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La rappresentazione del regno animale nella favola mistica dei Fratelli della Purezza: tassonomia zoologica, gerarchie di potere ed allegorie teologico-culturali
di , numero 57, giugno 2024, Saggi e Studi, DOI

La rappresentazione del regno animale nella favola mistica dei Fratelli della Purezza: tassonomia zoologica, gerarchie di potere ed allegorie teologico-culturali
Come citare questo articolo:
Nadia Tebbini, La rappresentazione del regno animale nella favola mistica dei Fratelli della Purezza: tassonomia zoologica, gerarchie di potere ed allegorie teologico-culturali, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 57, no. 7, giugno 2024, doi:10.48276/issn.2280-8833.11258

INTRODUZIONE

Sono cinquantadue i trattati che formano il compendio enciclopedico di Iẖwān aṣ-Ṣafāʾ (Fratelli della Purezza) – società segreta islamica attiva tra il IX e X secolo nella zona geografica dell’attuale Iraq. Tra questi, la ventiduesima epistola, dedicata agli animali, è senza dubbio la più nota al pubblico perché contiene il famoso Processo intentato dagli animali contro la dominazione umana e celebrato davanti al re dei ǧinn (Fī tadā‘ī al-ḥayawānāt ‘alā al-insān ‘ind malik al-ǧānn) 1.
In questa favola mistica, ambientata in un’isola favolosa, gli animali appartenenti alla categoria del bestiame chiedono udienza al re dei ǧinn 2 e intentano un processo contro gli esseri umani per i maltrattamenti subiti, rimettendone in discussione la superiorià. Consapevoli di non poter vincere da soli e convinti che l’unione fa la forza, essi decidono di fare appello alle altre sei comunità animali al fine di ottenere il loro appoggio durante il processo. Inizia allora il confronto tra i rappresentanti delle sette grandi nazioni umane e i delegati delle sette grandi famiglie animali, che espongono alternamente le proprie motivazioni, confutando quelle della parte avversa. Gli uomini, sconfitti sotto ogni punto di vista dai loro rivali, fanno valere le proprie ragioni con un ultimo argomento inappellabile: contrariamente agli animali, a loro è concessa vita eterna dopo la morte. Il testo può essere suddiviso in cinque parti: il prologo, che parte dalla creazione del mondo per arrivare alla pretesa umana di sottomettere tutte le altre creature; la denuncia fatta dal bestiame contro l’uomo presso la corte del re dei ǧinn; le assemblee preliminari di animali, umani e ǧinn per organizzare le proprie strategie; l’invio degli emissari nelle altre sei comunità animali e la scelta dei rispettivi rappresentanti che prenderanno parte al processo; il processo vero e proprio che si conclude, inaspettatamente, con la vittoria dell’uomo.
La parte della favola è stata oggetto di vari studi, alimentati dalle molteplici interpretazioni possibili 3 ma anche dalla natura stessa delle tematiche trattate che rispecchiano perfettamente le riflessioni etico-ecologiche attuali, soprattutto per quanto riguarda la condizione degli animali 4. Il presente lavoro intende focalizzarsi sulla rappresentazione delle figure animali nella favola, ricollegandosi all’obiettivo primario della XXII Epistola concepita come un’introduzione alla zoologia.
Partendo dalla tassonomia del regno animale, si andranno a illustrare i criteri in base ai quali gli animali vengono suddivisi in sette gruppi a seconda dell’elemento in cui vivono, del loro modo di spostarsi e della loro alimentazione, mettendo in evidenza il ruolo perturbatore/strutturante dell’uomo in questa classificazione biologica iniziale. Tali criteri vanno considerati alla luce delle conoscenze dell’epoca e dell’ideologia degli autori (Ismailiti Settimani). Si analizzeranno poi le rappresentazioni dei re di ogni comunità animale, cercando di interpretare la scelta di un bestiario in parte mitologico. L’ultima parte sarà dedicata alla categoria eterogenea dei delegati animali inviati al processo, spaziando tra il dato naturalistico e la valenza simbolica.

1. L’EPISTOLA XXII: UN TRATTATO DI ZOOLOGIA

È possibile suddividere l’Epistola XXII in due parti distinte, di forme diverse, ma complementari. La prima è un classico trattato di zoologia, inserito in maniera organica dopo il capitolo dedicato ai vegetali, per illustrare la continuità del creato e la gerarchia delle creature di cui si parla nella totalità delle Epistole 5. Essa permette di presentare le varie categorie animali e le loro caratteristiche generali, riflettendo sulla loro anatomia e sul loro comportamento. La seconda parte invece ha la forma di una favola direttamente influenzata da Kalīla wa Dimna di Ibn al-Muqaffa‘6, celeberrima raccolta di apologhi messi in bocca a degli animali, a cui i Fratelli della Purezza si rifanno in maniera diretta. La rappresentazione di animali parlanti rappresenta una novità che lascia il segno nel panorama letterario arabo nell’epoca abbaside 7
, nonostante lo statuto problematico della favola nella cultura arabo-musulmana medievale. Tipici del genere della favola, la facoltà di parola attribuita agli animali e i contenuti veicolati da tale parola (saggezza, discorso argomentativo, approccio critico) suscitano un certo disagio perché mettono in dubbio la supremazia dell’uomo ed i suoi privilegi 8. Questo aspetto problematico della favola porta molti autori a giustificarne l’uso nelle loro opere dotte.
Anche i Fratelli della Purezza chiariscono nella loro premessa il ruolo funzionale della favola allo scopo scientifico principale dell’Epistola, da considerare innanzitutto come un trattato di zoologia:

« Vogliamo ancora evocare in questa epistola le qualità degli animali, le loro lodevoli disposizioni, la loro natura soddisfacente e la loro sana completezza, rivelare in conseguenza di ciò la tirannia e l’oppressione esercitate dall’uomo che sottomette coloro che sono diversi da lui e gli sono asserviti tra il bestiame e gli altri animali, la sua ingratitudine verso i loro benefici, la sua negligenza nel suo obbligo di rendere grazie. Perché se l’uomo è buono e virtuoso, è un angelo benefico. Ma se è malvagio, è un demone maledetto. L’abbiamo messo nella bocca degli animali affinché rendesse la predicazione più efficace, i discorsi più chiari, le storie più sorprendenti, i racconti più divertenti da ascoltare, i pensieri più profondi. 9 »

2. LA CLASSIFICAZIONE DEL REGNO ANIMALE

La struttura della favola permette quindi di esporre, in modo originale ed efficace, la tassonomia del regno animale mettendolo in relazione diretta con l’uomo, e di sviluppare in modo più dettagliato la suddivisione degli animali in sette gruppi, già anticipata nella premessa: bestiame e bestie da soma, animali da preda, uccelli, insetti volanti, uccelli da preda, animali acquatici e creature che sciamano.

2.1 I CRITERI ECO-BIOLOGICI

La suddivisone segue vari criteri, basandosi innanzitutto sull’elemento in cui gli animali vivono (terra, aria e acqua), ma anche sul loro modo di spostarsi (camminare, volare, nuotare, strisciare) e sulla loro alimentazione (erbivori e carnivori). La tassonomia del regno animale riprende grossomodo i criteri di suddivisione della tradizione semitica, sviluppati da al-Ǧāḥiẓ (VIII-IX sec.) nel suo Kitāb al-ḥayawān 10, che rispecchiano le conoscenze dell’epoca. Inoltre, la traduzione araba della Historia animalium di Aristotele, attribuita a Yaḥyā Ibn al-Biṭrīq (IX sec.) sotto il titolo Fī ṭabāʾiʿ al-ḥayawān 11, era probabilmente nota ai Fratelli della Purezza. La prima è la doppia categoria di al-bahā’im wa al-an‘ām, ossia le bestie da soma (muli, asini e cavalli, ma anche elefanti) e il bestiame (ovini, bovini e camelidi), tutti animali erbivori addomesticati, adibiti ad uso lavorativo e sfruttati per la loro carne, latte o pelle.
Nell’introduzione che precede la favola, la differenza tra queste due categorie di animali viene chiarita: in effetti, al-an‘ām hanno l’unghia fessa mentre al-bahā’im 12 hanno lo zoccolo 13. La controversia sulla natura del maiale – come facente parte del bestiame o animale da preda – permette innanzitutto di illustrare le particolarità fisiche e alimentari di un animale giudicato inclassificabile ma soprattutto di evidenziare le contraddizioni tra i vari popoli e religioni, mettendo in discussione la fondatezza teologica dei pregiudizi che lo riguardano (p.120-122). L’ironia, appena velata, con cui si esprime il maiale, mette in ridicolo gli esseri umani, mostrando la futilità delle loro motivazioni. Per via del suo status di animale impuro 14, il maiale è doppiamente autorizzato a criticare tutto ciò che fonda la supremazia umana nonché i testi sacri.
La seconda categoria è quella di as-sibā‘ ossia gli animali da preda che hanno artigli e zanne; la terza è quella di aṭ-ṭuyūr o uccelli, terrestri o acquatici, che hanno ali, piume e becco; la quarta è quella di al-ḥašarāt o insetti volanti, ossia creature di piccole dimensioni che possiedono ali ma sono sprovviste di piume o di uno scheletro; la quinta è quella di al-ǧawāriḥ o uccelli da preda che hanno ali, un becco ricurvo e artigli adunchi; la sesta è quella di al-ḥayawānāt al-baḥriyyah o animali acquatici compresi quelli provvisti di conchiglie o squame; la settima è quella di al-hawāmm 15 o creature che sciamano, le quali possono essere bipedi o quadrupedi, strisciare sulla pancia o arrancare sui fianchi.

2.2 I CRITERI ANTROPICI

La suddivisione degli animali in sette gruppi è speculare a quella degli uomini poiché sono sette le nazioni umane rappresentate al processo da sette oratori, ma anche a quella dei ǧinn i cui consiglieri al servizio del re ne rappresentano le sette tribù principali. Il numero sette è al centro dell’ideologia dell’Ismailismo, una corrente esoterica dell’Islam sciita 16, di cui i Fratelli della Purezza erano molto probabilmente seguaci. La perfetta simmetria del mondo presentato nell’Epistola è possibile tramite un rimaneggiamento dei criteri di classificazione degli animali e non può che rilegare a una posizione secondaria la dimensione scientifica del trattato di zoologia, anteponendole quella allegorica. Così, la tassonomia del regno animale non si basa unicamente su criteri scientifici ma viene modellata per rappresentare al meglio la concezione ideologico-teologica degli autori. Ne risultano delle macro-categorie abbastanza sommarie e grossolane laddove potevano esserci delle suddivisioni più nette e precise.
Tuttavia, aldilà di questo primo condizionamento esteriore al testo e legato all’intenzionalità degli autori, il ruolo strutturante dell’uomo nell’ecosistema descritto nella favola viene esaltato fin dall’inizio. L’armonia del creato, perfettamente simmetrico, viene sconvolta dall’arrivo dell’uomo sull’isola e la sua pretesa di sottomettere gli animali alla sua autorità. In effetti, « la domestication du bétail et des bestiaux par l’homme perturbe le système antique de classification des animaux fondé sur des critères éco-biologiques présent dans Genèse et Histoire des animaux d’Aristote. La création de l’Homme préfigurée par le naufrage du navire vient troubler cette typologie. 17 » Le incongruenze indotte dall’intervento umano nel sistema di classificazione degli animali si vedono in vari passaggi del testo. Per esempio, nella parte iniziale del racconto, è possibile distinguere gli animali assoggettati dall’uomo che sono costretti a vivere nel suo mondo, secondo le sue regole, da quelli che riescono a fuggire per ripararsi nelle montagne e nelle foreste (p.100-101). Adottando il criterio del tipo di rapporto con l’uomo, gli animali possono essere domestici/addomesticati, o selvatici. La categoria degli animali che vivono a stretto contatto con l’uomo è tutt’altro che omogena e comprende tre sottogruppi che si potrebbero assimilare agli schiavi (bestiame e bestie da soma), ai ruffiani (cane e gatto) e ai ladri (ratto, topo campagnolo e donnola) (p.166). Se i primi e gli ultimi sono in aperto conflitto con l’uomo, i secondi hanno uno statuto ambiguo che alimenta varie discussioni nella comunità animale.
Cane e gatto fanno parte di as-sibā‘ e si esprimono, come tutti gli altri animali, in presenza del loro re, per mettere in avanti le loro principali qualità in vista della missione alla corte del re dei ǧinn. L’ordine in cui parlano li colloca nella parte inferiore della gerarchia animale, di cui i gradini più bassi sono riservati alla iena e al ratto (p.161). Tuttavia, nella discussione che precede la scelta del delegato, sono presentati come traditori dei loro simili e alleati dell’uomo. Un racconto eziologico fa risalire il loro avvicinamento all’uomo all’epoca di Hābīl e Qābīl (Abele e Caino) quando i figli del primo vollero vendicare il padre, si batterono contro i loro cugini e persero la battaglia. I figli di Qābīl, vincitori, si impadronirono del bestiame dei loro rivali che sgozzarono per fare un grande banchetto, disseminando i resti nei loro terreni. Davanti a tanta abbondanza di cibo, i cani e i gatti abbandonarono i loro simili per vivere vicino all’uomo (p.166). Così, questi due animali vengono esclusi dalla categoria dei carnivori e considerati come esseri vili e servili. La loro vicinanza all’uomo avrebbe pervertito la loro natura e la loro alimentazione, facendo emergere nuove malattie che non toccano gli animali selvatici (p.167-168).
Un altro racconto eziologico fa dell’istinto di predazione dei carnivori una diretta conseguenza della presenza umana: prima della creazione dell’uomo, questi erano necrofagi e si cibavano esclusivamente delle abbondanti carogne degli erbivori; con l’addomesticazione di massa del bestiame, le carogne si fecero rare in natura, il che portò i carnivori a uccidere altri animali per sopravvivere (p.273). Entrando in diretta concorrenza con i carnivori, l’uomo diventa il più grande predatore, compromettendo con la sua avidità la sopravvivenza degli altri.

3. LA CATEGORIA DEI RE ANIMALI

Mettendo da parte l’influenza antropica sulla classificazione del regno animale, è interessante analizzare le figure dei re delle sette categorie iniziali per capirne la simbologia. Le famiglie animali ricalcano il modello monarchico umano poiché ogni comunità possiede un malik (re) assistito da una corte piramidale che comprende ministri e sudditi. I re sono sia animali reali (leone, serpente, ape) che creature mitologiche (aš-šāh murġ, al-‘anqā’, at-tinnīn) 18.

3.1 LEONE, APE E SERPENTE: UN BESTIARIO REALISTICO

Alle sette categorie iniziali corrispondono soltanto sei sovrani poiché il leone funge da re non solo degli animali da preda ma anche del bestiame e delle bestie da soma, dominando tutti gli animali terrestri, che siano selvatici o addomesticati (p.224). L’attribuzione della stessa figura regale a predatori e prede suona quasi come un inno all’armonia del creato, ma potrebbe anche ricordare la posizione attribuita a questi due gruppi di animali sull’Arca di Nūḥ (Noè). Secondo alcune versioni dell’episodio del Diluvio Universale, gli animali da preda e il bestiame furono collocati insieme nel ponte inferiore dell’Arca. Mettere insieme animali opposti da un’atavica ostilità è un ulteriore miracolo divino poiché solo dio è in grado di rendere mansueti tutti gli animali, facendoli obbedire ai suoi comandamenti contro la loro stessa natura 19.
La scelta del leone come re degli animali non fa che riprendere un topos molto diffuso in numerose culture 20. Nella cultura araba, il leone gode di una posizione privilegiata poiché la lingua araba dispone di centinaia di termini per indicarlo 21. Nel testo, la parola al-asad (leone) viene affiancata a uno dei soprannomi (kunia) dell’animale ossia abū al-ḥāriṯ. Universalmente, l’animale incarna le virtù del capo che sono la forza, il coraggio e la magnanimità e a volte anche i suoi vizi come l’orgoglio, il despotismo e la crudeltà. Tuttavia, « [sa] force est son trait le plus caractéristique d’où son lien étroit avec le pouvoir royal. 22» Aldilà delle qualità morali che gli sono attribuite, sono soprattutto le caratteristiche fisiche del leone ad essere esaltate: il delegato degli animali da preda fa l’elogio della sua grandezza, forza, vigore e maestà davanti al re dei ǧinn, utilizzando una serie di superlativi assoluti che ne denotano l’assoluta superiorità fisica sugli altri animali (p.224). Inoltre, il leone riproduce nella natura un aspetto tipico della vita cortigiana, avendo altre creature al proprio seguito che si nutrono dei resti delle sue prede. La scelta del leone è quindi in parte motivata da criteri di tipo anatomico e etologico. Tuttavia, l’animale ha anche una valenza simbolica particolare per gli sciiti che chiamano comunemente il loro primo imām ʿAlī Ibn Abī Ṭālib – cugino e genero del profeta Muḥammad – con l’appellativo asad Allah (leone di Allah) 23.Un altro animale naturalmente dotato di attributi regali è l’ape che regna sugli insetti volanti. Anche l’ape è un simbolo universale e gode di uno status quasi sacro in numerose culture. La straordinaria organizzazione sociale delle api serve da modello socio-politico all’uomo per la sua coesione ed efficacia. Simbolo di potere, l’ape regina comanda all’intera colonia. La favola mette in risalto la particolarità delle api : durante il processo, esse vengono citate più volte come modello di armonia anatomica e comportamentale, ma anche come prova dell’intelligenza animale per la perfezione geometrica delle loro celle esagonali e per il processo di fabbricazione del miele (p. 234-235). Tuttavia, le api sono anche un noto simbolo mistico per i musulmani. Il Corano gli rende omaggio dedicando loro la sūra XVI intitolata an-Naḥl (le api), e attribuisce al miele proprietà curative miracolose24. Queste creature hanno un elevato grado di coscienza religiosa : « Les abeilles sont dites recevoir de Dieu une révélation 25 leur enseignant le comportement à suivre (XVI 68-69). 26» I versetti menzionati vengono interpretati in modo preciso dagli sciiti: « From an early stage, it became usual for Shiʿi scholars to assume that these inspired bees represent the community of genuine believers (sometimes restricted only to the imams or to the ahl al-bayt 27), and that the healing drink produced from their bellies refers to the esoteric meaning of revelation. 28 » L’immagine delle api come modello di virtù risale all’Antichità ed è dovuta in parte alla loro presunta purezza che le contraddistingue in tutto il regno animale. « Cette qualité qui leur est attribuée est bien sûr fondée sur le mystère de leur génération en partie a-sexuelle. […] Les anciens […] considéraient le plus souvent la génération des abeilles comme spontanée, conférant à ces insectes le caractère de pureté qui amena notamment le rapprochement […] entre les abeilles [et] les âmes vertueuses. 29 » Ma non sono soltanto le loro qualità morali a farne un’allegoria di ahl al-bayt bensì la natura del legame che le unisce. In effetti, una colonia di api può essere vista come un superorganismo formato da diversi individui, tutti imparentati tra di loro, proprio come gli imām sciiti, tutti discendenti dal medesimo ramo della famiglia sacra. Un ulteriore indizio di tipo linguistico viene a rafforzare questa idea: per riferirsi al re degli insetti (malik al-ḥašarāt), invece di usare, come per gli altri animali, il singolare an-naḥla (l’ape), viene usato il nome collettivo an-naḥl (le api), quasi a voler ribadire la compattezza del gruppo.
Il re degli animali che sciamano è invece aṯ-ṯuʿbān che in arabo indica un serpente di grandi dimensioni. Benché si tratti di un animale reale, la descrizione che ne viene fatta gli attribuisce caratteristiche leggendarie. Fisicamente identico al drago marino nella forma e nel comportamento 30, il serpente è un animale terrestre che vive dove nessun’altra creatura potrebbe farlo: in cima alle montagne, al-dilà delle nuvole, dove l’aria ghiacciata (zamharīr) impedisce ogni forma di vita 31. Non si tratta del suo habitat naturale ma di una scelta deliberata poiché il freddo permette di calmare il bruciore del veleno nel suo corpo (p.227). Come un asceta che si ritira fuori dal mondo per cercare di dominare i propri istinti, il serpente lotta contro la parte malvagia della sua natura, rappresentata dal veleno. Questo è da collegare al discorso fatto dalla vipera, ministro del serpente, sull’odio atavico dell’uomo per i serpenti (al-ḥayyāt 32) considerati inutili e nocivi. La vipera illustra il ruolo del veleno per la digestione delle prede (p.194-195). Il suo discorso è una teodicea strutturata sull’utilità del veleno, contro i numerosi pregiudizi sui serpenti 33.

3.2 TINNĪN, SĪ MURĠ E ‘ANQĀ’: UN BESTIARIO MITOLOGICO

Oltre agli animali reali, i re comprendono anche creature mitologiche di cui una legata all’elemento dell’acqua e due a quello dell’aria. Il fatto di includere delle creature fantastiche in un bestiario realistico è tipico del genere letterario della paradossografia che fa leva sui gusti popolari per il meraviglioso sotto tutte le sue forme 34, raccontando anche di animali insoliti o leggendari, che fanno generalmente parte delle credenze dell’epoca. Questa tendenza a voler stupire permea opere di vario tipo come in questo caso la XXII Epistola.
At-tinnīn35 è il re degli animali acquatici ed è una creatura fisicamente speculare al serpente. In arabo, la parola tinnīn non significa soltanto un grande serpente di mare ma indica un animale favoloso che unisce le caratteristiche del mostro marino a quelle del drago 36: vive in acqua, cibandosi delle altre creature marine ma allo stesso tempo sputa fuoco (p.184). La descrizione, che mette in risalto l’aspetto mostruoso del drago e il terrore che provoca nelle altre creature, ricorda l’azhdahā 37, gigantesco serpente della mitologia persiana. Ancora una volta, il potere è indissociabile dall’enormità fisica a cui si aggiungono delle caratteristiche sorprendenti come le strane abitudini digestive del drago e degli elementi mitologici come il riferimento a Yaʾġūġ wa Maʾġūġ38 in quanto possibili predatori del mostro 39. Le altre due creature mitologiche sono aš-šāh murġ e al-‘anqā’, che regnano rispettivamente su uccelli e uccelli da preda. Si tratta di due figure complementari nel testo. La parola šāh murġ è una deformazione del persiano sī murġ (letteralmente trenta uccelli) che indica una creatura alata della mitologia persiana. Giocando sulla similitudine tra e šāh (re in persiano), il neologismo šāh murġ permette di unire il nome della creatura alla sua funzione di re degli uccelli 40. La sua rappresentazione varia da un’epoca all’altra e finisce per sovrapporsi a quella della fenice greca ma anche della‘anqā’ araba 41. Letteralmente, al-‘anqā significa quella con un lungo collo e indica un uccello favoloso e gigantesco 42, originario della penisola araba, « qui tient autant du griffon que du phénix. 43» Il testo non dice nulla su aš-šāh murġ ma fornisce una descrizione dettagliata di al-‘anqā’. Questa vive su un’isola dell’oceano verde, lontano dagli uomini. È il più grande e imponente degli uccelli, le sue ali sembrano le vele di una nave e la sua coda sembra la torre di Namrūd (Nimrod). Muovendo le ali, fa tremare le montagne ed è così forte da poter sollevare buoi o elefanti come fossero topi (p.225-226). Supponendo che si tratti della stessa creatura, si potrebbe spiegare (come per il serpente e il drago) la logica di economia del testo adottata nella favola. L’idea di sintesi zoologica tra le due creature viene appoggiata dal fatto che in uno dei racconti di Kalīla wa Dimna, al-‘anqā’ è presentata come il re di tutti gli uccelli senza distinzione 44. Il sī murġ è un simbolo importante della mistica sciita secondo la quale il suo nido si troverebbe in cima all’albero della conoscenza, situato nella montagna che sovrasta la terra del Malakūt (o regno celeste). In effetti, « dans la gnose chiite et plus particulièrement ismaélienne, le Sîmorgh et son lieu de résidence, l’arbre Tûbâ, ont été longuement médités et parfois considérés comme étant le symbole de l’Imam, Guide intérieur de chaque croyant lui révélant son moi profond et le lien indissociable l’unissant à son Créateur. 45» Il sī murġ scende regolarmente sulla terra poiché la sua presenza, come quella dell’imām nascosto 46, rappresenta « la condition ultime de la permanence du monde terrestre. 47 » Sovrapponendo le due creature, al-‘anqā’ diventa portavoce di una comunità perseguitata per il suo credo: tormentata dagli uomini, nonostante la sua imponente statura e il costante aiuto prestato a marinai smarriti e naufraghi, è costretta a lasciare la propria terra e a riparare in luoghi reconditi (p.183) 48.

4. LA CATEGORIA DEI DELEGATI ANIMALI

Anche la rappresentazione degli emissari animali va analizzata, partendo dal dato naturalistico per ricavarne valenze simboliche di varia natura.

4.1 L’APE E IL MULO: DUE SIMBOLI MISTICI

L’ape è l’unico animale che viene doppiamente rappresentato come re e delegato. Bisogna quindi distinguere due figure regali: al-malik (il re) e al-ḥakīm (il saggio). Entrambi si prestano volontari per la missione, ma l’assemblea di insetti respinge la proposta del primo e accetta quella del secondo. Durante il processo, l’identità del saggio viene svelata: si tratta di Yaʿsūb 49, amīr an-naḥl (principe delle api) (p.233). Egli riceve un trattamento speciale da parte del re dei ǧinn, che lo considera un suo pari e ne fa l’elogio davanti a tutti, suscitando la gelosia degli uomini (p.241). Yaʿsūb parla dei doni divini della sovranità e della profezia (al-mulk wa an-nubuwwah) concessi unicamente alla sua stirpe e trasmessi ai suoi discendenti dopo di lui fino al Giorno della Risurrezione (p.233-234). La combinazione di sovranità e profezia è un chiaro riferimento a ʿAlī e ai suoi eredi: « En effet, seule la descendance de Muḥammad allie la royauté et la prophétie, car elle est détentrice de l’interprétation vraie du message divin. 50 » La figura di Yaʿsūb va quindi identificata conʿAlī che gli sciiti sono soliti chiamare amīr al-mu’minīn (principe dei fedeli) ma anche amīr al-naḥl (principe delle api) 51 o addirittura yaʿsūb 52. Circoscrivere a ahl al-bayt la capacità di conciliare potere temporale e spirituale significa negarla agli altri sovrani, facendone degli usurpatori 53. Il mulo (al-baġl) è il portavoce del bestiame (p.107). È colui che si esprime di più tra i suoi simili e che elabora i discorsi più complessi contro l’uomo. Ci si poteva aspettare che a rappresentare questa categoria fosse il cavallo (considerato nobile), e non un animale ibrido e sterile come il mulo, risultato innaturale di un’iniziativa umana. A prima vista, si potrebbe quindi pensare alla creatura che si ribella contro il creatore. Tuttavia, la simbologia del mulo è più complessa. È un animale associato al profeta Muḥammad, la cui cavalcatura preferita era la mula Duldul, che egli avrebbe lasciato in eredità a ʿAlī. Duldul diventa un simbolo controverso della successione politica e religiosa e quindi dell’imāma sciita: « Shared by the Prophet and the Imam, Duldul took part in important moments of conquest and civil war. […] Duldul signified political succession and became a tool of legitimation to navigate an emergent Shiʿa-Sunni rift. 54 »

4.2 KALĪLA, IL VIRTUOSO CONSIGLIERE

Per gli animali da preda, viene scelto Kalīla, fratello di Dimna protagonista del capolavoro di Ibn al-Muqaffaʿ. Si tratta dell’unico animale a cui viene attribuito un nome. La sua natura di sciacallo (ibn āwā) viene menzionata ulteriormente in relazione alla sua storica inimiciza con i cani (p.163). La scelta di questo animale è significativa: « pris au sens propre, le chacal restera toujours l’animal de la jungle qui vit dans l’entourage du lion et profite de ses chasses […]. Mais il est, grâce au double sens véhiculé par la syllepse, métaphore du courtisan ou du conseiller. 55» Il riferimento al fratello permette di sottolineare la differenza tra i due, nonostante facessero entrambi parte della corte del leone: « Kalila lives in such a way that he is grateful and content with his social status, while Dimna aspires to honor, whatever the means to achieve it. 56» Per scegliere il suo delegato, il re procede per eliminazione, scartando gli animali giudicati inadatti per la missione. Egli enumera le qualità dell’emissario ideale che, secondo la pantera, Kalīla è l’unico a possedere: è saggio, giusto, sapiente e sperimentato (p.163). È l’eccezione che conferma la regola e rappresentata l’ideale del consigliere che combina le virtù morali e intellettuali alla prudenza necessaria nel trattare con il potere.

4.3 GLI ANIMALI PARLANTI O L’ARTE DELLA RETORICA

Tutti gli altri delegati, l’usignolo (al-hazārdastān 57) per gli uccelli, il pappagallo (al-babbaġāʾ) per gli uccelli da preda, la rana (aḍ-ḍufdaʿ) per gli animali acquatici e il grillo (aṣ-ṣurṣur) per le creature che strisciano hanno in comune le loro capacità espressive. Sono tutti animali “parlanti”. Il criterio che prevale è quindi quello antropomorfico della parola che rimanda alla retorica.
Considerato il più eloquente e il più melodioso degli uccelli canori (p.175), l’usignolo viene scelto per la bellezza del suo canto, a scapito di altri uccelli citati nel Corano o nei ḥadīṯ come l’upupa nota per l’episodio con il re Sulaymān, il gallo che annuncia gli orari della preghiera o il corvo che insegna i riti funebri all’uomo (p.168-170). Al-dilà delle sue naturali doti melodiche, l’usignolo è particolarmente apprezzato dall’uomo per la sua capacità di ascolto e di apprendimento assimilabili al ragionamento umano 58. Il pappagallo è un altro uccello molto amato dall’uomo per la sua attitudine a imitarne il linguaggio. Ma viene scelto soltanto perché il gufo 59, molto pio, rifiuta la missione a causa dei pregiudizi che gli gravano addosso (p.181). Il pappagallo rappresenta « un modèle de polyglottisme, dont la talent allophone dépasse celui de bien des humains 60 », ma allo stesso tempo permette di schernire l’orgoglio e la vanità dell’uomo a cui piace soltanto sentirsi ripetere le proprie parole (p.182). Nemmeno la rana rappresenta la prima scelta della sua comunità 61, la quale indica all’unanimità la balena come messaggero ideale per via della considerazione speciale di cui gode presso gli uomini dopo aver accolto nella sua pancia il profeta Yūnus (p.185-186). La scelta ricade sull’anfibio per la sua capacità di sopravvivere anche fuori dall’acqua, potendo così discorrere alla pari con l’uomo (p.188). Oltre all’aspetto pratico di questa scelta, c’è un richiamo evidente alla pietà delle rane, menzionata in un celebre ḥadīṯ che ne proibisce l’uccisione perché « leur coassement (naqîq) est une glorification (tasbîh) [de Dieu]. 62 » Nel caso delle creature che strisciano, di cui la maggior parte sono cieche, sorde, mute, sprovviste di arti, umili e indifese (p.189), il grillo rappresenta in qualche modo l’unica scelta possibile. Il serpente si commuove davanti alla debolezza dei suoi sudditi ma resta impressionato dall’eloquenza e dalla sua saggezza del grillo durante la sua tirata a favore delle creature più umili della terra (p.190-193). Il dono della parola che, nel mondo animale è indissociabile dalla pietà e dalla saggezza, rappresenta ancora una volta il primo criterio di scelta per poter partecipare alla giostra verbale contro l’uomo.

CONCLUSIONE

Colta nella sua dimensione scientifica, la XXII Epistola di Iẖwān aṣ-Ṣafāʾ fornisce tutti gli elementi costitutivi di un trattato di zoologia. Oltre a documentare la straordinaria varietà del regno animale, ne fornisce una classificazione basata su criteri eco-biologici ma anche antropici, inaugurando il campo dell’antropozoologia. Quest’ultima è direttamente collegata alla nozione di Antropocene o Era dell’uomo poiché è « la compréhension que l’histoire naturelle des animaux ne peut être écrite sans prise en compte de l’action humaine sur la vie des espèces. C’est là la conséquence d’une prise de conscience de la capacité de l’homme à modifier l’ordre de la Création. 63»
La dimensione fantastica della favola permette di giocare con i limiti della zoologia tradizionale, integrandoci elementi esterni. La rappresentazione delle figure animali, fortemente connotata dal punto di vista teologico-dottrinale, le trasforma in vere e proprie individualità con cui è possibile interagire e confrontarsi. Questo aspetto potrebbe far pensare a una proto-zooantropologia, disciplina che studia la relazione uomo-animale, mettendo l’accento sulla dimensione di incontro con l’eterospecifico come alterità dotata di soggettività con cui è possibile dialogare e che può ispirare l’uomo a cambiare il suo modo di vivere 64. Tuttavia, bisognerebbe anche resistere alla tentazione di proiettare sul testo le preoccupazioni bioetiche attuali sulla condizione degli animali, tenendo conto del fatto che « à l’époque, les animaux, présents partout dans la vie des hommes, constituaient des supports propices à la mise en scène imagée des rapports humains, alors qu’aujourd’hui, disparus de notre société urbaine, les animaux présents dans les livres et sur les écrans constituent pour beaucoup les dernières manifestations fantomatiques du monde vivant. 65»

Note

  1. Il testo integrale delle Epistole in arabo è disponibile su: L’edizione per i riferimenti testuali è la traduzione francese della favola di Guillaume De Vaulx D’Arcy (Les Épîtres des Frères en Pureté (Rasāʾil Ikhwān al-Ṣafā). Le Procès animal de la domination humaine, Paris, Les Belles Lettres, 2021). Non è stata adottata la versione italiana di Paola Tonussi (Ikhwān al-Ṣafāʾ. Il processo degli animali contro l’uomo. Una favola mistica, Milano, De Piante Editore, 2022) trattandosi di una traduzione parziale della favola, nella quale sono state omesse varie parti tra cui quella della scelta del delegato. La traduzione delle citazioni in italiano è mia.
  2. Creature di fuoco, citate nel Corano, da situare tra gli uomini e gli angeli.
  3. Nell’introduzione della sua traduzione, G. De Vaulx D’Arcy si basa su quanto detto dagli stessi autori all’inizio della XXII Epistola per chiarire le loro intenzioni, ricavandone sette possibili livelli di lettura riconducibili all’ontologia, zoologia, psicologia, politica (con due possibili interpretazioni), antropologia e letteratura. Le Procès animal, cit., p.30-61.
  4. Gli studi recenti più rilevanti considerano la XXII Epistola nel contesto globale dell’opera dei Fratelli della Purezza, interrogando il legame tra superiorità ontologica e superiorità etica, razionalismo mutazilita e responsabilità morale, neoplatonismo e esegesi coranica per quanto riguarda lo statuto degli animali nell’Islam. Cfr. Bligh Somma, The Brethren of Purity on Justice for Animals and the Moral Demands of Rational Hierarchyin Journal of the History of Philosophy, Vol. 62, No. 1, Published by Johns Hopkins University Press, January 2024, p. 25-48,; Katharine Lovey, The Ikhwan al-Safa’’s Animal Accusers: An Islamic Debate on Animal Slavery in Environmental Philosophy 16 (2019), p. 319–38, doi: 10.5840/envirophil201873076; Janne Mattila, Ikhwan al-safa’ in Context: The Ontological and Moral Status of Animals in Early Islamic Thought in Raija Mattila, Sanae Ito, and Sebastian Fink (edited by) Animals and Their Relation to Gods, Humans and Things in the Ancient World, Cham: Springer, 2019, p.345–66, doi:10.1007/978-3-658-24388-3_15; Sarra Tlili, All Animals Are Equal, or Are They? The Ikhwän al-SahE’s Animal Epistle and its Unhappy End in Journal of Qur’anic Studies, Vol. 16, No. 2, Edinburgh University Press on behalf of the Centre for Islamic Studies at SOAS, 2014, p. 42-88, visti il 26.05.2024.
  5. Si riporta che l’ultimo grado dei vegetali è legato al primo degli animali, come l’ultimo degli animali è legato al primo degli umani e che l’ultimo di questi è a sua volta legato al primo degli angeli (p.258, ed. araba).
  6. L’opera, di origine indiana, viene tradotta in arabo a partire dalla versione in lingua pahlavi (medio persiano) ad opera dello scrittore persiano ‘Abdallāh Ibn al-Muqaffa‘ (VIII sec.).
  7. Cfr. Malaké Abiad, III. Les abbassides in Culture et éducation arabo-islamiques au Šām pendant les trois premiers siècles de l’Islam, Damas, Presses de l’Ifpo, 1981, visto il 26.05.2024.
  8. Cfr. Antonella Ghersetti, Des animaux parlants: modèles littéraires et contraintes idéologiquesin The Arabist: Budapest Studies in Arabic 32 (2013), , visto il 18 aprile 2024.
  9. P.259, ed. araba.
  10. Cfr. Ahmed Aarab, Les catégories zoologiques dans le Kitāb al-ḥayawān d’Al-Ğāḥiẓ (776-868)in Anthropozoologica 55 (19): 269-277, Publications scientifiques du Muséum national d’Histoire naturelle, Paris, 2020. Visto il 25 aprile 2024.
  11. Cfr. Meyssa Ben Saad et Mehrnaz Katouzian‑Safadi, Quelques interprétations de la diversité du monde vivant chez le savant arabe al-Djâhiẓ (776-868) in Sciences de la vie, Zoologie, 2017.
  12. Bahīma (singolare di bahā’im) significa animale sprovvisto di ragione e di linguaggio, ma indica anche ogni animale terrestre e marino dotato di quattro zampe, esclusi i predatori (https://islamic-content.com/. Visto il 22 aprile 2024). An‘ām (che dà il titolo alla VI sūra del Corano) ha un significato abbastanza preciso: « Le rapport à l’homme intervient comme critère avec le lexème na‘am, pl. an‘ām, qui recouvre quatre espèces, caprins, ovins, bovins et camélidés, caractérisées par leur domestication. Leur production est utile à l’homme dans ses besoins ; ce sont des animaux de boucherie et ils vivent en troupeau », Jean-Charles Ducène, Les animaux dans les cosmographies arabes médiévales in Sylvie Peperstraete (edited by) Animal et religion, Presses universitaires de Bruxelles, 2016, p.131.
  13. P.261, ed. araba.
  14. Il maiale è l’unico animale esplicitamente proibito nel Corano. Sulle possibili cause di questo divieto menzionato in quattro versetti diversi, si rimanda al video di Mohamed Hoceine Benkheira, Interdits alimentaires : pourquoi les musulmans ne mangent-ils pas de porc?. Visto il 2 maggio 2024.
  15. Nel suo Kitāb al-ḥayawān, al-Ǧāḥiẓ raggruppa nella categoria composita di al-ḥašarāt (gli insetti) vari gruppi zoologici che non presentano alcuna somiglianza fra di loro come i rettili, gli antropodi e alcuni piccoli mammiferi. Cfr. Ahmed Aarab, Les catégories zoologiques, cit., p.275, Visto il 25 aprile 2024.
  16. L’Ismailismo appare nel X secolo nell’attuale Iraq come movimento rivoluzionario e messianico organizzato intorno alla figura di Muḥammad Ibn Ismāʿīl, nipote del sesto imām sciita Ǧa‘far aṣ-Ṣādiq, considerato come primo imām nascosto. Gli Ismailiti Settimani, spesso paragonati ad una società segreta, sono minoritari e soggetti a persecuzioni da parte dei musulmani sia sunniti che sciiti a causa della loro dottrina intrisa di idee gnostiche e del loro rigetto della legge musulmana (šarīʿa). Cfr. Daniel De Smet, La philosophie ismaélienne, Publications de l’École Pratique des Hautes Études, 2012,. Visto il 3 maggio 2024.
  17. G. De Vaulx D’Arcy, Le procès animal, cit., p.37.
  18. Nel suo Bestiaires du Moyen Âge (Paris, Éditions du Seuil, 2011), Michel Pastoureau illustra l’onnipresenza dell’animale in tutti gli ambiti della vita dell’uomo medievale, mettendo in evidenza il carattere teleologico dei bestiari medievali europei, con particolare rilievo alle figure del leone, ape, serpente, drago e fenice, che ritroviamo nella categoria dei re animali della favola. Sulla simbologia religiosa di questi animali, vedere anche Luca Frigerio, Bestiario medievale. Animali simbolici nell’arte cristiana, Milano, Ancora Editrice, 2014.
  19. In questa versione, il piano intermedio viene occupato dagli animali selvatici e quello superiore dagli esseri umani. Un’altra versione colloca tutti gli animali, tranne gli uccelli, nello stesso piano dell’Arca. Aṯ-Ṯaʿlabī citato da Giovanni Canova, ‘Sinnawr, hirr, qiṭṭ’ : il gatto nella tradizione arabo-islamica in Quaderni Di Studi Arabi, vol. 9, 2014, p.199, http://www.jstor.org/stable/24640441. Visto il 5 maggio 2024.
  20. Cfr. Margaret Haist, The Lion, Bloodline, and Kingship in Debra Hassig (edited by) The Mark of the Beast. The Medieval Bestiary in Art, Life, and Literature, New York-London, Routledge, 2013, p.3-16.
  21. Nella sua opera Asmāʾ al-asad (I nomi del leone), il linguista persiano Ibn Ḥālawayh (X sec.) identifica circa cinquecento nomi e epiteti per qualificare il leone. Cfr. David Larsen (translated, with notes and introduction by), Al- Ḥusayn Ibn Aḥmad Ibn Khālawayh’s Names of Lion, Seattle/New York, Wave Books, 2017.
  22. Mélanie Mougin, Le culte du lion en Égypte d’après Elienin Anthropozoologica 46 (2), Paris, Publications Scientifiques du Muséum national d’Histoire naturelle, p.43.
  23. « ʿAli’s name of birth was Asad, he was given this name by his mother, who named him after her father Asad ibn Hâshim. This is referred to in the lines of verse that ʿAli composed on the day of Khaybar, when be said: ‘I am the one whose mother named him Ḥaydarah, like a lion of the jungle, frightful to behold’ », Ali M. Sallabi, ʿAli ibn Abi Tâlib. Volume one, translated by Nasiruddin al-Khattab, Riad, International Islamic Publishing House, 2010, p.51.
  24. « Ed il tuo Signore ispirò alle api: ‘Dimorate nelle montagne, negli alberi e negli edifici degli uomini. Cibatevi di tutti i frutti e vivete nei sentieri che vi ha tracciato il vostro Signore’. Scaturisce dai loro ventri un liquido dai diversi colori, in cui c’è guarigione per gli uomini. Ecco un segno per gente che riflette » (XVI, 68-69). Hamza Piccardo, Il Nobile Corano e la traduzione dei suoi significati in lingua italiana , Medina, Complesso di Re Fahd per la stampa del Nobile Corano, p.377. Visto il 9 maggio 2024.
  25. Il verbo arabo utilizzato è awḥā (rivelare), che ha la stessa radice di waḥy (rivelazione), termine usato soprattutto per i profeti e per Muḥammad in particolare.
  26. Pierre Lory, Mystique musulmane in Annuaire de l’École pratique des hautes études (EPHE), Section des sciences religieuses, 120 | 2013. Visto il 6 maggio 2024.
  27. Ahl al-bayt significa gente del casato del profeta Muḥammad, in particolare i discendenti di sua figlia Fāṭima e del cugino e genero ʿAlī.
  28. Godefroid de Callataÿ, ‘For Those with Eyes to See’: On The Hidden Meaning of the Animal Fable in the Rasāʾil Ikhwān al-ṣafā in Journal of Islamic Studies, 29/3, 2018, p.376-377. Visto il 30 aprile 2024.
  29. Alban Baudou, Les Abeilles et Mélissa, du symbole universel à l’hapax mythologique in Cahiers des études anciennes, LIV | 2017. Visto il 1° maggio 2024. Il serpente non viene descritto fisicamente. Quando il re dei ǧinn chiede del suo aspetto, il grillo, delegato delle creature che sciamano, si accontenta di dire che ha la stessa forma e lo stesso comportamento del drago (p.227). In questo modo, la presentazione fatta dalla rana, delegata delle creature acquatiche, vale sia per il drago che per il serpente (p.228).
  30. Il serpente non viene descritto fisicamente. Quando il re dei ǧinn chiede del suo aspetto, il grillo, delegato delle creature che sciamano, si accontenta di dire che ha la stessa forma e lo stesso comportamento del drago (p.227). In questo modo, la presentazione fatta dalla rana, delegata delle creature acquatiche, vale sia per il drago che per il serpente (p.228).
  31. Il regno del serpente è situato tanto in alto da immergersi nel vento ghiacciato zamharīr che soffia nella parte intermedia dell’atmosfera situata tra la Terra dalla Luna. Nella parte inferiore e più vicina alla superficie terrestre, il vento è moderato e si chiama nasīm, mentre nella parte superiore e più vicina alla Luna, c’è l’etere, un’aria bollente e tossica. Questa suddivisione dell’atmosfera viene spiegata in altri capitoli delle Epistole. Cfr. G. De Vaulx D’Arcy, Le procès animal, cit., nota 54, p.245.
  32. Ḥayyāt, plurale di ḥayya, è un termine generico per indicare i serpenti.
  33. I pregiudizi sui serpenti sono alimentati da molti racconti eziologici sul loro ruolo nella cacciata dell’uomo dall’Eden ma anche da ḥadīṯ che incitano i musulmani a ucciderli ma non a cibarsene. Cfr. Giovanni Canova, Serpenti e scorpioni nelle tradiẓioni arabo-islamiche in Quaderni Di Studi Arabi, vol. 8, 1990, p. 191–207. Visto il 28 aprile 2024.
  34. « Délimiter le sujet et les thèmes des mirabilia est une opération difficile puisque le type même de ces collections permet aisément les intrusions les plus variées, mais on peut, de toutes façons, affirmer que, au moins au début, c’est la nature qui est leur champ d’enquête: les merveilles des eaux, des pierres, des plantes, des animaux, puis de l’homme », Manuel García Teijeiro et Maria Teresa Molinos Tejada, Paradoxographie et religion in Kernos, 7 | 1994, p.273. Visto il 30 aprile 2024.
  35. In ebraico, la parola tannīn indica un mostro marino simbolo del caos e del male. Lo stesso termine è stato tradotto con serpente, drago, leviatano, ma anche coccodrillo e balena. Ciò potrebbe spiegare nella favola la somiglianza del tinnīn con il serpente per l’aspetto fisico ma anche con la balena per le dimensioni e il modo di alimentarsi aprendo la bocca per inghiottire le altre creature marine. Cfr. Danielle Gurevitch, Symbolism and Fantasy of the Biblical Leviathan: From Monster of the Abyss to Redeemer of the Prophets in Journal for the Study of Religions and Ideologies JISMOR (10), January 2014, p.50-68, . Visto il 3 maggio 2024.
  36. G. De Vaulx D’Arcy, Le procès animal, cit., nota 71, p. 203.
  37. Aždahā in Encyclopædia Iranica. Visto il 5 maggio 2024.
  38. Yaʾġūġ wa Maʾġūġ (Gog e Magog) sono un popolo distruttore e feroce citato nel Corano (XVIII, 93-99). Su ordine divino, il condottiero pio Ḏū al-Qarnayn (quello con le due corna) costruisce una diga di ferro per contenerli e impedirgli di devastare il mondo. La loro liberazione è uno dei segni dell’Apocalisse.
  39. Una volta sazio, il drago si appoggia su testa e coda per elevare il proprio corpo fuori dall’acqua, mantenendolo in aria come un arcobaleno, per scaldarsi al sole e digerire meglio. Se si assopisce in questa posizione, rischia di essere proiettato sulla terra ferma dalle nubi che si condensano sotto il suo corpo, e di morire prima di essere divorato dai predatori del mondo animale oppure da Yaʾġūġ wa Maʾġūġ, predatori a forma umana (p.228).
  40. G. De Vaulx D’Arcy, Le procès animal, cit., nota 22, p.199.
  41. I sassanidi rappresentavano il sī murġ come una creatura composita: corpo e ali di uccello, testa di cane e zampe di leone. Successivamente, il mostro prende le sembianze della fenice con cui condivide la straordinaria longevità e la capacità di rinascere dalle proprie ceneri. Nel suo Kitāb al-ḥayawān, al-Ǧāḥiẓ identifica al-‘anqā’ araba con il sī murġ persiano. Sulla corrispondenza tra sī murġ, ‘anqā’ e fenice nella cultura araba, cfr. Katia Zakharia, La ‘anqâ’. Quelle place pour le phénix dans le monde arabo-musulman classique ? in Le Phénix, mythes et signes. Actes du colloque international organisé à Caen par le Laboratoire d’Etudes Italiennes, Ibériques et Ibéro-Amércaines (LEIA), Peter Lang, 2002.
  42. Cfr. Ahmed Al-Rawi in A Linguistic and Literary Examination of the Rukh Bird in Arab Culture in Al-‘Arabiyya, Vol. 50, Georgetown University Press, 2017, p. 105-117. Visto il 6 maggio 2024.
  43. Encyclopédie de l’Islam citata da K. Zakharia, La ‘anqâ’, cit., p.15. Visto il 4 maggio 2024.
  44. Si tratta della favola intitolata Aṭ-ṭaytawī wa wakīl al-baḥr (letteralmente: il piro piro piccolo e il delegato del mare).
  45. Amélie Neuve-Eglise, Sîmorgh : de l’oiseau légendaire du Shâhnâmeh au guide intérieur de la mystique persane in La revue de Teheran. Mensuel culturel iranien en langue française, N°19, juin 2017. Visto il 7 maggio 2024.
  46. Nella favola, il šāh murġ è un re nascosto poiché è l’unico su cui non si dà alcuna informazione. La scelta di sostituire con šāh prende qui un tutt’altro significato, facendo del mitico uccello un’allegoria dell’imām nascosto.
  47. A. Neuve-Eglise, Sîmorgh, cit. Visto il 7 maggio 2024.
  48. Anche il rinoceronte, ministro degli uccelli rapaci, subisce gli stessi maltrattamenti di al-‘anqā’e trova rifugio sulla sua isola. Sull’ambiguità dello statuto del rinoceronte, cfr. Guillaume De Vaulx D’Arcy, Trouble dans le genre: le rhinocéros est un oiseau! Les débuts islamiques de l’anthropozoologie in Anthropozoologica 55 (18), Paris, Publications scientifiques du Muséum national d’Histoire naturelle, 2020, p.257-268,. Visto il 7 maggio 2024.
  49. Nella lingua araba, il nome maschile yaʿsūb indica l’ape regina che gli arabi scambiavano per maschio a causa delle sue grandi dimensioni. Nell’arabo moderno, si preferisce la denominazione malikat an-naḥl (regina delle api) mentre yaʿsūb si usa per indicare la libellula. Usato in senso figurato, yaʿsūb significa anche il capo o comandante di un gruppo. almaany.com. Visto il 30 aprile 2024.
  50. G. De Vaulx D’Arcy, Le procès animal, cit., nota 67, p.246.
  51. Se le api rappresentano ahl al-bayt e Yaʿsub rappresenta ʿAlī, si potrebbe ipotizzare che il re delle api altri non sia che un avatar del profeta in persona.
  52. G. de Callataÿ, ‘For Those with Eyes to See’, cit., p.377. Visto il 30 aprile 2024.
  53. « The fact that men in whom kingship and prophecy are united do not crave after worldly things is proof of God’s tenderness towards His community. The Prophet Muhammad was both prophet and king of the Muslim umma, thus ensuring its best defence, but his successors did not always match him in nobility », Carmela Baffioni citata da G. de Callataÿ, ‘For Those with Eyes to See’, cit. p.378. Visto il 30 aprile 2024. Taryn Marashi, More than Beast: Muhammad’s She-Mule Duldul and Her Role in Early Islamic History in International Journal of Middle East Studies, 53(4), 2021, doi:10.1017/S0020743821000738. Visto il 7 maggio 2024.
  54. Taryn Marashi, More than Beast: Muhammad’s She-Mule Duldul and Her Role in Early Islamic History in International Journal of Middle East Studies, 53(4), 2021.
  55. Makram Abbès, L’ami et l’ennemi dans Kalila et Dimna in Bulletin d’études orientales, Tome LVII | Janvier 2008, p.16.
  56. Tristan Semiond, Kalīla wa-Dimna: an inspiring literary-political fablein The Islamic Culture Foundation (FUNCI), 28.10.2021. Visto il 4 maggio 2024.
  57. Termine di origine persiana, in arabo hazār o ʿandalīb, che fa parte di una terminologia ornitologica arabo-persiana, ormai in disuso. Cfr. François Viré, Essai de détermination des oiseaux-de-vol mentionnés dans les principaux manuscrits arabes médiévaux sur la fauconnerie in Arabica , T. 24, Fasc. 2, Published by: Brill, Jun., 1977, p.138,. Visto il 30 aprile 2024.
  58. Michel Jourde, Le rossignol à l’étude: représentations, descriptions et techniques au début de l’époque moderne in Éric Baratay (sous la direction de) Aux sources de l’histoire animale, Éditions de la Sorbonne, Paris, 2019, p.93-10. Visto il 2 maggio 2024.
  59. Il gufo, di cui sono celebrate le qualità spirituali e religiose (p.179), è un altro simbolo sciita. La leggenda narra che dopo l’uccisione di al-Ḥusayn (figlio di ʿAlī), il gufo avrebbe disertato le terre degli uomini. Da allora, digiuna di giorno e piange di notte in segno di lutto. Cfr. Ibn Quluwayh al-Qumi, Kāmil az-ziyārāt, p.199, Visto l’8 maggio 2024.
  60. K. Alfons Knauth, La fable animale, multilingue et métalinguistique. Le bibliotope du perroquet  in Britta Benert et Rainier Grutman (sous la direction de) Langue(s) et Littérature de jeunesse, Zürich, Lit Verlag, 2019, p.24-25. Visto il 2 maggio 2024.
  61. La rana viene citata in quinta posizione dopo la balena, la tartaruga, il granchio e il coccodrillo.
  62. Mohammed Hocine Benkheira,  Chapitre III – La casuistique juridique comme mode de construction de l’image du monde in Mohammed Hocine Benkheira (sous la direction de) Islam et interdits alimentaires. Juguler l’animalité, Presses Universitaires de France, 2000, p. 59-133, Visto l’8 maggio 2024.
  63. G. De Vaulx D’Arcy, Trouble dans le genre: le rhinocéros est un oiseau!, op. cit., p.266. Visto il 9 maggio 2024.
  64. Cfr. Animal studies in Enciclopedia Italiana – IX Appendice (2015), Visto il 9 maggio 2024.
  65. G. De Vaulx D’Arcy, Le procès animal, cit., p.30.

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