Nuove forme di giornalismo digitale. I news podcast
Valentina Ricci, Nuove forme di giornalismo digitale. I news podcast, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 57, no. 13, giugno 2024, doi:10.48276/issn.2280-8833.11289
1.Introduzione. Cosa sono i podacst?
Nel 2004 Ben Hammersley, giornalista e sviluppatore britannico, è il primo a nominare pubblicamente i podcast, scrivendo su “The Guardian” riguardo al successo che le radio online stavano riscontrando grazie all’enorme diffusione degli iPod, di software economici per la lavorazione di prodotti audio e dei blog online1. In quegli anni i podcast vedono la luce, ma senza riscontrare un grande successo di pubblico2: restano appannaggio di pochi fruitori che usano il nuovo medium per diffondere insegnamenti o pensieri su determinati argomenti (professori, persone appartenenti a circoli culturali o gruppi religiosi, attivisti, ecc…). È solo a partire dal 2013, con la diffusione del podcast Serial di Sarah Koenig, che si può parlare di una larga diffusione dei podcast come prodotto di consumo, inizialmente soltanto in ambito anglosassone, poi nel resto d’Europa.
Il fattore che più di tutti ha contribuito alla diffusione su larga scala dei podcast è stato lo sviluppo tecnologico (e la conseguente semplificazione dell’uso delle nuove tecnologie). I podcast sono sempre stati un prodotto facile ed economico da realizzare, ma non altrettanto semplice da ascoltare: per la creazione e la pubblicazione sono sufficienti un microfono, un programma di montaggio audio e una piattaforma .rss, cioè un feed open source disponibile a chiunque abbia un accesso a Internet3 (tutti strumenti a basso costo, quando non gratis). Per l’ascolto, invece, nei primi anni era necessario accedere al feed che conteneva le puntate di interesse, trovarle (si immaginino delle piattaforme come Spotify ma dall’interfaccia molto più rudimentale), copiare e incollare il link delle puntate su un software per la lettura dei podcast e da lì scaricarlo sul proprio pc: si trattava di una fatica che soltanto poche persone erano disposte a compiere (per passione o per necessità). Questa situazione iniziò a semplificarsi a partire dal 2005, quando iTunes lanciò una funzionalità grazie alla quale poter accedere tramite iPod direttamente ai feed .rss, fino a oggi, con la diffusione su larga scala di piattaforme di distribuzione audio, come Spotify o Apple Podcasts, scaricabili come applicazioni per smartphone o pc, tramite le quali ascoltare direttamente i podcast.
Come detto in precedenza, nel mondo anglosassone è stato Serial a riscuotere il primo vero successo di pubblico: nell’anno di uscita il podcast di giornalismo investigativo intorno all’omicidio di Hae Min Lee registrò 68 milioni di download4. In Italia negli stessi anni, invece, nonostante l’esistenza di podcast di successo come Morgana di Michela Murgia, Veleno di Pablo Trincia o Da Costa a Costa di Francesco Costa, non si è verificata una vera rivoluzione audio nei consumi di pubblico; sono stati gli investimenti del 2019 di Spotify nel settore podcast a determinarne un aumento dei consumi. In quell’anno gli ascoltatori giornalieri in Italia sono passati da 60 mila a 160 mila5, complice la decisione di Spotify di investire ingenti quantità di denaro soprattutto in servizi per i podcaster e in nuove collaborazioni per l’adv, con l’obiettivo dichiarato di «far diventare Spotify la piattaforma leader dell’intrattenimento audio»6. Oltre allo sviluppo tecnologico e agli investimenti delle grandi aziende, un importante evento storico ha contribuito alla diffusione dei podcast: la pandemia di Covid-19 e i conseguenti lockdown. Soltanto tra marzo e aprile 2020, globalmente, l’ascolto dei podcast è cresciuto del 42% (in Europa del 53% e in Italia del 29%)7.
Ma che cosa sono i podcast? Nel 2019 il Reuters Institute ne ha fornito una definizione: «an episodic series of digital audio files, which you can download, subscribe to or listen to.»8. La genesi del nome – una crasi delle parole “iPod” e “broadcast” – indica che inizialmente i podcast venivano percepiti come un’evoluzione della radio (broadcast), i cui contenuti erano scaricabili e salvabili su un dispositivo per l’ascolto audio (l’iPod, la cui diffusione era già molto ampia nei primi anni Duemila). Per via di questa apparente parentela tra il podcasting e la radio, gli studiosi si sono divisi in due gruppi nel tentativo di analizzare e definire il nuovo medium: da una parte quelli di storia dei media e della radio che inquadrano i podcast come dei diretti discendenti della radiofonia, dall’altra coloro che lavorano nel campo dei digital media studies e che definiscono il podcasting come un prodotto innovativo e rivoluzionario, del tutto indipendente e in rotta rispetto alla radio.
In ambito italiano, Tiziano Bonini e Marta Perrotta, entrambi insegnanti universitari nel campo dei media studies, hanno cercato di tracciare una sintesi tra questi due schieramenti,
«per mostrare che il podcasting è prima di tutto una forma culturale ibrida emersa dalla rimediazione di media diversi e che dovrebbe essere meglio compreso come un medium in evoluzione, a volte più simile alla radio, a volte più vicino a qualcosa di nuovo, ma che qualsiasi definizione statica rischia di cristallizzare la sua evoluzione e di catturare solo un momento preciso della sua storia.»9
Con questa proposta i due studiosi italiani si inseriscono appieno nel percorso di ricerca tracciato da Jay David Bolter e Richard Grusin e dalla loro teoria della rimediazione (a loro volta figlia degli insegnamenti di Marshall McLuhan):
«On the opening page of Understanding Media (1964), Marshall McLuhan remarked that “the ‘content’ of any medium is always another medium […]”. McLuhan was not thinking of simple repurposing, but perhaps of a more complex kind of borrowing in which one medium is itself incorporated or represented in another medium […]. Again, we call the representation of one medium in another remediation. […].
The digital medium can be […] aggressive in its remediation. It can try to refashion the older medium or media entirely, while still marking the presence of the older media and therefore maintaining a sense of multiplicity or hypermediacy.»10
T. Bonini definisce il podcasting come un ecosistema, nel quale convivono diversi attori11, come la letteratura, il teatro, l’informatica, l’economia e le scienze sociali, bilanciati secondo dinamiche di forza asimmetriche12. Perciò il medium radio è sì un antenato del podcasting, ma quest’ultimo l’ha pienamente incorporato e rimediato, ha mescolato alcune sue caratteristiche a quelle di altre discipline, ambiti professionali e media, rendendosi un medium a tutto tondo, pienamente autonomo.
Il successo dei podcast si colloca in un periodo di grande rivoluzione per la comunicazione giornalistica: dagli anni Novanta la nascita e l’imposizione del cosiddetto ambiente digitale13 e la contestuale crisi delle vendite delle copie cartacee hanno dato il via a un periodo di passaggio per i giornali, obbligati a ripensare il loro ruolo sociale, la loro forma, i contenuti e il modo di rivolgersi al pubblico.
Lo scopo di questo articolo è quello di capire come il podcasting abbia rimediato il giornalismo tradizionale, quali aspetti della crisi dell’informazione stanno migliorando grazie al nuovo medium e quali stanno peggiorando e, in ultima analisi, provare a capire se esso può effettivamente essere considerato come parte integrante del futuro del giornalismo. Di conseguenza, l’articolo concentra i suoi sforzi attorno alla categoria dei news podcast, intesi sia come quelli giornalistici in senso stretto (rassegne stampa e interviste), sia come quelli narrativi, di approfondimento o documentaristici che compiono un processo informativo per il pubblico14.
L’analisi proposta si svolge nel seguente modo: il secondo paragrafo tratta la digitalizzazione delle testate, il processo di disintermediazione e l’erosione dell’attenzione del pubblico, proponendo per ciascun argomento le soluzioni nate dalla rimediazione del podcasting; il terzo paragrafo si concentra sul rapporto di intimità e di fiducia che i podcast permettono di costruire tra gli speaker e il pubblico, per poi dimostrare, nel quarto paragrafo, come il nuovo medium possa intervenire a favore dei giornali nella creazione di una forte fidelizzazione del pubblico; sempre nel quarto paragrafo si analizzano tutte le tipologie di guadagno che i podcast possono portare alle testate; nel quinto paragrafo, infine, si tratta il tema della diffusione delle fake news.
Per tale lavoro si è fatto uso prevalentemente di ricerche statistiche compiute su base nazionale o internazionale da parte di associazioni e istituti italiani (Censis) e stranieri (Ipsos, Brookings, Reuters Institute, Nielsen, ecc…). La bibliografia di riferimento oltre ai già citati contributi di T. Bonini, Jay David Bolter e Richard Grusin e di Matteo Scandolin, si avvale principalmente dei lavori di Paolo Costa, John Morkes e Jacob Nielsen e Sergio Bolzoni (par. 2); dei contributi di Martin Spinelli e Lance Dann, di Gaia Passamonti e di Antonio Iovane (par. 3); infine, degli scritti di Geraldina Roberti, Dominic Spohr ed Eli Pariser (par. 5). Fondamentali sono stati i dati e le notizie reperibili tramite giornali online. Inoltre, si potranno trovare tra le note qualche riferimento a interviste a giornalisti e podcaster: si tratta di lavori compiuti in prima persona nei primi giorni di ottobre 2023, che permettono di inserire nel ragionamento il punto di vista e le esperienze di chi tutti i giorni lavora in entrambi gli ambiti coinvolti dalla ricerca.
2. La digitalizzaizone della comunicazione giornalistica
Dagli anni Novanta Internet ha iniziato a imporsi progressivamente nella quotidianità di molta parte della popolazione mondiale rivoluzionandone il modo di vivere e di comunicare. Con la continua semplificazione dei device preposti alla navigazione in Rete e con la nascita di sistemi di socializzazione che, appoggiandosi a Internet, rendono la comunicazione sempre più immediata, (i social network, la messaggistica istantanea, le e-mail, ecc…) quest’ultima ha subìto una ridefinizione profonda nelle sue forme: i limiti spaziali e temporali, che fino a una trentina di anni fa dividevano le persone e ne ostacolavano i contatti, oggi possono essere superati, e i limiti dettati dalle gerarchie sociali si sono molto più assottigliati (le persone famose su un social network non sono altro che utenti come tutti gli altri, e come tutti gli altri possono essere raggiunti da chiunque con un messaggio). Al di là dei dibattiti apertisi sull’effettiva o presunta democraticità comunicativa di Internet, è indubbio che il nuovo mezzo abbia appiattito il senso delle comunicazioni, racchiudendolo in un eterno e orizzontale presente in cui le informazioni non seguono un ordine temporale o gerarchico, ma possono essere riprese da chiunque in qualsiasi momento.
In tale scenario anche la comunicazione giornalistica è stata costretta a ripensare la propria forma e il proprio ruolo sociale. Se prima il flusso comunicativo dell’informazione poteva essere rappresentato da una linea orientata con tre nodi, sulla quale il primo nodo era l’evento o la fonte della notizia, il secondo erano i giornali che elaboravano l’informazione per trasformarla in notizia e il terzo era il pubblico che riceveva e consumava tale notizia, ora la linea è stata sostituita da una rete infinita puntellata da nodi che si formano alle intersezioni dei suoi fili. In questa rete le informazioni e le notizie viaggiano senza un ordine da un nodo all’altro, senza un filtro che distingua quelle nuove dalle vecchie, quelle vere dalle false, ecc…, e ogni nodo può essere fonte, elaboratore o consumatore di notizie15. Per parlare fuori di metafora, ciascuno è immerso individualmente in un flusso continuo e indistinto di notizie, e almeno una volta nella vita si ricopre il ruolo di fonte, di produttore e di consumatore di una notizia.
In tale contesto i giornali subiscono il cosiddetto processo di disintermediazione, per cui l’esclusiva di rielaborare le notizie da presentare al pubblico viene loro sottratta da chiunque possegga un device con collegamento a Internet. Finora i tentativi messi in atto dalle redazioni per contrastare il fenomeno e riaffermare il proprio ruolo sociale nel mondo digitale sono stati deboli. Un esempio per tutti: l’apertura delle pagine social dei giornali, sulle quali vengono pubblicate sinossi degli articoli con link che rimandano alla pagina Web per la lettura integrale; questo metodo sollecita una pratica dannosa per l’informazione, ovvero la tendenza a riassumere il contenuto degli articoli in poche righe e a corredarli di un titolo accattivante, ma poco preciso, che invogli le persone a cliccare sul link e ad accedere alla pagina web del giornale. In tal modo le testate hanno tentato di riaffermare il loro ruolo di distributori di notizie e di ottenere qualche ricavo attraverso i click degli avventori, ma l’unico risultato è stato quello di aver inficiato la qualità delle notizie e di aver allontanato il pubblico, spesso infastidito da una quantità eccessiva di pubblicità, dall’obbligo di lasciare i propri dati, o dall’effettiva inconsistenza di articoli che dal titolo promettevano grandi rivelazioni.
Fintanto che il formato utilizzato dai giornali online è quello scritto non si può parlare di successi contro la disintermediazione, però, se si guarda al formato audio, qualcosa cambia16. Con i podcast giornalistici è il giornalista in prima persona – e di conseguenza la testata per cui lavora – a confezionare e diffondere le notizie direttamente al pubblico di riferimento, un pubblico affezionato e costante nell’ascolto delle puntate. In questo modo i giornali tornano a essere vettori di informazioni in modo autentico e irripetibile (la voce di un podcaster non può essere sostituita da niente e nessun altro), anche se dentro a un contesto chiuso, dove non c’è la possibilità di inserire link verso materiale esterno.
Un altro cambiamento imposto dalla digitalizzazione della comunicazione giornalistica riguarda la velocità di consumo delle notizie e la capacità di attenzione del pubblico. In generale, la comunicazione online è segnata dall’immediatezza: un messaggio inviato con WhatsApp o Telegram arriva nel momento stesso in cui lo si invia, una ricerca effettuata con un motore come Google o Firefox dà un’enorme quantità di risultati entro poche frazioni di secondo. Questa velocità, insieme a un numero potenzialmente infinito di stimoli e a uno stile di vita sempre più frenetico, ha comportato un diverso modo di approcciarsi al testo digitale: spesso la lettura è anticipata da una scansione del testo, per coglierne il contenuto in pochi secondi e capire se può essere interessante, ed è caratterizzata da un alto tasso di disattenzione. I giornali hanno risposto a questo approccio17 modificando la struttura degli articoli pubblicati online: è necessario chiudere il nucleo dell’informazione nelle prime righe del testo18, dividere l’articolo in paragrafi monotematici (magari dotandoli di un titoletto che ne espliciti il contenuto in poche parole) e mettere in evidenza le parole chiave tramite un uso molto parsimonioso del grassetto20, adattandosi alla perfezione alla frenesia della vita contemporanea. Inoltre, non richiedono quelle misure di sintesi e di progettazione descritte sopra21: se troppo lungo, un podcast può essere messo in pausa e ripreso più avanti, permettendo al giornalista di progettare in libertà il livello di approfondimento da dare al prodotto audio.
3. La fidelizzazione del pubblico: tra intimità e colloquialità
Un aspetto dei podcast che costituisce un valore aggiunto alla comunicazione è quello della fidelizzazione dovuta al rapporto che si instaura tra il podcaster e gli ascoltatori. Si tratta di un rapporto di fiducia basato su una sensazione di incontro intimistico tra il singolo ascoltatore e lo speaker. Le ragioni di questo legame affettivo che lega il pubblico ai podcaster (e non il contrario) sono molte.
Prima di tutto è stato dimostrato che gli auricolari influiscono sulla creazione di questo legame. Individuando lo stetoscopio come antenato delle cuffiette, Charles Stankievech, artista e scrittore canadese, ipotizza, a partire dalla sua invenzione, un nuovo modello di ascolto dei suoni: lo stetoscopio – come gli auricolari – entrando nell’orecchio del dottore introduce il suono del corpo auscultato direttamente nella testa del suddetto, eliminando qualsiasi barriera fisica. È come se il corpo del dottore e del paziente si unissero22. Il modo in cui lo stetoscopio ha rivoluzionato il rapporto tra medico e paziente rendendolo più intimo potrebbe riproporsi in chiave moderna ogni volta che ci si dedica all’ascolto di una narrazione tramite auricolari. A ulteriore conferma della ricostruzione di C. Stankievech, M. Spinelli e L. Dann, riproponendo un più recente studio di Michael Bull (professore universitario di sound studies), ricordano che «molti degli intervistati [del campione di tale studio] affermano di usare le cuffie per creare uno spazio personale privato e sicuro mentre attraversano spazi in cui è possibile vivere situazioni minacciose e spiacevoli» 23. Anche in questo caso si parla di uno spazio immateriale, nel quale hanno accesso solamente l’ascoltatore e il podcaster che si decide di far entrare, in un contesto di intimità che assomiglia a quello della sfera sessuale24.
Ovviamente l’uso delle cuffie non è una spiegazione esauriente: gli auricolari non sono essenziali per ascoltare un podcast e in alcuni contesti, come alla guida di un’auto, o se trasmessi con gli smart tv o gli smart speaker25, il loro uso solitamente non è contemplato. Esistono anche motivi neurologici per cui gli ascoltatori si affezionano eccessivamente al podcaster: riprendendo uno studio degli psicologi Art Markman e Bob Duke, ricercatori all’Università del Texas,
«durante la lettura il nostro cervello è contemporaneamente impegnato a processare i segni grafici della scrittura attraverso la vista e a completare con l’immaginazione le informazioni che il testo scritto lascia indeterminate. Quando ascoltiamo invece, soprattutto nel caso di contenuti accompagnati dal sound design, le informazioni arrivano al cervello in modo più diretto e completo, ed è facilitata un’immediata comprensione generale di quanto espresso oralmente.»26
Perciò, la potenza creativa dell’immaginazione dell’ascoltatore, sollecitata da una modalità di ascolto così penetrativa e diretta, rende possibile sia aumentare l’efficacia delle suggestioni create tramite gli effetti sonori e il tono di voce, sia instaurare un legame forte e profondamente intimo con la persona che parla.
Un’ulteriore ragione che spiega questo sentimento di intimità tra pubblico e podcaster la si può vedere nella diversa modalità di fruizione del podcast rispetto alla radio. Per quanto digitalizzata e fruibile anche in streaming, la radio ha un rapporto con il suo pubblico che risente delle prime dinamiche comunicative del XX secolo: gli speaker radiofonici parlano con la consapevolezza di essere «una voce singola indirizzata alle “masse”»27; sebbene essa abbia «aperto un varco nella sfera un tempo privata o domestica»28, si è creata un «luogo in cui pubblico e privato si congiungono temporaneamente per costituire una comunità nazionale, un pubblico intimo» 29. Ciò significa che, per quanto la radio sia riuscita a entrare nel privato dei suoi ascoltatori, non è diventata parte della loro intimità, piuttosto ha generato uno spazio pubblico all’interno di una sfera privata. Con il podcasting, invece, la comunicazione da one-to-many diventa one-to-one e l’«esperienza di ascolto non è condivisa con migliaia di altri uditori allo stesso istante, ma è personale. Anche se il podcast sarà ascoltato da mille persone, produrrà una somma di intimità singolari, e non un’intimità collettiva come quella creata dalla radio»30. Inoltre, il podcast è un prodotto che l’ascoltatore ricerca attivamente, a differenza della radio, il cui ascolto viene subìto passivamente: anche se trovare un prodotto interessante può essere difficile, «lo sforzo iniziale che viene fatto […] è il primo passo verso la creazione di quel rapporto di fiducia e intimità. Un primo passo fortissimo»31.
Infine, la presenza diretta del podcaster nel suo stesso podcast è un ulteriore fattore che rafforza l’attaccamento dell’ascoltatore al prodotto audio. Tecnica usata per aumentare il coinvolgimento degli ascoltatori, soprattutto nei podcast narrativi32, nei news podcast non narrativi la presenza dell’autore può farsi sentire tramite il racconto di un aneddoto privato, o, più discretamente, tramite continui richiami al pubblico (“Come abbiamo sempre detto”, “Se vi ricordate”, ecc…), con l’espressione di opinioni o ragionamenti personali su un determinato fatto o notizia, oppure tramite degli inside joke, delle piccole battute comprensibili soltanto dalla cerchia degli ascoltatori abituali perché fondate su riferimenti a cose dette in puntate precedenti. Tutti questi espedienti contribuiscono a cementare quel senso di comunità che fa da forte collante tra spettatori e prodotto, anche se apre una questione morale: così facendo, in ambito giornalistico si è costretti a venir meno a quel principio di imparzialità che dovrebbe guidare il lavoro, a favore di uno storytelling più intimo e coinvolgente33.
Il maggiore tasso di fidelizzazione garantito dal podcasting è una caratteristica comunicativa che viene sfruttata in ambito giornalistico a livello economico: come si vedrà nel prossimo paragrafo, fidelizzare un gruppo di persone a un prodotto di una testata in modo così solido come i podcast riescono a fare significa tradurre quelle fidelizzazioni in pubblico fisso (e talvolta abbonato) per il giornale stesso.
4. La crisi delle vendite e il passaggio al digitale: perché investire nei podcast
Com’è ormai ampiamente noto e sotto agli occhi di tutti, dagli anni Novanta il giornalismo sta subendo una doppia crisi: quella delle vendite delle copie cartacee da una parte, e quella che riguarda il suo passaggio all’ambiente digitale dall’altra. Dai dati riportati nel Digital news report 2023 dell’Istituto Reuters, emerge che in Italia nel 2013 il 59% delle persone cercava notizie da fonti cartacee, mentre nel 2023 soltanto il 16% si rivolgeva ancora a esse 34; lo stesso trend, poi, è visibile su un campione scelto casualmente tra quelli riportati dal report (Usa dal 47% al 16%, Canada dal 36% al 14%, Brasile dal 50% al 12%, Regno Unito dal 59% al 14%, Francia dal 46% al 15%, Germania dal 63% al 21%, Polonia dal 28% all’11%35).
Oltre ai danni collaterali che questo trend trascina con sé, come la chiusura delle edicole e la conseguente irraggiungibilità di alcuni piccoli paesi che sono parte integrante della realtà geografica italiana, una mancata vendita dei giornali significa un concreto rischio per la sopravvivenza delle redazioni e del mestiere di giornalista (almeno così come li abbiamo conosciuti finora).
Se, nonostante il quadro di crisi economica esposto, tutti i principali giornali occidentali stanno investendo nella produzione di podcast, è logico presupporre che questi apportino, almeno sul piano economico, un aiuto concreto all’interno delle redazioni. Di seguito una breve analisi del contesto.
I podcast non sono dei media dal guadagno facile e le strade per la monetizzazione sono molto varie: dagli abbonamenti alle piattaforme di distribuzione, agli inserti pubblicitari, alle iniziative di crowdfunding36. Il comune denominatore di tutti questi metodi di monetizzazione è la necessità di un pubblico vasto, se possibile fidelizzato: un singolo ascolto rende molto poco a livello economico, per cui un guadagno significativo si può riscontrare solamente a fronte di un vasto pubblico. Una menzione a parte la meritano i branded podcast, ovvero quei podcast il cui contenuto è la sponsorizzazione di un’azienda o di un marchio, e che vengono pagati in quanto commissionati; per questa tipologia, forse, si può parlare di un guadagno vero e proprio37. Per i motivi elencati sopra, all’interno di un giornale i podcast possono risultare come voce in attivo, ma a patto che esso goda di una nutrita community già affiliata38.
Il vero guadagno che un podcast può apportare a una redazione è di tipo indiretto: grazie al carattere intimistico del medium39 e alla sua cadenza regolare40, i podcast funzionano da attrattori per possibili nuovi abbonati (e gli abbonamenti alle testate sono una voce del bilancio molto importante e redditizia), contribuendo a rafforzare – e ad allargare – il pubblico fidelizzato a una testata. In particolare, l’aspetto della regolarità si è rivelato fondamentale secondo alcuni studi provenienti da oltreoceano: una ricerca del 2019 della Northwestern University sui siti web di tre giornali locali afferenti a tre grandi città afferma che «frequency of consuming local news is the single biggest predictor of retaining subscribers – more than the number of stories read or the time spent reading them.»41. Ѐ dunque la costanza, l’abitudine di un consumatore a frequentare una determinata testata, ad assicurare a quest’ultima una salda presa su suddetto consumatore. In un altro studio condotto da Twipe, una società statunitense di editoria digitale, in seguito a una spiegazione scientifica di come nasce un’abitudine, vengono riportati come casi di studio i diversi mezzi con cui i giornali presi in considerazione dall’analisi creano un’abitudine; tra questi “The Economist” utilizza proprio il podcast42, andando a confermare la funzione fidelizzante di tale medium affermata fin qui.
C’è poi un altro aspetto economico che i podcast riescono – per ora – a migliorare rispetto ai giornali: quello degli investimenti pubblicitari. Se le copie dei giornali cartacei non sono più un mercato attrattivo per gli inserzionisti a causa del progressivo allontanamento del pubblico dal prodotto43, i podcast, come anche i giornali online, rappresentano un mercato aperto e in crescita. Il podcasting, però, gode di qualche elemento di miglioria in più anche rispetto agli altri generi di informazione digitale: oltre alla possibilità per i produttori di scegliere tra diversi tipi di pubblicità44, gli ascoltatori offrono inconsapevolmente una soglia di attenzione molto più alta rispetto ai lettori degli articoli online, aumentando la capacità persuasiva dello spot. Secondo uno studio commissionato dalla BBC nel 2019, su un campione di utenti provenienti da tutto il mondo, «la citazione del brand nel podcast genera […] un coinvolgimento medio superiore del 16% e una capacità di memorizzazione superiore del 12% rispetto ad altri tipi di ads»45, mentre da una ricerca Ipsos risulta che la memorizzazione del brand sponsorizzato su un podcast raggiunge il 64% del campione analizzato46. Uno scenario del tutto opposto sia per i giornalisti del formato scritto sia per il mondo delle adv: i primi sono costretti a lottare per i pochi secondi di attenzione concessi da lettori frettolosi e distratti47, i secondi, invece, devono fare i conti con l’ostilità che provocano nei lettori, spesso infastiditi e maldisposti da pubblicità e pop-up che interferiscono con la lettura e verso le quali sono sostanzialmente disinteressati.
5. Fake news
Finora sono state analizzate e messe in luce caratteristiche dei podcast che possono accompagnare positivamente i giornali nella transizione nell’ambiente digitale, assecondando in modo produttivo le nuove tendenze generate nel consumo delle notizie. Non per tutti i principali aspetti di crisi della comunicazione giornalistica, però, esiste un aspetto positivo introdotto dal medium podcast, e la diffusione delle fake news è uno di questi.
Si può dire che le fake news esistono da sempre: ne abbiamo traccia fin da tempi molto antichi48 e, con il progresso della storia e delle tecnologie (la stampa, i giornali, la fotografia, la radio, la televisione, Internet, ecc…), le cosiddette bufale hanno trovato casse di risonanza sempre più efficaci, sia per la velocità di diffusione, sia per la copertura raggiunta. Caratterizzate da storie sensazionali e diffuse per un interesse partigiano (si pensi a quante informazioni false riguardanti gli ebrei sono circolate nel corso della storia), i giornali stessi spesso ne sono stati una cassa di risonanza, perché «Sensationalism always sold well»49. Una premessa è d’obbligo: non è possibile cancellare le fake news dalle nostre vite, né tantomeno bloccarne o controllarne la diffusione una volta entrate in circolo. All’interno dell’ambiente digitale, però, soprattutto a causa della presenza dei social network, definiti «the lifeblood of fake news»50, le notizie false hanno trovato una linfa vitale senza precedenti nella storia.
Com’è stato possibile un tale aumento? Negli ultimi anni i social network hanno esacerbato una tendenza alla polarizzazione ideologica già insita nella società51 (e raffigurata con le cosiddette echo chambers52), prendendo tale polarizzazione e nutrendola con una selezione di notizie imposta da algoritmi basati sui gusti e sulle idee degli utenti stessi: questi ambienti chiusi, definiti filter bubbles53, essendo caratterizzati dall’assenza di un contraddittorio su qualsiasi argomento, sono il luogo preferenziale per la sopravvivenza e la proliferazione delle fake news.
I podcast, per parte loro, peggiorano la situazione. Denotati da una spiccata libertà di progettazione, produzione, scelta dei canali per la diffusione da parte dei podcaster, sono un terreno fertile per la diffusione di notizie false54. Inoltre, le grandi piattaforme di distribuzione e i motori di ricerca come Spotify, Google Podcasts o Apple Podcasts sono poco interessati a concentrare i propri sforzi sul controllo dei contenuti da loro diffusi, forti dell’enorme difficoltà che quest’azione richiederebbe: una ricerca eseguita dalla Brookings Institution55 di Washington per sondare la quantità di fake news nei podcast politici statunitensi ha preso in esame 36.603 episodi di 79 diversi podcast politici e, tramite l’aiuto di mezzi digitali, tra cui l’AI, li ha scansionati interamente. Può sembrare un campione molto ampio, ma in realtà si tratta di una piccolissima quantità, se si considera che il totale di episodi disponibili al momento della ricerca era 75,7 milioni56. Un ulteriore ostacolo a questo tipo di lavoro consiste nella mancanza di parametri oggettivi per definire se una notizia sia effettivamente una fake news: tralasciando le dichiarazioni esplicitamente false, esiste una gamma di frasi, di espressioni e di affermazioni che sono difficili da classificare con certezza nell’uno o nell’altro gruppo (si ricordi, per esempio, che nel parlato dei podcast è frequente trovare inflessioni ironiche non riconoscibili per una macchina).
Data la comprovata inefficacia delle commissioni di vigilanza e delle leggi (entrambe sono in uso da anni sui social network, ma con scarsi risultati) le soluzioni più efficienti per proteggersi dalla diffusione delle fake news sui podcast (e in generale nel mondo dell’informazione) sono quelle che ogni utente può attuare individualmente: rivolgersi sempre a canali ufficiali o quantomeno autorevoli (redazioni giornalistiche, agenzie stampa e di comunicazione, realtà che si occupano di informazione su canali alternativi ma pur sempre riconosciute a livello sociale57) e imparare a fare del fact-checking58.
6. Conclusione
Ci sono molte ragioni per considerare i podcast uno strumento utile per i giornali: la possibilità di approfondire le notizie senza doversi preoccupare del calo di attenzione del pubblico, la fidelizzazione garantita dal senso di confidenza e intimità tra ascoltatore e podcaster, l’opportunità di rimediazione dei giornali nella vita sociale dei cittadini, la spinta agli abbonamenti e il maggiore valore del mercato pubblicitario.
Oltre a questi elementi, ne esiste un altro di cui non si è fatto accenno finora, ma di grande importanza: il pubblico giovane. In qualsiasi statistica che riguarda il consumo di podcast viene riportato che le fasce dai 18 ai 24 anni e dai 25 ai 34 anni sono quelle che raccolgono la maggior parte degli utenti: il Reuters Institute afferma che il 56% dei giovani tra i 18 e i 24 anni e il 53% di quelli tra i 25 e i 34 anni ascoltano podcast59, mentre in Italia, secondo Ipsos, il 43% degli under 35 ascolta podcast60. È ragionevole considerare questo nuovo medium come uno strumento «in linea con i […] metodi di fruizione dei contenuti»61 delle nuove generazioni, quindi un ariete per il giornalismo per farsi strada tra quei gruppi di cittadini che hanno smesso di informarsi seguendo le abitudini dei loro genitori. A riprova di questi dati, la testimonianza di Meredith Kopit Levien, amministratrice delegata del NYT, la quale afferma che la maggioranza degli ascoltatori di The Daily (news podcast quotidiano del NYT di enorme successo) ha meno di 50 anni, spesso anche meno di 40 anni62.
Nel complesso, dunque, i podcast sono il primo medium in cui i giornali sperimentano un passaggio completo nell’ambiente digitale: i primi intervengono in soccorso dei secondi rimediandoli e unendo le loro caratteristiche a quelle di altri media e di altri ambiti (radio, blog, teatro, letteratura, grafica, ingegneria del suono, ecc…) all’interno di un ecosistema che si fa sempre più complesso e dove i limiti tra fisico e digitale sono sempre più labili. In questo senso i podcast offrono un esempio positivo e funzionale di come l’informazione può adattarsi alle nuove forme imposte dall’ambiente digitale.
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Jay David Bolter – Richard Grusin, Remediation: Understanding New Media, Cambridge, MIT Press, 2000.
Martin Spinelli – Lance Dann, Podcast. Narrazioni e comunità sonore, Fabio Guarnaccia – Luca Barra (a cura di), Roma, minimum fax, 2021.
Matteo Scandolin, Guida alla creazione, pubblicazione e promozione, Milano, Apogeo, 2023.
N. Newman, News Podcasts: Who is Listening and What Formats are Working?, in Digital news report 2023, pp. 48-53.
Nic Newman – Nathan Gallo, News podcasts and the Opportunities for Publisher, in “Digital news project”, 12/2019.
Paolo Costa, La notizia smarrita, Modelli di giornalismo in trasformazione e cultura digitale, Torino, G. Giappichelli editore, 2010.
Rossella Pivanti, #branded podcast producer. Narrazioni audio per brand capaci di farsi ascoltare, Milano, FrancoAngeli, 2021.
Sergio Bolzoni, Giornalismo digitale, Torino, UTET Università, 2015.
Sergio Maistrello, Giornalismo e nuovi media. L’informazione al tempo del citizen journalism, Milano, Apogeo, 2010.
T. Bonini, Podcasting as a Hybrid cultural form between old and new medium, in Mia Lindgren – Jason Loviglio (a cura di), Routledge Companion to Radio and Podcast Studies, Londra, Routledge, 2022, pp. 19-29.
Tiziano Bonini – Marta Perrotta, Che cos’è un podcast, Roma, Carocci editore.
Tommaso Piazza – Michel Croce, Epistemologia delle fake news, in “Sistemi intelligenti”, n. 3, 12/2019, pp. 439-468.
Sitografia
Ben Hammersley, Audible revolution, in “The Guardian”, 12/02/2004.
Claudia d’Ippolito, Podcast indagini, Ipsos Digital Audio Survey – Il podcast nel 2022: la qualità come strada per crescere, in Ipsos, 4/10/2022.
Connor DeLaney, Podcasts during COVID-19: trends, winners and losers, in “Impact”, 9/06/2020.
Cosa è successo alla “pubblicità legale” sui giornali, in “Il Post”, 22/02/2024.
Francesco Leone, Nielsen, mercato pubblicitario a +2,6% nel 2023. Bene tv, Web, OOH, cinema e GoTV, in “Engage”, 14/02/2024.
Habit forming news products, in Reinventing digital edition. Research report part III, in Twipe Digital Publishing, .
Ipsos Digital Audio. Il punto zero sui podcast, in Ipsos.
James Cridland, How Many Podcasts Are There?, “Podnews”, 10/03/2022.
John Morkes – Jacob Nielsen, Concise, scannable and objective: how to write for the web, in “Nielsen Norman Group”, 1/01/1997.
Mark Jacobs, Medill Study Identifies “Paradigm Shift” in How Local News Serves Readers, in “Medill – Local News Initiative”, 5/02/2019.
The Long and Brutal History of Fake News. Bogus news has been around a lot longer than real news. And it’s left a lot of destruction behind, in “Politico”, 18/12/2016 .
Valerie Wirtschafter, Audible reckoning: How top political podcasters spread unsubstantiated and false claims, in “Brookings”, 02/2023 .
William Turvill, How The Daily podcast is helping the New York Times drive advertising and subscription growth, in “Press Gazette”, 6/11/2020.
Note
- «a new boom in amateur radio. But what to call it? Audioblogging? Podcasting? GuerrillaMedia?», «un nuovo successo per la radio amatoriale. Ma come chiamarlo? Audioblogging? Podcasting? GuerrillaMedia?» (trad. mia), in Ben Hammersley, Audible revolution , in “The Guardian”, 12/02/2004, visto il 5/02/2024.
- Una storia completa dello sviluppo dei podcast, dalla diffusione dei servizi di streaming e dalle prime webradio, fino alle grandi piattaforme contemporanee, si può leggere su Matteo Scandolin, Guida alla creazione, pubblicazione e promozione, Milano, Apogeo, 2023, pp. 1-9.
- Per una spiegazione accurata di cos’è un feed .rss si rimanda a Sergio Maistrello, Giornalismo e nuovi media. L’informazione al tempo del citizen journalism, Milano, Apogeo, 2010, pp. 37-40.
- Enrico Bianda, La strana storia dei podcast, “Problemi dell’informazione”, n. 1, 04/2016, p. 247.
- Dati Voxnest, The State of Podcast Universe. Report Italia 2019, p. 5.
- Ibidem, p. 4.
- Connor DeLaney, Podcasts during COVID-19: trends, winners and losers, in “Impact”, 9/06/2020, visto il 20/02/2024.
- «una serie a episodi costituita da file audio digitali, che si possono scaricare, a cui ci si può iscrivere, o che si possono ascoltare.» (trad. mia), in Nic Newman – Nathan Gallo, News Podcasts and the Opportunities for Publishers, in “Digital news project”, 12/2019, p. 8. Si tratta di uno studio statistico sulla diffusione dei news podcast in cinque Paesi diversi (Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Svezia e Francia).
- Tiziano Bonini – Marta Perrotta, Che cos’è un podcast, Roma, Carocci editore, 2023, pp. 21-22.
- «Nella prima pagina di Understanding Media (1964) Marshall McLuhan osservava che “il ‘contenuto’ di qualsiasi medium è un altro medium […]”. McLuhan non stava pensando a una semplice replica, ma forse a un tipo di prestito più complesso, nel quale il medium stesso è del tutto incorporato o rappresentato in un altro medium […]. Come detto sopra, noi chiamiamo la rappresentazione di un medium in un altro rimediazione. […]. Un medium digitale può essere […] aggressivo nella sua rimediazione. Esso può provare a ridisegnare interamente il medium o i media più vecchi, e allo stesso tempo contrassegnare la loro presenza, mantenendo così un senso di molteplicità o coesistenza di più media» (trad. mia), in Jay David Bolter – Richard Grusin, Remediation: Understanding New Media, Cambridge, MIT Press, 2000, pp. 45-46.
- La rimediazione del podcasting coinvolge così tanti media che, se si prova a cambiare il punto di vista, si possono trovare tentativi ancora diversi di definizione che partono dal medesimo principio. Per esempio, in Davide Giansoldati – Ester Memeo, Come fare podcast in biblioteca, Milano, Editrice Bibliografica, 2022, p. 12, si trova questo tentativo di definizione: «Semplificando un po’, possiamo definire il podcast una nuova forma di blogging, sebbene non sia altrettanto semplice metterlo in piedi».
- T. Bonini, Podcasting as a Hybrid cultural form between old and new medium, in Mia Lindgren – Jason Loviglio (a cura di), Routledge Companion to Radio and Podcast Studies, Londra, Routledge, 2022, p. 28, e T. Bonini – M. Perrotta, Che cos’è un podcast, cit., p. 32.
- «spazio immateriale creato attraverso l’uso del linguaggio informatico e reso accessibile da dispositivi elettronici.», in visto il 26/03/2024.
- La classificazione a cui si fa riferimento è quella di Nic Newman – Nathan Gallo, News Podcasts, cit., p. 13, esclusi gli «audio long read», cioè le letture (registrate o prodotte in automatico) degli articoli scritti. La ragione di questa esclusione risiede nel fatto che il prodotto di riferimento è in forma scritta, e l’audio è solamente una sua riproduzione asettica; manca, per questo motivo, di tutte quelle caratteristiche di intimità, colloquialità e di costruzione del prodotto tipica del podcast.
- Paolo Costa, La notizia smarrita, Modelli di giornalismo in trasformazione e cultura digitale, Torino, G. Giappichelli editore, 2010. A p. 77 viene nominata una rete mesh «ovvero una struttura cooperativa in cui tutti i nodi possono fungere da trasmettitori, ripetitori e ricevitori».
- «la voce come strumento per far passare le informazioni, potenzialmente, cavalca la disintermediazione invece di subirla.», Francesco Costa, vicedirettore de “Il Post”, in un’intervista fatta da me.
- John Morkes – Jacob Nielsen, Concise, scannable and objective: how to write for the web, in “Nielsen Norman Group”, 1/01/1997, visto il 22/03/2024.
- Secondo lo schema della piramide rovesciata, in cui tutte le informazioni principali sono racchiuse nelle prime righe risolvendo nel poco spazio inziale la funzione informativa, per poi snocciolare i dettagli nel resto del testo.
- [Sergio Bolzoni, Giornalismo digitale, Torino, UTET Università, 2015, pp. 148-153./efn_note]. In questo modo è possibile attirare l’attenzione del lettore in pochissimi secondi e convincerlo a leggere l’intero testo.
I podcast riescono a superare anche questo problema: essendo dei file audio riproducibili in qualsiasi momento e slegati da un palinsesto definito e irripetibile, danno la libertà agli ascoltatori di fruirne quando più preferiscono, anche mentre stanno compiendo altre azioni19Secondo i dati Ipsos del 2021, l’80% degli italiani che ascoltano podcast lo fanno mentre stanno compiendo un’altra azione: il 28% fa i lavori di casa, un altro 28% mangia, beve o cucina, il 21% fa sport, il 18% lavora o studia, il 17% naviga su Internet e il 16% sta sui social; dati riportati in D. Giansoldati- E. Memeo, Come fare podcast, cit., pp. 10. - Questo lato positivo è stato enfatizzato da diversi giornalisti e podcaster da me intervistati: Damiano Crognali, F. Costa, Luca Peretti, Luca Dammicco, Antonio Iovane ed Eugenio Cau.
- «[…]with the stethoscope there occurs a remapping of one body onto another. The interior space of the patient’s body coincides with the interior of the doctor’s body: the heart chamber is remapped to the cranial cavity.» «con lo stetoscopio avviene una rimappatura di un corpo in un altro. Lo spazio interno del corpo del paziente coincide con l’interno del corpo del dottore: la camera cardiaca è rimappata sulla cavità cranica.» (trad. mia), in Charle Stankievech, From stethoscopes to Headphones: An Acoustic Spatialization of Subjectivity, in “Leonardo Music Journal”, n. 17, 29/10/2007, p. 56.
- Martin Spinelli – Lance Dann, Podcast. Narrazioni e comunità sonore, Fabio Guarnaccia – Luca Barra (a cura di), Roma, minimum fax, 2021, p. 147.
- La caratterizzazione dell’intimità tra ascoltatore e podcaster come una vicinanza così personale da assomigliare a quella sessuale è il filo rosso che M. Spinelli e L. Dann usano per spiegare il tipo di rapporto che si crea con il pubblico dei podcast e per differenziarlo da quello più istituzionale creato dall’ascolto radiofonico, in ibid., pp. 125-173.
- Secondo una ricerca Ipsos 2021, i casi di ascolto elencati sono rispettivamente il 29%, il 21% e il 10%, in D. Giansoldati- E. Memeo, Come fare podcast, cit., pp. 9-10.
- Gaia Passamonti, Podcast marketing. Dare voce al brand per una content strategy di successo, Milano, Hoepli editore, 2020, p. 23.
- M. Spinelli – L. Dann, Podcast, cit., p. 134.
- Ibid.
- Citazione di un lavoro di Jason Loviglio, professore universitario di media e comunicazioni, riportata in ibid.
- Teoria elaborata da M. Spinelli e L. Dann, ripresa con queste parole da T. Bonini – M. Perrotta, Che cos’è un podcast, cit., pp. 29-30.
- M. Scandolin, Podcast, cit., p. 10.
- Antonio Iovane, Podcast narrativo. Come si racconta una storia nell’epoca dell’ascolto digitale, Colognola ai Colli, Gribaudo, 2022, pp. 71 ss.
- T. Bonini – M. Perrotta, Che cos’è un podcast, cit., p. 67.
- In Digital news report 2023, Reuters Institute, p. 85.
- Tutti i dati sono reperibili in ibid., pp. 108, 114, 112, 58, 74, 76 e 90 (le pagine sono elencate seguendo l’ordine di comparsa dei Paesi nel testo).
- Per un’analisi delle diverse strategie di guadagno offerte dal podcasting si rimanda a M. Scandolin, Podcast, cit., pp. 141-150.
- Per una spiegazione approfondita di cosa siano i branded podcast si rimanda a Rossella Pivanti, #branded podcast producer. Narrazioni audio per brand capaci di farsi ascoltare, Milano, FrancoAngeli, 2021, e a G. Passamonti, Podcast marketing, cit.
- Dalla già citata intervista fatta da me a F. Costa, ottobre 2023.
- Aspetto ampiamente analizzato nel paragrafo precedente.
- La regolarità delle uscite delle puntate di un podcast è una caratteristica fondamentale del nuovo medium, più importante della frequenza (questa può variare, da puntate quotidiane a settimanali, fino a quelle mensili). La regolarità assicura la fedeltà del pubblico al podcast, dando un appuntamento certo ai consumatori. In Damiano Crognali, Podcast. Il nuovo rinascimento dell’audio. Come raccontare, pubblicare, promuovere storie da ascoltare, Macerata, ROI, 2020, pp. 126-127.
- «la frequenza di lettura delle notizie locali è il solo più importante indice predittivo di mantenimento degli abbonati – più del numero di articoli letti o del tempo trascorso a leggerli.» (trad. mia), in Mark Jacobs, Medill Study Identifies “Paradigm Shift” in How Local News Serves Readers, in “Medill – Local News Initiative”, 5/02/2019, visto il 13/03/2024.
- Habit forming news products, in Reinventing digital edition. Research report part III, in Twipe Digital Publishing, , visto il 13/03/2024.
- I dati Nielsen del 2023 registrano una diminuzione del 4% negli incassi pubblicitari dei quotidiani cartacei rispetto al 2022 e di circa la metà (da 809 a 420 milioni di euro) dal 2013, in Cosa è successo alla “pubblicità legale” sui giornali, in “Il Post”, 22/02/2024, https://www.ilpost.it/2024/02/22/pubblicita-legale-sui-giornali/, e in Francesco Leone, Nielsen, mercato pubblicitario a +2,6% nel 2023. Bene tv, Web, OOH, cinema e GoTV, in “Engage”, 14/02/2024, https://www.engage.it/dati-e-ricerche/nielsen-mercato-pubblicitario-a-26-nel-2023-bene-web-ooh-e-go-tv.aspx, visti il 27/03/2024.
- Esistono i messaggi pubblicitari montati in postproduzione, quelli host-read, quelli scelti e inseriti di volta in volta dalla piattaforma di distribuzione.
- G. Passamonti, Podcast marketing, cit., p. 28.
- Ipsos Digital Audio. Il punto zero sui podcast, in Ipsos, visto il 27/03/2024.
- Vedi par. 2.
- Tralasciando documenti falsi come la donazione di Costantino, o storie risalenti ai miti dell’antichità dove il simbolico si univa strettamente al racconto del reale, “Politico” riporta come esempio di fake news molto antica la storia di Simonino e Bernardino da Feltre, risalente al 1475, in The Long and Brutal History of Fake News. Bogus news has been around a lot longer than real news. And it’s left a lot of destruction behind, in “Politico”, 18/12/2016, , visto il 26/03/2024.
- «Il sensazionalismo ha sempre venduto bene», in ibidem.
- «la linfa vitale delle fake news» (trad. mia), in Geraldina Roberti, Giovani, social media e disinformazione, in Media digitali e disinformazione. Politica, giornalismo, social network e conflitti armati, Luca Gorgolini (a cura di), Bologna, Fondazione Bologna University Press, 2022, p. 69.
- Per approfondire il tema della polarizzazione ideologica della società e i suoi rapporti con le fake news si rimanda a Dominic Spohr, Fake news and ideological polarization. Filter bubbles and selective exposure on social media, in “Business Information Review”, vol. 34, n. 3, 2017, pp. 150-151.
- Per una spiegazione più dettagliata di cosa sia una echo chamber si rimanda a Tommaso Piazza – Michel Croce, Epistemologia delle fake news, in “Sistemi intelligenti”, n. 3, 12/2019, pp. 455-456.
- «a unique universe of information for each of us – what I’ve come to call a filter bubble – which fundamentally alters the way we encounter ideas and information.» «un universo di informazioni esclusivo per ognuno di noi – cosa che chiamerò filter bubble – che modifica dalle fondamenta il modo in cui noi ci confrontiamo con le idee e l’informazione» (trad. mia), questa la definizione che ne dà il giornalista e imprenditore statunitense Eli Pariser, The filter bubble. What the Internet Is Hiding from You, Londra, Viking, Penguin, 2011, p. 9.
- Il commentatore, autore e conduttore politico americano Michael J. Knowles ha affermato in una puntata del podcast Verdict with Ted Cruz, di cui è stato cofondatore e copresentatore, «It’s a podcast, you can say whatever you want!» «Ѐ un podcast, puoi dire tutto quello che vuoi!» (trad. mia), in Valerie Wirtschafter, Audible reckoning: How top political podcasters spread unsubstantiated and false claims , in “Brookings”, 02/2023, visto il 27/03/2024.
- Si tratta di un centro di ricerca di Washington senza scopo di lucro specializzato nelle scienze sociali.
- James Cridland, How Many Podcasts Are There?, “Podnews”, 10/03/2022, visto il 27/03/2024.
- Qui si fa riferimento a “Will Media”, “Factanza Media” e “Torcha”, tre realtà giornalistiche nate da pochi anni, che operano solo sui social network e che hanno ottenuto autorevolezza in Italia nel campo dell’informazione.
- Questa soluzione è stata indicata come la migliore sia da F. Costa che da A. Iovane nelle interviste a loro rivolte.
- Claudia d’Ippolito, Podcast indagini, Ipsos Digital Audio Survey – Il podcast nel 2022: la qualità come strada per crescere, in Ipsos, 4/10/2022, visto il 28/03/2024.
- Claudia d’Ippolito, Podcast indagini, Ipsos Digital Audio Survey – Il podcast nel 2022: la qualità come strada per crescere, in Ipsos, 4/10/2022, visto il 28/03/2024.
- Gloria Aura Bortolini, Intervista a Livia Viganò, in “LEI”, Università Ca’ Foscari Venezia, n. 8, 31/03/2023.
- William Turvill, How The Daily podcast is helping the New York Times drive advertising and subscription growth, in “Press Gazette”, 6/11/2020, visto il 25/05/2024.
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