Bibliomanie

Proposte di lettura
di , numero 57, giugno 2024, Letture e Recensioni, DOI

Proposte di lettura
Come citare questo articolo:
Marzio Zanantoni, Proposte di lettura, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 57, no. 26, giugno 2024, doi:10.48276/issn.2280-8833.11411

0Intellettuali e ricerca

Ecco un libro che ci riporta, per argomento e linguaggio, a molti anni fa, quando il tema del lavoro dell’intellettuale dentro l’accademia universitaria e nella scuola media superiore era uno dei temi più indagati. Il Sessantotto e gli anni Settanta erano il momento di trasformazione e di riflessione più vivace e continuo intorno all’intellettuale specializzato dentro le istituzioni scolastiche, producendo una massa cospicua di ricerche e di pubblicazioni. Il libro collettivo curato da Vincenzo Mele, Fabio Mengali, Francesco Padovani e Alessia Tortolini (insegnanti di scuola media, dottorandi e ricercatori) sin dal titolo: L’accademia e il fuori. Il problema dell’intellettuale specializzato in Italia, ed. Orthotes, euro 23,00, ci riporta a quei decenni per stile e linguaggio usato, ma ha l’ambizione di offrirci il panorama di oggi, in cui l’autoreferenzialità del mondo accademico ha prodotto quel senso di marginalizzazione che caratterizza le lavoratrici e i lavoratori della conoscenza. I saggi compresi nel volume sono dunque il prodotto di una serie di riflessioni sul rapporto tra sapere accademico e sapere non accademico, saggi che mettono in luce come la finalità della ricerca oggi sia sostanzialmente la produttività a scapito della qualità, dentro un mondo intellettuale sempre più costruito sulla precarietà dei soggetti. Un libro che va molto meditato, con il limite, come già si diceva, di un linguaggio espressivo di certo familiare a chi in quei decenni lontani si abbeverava proficuamente ai tanti libri sul tema, ma che un giovane intellettuale di oggi può stentare a capire in tutte le sue connessioni.

Scuola e fascismo

L’ottantesimo anniversario della morte di Giovanni Gentile (15 aprile 1944) viene ricordato con varie iniziative: da una mostra a Roma, da un Convegno e da alcune pubblicazioni. Tra queste va evidenziata quella edita da Il Mulino nella collana di «Studi e Ricerche dell’Università», dedicata a un momento fondamentale dell’opera cultura di Gentile: la riforma scolastica del 1922-‘24: La riforma gentile e la sua eredità, a cura di A. Mattone, M. Moretti e E. Signori, Il Mulino, euro 40,00. Il libro è diviso in tre sezioni, rispettivamente dedicate a un quadro generale della Riforma; alla Riforma e gli ambiti disciplinari; infine, agli aspetti e ai problemi della Riforma Gentile. Pur essendo centrato interamente sull’universo universitario, dunque sulle conseguenze accademiche della Riforma, le analisi dei singoli Autori tengono conto dell’enorme cambiamento che subì tutto il sistema dell’istruzione scolastica. Notevole è, tra i saggi della Parte prima, quello di Gabriele Turi, già Autore di una delle migliori biografie del filosofo siciliano. Turi ricostruisce tutta l’elaborazione pedagogica di Gentile, mostrando come quella sua riforma scolastica definita una riforma «fascistissima», fu in realtà frutto di un lungo processo filosofico iniziato ben prima della sua adesione al fascismo nel 1923, ed ha sempre avuto come orizzonte teoretico e politico la scuola, cioè la formazione di una classe dirigente che ricostruisse, soprattutto dopo le macerie della Grande guerra, uno Stato etico di tipo conservatore. Il suo approdo al fascismo, come scrive Turi, «avvenne sulla base di una lunga riflessione che fu culturale e politica insieme» e che, grazie anche alla sua riforma scolastica, individuava il percorso di un inserimento classista delle masse nello Stato.

Matteotti e Gobetti

Il centenario dell’assassinio di Giacomo Matteotti (10 giugno 1924) è stato ricordato da numerosi eventi e, tra questi, la pubblicazione di diversi libri dedicati all’uomo politico ucciso dal fascismo. Uno di questi volumi, uno dei primi ad essere pubblicati, è il lavoro di Mirko Grasso, Matteotti contro il fascismo, Carocci, euro 21,00. Quello di Grasso è libro che elimina subito l’immagine di Matteotti martire del regime mussoliniano, per approfondire il suo percorso politico e intellettuale e far emergere dunque la sua opposizione alla dittatura fascista come approdo naturale delle sue posizioni politiche e di studioso del diritto maturate nel corso della sua militanza socialista. Molto opportuno appare il primo capitolo dedicato alle prese di posizione di socialisti e comunisti, liberali e cattolici difronte all’assassinio perpetrato il 10 giugno: posizioni ovviamente unanimi nella condanna, ma con sfumature che l’autore ricostruisce in modo efficace. Tra i liberali è Gobetti che si adopera con intensità affinché Matteotti venga non solo ricordato, ma valorizzato soprattutto per la sua interpretazione della genesi del fascismo e della sua matrice reazionaria. E lo fa con il famoso saggio pubblicato prima su «La rivoluzione liberale» in due puntate e poi fatto circolare come opuscolo autonomo (P. Gobetti, Matteotti, a cura di Paolo bagnoli, Biblion, euro12,00) Ma basta vedere le sue lettere di quei mesi tra giugno e agosto (da poco pubblicate e splendidamente curate da Ersilia Alessandrone Perona, P. Gobetti, Carteggio 1924, Einaudi, euro120,00, 1500 pagine in una opportuna edizione cartonata) per rendersi conto di quanto Gobetti si era mobilitato a favore di iniziative pubbliche che, prima di tutto, divenivano anche inviti all’opposizione per una lotta sempre più dura e articolata contro il regime 

Resistenza e Repubblica

Il lavoro di Michela Ponzani è uscito in libreria già da diversi mesi e non può dirsi quindi una vera e propria novità. Ma è importante segnalarlo, seppure con qualche ritardo, per l’interesse notevole che il libro dimostra (Michela Ponzani, Processo alla Resistenza. L’eredità della guerra partigiana nella Repubblica 1945-2022, Einaudi, euro 28,00). Sono ormai molte le ricerche storiche e ben documentate che hanno affrontato il tema, spiegato dal sottotitolo, e il merito maggiore del libro è proprio quello di riassumere in un unico lavoro ben scritto e documentatissimo, costituito da ricerche negli archivi giudiziari, testimonianze orali, il nodo spinoso dell’eredità della guerra partigiana, soffermandosi sul processo alla Resistenza, celebrato nelle aule di giustizia dell’Italia repubblicana, con il seguito di polemiche a posteriori. Molti ex fascisti sarebbero stati assolti e i partigiani, al contrario, sarebbero stati giudicati come responsabili per le rappresaglie scatenate dai nazifascisti per non essersi consegnati al nemico. In questo senso è esemplare la ricostruzione che la Ponzani fornisce dell’attentato di via Rasella a Roma dal punto di vista giudiziario. L’attacco dei Gap doveva trattarsi di un legittimo atto di guerra per il quale né gli organizzatori, né gli esecutori potevano essere considerati responsabili del massacro commesso dal comando tedesco sotto il nome di rappresaglia. Un giudizio divenuto definitivo nel 1957 dalla Corte di Cassazione. Il lavoro della Ponzani rilegge insomma il dopo Resistenza facendo luce sui tanti armadi chiusi o nascosti che per decenni hanno offuscato molte verità.

Uomini e donne

Mirella Serri, nel suo libro Uomini contro. La lunga marcia dell’antifemminismo italiano, Longanesi, euro 19,60 sostiene che tutte le forze politiche, dopo la stagione della Resistenza, abbiano osteggiato lo sviluppo di una democrazia paritaria, sulla base di una concezione tradizionalista e statica della famiglia e dei rapporti tra i sessi e che questo atteggiamento abbia accomunato Sinistra e Destra. A sostegno di questa tesi, tra i vari casi, ricostruisce le vicende di alcune militanti comuniste, prima fra tutte Nilde Iotti, che, dopo il 1945, subirono un processo di marginalizzazione all’interno del partito. Nelle formazioni di Destra, fu invece la persistente influenza del pensiero di Evola ad alimentare l’antifemminismo e la misoginia ereditati dal fascismo a tal punto che se ne scorgono ancora oggi le tracce non solo nei gruppi della destra italiana, ma anche nell’ideologia della Russia di Putin. A partire dagli anni Novanta del secolo scorso, è stato infine il berlusconismo ad incarnare una nuova forma di antifemminismo e ad ostacolare la conquista di un’effettiva parità di genere. In questo suo lungo racconto di casi molto diversi, tra un antifemminismo di Destra e di Sinistra, la stessa Autrice, quasi per giustificarsi, ammette le forzature che di fatto appaiono dalla lettura del libro, anche se nella sua conclusione ricorda doverosamente che furono gli antifascisti a dare inizio ad una legislazione su lavoro e famiglia che ha aperto la strada alla parità. 

Editoria

Balla coi libri. 50 anni di controcultura fra passato e presente, Iacobelli editore, euro 18,00 è una sorta di conversazione-racconto con Marcello Baraghini, l’editore noto per aver inventato agli inizi degli anni Novanta, i libri a mille lire. Il racconto attraversa la storia italiana dalla metà del secolo scorso ai nostri giorni e il fulcro della narrazione è l’esperienza editoriale di Stampa alternativa, l’insieme cioè delle pubblicazioni che hanno fatto capo a Baraghini. Il libro è costruito non in ordine cronologico, ma con sovrapposizioni temporali continue e questo obbliga il lettore a un rimescolamento cronologico che non giova molto. Centrale e maggiormente interessante è ovviamente il capitolo dedicato alla nascita dei libri Millelire, la rivoluzione editoriale che ha segnato una novità assoluta nell’industria editoriale libraria, una febbre che ha investito lettori e librai, finita paradossalmente per eccessivo successo: un esempio di come lo squilibrio temporale tra costi produttivi immediati per far fronte alla domanda e ricavi ritardati può soffocare chi alle leggi di mercato non guarda a sufficienza.
Un piccolo libro, una sessantina di pagine o poco più, «quasi racconti» come li definisce Claudio Magris nella sua Prefazione, e tanta, tanta profondità di prosa e di stile. Questo è il libro che la Bollati Boringhieri ha mandato in libreria per ricordare i 100 anni dalla nascita di Giulio Bollati: Memorie minime, euro 10,00. Molti saggisti (va ricordato che Bollati è stato un profondo e scrupoloso Autore di saggi storico-letterari su Leopardi, Manzoni e il carattere degli italiani), si sono dedicati a racconti o romanzi, soprattutto autobiografici, nei quali il loro stile, messo alla prova da un genere non abituale, è miseramente risultato carente. Tutt’altro è il risultato di questi racconti di Bollati, caratterizzati da una prosa finissima senza essere ricercata o retorica. Come si poteva raccontare meglio l’incontro con la famiglia Leopardi, nel palazzo avito di Recanati? O le emozioni di sconforto e fallimento giardinesco suscitate dai tentativi, andati a male, di rigenerare, in vasi casalinghi, piantine di oleandro trovate per caso? Memorie minime, dunque, ma l’oretta di lettura di questi «quasi racconti» si riverbera nel tempo e si fissa con piacere nella memoria del lettore.
Franco Fortini è stato tra gli intellettuali più preparati e competenti del Novecento. Poeta, saggista, critico letterario, docente universitario, dal primo dopoguerra agli anni Novanta svolse anche un’intensa attività di consulente editoriale per alcune delle principali Case editrici italiane. Il volume che ora viene pubblicato: Franco Fortini, Pareri editoriali per Einaudi, a cura di Riccardo Deiana e Federico Masci, Quodlibet, euro 20,00 offre al lettore i pareri di lettura di Fortini per la Casa editrice torinese tra gli anni 1947-1963 e dal 1978 al 1983. Le aree di competenza afferenti a Fortini sono molteplici: letteratura tedesca, poesia italiana, saggistica internazionale. Le sue schede sono sempre ricche di annotazioni e di indicazioni relative all’essere o non essere quel libro adatto al nostro tempo o comunque un prodotto poco o molto commerciabile. A volte, per meglio farsi immediatamente capire, usa ironie feroci o schematiche frecciate, come, a proposito di un libro di Zanzotto: «il personaggio è un gagliardo puttaniere rovinato dalla letteratura; succede spesso». Oppure, commentando in tre righe un romanzo francese: «il livello dei suoi discorsi è Mondadori sputato». Insomma, un gran bel libro che ci restituisce in mille sfaccettature un Fortini pirotecnico e sempre attento a fornire al suo committente valutazioni utili alla valorizzazione migliore di un prodotto. Ottima come sempre la veste grafica e l’impaginazione curata.
Il lavoro di Giulia Bassi, Con assoluta sincerità. Il lavoro editoriale di Natalia Ginzburg (1943-1952), Firenze, Università Press, euro 26, è senza dubbio uno dei migliori libri di storia dell’editoria uscito di recente e, mi sembra, la ricerca più importante sul lavoro editoriale di Natalia Ginzburg negli anni redazionali svolti all’Einaudi. Prima di tutto va evidenziato come l’autrice utilizzi per la prima volta il «Giornale di Segreteria» della sede di Torino, strumento prezioso di lavoro, mai utilizzato e inedito (e si spera che al più presto venga reso accessibile). Dal «Giornale» compare la figura di una redattrice determinata, che rifiuta con sicurezza i manoscritti e non esita invece a insistere per portare avanti una proposta che ritiene valida. Per la prima volta tutto il lavoro sulla Ginzburg è condotto su una analisi capillare dei documenti d’archivio che la riguardano, dai quali emerge anche il ruolo pionieristico che ha avuto come unica donna a far parte della redazione Einaudi ed avere delle responsabilità editoriali. Tra i tanti punti nuovi ed interessanti che emergono dal lavoro dell’autrice va sottolineato il capitolo riguardante il ruolo della Ginzburg all’interno della nascita e dello sviluppo della celebre collana vittoriniana dei «gettoni», ruolo che dai documenti d’archivio emerge molto più rilevante di quanto non sia stato messo in luce in precedenza. Insieme a Calvino infatti è una interlocutrice fondamentale per Vittorini: valuta manoscritti, mantiene la corrispondenza con gli Autori, scrive la bozza di alcuni risvolti, ha un ruolo di mediazione con alcuni traduttori. Insomma, una ricerca tutta nuova, che aiuta finalmente a far uscire dall’ombra una letterata-editore che aveva bisogno davvero di una luce inedita. 
Il libro di Tommaso Munari, L’Italia dei libri. L’editoria in 10 storie, Einaudi, 18,50 euro, esce in libreria dopo che, in questi ultimi 2 anni, sono stati pubblicati due volumi, tra i migliori di storia dell’editoria, come quelli di Irene Piazzoni, «Il Novecento dei libri» e di Bruno Pischedda, «La competizione editoriale», entrambi editi da Carocci. Poiché il titolo di Piazzoni e gli argomenti trattati da Bruno Pischedda sono molto simili al volume di Munari, ci si aspetterebbe che vengano perlomeno citati. Ma nessun cenno viene fatto. E come non pensare che anche il capitolo dedicato alla Feltrinelli, il cui titolo è: «Cambiare il mondo con i libri», non riprenda, anche in questo caso senza menzionarlo, un volume intitolato: «Cambiare il libro per cambiare il mondo» dedicato al grafico Albe Steiner e al suo lavoro in Feltrinelli? Sottolineate queste pecche, va detto che il libro di Munari traccia la storia, da singolari angolature (una collana particolarmente significativa, una specializzazione caratterizzante il catalogo ecc.), di 10 grandi Case editrici tra le più in note in Italia (da Zanichelli a Sellerio, da Feltrinelli, da Treves a Bompiani), ma che non costituiscono certo il panorama dell’editoria nel nostro Paese, fatta da decine e decine di piccole e medie aziende librarie. Il racconto è comunque interessante e soprattutto, questo il merito principale, è ricco di riferimenti archivistici, documenti e ritrovamenti anche inediti, che hanno sempre costituito il merito di uno studioso come Munari. Sicuramente però un confronto con quanto di meglio esiste in studi analoghi, come quelli citati sopra, sarebbe stato utile a questo suo ultimo lavoro.

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