora che il maturo assuma la parte del paziente, ciò va assolutamente punito nel modo più severo. Nessuna indulgenza quindi verso una «sensualità la quale pare che abbia della bestialità e di sporchezza troppo grande»: s’impone rigore assoluto contro questi «infami pazienti» ritenuti tali soprattutto per la loro età matura29.
Articolati, nei secoli d’età moderna, erano stati i pareri dei teologi morali trai quali, non potendo ripercorrere le tappe dell’evoluzione del pensiero all’interno delle loro opere, ricordiamo tra tutti Alfonso de’ Liguori che ben sintetizzava la communis opinio: «La sodomia ha una deformità speciale. Si discute fra i Dottori in che cosa consista. Alcuni pensano che consista in una unione sessuale compiuta in un vaso indebito. Altri, più comunemente e più probabilmente, con san Tommaso, nell’unione sessuale con un sesso indebito»30. Se ampie erano le opinioni, altrettanto lo erano le repressioni e i controlli. Due aspetti importanti vanno ancora ricordati. Il primo riguarda il proliferare di magistrature nate, tra medioevo ed età moderna, proprio per controllare e disciplinare tali comportamenti. Gli esempi più noti e studiati sono quelli di Venezia, Firenze e Lucca: i Signori di Notte, gli Officiali di Notte e l’Offizio sopra l’Onestà. Lo studio dei processi istruiti all’interno di tali istituzioni ha permesso di avere un campione tale (età, ruoli sessuali, estrazione sociale degli imputati, etc..) che ha indirizzato fortemente gli studi sull’omosessualità piegandone spesso su un modello (quello pederastico ad esempio) la visione di un fenomeno che rimane ben più complesso e sfuggente (mi riferisco nuovamente al tema della qualità della fonte)31. Il secondo aspetto, altrettanto complesso, è quello riferito all’ereticalizzazione della sodomia, le connessioni con il mondo musulmano32 e gli interventi del tribunale dell’Inquisizione. Scrive Vincenzo Lavenia: «Il peccato di sodomia, infatti, costituì in questo senso un terreno sperimentale, soprattutto nella penisola iberica; un terreno per il quale, lentamente, la categoria del “sapore di eresia” (il passepartout teologico che accompagnò l’allargamento di competenze dei tribunali della fede nel campo dei mores: nascita e morte, vincoli di famiglia e sessualità, medicina e abitudini alimentari) a quella di violazione contro le leggi di natura si combinarono per sancire la riprovazione di un delitto-vizio innominabile (nefandus) rubricato da teologi e giuristi fra i più detestabili»33.
Controllare i corpi, le sessualità e l’uso non conforme alle leggi divine, per l’età moderna non poteva non riguardare anche l’Inquisizione e la difesa della visione cristiana con la sua dottrina morale, che in modo diverso, a seconda delle territorialità nelle quali operava e anche alla qualità dei soggetti attenzionati, interveniva anche su questa materia34.

3. Storie di sodomia: Bologna XVIII secolo

Numerose sono le storie che gli archivi, soprattutto per le carte processuali, ci restituiscono. Le testimonianze ci mostrano narrazioni importanti che i soggetti fanno su sé stessi e sugli altri. Diventa quindi una riproduzione di quella che è la mentalità e la vita di uomini vissuti in epoche altre che molto ci dicono delle pratiche e delle consapevolezze e del loro rapporto con la norma disciplinante. Riporto alcuni passaggi di storie bolognesi che mi sembrano particolarmente suggestivi.
Il 16 gennaio del 1701 l’Inquisitore Generale del tribunale di Bologna emette sentenza contro il cittadino Antonio Sandelli di anni 19 studente di grammatica superiore spontaneamente comparso presso il giudice:

«agitato da vehemente passione hamorosa verso d’un Giovine tuo compagno, perché questo era necessitato separarsi da te, ti raccomandasti al demonio invocandolo con voci espresse dalla tua bocca, dicendo = diavolo voglio, che mi facci questo servitio che vada a far venire dolor di testa a quel giovine, e che facci venire di casa un’altra persona, e che tale invocatione la replicasti 4 o 5 volte esprimendola con la bocca, benché da te solo»35.

Particolarmente suggestiva, la sentenza ci restituisce uno spaccato di vita che molto dice delle consapevolezze e dei sentimenti. Il diavolo entra in scena quasi ad attenuare la colpa del giovane che non può nascondere e controllare la passione che vive verso un suo compagno di studi. Dagli atti leggiamo che al diavolo Antonio aveva chiesto che lo istruisse in altre discipline in modo che lui stesso potesse poi insegnarle al compagno di cui si era perdutamente innamorato. In ultimo, altrettanto potente, appare l’estrema richiesta rivolta sempre all’oscura divinità:

Deponesti ancora come dite et disse, che un’altra volta da te stesso, ma con la voce espressa havevi detto = diavolo fammi questo servitio, che il mio amico non parti questa mattina, e fa, che gli salti la lussuria, accio si possiamo godere per l’ultima volta, e che replicasti le istesse parole 2 o 3 volte36.

Tra le righe comprendiamo anche il motivo per cui Sandelli si era recato presso il tribunale dell’Inquisizione. La vicenda stava sfuggendo di mano e il suo compagno evidentemente era quasi deciso a denunciare tutto. È significativo che la materia sulla quale è chiamata a pronunciarsi l’Inquisizione non sia la sodomia, mai nominata, ma il: «sospetto d’heresia, cioe d’haver tenuto, e creduto che il demonio possi sforzare la Volontà Umana e sopra quelle cose, che dependono dal libero arbitrio, e che sia lecito a Persona sopradetta Catolica ricorrere all’aiuto del diavolo, pregarlo, e scongiurarlo per havere servitij da lui anco di cose dependenti dalla libera volontà del huomo»37.
Sono tracce queste che la storia ci restituisce attraverso le vite di numerose persone finite a processo o segnalate in modo più o meno chiaro tra lettere e le sfumate scritture. È del maggio del 1727 il processo per sodomia contro un pescivendolo bolognese di nome Agostino Torri che avrebbe avuto pratica carnale con un giovane attendente cerusico di nome Giuseppe Medosi. Il primo ha quarant’anni e il secondo venti. Agostino esercita appunto la professione di pescivendolo nel cuore della città insieme a suo fratello Pellegrino e tutti lo conosco. Anche la fama di Medosi è nota e attraversa i portici entrando nelle botteghe e nelle case della gente. Il capitano Baroncelli che apre il processo consegna la sua testimonianza:

«Ho hauta notizia da un mio amico e confidente della Corte che li suddetti denunciati da molti anni in qua habbino cattiva prattica assieme dicendosi che il suddetto Giacomo Filippo Agostino Torri eserciti atti sodomittici col suddetto Giuseppe Medosi che generalmente dal Popolo di questa Città vien tenuto e reputato per un buscione (sic.) e che altra volta è stato inquisito per questa materia in questo istesso Tribunale; onde nel vedersi la prattica et stretta amicizia delli suddetti Torri e Medosi si stima che il suddetto Torri sia l’agente e detto Medosi il paziente»38.

Il popolo sa, il popolo conosce, e la vita delle persone, in una città d’antico regime come Bologna, è nota a tutti; anche i ruoli sessuali degli stessi non sfuggono al rumore della chiacchiera. L’attività di indagine va avanti e i due, sono seguiti nelle osterie, nei momenti di libertà, nel quotidiano. La misura è colma e chiede di essere controllata. Il «commercio sodomitico», leggiamo dalle carte, si sarebbe svolto anche all’interno dell’osteria di Loreto, fuori della Porta di Strada Maggiore. Più volte ricorrono, nei verbali, le parole “pratica” e “amicizia”. Da un lato le azioni e quindi i comportamenti che dicono dell’agire dei soggetti richiamando quindi la giurisprudenza di cui abbiamo parlato rispetto a quello che è per l’epoca un crimine orribile, dall’altro la qualità della relazione che ricorda in qualche modo la vicinanza che c’è nell’amicizia.
Numerosi sono i testimoni chiamati a dire sulla fama dei due. Bottegai, calzolai, cimatori, riferiscono quello che tutti sanno. Vedono tra i due una stretta “amicizia” e deducono, in base alle dicerie, che tra loro ci possa essere dell’altro. Se Agostino prende le distanze dalle accuse e utilizza l’alibi del matrimonio in quanto Giuseppe Medosi è sposato e tale status costituisce un riparo importante da illazioni di questa natura (anche questa una persistenza storica illuminante), il giovane, dopo una prima resistenza, cede e conferma:

«sappia che sono molti anni che io conosco Agostino Torri coll’occasione che mio Padre qualche volta andava a comprare il Pesce da lui, si diede il caso che Pellegrino suo fratello, quando stavano sotto al Portico di S. Martino venne ad ammalarsi; onde detto Agostino mi si raccomandò che gli avessi fatto il servizio di andare a casa sua ad assistere suo fratello (…) et un anno e mezzo fa in circa havendomi esso Agostino condotto all’osteria mi principiò con dire che ci godessimo»39.

La sua testimonianza entra nel dettaglio. I due si frequentano assiduamente e si ritrovano nell’osteria fuori di Porta di Strada Maggiore a bere e in qualche occasione prendono a pigione una stanza nella quale hanno rapporti sessuali. I dettagli sono particolarmente forti, come spesso accade nelle carte processuali, ed entrambi saranno condannati per sodomia, Agostino con un po’ di carcere e Giuseppe con l’esilio per qualche anno in quanto recidivo. A Medosi toccherà sottoporsi a perizia medica e ispezione a conferma della tipologia di reato, come previsto dalla norma.
Più avanti Beccaria avrebbe scritto, come sappiamo, che tale delitto è di difficile prova40 preparando così il cammino non semplice verso la depenalizzazione. Rimaneva il fatto che, se non tutelati da privilegi di foro o da condizione sociale vantaggiosa, gli omosessuali recidivi e noti, a Bologna come in altre città dell’Europa moderna, nella migliore delle ipotesi pativano il carcere, in alcuni casi la morte41.

4. Per una conclusione

Abbiamo tentato di richiamare alcuni aspetti di quella che per secoli è stata la sodomia ovvero anche l’omosessualità. Abbiamo provato a dire che le consapevolezze passano dalle pratiche, dai comportamenti, da quello che le norme dicono e le parole silenziano. È una storia lunga e complessa che non può essere sintetizzata in poche battute. Ormai gli studi su queste tematiche, attraverso anche un lungo lavoro di scavo archivistico, ci permettono di guardare ai soggetti, ai loro desideri e alle loro sessualità con profondità anche storiografica42. Questa storia, per l’epoca moderna, è fatta anche di scritture sovversive e libertine – sulle quali non si è potuto dire – ma che hanno creato spazi di resistenza contro il dogmatismo e l’intolleranza religiosa43. Le persistenze sono evidenti, per esempio, nei pamphlets dei primi anni della rivoluzione francese dove Sodoma, con i suoi abitanti (penso all’anonimo e lucido Les Enfants de Sodome, di fine Settecento) si mostrano in modo consapevole, e non è un caso isolato44. Se il sodomita, col nascere della sessuologia, viene liberato dalla categoria criminale e inserito in una sessualità che, come affermava Krafft-Ebbing (1840-1902), deve fare i conti con una natura anomala «compatibile però con l’integrità della psiche», per Karl Heinrich Ulrichs si tratterà di una sessualità ben definita e terza rispetto a quella che definiremo binaria45.
Il biblista Alberto Maggi, in questi giorni, ha richiamato ancora una volta il legame tra sodomia e omosessualità riportando il dibattitto su quella che ha definito una «dottrina repressiva costruita su basi traballanti»46. La dottrina è quella che abbiamo in qualche modo richiamato in questo saggio, come pure la storia delle norme repressive. Pio V, dicevamo, in pieno Cinquecento, per contenere anche la sodomia si appellava all’autorità della Scrittura. La storia mostra in modo forte quanto queste persistenze siano afflittive47. La dottrina ufficiale della Chiesa, nel suo Catechismo del 1992, si appoggia, in merito alla materia di cui discutiamo, sempre sulla Sacra Scrittura parlando di gravi depravazioni, di atti intrinsecamente disordinati e contrari alla legge naturale. Le citazioni bibliche di oggi sono le medesime che troviamo nei secoli risalenti e già ricordati48. C’è una differenza però che il tempo nel suo scorrere ha colto: i soggetti non si chiamano più sodomiti ma omosessuali.

Note

  1. Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers par une société des gens de lettres, Paris, chez Briasson, David, Le Breton, Durand, 1765, tome XV, p. 256. Sull’Encyclopédie la bibliografia è naturalmente enorme, si veda, senza pretesa di esaustività, l’aggiornamento in Vincenzo Ferrone, Il mondo dell’Illuminismo. Storia di una rivoluzione culturale, Torino, Einaudi, 2019, pp. 15-28. Sul contesto culturale, rispetto alle tematiche indagate, si veda Alain Corbin, L’harmonie des plaisirs: Les manières de jouir du siècle des Lumières à l’avénement de la sexologie, Paris, Perrin, 2008; Michèle Rosellini, Homosexualité et esprit fort dans la première moitié du xviie siècle: indices poétiques d’une «invisible affinité», in ʺLes Dossiers du Grihlʺ, 2010/01, DOI:10.4000/dossiersgrihl.3949 (consultato il 10/05/2021); anche Vincenzo Lagioia, Pamphlets et genre à l’Assemblée Nationale: dall’Ancien Régime all’égalité, in Cesarina Casanova, Vincenzo Lagioia (a cura), Genere e storia: percorsi, Bologna, BUP, pp. 103-123.
  2. Richiamo lo studio di Brian Neil Peterson, What was the Sin of Sodom: Homosexuality, Inhospitality, or Something Else?:Reading Genesis 19 as Torah, Verlag, Wipf and Stock Publishers, 2016; anche Michael Carden, Sodomy. A History of a Christian Biblical Myth, London-Oakville, Equinox, 2004; K. Renato Lings, Love Lost in Translation. Homosexuality and the Bible, Bloomington, Trafford Publishing, 2013.
  3. Una aggiornata sintesi bibliografica sul dibattito anche esegetico-teologico la si trova in Umberto Grassi, Sodoma. Persecuzioni, affetti, pratiche sociali (secoli V-XVIII), Roma, Carocci, 2019, pp. 23-28; un riferimento sempre attuale è Mark D. Jordan, The Invention of Sodomy in Christian Theology, Chicago-London, The University of Chicago Press, 1997; molto utili le pagine di Giovanni Dall’Orto, Tutta un’altra storia. L’omosessualità dall’antichità al secondo dopoguerra, Milano, ilSaggiatore, 2015, pp. 19-35.
  4. Umberto Grassi, Sodoma, op. cit., p. 23.
  5. Eva Cantarella mostra in modo chiaro quella che è stata l’escalation repressiva a livello normativo dagli imperatori Costanzo e Costante passando per Teodosio II e Giustiniano e riflettendo sulla metamorfosi dell’etica sessuale antica e sulle contaminazioni con la diffusione del movimento cristiano. Si veda Secondo natura. La bisessualità nel mondo antico, Milano, Rizzoli, 1995, pp. 224-266.
  6. Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné, op. cit., p. 256.
  7. Si veda Danilo Danna, Ubi Venus mutatur, Milano, Giuffrè, 1987; anche Luigi Sandirocco, «Cum vir nubit in feminam», in “Rivista di Diritto Romano”, IX/2009, (consultato il 20/052021).
  8. Su questo si veda Claude Courouve, L’affaire Lenoir-Diot, Paris, self-pub., 1980; Maurice Lever, Les bûchers de Sodome, Paris, Fayard, 1985; Benoît Garnot, On n’est pas pendu pour être amoureux…La liberté amoureuse au XVIIIe siècle, Paris, Belin, 2008, pp. 116-122.
  9. Cfr. Giovanni Dall’Orto, Tutta un’altra storia, op. cit., pp. 416-428.
  10. La questione dell’età è centrale nel dibattito criminalistico in età moderna. Su questo Vincenzo Lagioia, Qualifier et poursuivre la pédocriminalité des clercs dans l’Italie des XVIe et XVIIe siècles, in ʺClio. Histoire, Femmes et Sociétésʺ, 2020, 52, pp. 69-92. Per la citazione di Menochio si veda De Arbitrariis judicum quaestionibus et causis libri duo, (ed.1684), p. 406.
  11. Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné, op. cit., p. 256.
  12. Boucher d’Argis cita Michel du Perray ou Duperray, De l’état et de la capacité des ecclésiastiques pour les ordres et bénéfices, Paris, Emery et Brunet, 1703, III, 8, pp. 312-320.
  13. Senza pretesa di esaustività si rimanda, anche per l’approfondimento bibliografico, agli studi recenti di Dyan Elliott,The Corrupter of Boys Sodomy, Scandal, and the Medieval Clergy, Philadelphia, University of Pennsylvania Press, 2020; Francesco Benigno, Vincenzo Lavenia, Peccato o Crimine. La Chiesa di fronte alla pedofilia, Roma-Bari, Laterza, 2021; Marco Marzano, La casta dei casti. I preti, il sesso e l’amore, Firenze-Milano, Bompiani, 2021. Anche Michele Mancino, Giovanni Romeo, Clero criminale. L’onore della Chiesa e i delitti degli ecclesiastici nell’Italia della Controriforma, Roma-Bari, Laterza, 2013; Vincenzo Lagioia, «Indicibili delitti». Francesco Aretino, teologo e confessore del granduca Ferdinando I, in Infami macchie. Sessualità maschili e indisciplina in età moderna, a cura di Fernanda Alfieri e Vincenzo Lagioia, Roma, Viella, 2018, pp. 87-109.
  14. Un’altra fonte utilizzata dall’enciclopedista è Pierre-François Muyart de Vouglans, Institutes au droit criminel, ou Principes généraux en ces matières, suivant le droit civil, canonique, et la jurisprudence du royaume, Paris, Le Breton, 1757, pp. 510-512.
  15. Si veda Maurizio Faggioni, L’atteggiamento e la prassi della Chiesa in epoca medievale e moderna sull’omosessualità, in “Gregorianum”, 91 (3), 2010, pp. 478-509.
  16. Michel Foucault, Storia della sessualità, vol. I, La volontà di sapere, trad. di P. Pasquino e G. Procacci, Milano, Feltrinelli, 2011 (ed. or. Paris, 1976), pp. 42-43. Nella parte finale del passaggio richiamato leggiamo: «L’omosessualità è apparsa come una delle figure della sessualità quando è stata ricondotta dalla pratica della sodomia a una specie di androginia interiore, un ermafroditismo dell’anima. Il sodomita era un recidivo, l’omosessuale ormai è una specie».
  17. Sul dibattito si veda Raja Halwani, Essentialism, Social Constructionism, and the History of Homosexuality, in ʺJournal of Homosexualityʺ 35, 1998, pp. 25-51; David M. Halperin, How to do the History of Homosexuality, Chicago-London, The University of Chicago Press, 2002; Scott Spector, Helmut Puff, Dagmar Herzog (eds.), After The History of Sexuality. German Genealogies, New York-Oxford, Berghahn, 2012; anche Fernanda Alfieri, Intorno a Les aveux de la chair di Michel Foucault. Intenzioni, in ʺStoricaʺ, 71, 2018, pp. 133-175. Su sessualità, identità e pratiche in epoca moderna si veda Kim M. Phillips, Barry Reay, Sex Before Sexuality. A Premodern History, Cambridge, Polity Press, 2011. Sul contesto italiano si veda Tommaso Scaramella, La storia dell’omosessualità nell’Italia moderna: un bilancio, in “Storicamente”, n. 12, 2016, Doi: 10.12977/stor647 (consultato il 21/05/2021).
  18. Cfr. Carlo Ginzburg, Our Words and Theirs. A Reflection on the Historian’s Craft, Today, in “Cromohs”, 18, 2013, pp. 97-114; Id., Occhiacci di legno. Dieci riflessioni sulla distanza, Macerata, Quodlibet, 2019 (nuova ed.).
  19. Giovanni Dall’Orto, Tutta un’altra storia, op. cit., pp. 191, 384.
  20. Tommaso Scaramella, Un doge infame. Sodomia e nonconformismo sessuale a Venezia nel Settecento, Venezia, Marsilio, 2021, p. 109. Anche il classico Jacques Chiffoleau, Dire l’indicible. Remarques sur la catégorie du nefandum du XIIe au XVe siècle, in ʺAnnales E.S.C.ʺ, 45, 1990, pp. 289-324.
  21. Ampi approfondimenti in Umberto Grassi, Sodoma, op. cit., pp. 23-35; anche in Tommaso Scaramella, Un doge infame, op. cit., pp. 103-133.
  22. In Maurizio Faggioni, L’atteggiamento e la prassi della Chiesa, op. cit., pp. 491-492.
  23. Si veda John Boswell, Cristianesimo, tolleranza, omosessualità. La Chiesa e gli omosessuali dalle origini al XIV secolo, Milano, Leonardo, 1989 (ed. or. 1980); Id., Same-Sex Unions in Pre-Modern Europe, New York, Villard Books, 1994; Mathew Kuefler (ed.), The Boswell thesis: essays on Christianity, social tolerance, and homosexuality, Chicago, The University of Chicago Press, 2006.
  24. La bolla Cum primum è del 1 aprile 1566, si trova nella versione online del Bullarium alle pp. 434-438 (consultato il 30/05/2021); la bolla Horrendum illud scelus è del 30 agosto 1568, alle pp. 702-703, (consultato il 30/05/2021).
  25. Per Giulio Claro si veda l’edizione del 1666 dell’Opera Omnia, sive Practica Cicilis atque Criminalis, pp. 451 et ss.; per Prospero Farinacci si veda l’edizione del 1631 della Praxis, et Theoricae Criminalis, Pars Quarta, pp. 502 et ss.; di Filippo Renazzi si veda l’edizione del 1820 degli Elementa Juris Criminalis. Libri Quatuor. De Delictis et poenis, pp. 123 et ss.
  26. Marcantonio Savelli, Pratica Universale, Venezia, Baglioni, 1715, p. 287.
  27. Citato in Umberto Grassi, Sodoma, op. cit., p. 29.
  28. Su De Luca, il contesto culturale in rapporto alla sua produzione giuridica, si rimanda per ulteriori approfondimenti a Alessandro Dani, Giovanni Battista De Luca divulgatore del diritto. Una vicenda di impegno civile nella Roma barocca, Roma, Aracne, 2012, pp. 41-59; Paolo Prodi, Il sovrano pontefice. Un corpo e due anime: la monarchia papale nella prima età moderna, Bologna, il Mulino; Gian Luca D’Errico, Ecclesiologia, fonti del diritto e dissenso politico-religioso nel pensiero di Giovanni Battista De Luca, in “Annali di Storia dell’Esegesi”, 36/2, 2019, pp. 499-530.
  29. Giovanni Battista De Luca, Il dottor volgare, overo Il compendio di tutta la legge civile, canonica, feudale, e municipale, nelle cose più ricevute in pratica, Roma, Corvi, 1673, pp. 320-322.
  30. Alfonso Maria de’ Liguori, Istruzione e pratica per li confessori, cap. IX, 24, in Opere, vol. IX, Torino 1880 (ma 1759), pp. 175-176.
  31. Su questo la bibliografia è notevole, richiamo Guido Ruggiero, The Boundaries of Eros: Sex Crime and Sexuality in Renaissance Venice, New York-Oxford, Oxford University Press, 1985, (trad. it. 1988, I confini dell’eros. Crimini sessuali e sessualità nella Venezia del Rinascimento, Venezia, Marsilio); Gabriele Martini, Il vitio nefando nella Venezia del Seicento: aspetti sociali e repressione di giustizia, Roma, Jouvence, 1988; Michael Rocke, Forbidden Friendships: Homosexuality and Male Culture in Renaissance Florence, New York-Oxford, Oxford University Press, 1996; Marina Baldassari, Bande giovanili e «vizio nefando». Violenza e sessualità nella Roma barocca, Roma, Viella, 2005; Ugo Zuccarello, La sodomia al tribunale bolognese del torrone tra XVI e XVII secolo, in ʺSocietà e storiaʺ, 22/87, 2010, pp. 37-51; Umberto Grassi, L’Offizio sopra l’Onestà. Il controllo della sodomia nella Lucca del Cinquecento, Milano-Udine, Mimesis, 2014; Vincenzo Lagioia, Volse gl’occhi verso l’immagine del crocifisso. Sodomia, conforto e patibolo nella Bologna del XVIII secolo, in “Riforma e movimenti religiosi”, 08/dicembre, 2020, pp. 97-120.
  32. Si veda Umberto Grassi (ed.), Mediterranean Crossings. Sexual Transgressions in Islam and Christianity (10th-18th Centuries), Roma, Viella, 2020.
  33. Vincenzo Lavenia, Un’eresia indicibile. Inquisizione e crimini contro natura in età moderna, Bologna, EDB, 2015, pp. 10-11.
  34. Si veda, senza pretesa di esaustività, Massimo Cattaneo, Vitio nefando e Inquisizione romana, in Diversità e minoranze nel Settecento, a cura di Marina Formica e Alberto Postigliola, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2006, pp. 55-77; Pierroberto Scaramella, Sodomia, in «Dizionario storico dell’Inquisizione», a cura di Adriano Prosperi, Vincenzo Lavenia e John Tedeschi, Pisa, Edizioni della Normale, 2010, vol. III, pp. 1445-1450; in generale Merry E. Wiesner-Hanks, Christianity and Sexuality in the Early Modern World: Regulating Desire, Reforming Practice, London-New York, Routledge. 2000; Irene Fosi, Il governo della giustizia, in Storia di Roma dall’antichità ad oggi. Roma moderna, a cura di Giorgio Ciucci, Roma-Bari, Laterza, 2002, pp. 115-142; Adriano Prosperi, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, nuova edizione, Torino, Einaudi, 2009.
  35. Archivio Arcivescovile di Bologna (d’ora in poi AABo), Tribunale del Sant’Uffizio, vol. 19, c. 152r. Sull’Inquisizione bolognese si veda Guido Dall’Olio, L’attività dell’Inquisizione di Bologna dal XVI al XVIII secolo, in Storia di Bologna. Bologna nell’età moderna (secoli XVI-XVIII). II. Cultura, istituzioni culturali, Chiesa e vita religiosa, a cura di Adriano Prosperi, Bologna, BUP, 2008, pp. 1097-1176, in part. 1150-51; Gian Luca D’Errico, L’Inquisizione di Bologna e la Congregazione del Sant’Uffizio alla fine del XVII secolo. Analisi e ricerche, Roma, Aracne, 2012.
  36. AABo, Tribunale del Sant’Uffizio, cit.
  37. Ivi, c. 152v.
  38. Archivio di Stato di Bologna (d’ora in poi ASBo), Tribunale del Torrone, 7886/3, n. 74, cc. 1 r./v.
  39. Ivi, cc. 22v.-23r.
  40. Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene nuova edizione corretta ed accresciuta, Parigi, dal Molino Libraio, 1780 (prima edizione 1764), pp. 156-157: 161.
  41. Sull’ultima condanna a morte per sodomia a Bologna si veda Vincenzo Lagioia, Volse gl’occhi verso l’immagine del crocifisso, op. cit. Recenti sono gli studi a campione fatti sul Settecento veneziano da Tommaso Scaramella in Un doge infame, op. cit., pp. 146-162. Sui casi europei la bibliografia è ampia. Si rimanda ai lavori già citati di Umberto Grassi, Sodoma, pp. 157-172; e Giovanni Dall’Orto, <Tutta un’altra storia, pp. 360-432.
  42. Di recente uscita, con ampio aggiornamento bibliografico, Maya De Leo, Queer. Storia culturale della comunità LGBT+, Torino, Einaudi, 2021.
  43. Si veda ampiamente in Umberto Grassi, Sodoma, op. cit., pp. 148-156; anche Tommaso Scaramella, Un doge infame, op. cit., pp. 163-184.
  44. Cfr. Vincenzo Lagioia, Pamphlets et genre à l’Assemblée Nationale, op. cit., pp. 103-113.
  45. Cfr. Giovanni Dall’Orto, Tutta un’altra storia, op. cit., pp. 444-471.
  46. Omosessualità: la dottrina repressiva della Chiesa costruita su basi traballanti (consultato il 30/05/2021).
  47. Sulle persistenze storiche nel rapporto con il pensiero della Chiesa si veda Francesco Turchiani, Il «vizio innominabile». Chiesa e omosessualità nel Novecento, Torino, Bollati Boringhieri, 2021.
  48. Catechismo della Chiesa cattolica (consultato il 30/05/2021).

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