Proposte di lettura
Marzio Zanantoni, Proposte di lettura, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 55, no. 24, giugno 2023, doi:10.48276/issn.2280-8833.10647
Editoria e storia del libro
Libro intrigante questo di Gian Arturo Ferrari (Storia confidenziale dell’editoria italiana, Marsilio editore, euro 19,00). L’autore è stato uno dei protagonisti dell’impresa industriale del libro in Italia: da Boringhieri a Mondadori, da Rizzoli di nuovo a Mondadori, con incarichi, potere e stipendi sempre maggiori. Ci si poteva aspettare, visto il titolo, un libro che non fosse il solito racconto di vicende note e stranote, ma appunto, qualcosa di inedito, di nascosto ai comuni lettori, persino qualche pettegolezzo, come l’aggettivo “confidenziale” in parte lascia intendere. C’è tutto questo e tanto altro (soprattutto confidenze piuttosto pepate su editori, autori, redattori, editor ecc.), ma c’è molto di più sulla propria carriera editoriale, tanto che il titolo più appropriato forse avrebbe dovuto essere Storia confidenziale della mia carriera editoriale e dintorni. Ferrari ne ha per tutti, senza tanti giri di parole, anche su se stesso per la verità, sui (pochi, a suo dire) errori commessi. E svela particolari su opere (lapidario il giudizio sprezzante sull’inutilità di una impresa editoriale come l’enciclopedia Einaudi) e manovre note e meno note dentro varie case editrici. Un libro essenzialmente autobiografico insomma che indubbiamente si fa leggere e vien voglia di leggere sino alla fine. Purtroppo dà fastidio questa discontinuità di piani (narrazione storica e autobiografia) che non si incrociano felicemente. È un peccato, perché i primi capitoli promettono molto, ma poi la spinta al protagonismo prende la mano.
Ernesto Ferrero ha lavorato per decenni in editoria, con ruoli dirigenziali in diverse Case editrici. È anche autore di alcuni romanzi di successo. Ha avuto modo di conoscere, frequentare, divenire amico di un gran numero di scrittori e esponenti del mondo editoriale italiano. È da questa lunga frequentazione che nasce il suo ultimo libro (Album di famiglia. Maestri del Novecento ritratti dal vivo, Einaudi, euro 21,00). Divisi in sezioni anche eccentriche (i prediletti, gli inquieti, maghi e funanboli ecc.) nell’album di Ferrero non manca nessuno: da Calvino a Einaudi, da Pavese a Nuto Revelli, da Rigoni Stern a Elsa Morante, da Beppe Fenoglio a Pasolini, tutti sono rappresentati con pregi e difetti, umani e letterari e i difetti in genere sono sempre perdonati, in virtù di una appartenenza all’olimpo dei migliori. Tutti, tranne uno, che spicca stranamente per la sua assenza, o è presente attraverso qualche battuta non piacevole: Elio Vittorini. Non doveva proprio piacere a Ferrero. Eppure sarebbe stato interessante che spiegasse il perché. Un posto in quell’album Vittorini lo meritava di certo.
Anche il mondo editoriale finalmente rileva l’importanza decisiva della donna nell’industria del libro. Lo fa con un convegno che si è tenuto mesi fa a Milano dedicato a Le donne nell’editoria del ‘900. Fonti e casi di studio, organizzato da Apice e dall’Università Statale. Tanti casi e figure femminile vengono studiate e discusse, spesso attraverso fonti archivistiche inedite o poco conosciute. Con lo stesso criterio nel 2020 era stato organizzato un precedente convegno le cui relazioni ora sono confluite in un corposo volume dedicato alle professioniste del libro e della lettura nel Novecento: L’altra metà dell’editoria, a cura di Roberta Cesana e Irene Piazzoni, Ronzani editore, euro 26,00. Il volume tenta, riuscendovi, una ricognizione molto ampia all’interno della filiera editoriale per scoprirvi editrici, editor, traduttrici, redattrici, disegnatrici, agenti letterarie, bibliotecarie, note e meno note o assolutamente sconosciute, che hanno avuto ruoli importantissimi nell’impresa libraria del nostro Paese, in piccole o grandi Case editrici o luoghi di promozione alla lettura.
Di Angelo Fortunato Formiggini, editore modenese in attività soprattutto nel primo ventennio del Novecento e suicidatosi nel 1938 per protesta contro le leggi razziali, si è scritto molto. Eppure è sempre un piacere ritrovarsi immersi nelle sue straordinarie collane o rileggere i sui testi intorno al libro e alla sua produzione. Bene ha fatto l’editore Italo Svevo di Trieste a ordinare e riproporre una ventina di articoli proposti da Formiggini sulla sua rivista «L’Italia che scrive» tra il 1918 e il 1938. Articoli opportunamente raccolti con il titolo di Lezioni di editoria (euro 16,00) con la curatela di Gabriele Sabatini che ha scritto anche una ampia e eccellente Introduzione. Gli articoli di Formiggini sono straordinari: leggibilissimi, ironici, divertenti ma anche pieni di realismo, buon senso e utilissimi anche oggi per chi ha bisogno davvero di qualche “lezione” editoriale: da come trattare i righini e le maiuscole a come costruire efficaci cedole librarie: certo, alcune cose appaiono datate, ma tante altre considerazioni quanto sono ancora oggi d’attualità.
Biografie
Può sembrare paradossale, eppure era dal 1962, con il lavoro di Fausto Nicolini, del tutto parziale e poco documentato, che non si aveva una vera e propria biografia di uno dei più grandi intellettuali del Novecento italiano, insieme a Gramsci, vale a dire Benedetto Croce. Ora escono in contemporanea addirittura due notevoli biografie dello studioso abruzzese: Paolo D’Angelo, Benedetto Croce. La biografia I. Gli anni 1866-1918, Il Mulino, euro 36,00 e Emanuele Cutinelli-Rendina, Benedetto Croce. Una vita per la nuova Italia. I. Genesi di una vocazione civile. 1866-1918, Aragno, euro 50,00. Leggendole contemporaneamente ci si accorge subito di ciò che è molto simile tra i due testi e ciò che è profondamente differente. Intanto sono due vere e proprio biografie, l’intento di entrambi cioè è quello di narrare anno per anno la vita di Croce, con limitatissime concessioni ad analisi saggistiche intorno al pensiero di Don Benedetto. Altra similitudine evidente è che entrambi nelle loro narrazioni seguono letteralmente il filo rosso di quei pochissimi ricordi autobiografici che lo stesso Croce ha disseminato lungo la sua vita, riportando le stesse citazioni, gli stessi riferimenti, gli stessi documenti, tanto che spesso i due volumi sono strutturati secondo paragrafi simili o addirittura intitolati allo stesso modo. Ma anche le differenze sono evidenti: D’Angelo, con una scrittura chiara e quasi colloquiale, tenta sempre di collocare ogni avvenimento biografico in un contesto più ampio (il contorno urbanistico di Napoli, le particolarità delle amicizie, la poco conosciuta vicenda della prima compagna di Croce ecc.), mentre il lavoro di Cutinelli-Rendina (un tomo di oltre 700 pagine, con doppia copertina e una grammatura spessa di pagine, oltre 3 kg. di peso) è caratterizzato da uno scavo biografico e psicologico davvero notevole, utilizzando anche documenti inediti della Biblioteca Croce. La sua scrittura è più complessa e profonda e conduce il lettore dentro la vita di Croce in modo immersivo, con uno stile di notevole spessore: davvero un lavoro straordinario, come da anni non si aveva occasione di trovare. Insomma, difficile fare una scelta di lettura: due ottimi testi che, va tenuto presente, costituiscono entrambi solo la prima parte del rispettivo lavoro, che si completerà nei prossimi due-tre anni.
Il libro di Giorgio Caponnetti, Avanti! Ma non troppo. L’insospettabile vita di Edmondo De Amicis, Francesco Brioschi editore, euro 20,00, può apparire la classica biografia romanzata, nella quale la fantasia dell’autore predomina di molto sulla componente più realistica e documentata della vita di un personaggio. Leggendo il libro di Caponetti invece, il prevalere dei documenti, le lettere in primo luogo, diventa subito chiaro e si permette al lettore di addentrarsi nella vita pubblica e privata dell’autore di Cuore in modo immersivo e realistico. Insieme alle vicende più strettamente legate alla sua produzione letteraria e alla strabilianti avventure editoriali e maggiormente conosciute, affiorano le vicende meno note, soprattutto quelle legate al suo avvicinarsi al socialismo, nel 1891 a 45 anni, e all’amicizia con Filippo Turati, così come emergono tutti i particolari del suo rapporto con l’editore Treves e la sua volontà strenua di scrivere un libro “per tutti, di una sincerità irresistibile, piena di consolazioni, di insegnamenti e di emozioni, che faccia piangere, che rassereni e dia forza”. Sarà Cuore, il libro italiano più venduto in tutto il mondo. Come tutte le biografie anche questa si conclude con le ultime ore della vita di Edmondo, l’11 marzo 1908 a Bordighera. Ma con sorpresa si aggiunge un capitolo finale dedicato al tesoro scomparso di De Amicis, quasi due miliardi delle vecchie lire, un tesoro che si è scoperto non molto tempo fa essere stato dirottato su un conto svizzero di Lugano. Da chi? Come? Caponetti qualche indizio lo mette sul tavolo. Non sveliamo la perfida trama.
Memorialistica
Ritrovare e rileggere le proprie radici. È questo che fa Cristina (Doriana) Sarzi Amadè con il suo libro La Mericana. L’emigrazione, il dopoguerra, la vita in campagna“, FdBooks, euro 16,90 (disponibile anche su Amazon). La protagonista – la Mericana– è la nonna (emigrata dal Veneto a fine Ottocento) che dalla Pennsylvania nel 1920 torna in Italia, nel mantovano. Si sposa, ha figli e nipoti. Le famiglie fanno quello che è più consueto agli inizi del Novecento: agricoltori, contadini, braccianti. Intrecciano relazioni matrimoniali. Tutto questo nel racconto sta dentro una bellissima, emozionante descrizione di un contesto storico costituito dal lavoro e dalle trasformazioni del suolo agrario della valle padana, operato da decine di migliaia di contadini. Ecco perché, pur essendo il libro una storia “privata”, è soprattutto un racconto collettivo, fatto di oggetti, animali, alimenti, consuetudini che tantissimi di noi hanno vissuto o di cui hanno sentito raccontare dai genitori o dai nonni. L’autrice non è una studiosa, ma non è neppure una illetterata: ha una solida istruzione che le è ora servita per raccontare, meglio che un manuale di agronomia, cosa si coltiva in ogni stagione, quando i prodotti della terra vanno piantati e poi raccolti. Tutte cose vissute nella grande cascina che per decenni è stata la sua casa, vissute così profondamente e felicemente, da essere rimaste dentro di lei con la gioia di chi ricorda senza una retorica nostalgia, da pranzi di Natale con gli animali del cortile e la pasta tirata dalla nonna sino ad essere trasparente, dal letto scaldato con il “prete”, ai riti collettivi dell’uccisione del maiale e delle vendemmie autunnali. Ci sono tanti libri di memorie private, soprattutto di ricordi di guerra, racconti partigiani, momenti drammatici. Il libro di Doriana invece trasmette felicità quotidiana e al giorno d’oggi non è cosa da poco.
Nella sua intelligente recensione su “Il Foglio” del 22 aprile scorso, Matteo Marchesini individua il senso specifico di questi ricordi di uomini e donne del Novecento come frammenti capaci di rievocare il sapore di una vita: Federica Montevecchi, Frammenti di futuro. Ricordi di donne e uomini del Novecento, Pendragon, euro 16,00). In questo caso, esattamente di 14 vite di personaggi noti e famosi (Bocca e Einaudi, Iotti e Valiani, Foa e Toaf e altri). Il libro è strutturato in modo quasi elementare, ma che si rivela alla fine proficuo: i vari racconti sono spezzettati cronologicamente e graficamente da un semplice “mi ricordo”. Sono donne e uomini nati nei primi anni del secolo scorso, tutti hanno vissuto il fascismo e la guerra, alcuni la Resistenza. Il loro antifascismo è radicale, il fascismo è per tutti politicamente o moralmente inaccettabile. Ma ancora di più colpiscono i ricordi legati ai valori che in loro rimangono ancorati sino alla fine: l’amore, l’amicizia, l’onestà, la solidarietà, la giustizia sociale. Sono tutte persone ormai scomparse, già anziane nel momento in cui la Curatrice li ha intervistate e a tutte non sfugge il pensiero della morte, un pensiero disteso e naturale, a volte consolatorio. Flussi di coscienza insomma: vite vissute che ci appaiono così distanti, ma che ci insegnano a non dimenticare e a guardare al futuro con qualche speranza, e anche certezza, perché in tanti giovani delle generazioni che hanno seguito la loro e che li hanno conosciuti personalmente o attraverso la loro opera, molto è rimasto.
Rossana Rossanda, dirigente del PCI sino alla radiazione del 1969 per “frazionismo” a causa della pubblicazione della rivista «Il Manifesto», è stata certamente una figura importante della politica culturale del suo partito. Per tutti gli anni Cinquanta, attraverso la direzione della Casa della cultura milanese, ha dato una impronta innovativa, non sempre gradita per la verità, ma sicuramente di grande rilievo. Il piccolo libro di Maria Fancelli, germanista e amica di Rossanda, (Rossana Rossanda, Il diciassettesimo tasto, a cura di Maria Fancelli, Edizioni Clichy, euro 7,90) offre un primo importante contributo a quella biografia politica e intellettuale che prima o poi sarà doveroso ricostruire nel dettaglio, grazie anche alla enorme mole di documenti d’archivio che verranno disponibili presso l’archivio di Stato di Firenze. Intanto il bel libro della Fancelli ricostruisce con accuratezza alcuni anni decisivi nella formazione di Rossanda: gli anni tra il 41 e il 46, cioè il periodo della sua prima militanza nel PCI e soprattutto gli anni universitari alla Statale di Milano. L’autrice indaga il rapporto con Banfi, già noto, offrendo tuttavia spunti nuovi circa la sua Tesi di laurea, i suoi primi studi sulla storia dell’arte e le sue appassionate letture. Bella anche la parte finale del libro: un percorso di parole e immagini suggestive, di grande impatto emotivo.
Intellettuali e politica nel Novecento
La International Gramsci Society Italia, l’associazione che raggruppa numerosi studiosi e cultori del pensiero gramsciano, diretta da anni dal bravissimo e competente Guido Liguori, ha da poco iniziato a pubblicare con un nuovo editore la sua collana di testi. Il volume da poco in libreria è dedicato ad un tema di grande interesse: la ricezione del pensiero europeo, attraverso autori e opere, nella riflessione di Gramsci (L’Europa di Gramsci. Filosofia, letteratura e traducibilità, a cura di L. La Porta e di F. Marola, Bordeaux edizioni, euro 18,00). Il volume è una raccolta di saggi che mette in rilievo quanto la formazione dell’intellettuale e uomo politico sardo debba alla cultura europea, da lui frequentata sin dalle sue prime passioni giovanili., attraverso opere di grandi romanzieri, di teorici del marxismo e di filosofi di rilievo. I saggi spaziano dalla individuazione dell’influenza di filosofi come Hegel, Bergson e Sorel, alla lettura gramsciana di Kipling e Dickens, sino alla passione per il romanzo d’appendice francese e al valore sociale del teatro attraverso un’opera come Casa di bambola di Ibsen e altri temi e autori. Un volume ben riuscito, che coglie ancora qualche novità dentro le riflessioni gramsciane.
Paolo Vita-Finzi era un liberale, ebreo, (quindi costretto ad emigrare in Argentina a causa delle leggi razziali del ’38), che aveva svolto l’attività di Diplomatico soprattutto nella prima metà del secolo scorso. Non uno studioso di professione dunque, eppure grande lettore, giornalista, attento notista della politica italiana. Difronte all’affermarsi del fascismo, aveva attribuito grande responsabilità ad intellettuali, ritenuti generalmente di area liberale, che a suo parere avevano poi tradito questo loro orientamento. Da Prezzolini a Croce, da Mosca a Pareto, si erano macchiati di un tradimento “inconsapevole”, divenendo così dei precursori indiretti del fascismo, lasciandosi sedurre dalle sirene mussoliniane. Il libro edito di recente da IBELLibri (Paolo Vita-Finzi, Le delusioni della libertà, euro 18,00) ripropone 18 saggi scritti dall’autore sulla rivista «Il Mondo» a metà degli anni Cinquanta, saggi nei quali si esaminano numerose figure di intellettuali francesi e italiani, con l’ottica di coglierne il loro sostrato totalitario e nazionalista. Un’opera importante per capire genesi e significato del regime mussoliniano, anticipatrice della svolta storiografica degli studi del fascismo, svolta che avrà di lì a poco tempo la sua amplificazione nella monumentale opera di De Felice sul Duce. Va segnalata anche la preziosa Introduzione di Claudio Giunta, che mette bene in luce l’importanza complessiva dell’opera di Vita-Finzi all’interno del pensiero liberale.
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