Bibliomanie

“Non Mai Conoscibile”: un laboratorio.
di , numero 57, giugno 2024, Didactica, DOI

“Non Mai Conoscibile”: un laboratorio.
Come citare questo articolo:
Stefano Colangelo, “Non Mai Conoscibile”: un laboratorio., «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 57, no. 34, giugno 2024, doi:10.48276/issn.2280-8833.11490

Questo numero di “Bibliomanie” ospita, nella sezione “Didactica”, una sequenza di interventi dedicata alla Non Mai Conoscibile – cioè alla musica, così come la definì Alberto Savinio – e alle sue presenze, ma anche ai suoi ammanchi, alle sue distanze, ai suoi modi di restare inafferrabile e sfuggente al peso dei significati, degli oggetti e dei referenti che compongono l’esperienza della scrittura, in prosa e in versi.
Si tratta di nove interventi, risultanti dall’attività di un laboratorio che si è tenuto settimanalmente, per lo più il mercoledì sera, tra febbraio e giugno 2023, nelle aule bolognesi di Piazza Scaravilli, le uniche aperte dopo il tramonto. Il laboratorio è stato ideato e sostenuto, con coraggio ammirevole, da alcune studentesse e studenti di un mio precedente corso magistrale di Prosa e generi narrativi del Novecento, tenuto nel 2022 e intitolato, appunto alla Non Mai Conoscibile. Al laboratorio hanno partecipato circa una trentina di persone: studentesse e studenti triennali e magistrali, dottorandi, dottori di ricerca, laureati e giovani studiosi. Persone che hanno riversato dentro quelle aule, ognuna a proprio modo, un entusiasmo e una dedizione di cui mi è difficile restituire in queste righe la potenza consolante e, potrei dire, terapeutica, dopo una stagione difficile, così piena di angosce e di insostenibili durezze, come la primavera del 2022, nella quale si era svolto il corso originario.
Restituire, non a caso, è stato il verbo fondamentale di questo itinerario musicale e letterario: studenti, e giovani studiosi, che restituiscono ciò che hanno imparato, e un insegnante che si ritrova per le mani molto più di quanto aveva pensato di trasmettere. Ha funzionato una regola semplice: rileggere insieme il rapporto tra letteratura e musica nella modernità, secondo tre direttrici fondamentali. La prima era la musica come area tematica, come oggetto, come costellazione di motivi del racconto. La seconda era la musica come struttura, come impianto sulla base del quale il racconto, o l’insieme di testi poetici, organizzano le proprie connessioni interne. La terza era la musica come rituale collettivo, come esercizio di relazione e di coesione sociale, ma anche, all’opposto, come marcatore di classe e di formazione culturale.
Non erano richieste ai partecipanti competenze musicali specifiche. Si è lavorato prima a piccoli gruppi, per delineare le attitudini e gli argomenti delle singole persone, per consolidare la bibliografia e per cercare dati e punti di relazione. Poi, si è deciso di promuovere gli interessi di studio di ciascuna persona, le conoscenze individuali e i metodi per svilupparle. Si sono organizzate esposizioni orali dello stato dei singoli lavori, e le persone più esperte – laureate, dottorande, dottori di ricerca – hanno fornito a quelle più giovani un aiuto generoso, incondizionato e multiforme, senza mai far pesare nulla, senza mai far cadere nulla dall’alto.
Dovrei elencare e ringraziare tutti i partecipanti, per restituire loro un po’ di quell’aria di festa, di energia non convenzionale, e quello spettro emotivo così ampio che ha potuto generarsi, in quei mesi, da un’esperienza non così frequente, credo, in un mondo quasi del tutto tristemente burocratizzato come quello universitario. Mi limito, invece, alle persone che hanno per prime immaginato ciò che avrebbe potuto essere: Arianna Grossi e Chiara Taiariol, e le ringrazio insieme a Nicola Vavassori, con il quale hanno deciso, tra l’altro, di rinnovare l’esperienza del laboratorio anche quest’anno, con modalità diverse e, se possibile, ancora più sperimentali. Nella primavera del 2023 siamo stati seguiti, come una sorta di caso di studio, da Rosa Maria Currò, allora dottoranda in Antropologia, oggi all’Unicef, che su di noi ha scritto una parte della sua tesi di dottorato. Abbiamo ricevuto l’aiuto non-mai-compensabile di una delle persone più esperte, in Italia, sul rapporto musica-romanzo: Simona Carretta, allora assegnista in Teoria della letteratura a Bologna, oggi ricercatrice all’Università per Stranieri di Perugia. E poi, l’aiuto delle mie bravissime dottorande Francesca Nardi (Bologna) e Marta Serena (Freie Universität di Berlino); dei miei laureati Giuseppe Giorgio Tranchida (redattore della rivista internazionale “Polisemie”), Chiara Canali (dottoranda a Firenze) ed Elena Casadio Tozzi (dottoranda a Bergamo). A tutte queste persone va il merito di avere ripensato, in senso autenticamente co-operativo, il sapere universitario, senza un briciolo di quella fastidiosa retorica della prestazione, o di quel “feticismo della produttività” – come lo ha chiamato Rebecca Herzig – che tinge di opportunistico squallore buona parte della vita accademica, oggi, in Italia e non solo.
I saggi qui presentati rispecchiano, anche nelle loro discontinuità, l’attitudine individuale delle autrici e degli autori, tutti allora studenti, alcuni ora, da poco, laureati. Ognuna di queste persone ha elaborato nelle relazioni della letteratura con la musica diversi spunti emersi durante le lezioni del 2022, ma sempre con quell’autonomia e curiosità di esplorazione che solo il laboratorio del 2023 ha potuto liberare e sviluppare. Svevo, Montale, Savinio, Vigolo, Calvino, Manganelli, Trevisan, i contemporanei: questo lungo arco di esperienze letterarie è diventato un esercizio di interpretazione – il primo esercizio, per molte delle persone che qui leggerete. Se persino uno spirito battagliero come Apollinaire aveva potuto chiedere indulgenza per tutti coloro che lottavano, sulla soglia delle avanguardie del primo Novecento, alle frontiere dell’illimitato e dell’avvenire, non si vede perché nel nostro piccolo, più modestamente, non possiamo farlo noi – compreso, ovviamente, chi scrive – davanti a questa soglia misteriosa tra letteratura e musica, di fronte alla quale ci siamo ritrovati tutti un po’ maturati, un po’ migliorati, forse, senza nemmeno accorgercene, dopo il cammino percorso insieme.

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