Alberto Di Franco, Un lettore curioso. La formazione culturale di Ezio Raimondi, Patron, Bologna, 2022
Magda Indiveri, Alberto Di Franco, Un lettore curioso. La formazione culturale di Ezio Raimondi, Patron, Bologna, 2022, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 54, no. 20, dicembre 2022, doi:10.48276/issn.2280-8833.10159
«Non è vero che è il passato che anticipa il futuro: è il futuro che ci permette di capire il passato. In altre parole è il nuovo, quello che viene dopo, che ci fa vedere meglio quello che c’era prima, mostrandoci come nel prima era implicito qualche cosa del dopo.»
Con queste parole Ezio Raimondi parafrasava, in un saggio sul suo fare lezione, un pensiero di Henry Bergson. Ritengo che siano una perfetta cornice per la recente impresa compiuta da Alberto Di Franco.
Sul Maestro Raimondi in realtà sono stati pubblicati negli anni molti volumi, ma di una tipologia diversa da quest’ultimo: era predominante il racconto diretto delle sue esperienze, della sua vita, delle sua bibliofilia, raccolto da allievi di diverse età (Rondoni, Sisco, Ferratini, Battistini, Bertoni, Zanetti…), ma sempre centrato sulla voce del professore. In certi fraseggi di quei saggi, gli allievi lettori immancabilmente risentono il suo tono, le sue pause, rivedono il movimento delle mani. Del resto, Raimondi può vantare non solo allievi divenuti loro pure dei Maestri, ma anche uno stuolo di docenti di scuola che da lui hanno appreso sì la letteratura, ma anche perché e come insegnarla, molto prima che venisse il tempo dei corsi di formazione e di didattica. Riporto un umile esempio personale: chiamata in prima supplenza al Righi due settimane dopo la laurea, nel panico/emozione per la prima lezione, portai con me il Nabokov di Lezioni di letteratura per leggerne dei passi in classe, così come Raimondi aveva fatto nella mitica aula III di via Zamboni.
Il metodo usato da Di Franco si basa su altri presupposti e viene subito dichiarato:
«…nel mio itinerario di ricerca, la testimonianza dei libri doveva necessariamente intrecciarsi con quella delle postille contenute in essi e delle fonti d’archivio, […] dati in mio possesso ricavati dai libri, dagli Archivi di persona e dalla biblioteca di Raimondi.»
Sono i documenti che, opportunamente interrogati, parlano: le pagelle, la tesi, i resoconti dei corsi, le prime pubblicazioni (quindi l’Archivio), le lettere, i libri sottolineati e postillati (il Fondo Raimondi). La ricerca attuale arriva quindi ad illuminare il prima, i passaggi che hanno portato il giovane Ezio alla cattedra universitaria e alla fama.
Avevamo già letto il racconto delle precarie condizioni economiche della famiglia Raimondi (il padre era calzolaio senza negozio, la madre andava a servizio), della vita semplice che si svolgeva nella zona tra Mascarella e Irnerio, e di come la bravura dello scolaro e la fiducia della madre permisero che portasse a termine gli studi con onore. Capiamo però ora dai documenti che il futuro di Raimondi fu supportato da una serie di persone, semplici operai che “adottarono” economicamente il ragazzo, professori e presidi delle scuole che lo notarono e gli offrirono le risorse necessarie per distinguersi. Troviamo ora le valutazioni, le lettere di accompagnamento, le lezioni aggiuntive pagate con la cassa scolastica, i diplomi, insomma un tessuto sociale di contenimento e complicità che si attivò nel quartiere a supporto del giovane. Una “morantiana” piccola storia, all’interno della grande Storia che fu il fascismo e la guerra, permise che Raimondi emergesse, certo, per i suoi meriti eccezionali, ma anche per quell’azione inclusiva di una comunità educante che oggi si fatica tanto a costruire. È a questo punto che Di Franco sottolinea il ruolo, il “riflesso” di alcune figure in particolare.
«Tenendo a mente l’indissolubilità del binomio cultura-politica negli anni quaranta del novecento, con il sostegno della ricca documentazione dell’Archivio storico dell’Università di Bologna, si sono esplorati i profili dei maestri che più hanno inciso sulla formazione intellettuale di Raimondi: Lorenzo Bianchi, Franco Serra, Roberto Longhi e Carlo Calcaterra. […] Proprio sulle tracce lasciate dai maestri nella carriera intellettuale di Raimondi, abbiamo cercato di mappare i principali sentieri ermeneutici esplorati dal maestro bolognese.»
Dopo aver conseguito l’abilitazione presso l’Istituto Magistrale Albini e la maturità classica da privatista presso il liceo Minghetti, con la matricola 4308 Raimondi si iscrive a Lettere il 21 ottobre 1941, a soli diciassette anni, quando era Preside di facoltà Lorenzo Bianchi, professore di lingua e letteratura tedesca, a cui fu indirizzato con una lettera dal Preside dell’Istituto Magistrale. Raimondi aveva studiato a scuola il tedesco, e il favore con cui lo accolse il Bianchi poteva portare lo studente a specializzarsi in quella lingua. Ma come lui stesso ci ha insegnato in Novecento e dopo, «ogni costruzione di senso […] non può appartenere a una sola voce univoca.» Così fu per la sua formazione.
Intanto perché con l’abilitazione magistrale Raimondi può insegnare (un vantaggio calcolato, vista la condizione economica di partenza): si iscrive dunque al registro delle supplenze nelle scuole elementari Manzolini e Guidi, negli anni scolastici 1941-42 e 1942-43. Maestro al mattino, studente al pomeriggio.
Poi il rapporto controverso e complesso con il fascista Bianchi, la cui figura di intellettuale Alberto di Franco tratteggia in modo approfondito, tra ombre e luci, si conclude con l’adozione di un nuovo Maestro/relatore di tesi, il professore di Letteratura Italiana Carlo Calcaterra. Quest’ultimo «lo indirizzò verso la dimensione storica ed erudita delle opere.»
A queste figure, in qualche modo istituzionali, Di Franco aggiunge altri maestri di sfera più privata: l’amico Franco Serra per esempio, la cui biblioteca Raimondi frequentò già dal ’42. Studioso di filosofia del diritto, tra Hegel e Marx, fu colui che gli fece conoscere Lucien Fevbre ed Ernst Robert Curtius.
«La copia del volume dello storico delle Annales donata da Franco Serra a Raimondi presenta quattro segnalibri, rare sottolineature e molte postille di lettura… Non mancano alcune note di commento.»
Tali commenti vengono dal curatore ben analizzati e situati nel percorso culturale di Raimondi, che comincia quindi a dipanarsi tra filologia, storia, interpretazione. In particolare una sottolineatura alla dichiarazione di Fevbre per cui un testo deve essere sentito “comme un organisme vivant…”, commentata dalla nota “Ottimo. Una lezione!” ci fa entrare già nell’officina del pensiero raimondiano. Lo stesso avviene con il volume di Curtius Letteratura europea e Medio Evo latino,
«tra i libri più postillati e sottolineati dallo studioso: i ventidue segnalibri, inseriti nel testo in occasioni e tempi differenti, sono la spia più evidente di un dialogo mai interrotto.»
Di Franco analizza con grande precisione e ampiezza queste “intersezioni”; così come gli incontri fruttuosi con Guido Guglielmi nel ruolo di traduttore, con il critico Gianfranco Contini, con il dantista Charles Singleton.
Merita qui segnalare le molte pagine dedicate al particolare incontro con Roberto Longhi. Le sue lezioni di Storia dell’Arte si tenevano al pomeriggio, e quindi fu possibile a Raimondi (che al mattino faceva il maestro) frequentarle nell’anno accademico ’41-42. Si trattava del famoso corso sui “Fatti di Masolino e di Masaccio”, che anche Pier Paolo Pasolini seguì. Superato l’esame, Raimondi declinò l’invito di Longhi a laurearsi con lui, ma nei suoi studi ne introiettò il metodo, la «pluralità di centri focali» ovvero l’accompagnamento «alla letteratura di questo o quel secolo» della «visione della realtà figurativa corrispondente.»
Come già Di Franco aveva scritto nel saggio introduttivo a un volume collettaneo del 2017:
«Ezio Raimondi, al cimento con un singolo autore, non si accontentava mai di indagarlo in una sola dimensione, ma lo inseriva all’interno di orizzonti culturali di più ampio respiro. Il testo, non più monade da analizzare o decostruire criticamente, diventava il centro dinamico di una rete di rapporti culturali, filologici e storici, che ne restituivano la più viva complessità.»
Lascio agli studiosi la lettura integrale delle pagine dense e colte del saggio sul “lettore curioso”, che mi pare abbia il merito di aver indagato le fonti della ricerca mai doma di Ezio Raimondi, utilizzando esattamente il suo medesimo metodo, storico ed ermeneutico insieme. Non essendo stato, per ragioni anagrafiche, allievo diretto, Alberto Di Franco ha saputo applicare alla lettera l’approccio che Raimondi ci ha consegnato: che «non si può capire uno scrittore se non si ama il contesto di cui fa parte.»
Bibliografia di opere su Ezio Raimondi
Ezio Raimondi. Conversazioni. Una speranza contesa, a cura di Davide Rondoni, Guaraldi Rimini 1998
Jonathan Sisco (a cura di), Ezio Raimondi, La metamorfosi della parola. Da Dante a Montale, Bruno Mondadori, Milano, 2004
Nello Ajello, “Un italianista cresciuto alla scuola di Longhi”, La Repubblica, 20 marzo 2004
Ezio Raimondi, “Una storia di successi e di occasioni perdute”, in AA. VV. Da Magistero a Scienze della Formazione: cinquant’anni di una Facoltà innovativa dell’Ateneo bolognese, Clueb, Bologna, 2006
Ezio Raimondi. Camminare nel tempo. Dialoghi con Alberto Bertoni e Giorgio Zanetti, Aliberti, Reggio Emilia, 2006
Paolo Ferratini (a cura di) Ezio Raimondi, Le voci dei libri, Il Mulino, Bologna, 2012
Andrea Battistini, Sulla lectio incontentabile di Ezio Raimondi, Bibliomanie, n. 36, maggio/agosto 2014
Andrea Battistini (a cura di), Ezio Raimondi lettore inquieto, Il Mulino, Bologna 2016
Alberto Di Franco, Ezio Raimondi e i suoi libri, Petali, Bologna, 2017
Fusto Curi, Cultura e umanità di Ezio Raimondi, Mucchi, Modena, 2018
Alberto Di Franco, Un lettore curioso. La formazione culturale di Ezio Raimondi, Patron, Bologna, 2022
Elena Santagata, “Ritratto di un maestro da giovane. La formazione culturale di Ezio Raimondi”, Le parole e le cose, 10 giugno 2022
Lucio Biasiori, “Da Serra a Longhi, incontri decisivi del ‘fiol del calzuler’”, Alias, 8 maggio 2022
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