Bibliomanie

Animali del sogno (tra Kafka, Ortese e gli albi illustrati)
di , numero 57, giugno 2024, Note e Riflessioni, DOI

Animali del sogno (tra Kafka, Ortese e gli albi illustrati)
Come citare questo articolo:
Magda Indiveri, Animali del sogno (tra Kafka, Ortese e gli albi illustrati), «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 57, no. 24, giugno 2024, doi:10.48276/issn.2280-8833.11470



«Aveva veduto nel sonno, o sognato…. Che diavolo era stato capace di sognare?… uno strano essere, un pazzo: un topazio. Aveva sognato un topazio: che cos’è, infine, un topazio?[…] E s’era involato lungo le rotaje cangiando sua figura in topaccio e ridarellava topo-topo-topo-topo» (C. E. Gadda, Quer Pasticciaccio brutto de la via Merulana)1….

«Chi sono gli animali che compaiono nei nostri sogni?» Ricavo la domanda da James Hillman, psicoanalista junghiano, così come il titolo di questa piccola riflessione2. Mi figuro una folla di animali appollaiati o aggrappati sulle testiere del letto, grandi e piccoli, in attesa di entrare nei nostri sogni. Di adulti e di bambini. «Balzano fuori da quelle lontananze per ritrovarsi nel nostro letto al buio.» Sono l’altrove, il diverso da noi, lo straniero. Sono le “wild things” di Maurice Sendak3, sono noi.
Del resto, sappiamo da Giorgio Agamben che «l’uomo-animale e l’animale-uomo sono due facce di una stessa frattura, che non può essere colmata né da una parte né dall’altra4
Sicuramente, un modo diverso di narrare gli animali proviene dalla fiaba5. In controtendenza rispetto alle storie di Esopo e di Fedro, o ai miti antichi, gli animali nelle fiabe non rappresentano più i vizi e le virtù sociali, non ci dicono cosa dobbiamo e/o non dobbiamo fare, non sono allegorie, ma ci mettono in contatto con la nostra parte più intima e profonda, l’elemento emozionale, il non detto. Ancora di più, permettono di guardarci / immedesimarci ma al tempo stesso di prendere le distanze da ciò che ci fa paura, ci è sconosciuto e ignoto. Acquisiscono la caratteristica dell’ambiguo, del doppio. Rassicurano, inquietano.
L’opinione comune considera la letteratura per l’infanzia come il primo avvicinamento del bambino con il mondo di fuori e la natura: una funzione dunque di educazione alla realtà. Da ciò deriverebbe l’umanizzazione degli animali nei libri e nei cartoni più amati: la Pimpa, Peppa Pig, Bambi, Geronimo Stilton, il coniglio di Alice e il grillo di Pinocchio, il topo Federico e Guizzino, fino alle fantasmagoriche evoluzioni dei Pokemon: da sempre, è la letteratura (i miti, i racconti, le leggende, le fiabe, il fantastico) a farsi portatrice di quell’«afflato cosmico in cui alberga e trova voce il non umano6» come dichiara Giorgia Grilli, docente di letteratura per l’infanzia. I bambini di ieri e di oggi sono affascinati dai grossi libri di animali, con immagini vivide e precise, nomenclatura e informazioni dettagliate che forse solo da piccoli è possibile imparare a memoria, e le imparano, e redarguiscono l’adulto se confonde la lampreda con l’anguilla faringea, diventando per una magica stagione dei provetti scienziati. Lo racconta benissimo Bruno Tognolini:

Il bambino aveva un grande Libro degli Animali, che spesso a casa posava in terra e squadernava, sfogliando senza mai stancarsi. Sapeva i nomi di tutti gli animali, e voleva che i grandi e i fratellini li puntassero col dito per interrogarlo e poterli nominare7.

Bambini e bambine di ieri e di oggi che poi magari diventano grandi scrittori: Elias Canetti era appassionatissimo di tutto quel che riguardava gli animali, nelle sue biblioteche aveva infiniti volumi sul tema, si interessava e teneva registrazioni dei loro versi8. Nei suoi svariati quaderni di appunti in forma di aforismi, via via pubblicati, arriva a descriversi così: «Egli pensa per animali come altri per concetti.9» e anche «Sa sognare di animali. Il suo sogno sacro10.» Per noi è interessante rilevare come la nostra appartenenza al non umano e la presenza animale emergano da luoghi e tempi precisi: le regioni fluttuanti e mutevoli dell’arte, della letteratura, del sogno, dove l’ingrediente segreto è la metamorfosi, e l’età più soggetta all’incompiuto e al cambiamento, l’infanzia.
Lo scrittore che per eccellenza incarna queste pulsioni, riletto e interpretato anche da Canetti, è Franz Kafka. I tanti animali che popolano le sue storie, scarafaggio (o coleottero?11), cavallo, cane, topo, scimmia, talpa, sciacallo, ghepardo… sono essenzialmente animali del sogno, come possiamo rilevare dai suoi Diari12. Kafka era un insonne, o meglio capace di sogni così vividi e potenti da essere scambiati per veglia13.
In una nota del 24 marzo 1912 abbiamo forse la primissima genesi de La metamorfosi (scritta a partire dal 17 novembre 1912, come sappiamo dalle lettere a Felice Bauer, e pubblicata solo nel 1915):

«Nella stanza attigua mia madre discorre coi coniugi Lebenhart. Parlano di insetti domestici e di calli. …Poiché tali discorsi non sono pensabili senza lontananza, presentano spazi vuoti ….che non si possono riempire se non riflettendo o meglio sognando» (corsivi miei)

Quel «sogno spaventevole14» che è La metamorfosi mette in scena proprio l’impossibilità a tracciare confini tra la vita umana e quella animale, ventilando l’idea che una possa trascolorare nell’altra senza soluzione di continuità. Grazie a Kafka, sappiamo che gli animali del sogno sono una parte di noi, negata o accettata che sia, che ci visita in quello “spazio vuoto” per confermare la propria esistenza. L’insetto dunque, che Kafka non volle mai rappresentato in copertina, non va letto in chiave allegorica, ma come degradazione/esaltazione (trasformazione è la traduzione letterale di Die Verwandlung) di Gregor Samsa, possibile solo se la vita onirica prosegue in quella vigile. Del resto, poiché la scienza ha appurato che il feto sogna nella pancia della madre, la nascita potrebbe proprio rappresentare questo passaggio, questo scivolamento da sonno a veglia, e poiché gli animali esistono prima di noi, da animale a umano.
Nel 2023 è uscito un libretto di Roberto Calasso specificamente dedicato agli ultimi tre racconti di Kafka.

«Negli ultimi mesi della sua vita Kafka compose tre racconti lunghi di animali, quasi un sigillo: Ricerche di un cane, La tana, Josefine, la cantante o Il popolo dei topi. Di quest’ultimo, Kafka poté leggere le bozze. La tana si interrompe in mezzo a una frase. Ricerche di un cane apparve postumo15

Cane, talpa, topo, sono evidentemente «fantasmi della notte», come ci fa intendere Calasso; in particolare l’indistinto animale che in prima persona racconta della sistemazione della sua tana è indubbiamente un sognatore, ripetutamente parla di sonno e di sogni16, e dunque nel racconto si attua uno straniante ribaltamento tra sognatore e sognato.
Un tipico animale del sogno, il drago, compare in uno dei frammenti postumi.

«Si aprì la porta e mi entrò in camera il drago verde, florido e ben portante, i fianchi rotondi e tesi, strisciando innanzi – privo di zampe com’era – con tutto il ventre. Formale scambio di saluti. Lo pregai di entrare per intero. Lui si dolse di non poterlo fare, essendo troppo lungo. L’uscio, dunque, dovette restare aperto, cosa piuttosto sgradevole. Il drago sorrise tra imbarazzato e malizioso, e cominciò: “Attirato dal tuo desiderio, vengo qui da lontano, carponi, ho già tutta la pancia escoriata. Ma lo faccio volentieri. Son venuto volentieri e volentieri mi metto al tuo servizio17.”»

Come non pensare al sogno che Anna Maria Ortese raccontò, in una sorta di auto confessione, nella raccolta di racconti In sonno e in veglia?

«Una delle ante, quella destra, era dischiusa, e qualcosa di verde brillava e si moveva nella fessura, come una gonna… Poi vidi la coda e le manine del Drago, che si preparava a scendere. Scese. Una specie di coccodrillo, col petto bianco, la bocca rossa, aperta, e occhi infinitamente affettuosi, benevoli… Sembrava un bambino, sembrava che mi conoscesse. E io pensavo: «Come può volermi mangiare? ». Sempre guardandomi – ma facendo fatica dato il suo peso – la povera Bestia veniva avanti […]veniva una voce meravigliosa, fievole: «Io ti volevo bene,» diceva «volevo regalarti una cosa… E tu mi fai male18…»

In entrambi i testi il drago è sofferente, procede strisciando (ha la pancia escoriata in Kafka, è una specie di pesante coccodrillo in Ortese), è portatore di un messaggio amichevole nei confronti dell’umano che lo sogna, ma anche di una atmosfera di sacrificio. Quasi ci si azzarderebbe a dire che l’animale è “nudo”, mentre nel mondo della veglia è l’umano tra i due che è “nudo”, ma possiede il linguaggio. Ecco allora che l’animale del sogno incarna la rivelazione, la lontananza e al tempo stesso la prossimità tra umano e non umano. La figura “impossibile” del drago (ma noi a Bologna conosciamo il drago di Ulisse Aldrovandi19!) veicola questa possibile trasformazione, principio stesso del vivente
In fondo, in veglia spesso ci comportiamo come Ulisse di fronte alle Sirene, convinto, in quanto eroe, di essere stato in grado di resistere al loro canto; solo nel sogno, invece, come ci rivela Kafka rovesciando la storia, scopriamo che le Sirene tacevano20.
La soglia tra animalità e umanità in Kafka è sempre labile: l’altro suo grande studioso che fu Walter Benjamin notava che «si possono leggere per un buon tratto le storie di animali di Kafka senza avvertire che non si tratta di uomini21» e viceversa, in una reciprocità di significato che il sogno riesce a reggere sempre. Un’altra dimensione del sogno è l’orizzontalità: il drago sta sdraiato, come l’uomo dovrebbe stare per abdicare a quel potere ambiguo che la posizione eretta gli concede22. Tornando a Hillman:

«Abbassandoci sino a portarci all’altezza della creatura, inginocchiandoci davanti ad essa, condiscendendo, cominciamo a vedere come vedono loro – un occhio trasposto. Gli dei conservano questo occhio animale23

Anna Maria Ortese mette al centro di tutta la sua opera l’elemento creaturale e il dolore del non umano. «Come il sogno del drago serve a Ortese per mettersi in contatto con le piccole creature – ma anche con le forze del fuori e l’ingiustizia umana – così ci si connette con i pensieri della foresta attraverso i sogni24
Chi meglio del bambino incarna questa condizione? La nascita lo consegna alla vita ma gli lascia a lungo uno stato di indistinto, di non finito, gli rende tatto e odorato più intensi, lo fa camminare carponi, gli instilla curiosità per tutto ciò che ha intorno; la sua umanità comprende e contiene il non umano, con tutte le risorse e le sensibilità della creatura che poi, nel differenziarsi, tenderà purtroppo a perdere.
Quel che resta della pre-vita è un sogno, forse a volte consolatorio, quasi un oggetto transizionale. Ne sono una efficace traduzione le immagini dei libri dell’illustratrice e autrice belga Anne Brouillard25 (premio Andersen 2024 per il miglior libro fatto ad arte per Viaggio d’inverno, Orecchio Acerbo); a lei è stata dedicata una mostra a Bologna durante l’ultima Fiera del libro per ragazzi. I suoi testi sono sempre molto poetici, le immagini indugiano su paesaggi e piccole città “di una volta”, dove gli animali (una volpe, un coniglio, dei passeri…) si prendono cura del neonato nella carrozzina, mentre la donna in casa prepara da mangiare; o dove i corvi banchettano con gli umani o siedono in poltrona al cinema accanto a loro. Colori terrosi, un’onirica atmosfera brumosa che avvolge tutta la pagina, del resto (tipica sorpresa da sogno!) il cognome di Anne significa nebbia.
Oppure, come nel best seller di Maurice Sendak Nel paese dei mostri selvaggi (Where the wild things are) dall’indimenticabile formato rettangolare: gli animali-mostri evocati dalla ribellione del piccolo Max diventano sudditi e poi compagni di trambusto (“Let the wild rumpus start!”), e infine spariscono quando il bambino rientra nella sua cameretta e scopre che il tempo non è trascorso.
Forse ha ragione Antonio Prete:

«L’ordine animale delle cose è nascosto sotto la superficie del potere umano sul mondo. È il suo contrappunto segreto, innocente, senza io e senza parola. Abitato dal silenzio delle origini, da cui gli uomini sono esiliati, mantiene intatta la forza naturale dello stare al mondo26

Lo dice in un libretto di prose liriche, dove un bestiario immaginario (tra il melopardo e lo zenzisco) si mescola a riprese leopardiane e ad atmosfere di luce da sogno meridiano, in cui è bello sentire l’eco degli autori amati e interpretati nel suo lavoro di critico e di traduttore. So che non considererà inappropriata la mia commistione tra letteratura “alta” e letteratura “per l’infanzia”, perché si situa proprio nel segno di questo diverso ordine di cui “gli animali del sogno” sono portatori.
Ne è un’ultima testimonianza una nuova edizione, che Topipittori ha curato, del racconto Il cavaliere del secchio di Kafka, tradotto da Anita Raja27. Copertina cartonata, il testo occupa solo quattro pagine e le altre trentasette sono riservate ai disegni di Anais Tonelli. No, non ci sono animali nel racconto, solo l’ingiustizia “troppo umana” del carbonaio che non ascolta la supplica del cavaliere a riempirgli di carbone il secchio vuoto e lo rigetta verso le montagne di ghiaccio. Se non che, questo secchio vuoto, di fronte al rifiuto, all’interdetto, diventa cavalcatura alata. Siamo sempre nell’ambito della trasformazione onirica. L’illustratrice ha inventato una nuova forma di interpretazione del testo: ha disegnato non solo quel che il testo dice, ma anche quel che evoca. Le ultime pagine, finite le parole, sono abitate da disegni di oggetti e di animali: volpi, cani, scoiattoli, gatti, topi, conigli, cervi, orsi, animali fantastici. La visionarietà prende il sopravvento. Schizzi, tentativi, ripetizioni e aggiunte, mutazioni; l’intorno del racconto. Esattamente quel che fa il sogno. Chiudendo il cerchio con Hillman:

«Sappi che tu hai dentro te stesso mandrie di buoi – scrive Origene nel III secolo d. C – mandrie di pecore e mandrie di capre tu hai […]Sappi che in te sono anche gli uccelli del cielo […] Sappi che tu sei un altro mondo in piccolo e che in te ci sono il sole, la luna e le stelle28


Bibliografia aggiuntiva sul tema
John Berger, Perché guardiamo gli animali, Il Saggiatore, Milano, 2016
Maurice Blanchot, Da Kafka a Kafka, Feltrinelli, Milano, 1983
Anne Brouillard in mostra a Bologna: https://incronaca.unibo.it/archivio/2024/04/23/f
Pietro Citati, “Gli animali e il loro dolore, l’uomo, la natura: l’universo apocalittico di Anna Maria Ortese”Corriere della Sera 22 Apr 2016, https://materialismostorico.blogspot.com/2016/04/animali-di-ortese.html?m=1
Gilles Deleuze, Fèlix Guattari, Kafka. Per una letteratura minore, Quodlibet, Macerata, 1996
Jacques Derrida, L’animale che dunque sono, Rusconi, Milano, 2021
Doppiozero, Speciale Kafka cent’anni. Uno Speciale a cura della redazione. Rileggere Kafka nell’anno del centenario della sua morte –https://www.doppiozero.com/speciali/kafka-centanni
Andrea Giardina, Gli animali di Kafka, https://www.doppiozero.com/gli-animali-di-kafka
Fèlix Guattari, Sessantacinque sogni di Franz Kafka, Cronopio, Napoli, 2009, ripubblicato per Orthotes, Napoli, 2023. James Hillman, Presenze animali, Adelphi, Milano, 2016
Franz Kafka, Storie di animali, traduzione di Valeria Giudice. A cura di Gaspare Giudice (di cui si segnala l’introduzione), Sellerio, Palermo 2005
Matteo Moca, “Scrivere di sogni e di animali”, Il Tascabile, 27/02/2019, https://www.iltascabile.com/letterature/scrivere-di-sogni-e-animali/
Anna Maria Ortese, Le piccole persone. In difesa degli animali e altri scritti, a cura di Angela Borghesi, Adelphi, Milano, 2016
Niccolò Scaffai, “Le malinconie di Anna Maria Ortese per il mondo animale”, Il Manifesto, 15 maggio 2016, https://ilmanifesto.it/le-malinconie-di-anna-maria-ortese-per-il-mondo-animale

Note

  1. Si tratta del sogno che riemerge alla coscienza del brigadiere Pestalozzi, mentre all’alba si reca al laboratorio della Zamira.Il romanzo è oggi ripubblicato da Adelphi, a cura di Giorgio Pinotti, Milano, 2023.
  2. James Hillman, Animali del sogno, Raffaello Cortina, Milano,1991. La domanda apre il libro, e prosegue «La psicologia ha un debito particolare nei confronti degli animali, se è vero che essi sono il sistema simbolico primordiale. [ … ] Cosa fanno con noi, e noi con loro, nell’intimità più profonda che ci sia, nei sogni?»
  3. M. Sendak, Where the wild things are, HarperCollins Publishers, New Jork, 1963 / 1991. Traduz. it. di Lisa Topi, Nel paese dei mostri selvaggi, Adelphi, Milano, 2018. Ma la prima traduzione, Emme edizioni 1969, e poi Babalibri 1999, era del poeta Antonio Porta. https://www.lavoroculturale.org/paese-mostri-selvaggi/lorenzo-alunni/2018/
  4. G. Agamben, L’aperto. L’uomo e l’animale, Bollati e Boringhieri, Torino, 2014.
  5. Ovvero: «Solo uomini e bestie insieme, che di fiaba in fiaba vanno, senza fine. Solo questa infinita processione»: Bruno Tognolini, Il Giardino dei Musi Eterni, Salani, Milano, 2017.
  6. E’ on line il saggio di Giorgia Grilli, Le voci del non umano e le ibridazioni del corpo bambino. La letteratura per l’infanzia come meditazione intorno al rapporto uomo-natura, Me Tis journal, V.12 N.2 (2022), https://www.metisjournal.it/index.php/metis/article/view/524.
  7. Bruno Tognolini, Doppio Blu , Topipittori, Milano, 2011; proprio del suo rapporto con gli animali parla in un bell’articolo autobiografico sul blog Topipittori, https://www.topipittori.it/en/topipittori/il-ritorno-delle-vecchie-bestie
  8. Dobbiamo queste informazioni ad Antonello Lombardi, Gli animali mancanti. Bestiario nell’opera di Elias Canetti, uscito a Bologna nel 2020 in uno dei tipici, preziosi “libretti da tasca” delle edizioni Ogni uomo è tutti gli uomini, http://www.ogniuomoedizioni.it/
  9. Elias Canetti, La tortura delle mosche, Adelphi, Milano,2018
  10. Elias Canetti, Un regno di matite. Appunti 1992.1993, Adelphi,Milano, 2018
  11. E’ lo scrittore Vladimir Nabokov che traduce il termine tedesco Ungeziefer come coleottero, (in una delle sue sempre splendide Lezioni di letteratura, Adelphi, Milano 2022) mentre Primo Levi preferisce scarabeo (L’altrui mestiere, Einaudi, Torino, 1985) Si veda Marco Belpoliti in https://www.doppiozero.com/lo-scarafaggio-di-mcewan-e-i-coleotteri-di-nabokov-e-levi
  12. Franz Kafka, Confessioni e diari, a cura di E. Pocar, Mondadori, Milano,1972, ediz. I Meridiani 1996
  13. «…dormo sì, ma forti sogni mi tengono sveglio. Dormo per così dire, accanto a me, mentre devo dibattermi coi sogni.» (2 ottobre 1911) «E di nuovo fu la potenza dei miei sogni, che prima del sonno già si irradiano nella veglia, a non lasciarmi dormire.» (3 ottobre 1911): Confessioni e diari, cit
  14. «Un sogno spaventevole….Il sogno svela la realtà che l’idea si lascia molto addietro» , G. Januch, Colloqui con K, in Franz Kafka, Confessioni e diari, cit
  15. Roberto Calasso, L’animale della foresta, Adelphi, Milano, 2023. Il titolo deriva da una lettera a Milena, in cui Franz si definisce appunto “un animale della foresta”.
  16. «…di notte sorrido tranquillo e ripiombo in un sonno ancora più tranquillo.»; «tra il dormiveglia e il sonno incosciente trascorro le ore»; «mi addormento subito per la nuova stanchezza»; «Talvolta sogno di averlo ricostruito […] il sonno nel quale ciò mi appare è il più dolce»; «Mi sembra di non essere davanti a casa mia, ma davanti a me stesso mentre dormo»; «si direbbe che nel momento in cui sono entrato nella tana abbia fatto un sonno lungo e profondo» ; «Tra i miei mucchi di terra posso naturalmente sognare qualunque cosa». Cito da La tana, traduz E.Pocar, in Franz Kafka, Racconti, Mondadori, Milano, Meridiani 1970
  17. Franz Kafka, “Frammenti di quaderni e fogli sparsi”, Confessioni e diari, cit, pag 876
  18. Anna Maria Ortese, “Piccolo drago”, In sonno e in veglia, Adelphi Milano,1987
  19. F. Nigro, L. Parisi, Il drago di Bologna, Minerva; Bologna, 2021
  20. Franz Kafka, “Il silenzio delle Sirene”, Racconti, cit
  21. Walter Benjamin, “Franz Kafka. Nel decennale della morte”, Scritti 1934-1937, Einaudi, Torino, 2004
  22. In una lettera a Felice Bauer, Kafka scrive: «voglio darti invece l’interpretazione del tuo sogno, se non ti fossi sdraiata per terra in mezzo agli animali, non avresti potuto contemplare il cielo stellato e non ti saresti salvata. Forse non saresti nemmeno sopravvissuta all’angoscia della posizione eretta».E’ riportata e interpretata da Elias Canetti, L’altro processo. Le lettere di Kafka a Felice, trad. it. di A. Ceresa, Longanesi, Milano, 1973, p. 122
  23. James Hillman, cit
  24. In “Piccolo Drago” Ortese conclude così:«E non potei mai più pensare di essere “buona”, una creatura come loro… Avevo un peccato. Tutti gli uomini avevano un peccato e un debito immenso da pagare.» Il commento è tratto dal saggio di Elisa Attanasio, Divenire drago: esplorazioni nell’opera di Ortese, Pendragon, Bologna, 2023
  25. In questo sito un po’ di storia dell’autrice, l’indicazione dei tre album tradotti e alcune immagini: https://testefiorite.it/2024/03/viaggio-nel-fantastico-con-anne-brouillard/
  26. Antonio Prete, L’ordine animale delle cose, Nottetempo, Milano, 2018; del resto anche sulla profondità del concetto di “lontananza” Prete è ottimo interprete, si veda Trattato della lontananza, Bollati Boringhieri, Torino, 2008.
  27. Franz Kafka, Il cavaliere del secchio, Topipittori, Milano, 2021; https://www.topipittori.it/it/topipittori/cavallo-di-un-secchio
  28. Riportato da Jung in Hillman, cit., pag 48.

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