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Gli usi analogici e metaforici della musica nella produzione narrativa di Alberto Savino
di , numero 57, giugno 2024, Didactica, DOI

Gli usi analogici e metaforici della musica nella produzione narrativa di Alberto Savino
Come citare questo articolo:
Fiorenza Mondaini, Gli usi analogici e metaforici della musica nella produzione narrativa di Alberto Savino, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 57, no. 35, giugno 2024, doi:10.48276/issn.2280-8833.11659

«Che il pensiero della musica non abbia mai abbandonato Savinio risulta, con tutta evidenza dalla frequenza e dai modi con cui essa si palesa nella sua opera letteraria.1» Sulle orme di questa intuizione di Mila De Santis, leggendo le opere di Alberto Savinio con il filtro della musica, si rende evidente che per Savinio essa rappresenti un mezzo per potenziare la sua narrativa.

Alberto Savinio (1891 – 1952) enfant prodige del pianoforte, formatosi come musicista in Grecia e poi a Monaco – «non è un compositore che si confronta con la letteratura e neppure uno scrittore che si diletta di musica: è piuttosto, come è risaputo, un artista dai molti, diversi, interconnessi linguaggi, che con la musica intrattenne tuttavia un rapporto complesso, fatto di attrazione e di repulsione, di amore e disillusione.2»
Egli stesso, in una illuminante testimonianza che si legge nel catalogo della galleria Levi di Milano, autodichiara la sua continua disponibilità a molte arti – musica, letteratura, pittura – e a molte attitudini mentali, molti interconnessi linguaggi.

«Io ho chiaramente sentito, ho chiaramente capito che quando la ragione d’arte di un artista è più profonda e dunque precede la ragione singola di ciascun’arte, quando l’artista, in altre parole, è una centrale creativa, è stupido, è disonesto, è immorale chiudersi dentro una singola arte, asservirsi alle sue ragioni particolari, alle sue ragioni speciali. E ho avuto il coraggio di mettermi al di là delle arti, sopra le arti.3»

Questa sua testimonianza è significativa di come si sentisse imbrigliato se ricondotto ad un unico status artistico; è per questo motivo, per questo suo essere spirito poliedrico, che porta avanti in modo parallelo la musica, la letteratura e la pittura.
A dire il vero, se si prendesse in considerazione la sua produzione strettamente musicale, la presenza della musica nella produzione saviniana risulterebbe solo marginale. Nell’articolo Io e la musica, adesso in Scritti dispersi (1943-1952) di Adelphi, Savinio dichiara di essere un musicista a intermittenza: «i miei rapporti con Euterpe sono un flirt a lunghe intermittenze.4»
La sua produzione musicale è infatti limitata, orientata maggiormente in senso drammatico e ripartita in tre periodi ben distanziati, in quanto il suo rapporto con la composizione musicale fu discontinuo. Un primo vero nucleo compositivo – dopo gli esordi delle sue prime composizioni che si conoscono solo grazie alle memorie del fratello Giorgio De Chirico, ma che sono andate perdute5 – si situa nel periodo 1910-1915, anni che Savinio ha trascorso a Parigi, dove conquistò un ruolo di spicco nella cerchia di Apollinaire. Le opere di questo periodo sono principalmente liriche per canto e pianoforte o altro strumento. L’opera drammatica più famosa di questi anni sono gli Chants de la mi-mort (1914) di cui però permane solamente la suite pianistica. Un secondo nucleo compositivo molto limitato risale al 1925 quando, rientrato in Italia, realizza due balletti: Niobe (riorchestrazione di musiche composte già nel 1913) e La ballata delle stagioni (1925). In una lettera del luglio 1925 a sua moglie Maria, Savinio dichiara di star «chiuso tutto il giorno a tempestare sulla tastiera6», testimonianza che egli si accosta nuovamente alla musica con ardore. Dal 1945 Savinio si riavvicina alla composizione: ha inizio un terzo ed ultimo, a causa della sua prematura morte, nucleo compositivo. Hanno visto la luce in questo periodo: Vita dell’uomo (1948), Agenzia Fix (1949), varie musiche per il ciclo di trasmissioni radiofoniche Dialoghi, saggi, romanzi di Luciano di Samosata, Orfeo vedovo (1950), Cristoforo Colombo (1951).
L’arte dei suoni, «La Non Mai Conoscibile7», è per Savinio una presenza dolorosa, per quanto irrinunciabile, e corre infatti parallela a tutto il suo percorso artistico e letterario, intessendosi nella produzione narrativa e riemergendo, in diverse vesti, nella sua prosa. Spaziando in tutto il corpus narrativo di Savinio ci si accorge che la musica in primis entra nella struttura di alcune sue opere come cornice astratta, poi è presente come entità che occupa lo spazio testuale e interagisce con gli stati d’animo dei personaggi ed infine prende forma con dei riferimenti puntuali.

1 Musica come struttura dell’opera narrativa: terminologia e forma musicale

Nella produzione narrativa di Alberto Savinio, le molteplici interferenze testuali tra composizione letteraria e musica, gli usi analogici e metaforici della musica, sono visibili sin dalla struttura di alcune sue opere. La sua formazione musicale ha influito particolarmente sulla ricerca in campo letterario e il pensare in musica ha dato un contributo determinante alla costruzione di alcuni scritti. La terminologia musicale entra come cornice per perimetrare le opere dell’esordio e, successivamente, sono i procedimenti compositivi, in particolare il tema e variazioni, che permeano l’architettura dei suoi testi. Savinio compone i suoi primi testi nella stessa maniera in cui aveva composto le sue opere musicali. Dopo aver studiato pianoforte e composizione al conservatorio di Atene, presso il quale si diplomò brillantemente a soli dodici anni, si specializzò in composizione a Monaco con il maestro Max Reger, per compiere lì il suo esordio come musicista e proseguire poi il cammino musicale a Parigi, fino al 1915, anno in cui abbandonò l’attività compositiva. L’autore, dopo l’abbandono della scrittura musicale, porta la musica all’interno della sua letteratura, ricorrendo nei suoi testi ad una sintassi musicale. Infatti Savinio, sin dal suo esordio letterario, manifesta un’attitudine stilistica a impiegare segnali musicali diretti e mediati. Il titolo dell’opera del suo esordio, Hermaphrodito (1918), «denuncia l’irriducibilità di Savinio entro i confini di un solo genere di espressione artistica, ciò che sarà la cifra distintiva della sua intera opera.8» Inoltre, in Hermaphrodito, lo scrittore sente il bisogno di intitolare sezioni con termini presi in prestito dalla musica, come concerto o finale, e di richiamare, esplicitamente per mezzo di citazioni ed implicitamente attraverso uno stile compositivo similare, le sue prime opere musicali.
Le parole della musica entrano anche nella successiva opera narrativa di Savinio: il sottotitolo dell’Achille innamorato (1938) è Gradus ad Parnassum, locuzione latina presa in prestito da una famosa raccolta di studi per pianoforte di Muzio Clementi, come attestato e giustificato dallo stesso scrittore nella prefazione all’opera.
In Narrate, uomini, la vostra storia (1942), testo molto celebre, l’autore scolpisce magistralmente la biografia di tredici uomini e di una donna e sente la necessità di dichiarare nella nota prefatoria al libro di averli «trattati come libretti d’opera.9» Savinio inoltre utilizza dei termini tecnici della musica, adeguandoli ad un contesto letterario, in Visita di K…, capitolo de Il signor Dido (1978) scritto nel 1949.

Savinio, nella sua narrativa, accoglie alcuni principi formali tratti dalla musica, in modo particolare molti suoi racconti sono costruiti secondo il procedimento del tema e variazioni che si avvale della riproposizione di uno stesso soggetto modificato in qualche suo elemento, ritmico o melodico. Mila De Santis ipotizza che questa sua «peculiare disposizione alla variatio […] trovi radici proprio nella familiarità acquisita da giovanissimo, in ambito musicale, con analoghe modalità di elaborazione del materiale»10. Il termine “variazione”, dal latino variatio, -onis, nella composizione musicale, indica la modificazione di un pensiero musicale in sé compiuto. Quest’ultima viene ottenuta intervenendo sulla melodia, sul ritmo, sull’armonia, sulla strumentazione (ove vi siano più strumenti), sulle combinazioni contrappuntistiche di esso e operando separatamente o no, ma in modo tale da consentire la riconoscibilità del tema di partenza. In Savinio questo procedimento diventa quasi un’indicazione di poetica: la passione dell’autore per la forma compositiva si evince da più testi, in alcuni dei quali essa viene dichiarata in modo esplicito. Il genio di Savinio asserisce che l’arte in toto è una continua variazione sugli stessi temi.

Lo stesso fatto che le ventiquattro lettere dell’alfabeto variamente combinate sono atte a esprimere le infinite fantasie del nostro cervello, le sette note della scala a comporre una innumerevole varietà di suoni, dimostra che il gioco dell’arte non è se non una lunga, continua, infinita variazione11.

Nella Piccola guida alla mia opera prima, prefazione del 1947 alla ristampa di Hermaphrodito, intervenendo a distanza di molti anni sulla sua prima pubblicazione dichiara: «tutto che ho fatto di poi, è o formato o in germe in Hermaphrodito. Una lunga variazione su “quel” tema.13», l’autore ripropone la sua storia variata rispetto alla sua forma originaria. Interviene sulla melodia, aggiunge ornamenti e abbellimenti, varia l’intensità e i segni d’espressione. Sono presenti legami strettissimi anche tra diversi racconti che in un primo momento sembrerebbero lontani, come ne Il signor Münster, capitolo di Casa «la Vita» (1943), e nel capitolo dedicato a Verdi di Narrate, uomini, la vostra storia (1942). In entrambi si trova una digressione su una fanciulla diplomata al conservatorio che ha «consumato l’infanzia e l’adolescenza al pianoforte.14» Ancora, in Casa «la Vita» (1943) e ne La nostra anima (1944), si trovano due dei suoi alter ego, Carmelo e Nivasio Dolcemare, soldati pianisti momentaneamente a Salonicco, che accompagnano al pianoforte un soprano: si tratta di variazione su tema biografico in quanto Savinio stesso ha trascorso un periodo sul fronte greco a Salonicco tra il 1917 e il 1918.
La «fagocitazione15» e la variazione di materiale narrativo già adoperato, modus operandi dell’autore individuato – per quanto riguarda le sue composizioni musicali – da Mila de Santis, è rintracciabile anche nella prosa della Nuova enciclopedia (1977) e di Souvenirs (1945) e conduce lo scrittore alla variazione di uno stesso tema: il funerale di Apollinaire.
Anche nel ritratto di Antonio Stradivari, contenuto nel già rammentato Narrate, uomini, la vostra storia (1942), si trova una piccola variazione su tema: il nome del celebre liutaio «fa scattare in Savinio la molla della fantasia associativa e “variantiva”.16»
In ultimo, il procedimento compositivo diventa esplicito riferimento ne Il garibaldino, uno dei racconti dell’Achille innamorato (Gradus ad Parnassum) (1938).
Il tema e variazioni dunque è una sorta di abito con il quale si potrebbe rivestire gran parte della letteratura di Alberto Savinio.

2 Musica interna all’opera narrativa – la retorica musicale della narrativa saviniana: similitudini, metafore, metonimie

Particolarmente interessante è il fatto che Alberto Savinio possieda un suo repertorio personale e privato di simboli musicali a cui attinge per i suoi lavori narrativi, un «dizionario personale di figure retoriche.17»
La musica non perimetra solamente l’architettura delle sue opere, ma irrompe nel corpo del testo. All’interno della narrazione, essa diventa serbatoio di immagini e figure retoriche e, così, si fa considerevole l’accoglienza di diciture ascrivibili ad un contesto musicale. In modo particolare, l’espediente retorico che caratterizza maggiormente la prosa di Savinio è la metafora. Secondo Lakoff e Johnson, con la metafora solitamente si tende a strutturare i concetti meno concreti e intrinsecamente più vaghi in termini di concetti più concreti, che sono più chiaramente delineati nella propria esperienza18. Questo è ciò che fa Savinio inserendo metafore musicali nelle sue opere. Infatti, il nucleo generatore di questi paragoni è rappresentato dall’esperienza musicale vissuta in prima persona dallo scrittore. Nelle opere narrative di Alberto Savinio, molti concetti sono strutturati in forma metaforica, cioè strutturati in termini di altri concetti, prettamente musicali. Le figure retoriche frequentate dallo scrittore sono molteplici, ma quelle che maggiormente si prestano a veicolare messaggi musicali sono le similitudini e le metafore. Le metafore musicali di Savinio sono metafore ontologiche, secondo la classificazione di Lakoff e Johnson, in quanto «basate su correlazioni sistematiche interne alla propria esperienza.19» Fondate dunque sull’esperienza musicale di Savinio, danno al lettore la sensazione di predicare la vera essenza della musica. Metafore musicali sono quelle che «procedono dalla musica alla non-musica 20» e viceversa, avvicinando e mettendo in relazione ambiti apparentemente distanti. Ma che cosa rende paragonabili la musica di un determinato compositore e un concetto non musicale? Che cosa intende veramente Savinio quando afferma che un organismo vivente ha i tratti di uno strumento musicale o di una composizione?
Nell’interazione tra oggetti esterni e oggetti musicali sono privilegiati di volta in volta alcuni tratti pertinenti che permettono il paragone e ne sono esclusi altri.
L’opera di Savinio è pervasa di metafore musicali fin dall’esordio; ricorrente e distribuito uniformemente nei suoi testi – da Tragedia dell’infanzia (1937) fino a Il signor Dido (1978) – è il paragone, principalmente strutturale, tra parti del corpo umano e strumenti musicali. In più di un’occorrenza la guerra viene avvicinata alla musica, analogia accennata in Hermaphrodito (1918) e poi sviluppata alla voce “lingua” della Nuova enciclopedia (1977). Così come la guerra, in Nuova enciclopedia, anche l’amore e l’amicizia, sentimenti astratti e in quanto tali difficili da verbalizzare, vengono paragonati a due tipi di musica diversi. Similitudini e metafore di cui l’autore si avvale per mettere a fuoco in dettaglio aspetti dell’arredamento di hotel, librerie e abitazioni sono quelle, ad esempio, che li paragonano al legno stagionato dei violini, presenti in modo omogeneo in gran parte del corpus narrativo. Ad esempio, in Casa «la Vita» (1943), una libreria «è stagionata come la cassa armonica di uno Stradivari21»; in un capitolo dell’Achille innamorato (Gradus ad Parnassum) (1938) invece, l’interno di una stanza era talmente sonoro che «si camminava sulla cassa di uno Stradivari.22» Una certa terminologia musicale descrive metaforicamente anche alcune dinamiche familiari, ad esempio il padre del narratore, in Tragedia dell’infanzia (1937), viene paragonato ad «un violoncello che attacca un assolo.23» Lo scrittore, in Ascolto il tuo cuore, città (1944), crea «sinfonie alimentari24», ossia analogie e collegamenti anche con ambiti tanto distanti da quello della musica, come può essere quello del cibo. Non solo similitudini e metafore, ma anche metonimie. A volte, infatti, alcuni strumenti musicali, come pianoforti e violini, sono citati attraverso metonimie: Nivasio è «seduto davanti al lucido Kaps25» in Infanzia di Nivasio Dolcemare (1941) o, in Casa «la Vita» (1943), viene citata «la cassa armonica di uno stradivari.26»
Inoltre, nei testi a volte vengono «richiamate ed imitate modalità di creazione e/o esecuzione propriamente musicali.27» Il procedimento della fuga a due voci, ad esempio, risuona in Tutta la vita (1945), dove un dialogo viene paragonato ad un «lungo contrappunto28» ed anche in Souvenirs (1945). Nella prosa di Savinio la musica serve principalmente da metaforizzante, ma, in alcuni casi, diventa l’elemento metaforizzato. È questo il caso di pianiste e pianisti presenti nella maggior parte delle opere di Savinio, la cui tecnica pianistica e modalità di articolazione delle dita divengono oggetto di paragone. In Tragedia dell’infanzia (1937) la fanciulla al pianoforte «maciullava con dita di strangolatrice29» la tastiera dello strumento; in Narrate, uomini, la vostra storia (1942) le dita del Maestro Lafont sono descritte «come zampe di ragno.30»

3 La musica nell’aria: rispondenze musicali nei racconti

L’originalità di Savinio sta nel coinvolgere la musica nell’attribuzione di significato all’opera letteraria. Si può parlare, in alcune sue pagine, di uso funzionale della musica nella letteratura in quanto la musica svolge un ruolo nella significazione del testo. Le vicende biografiche dell’autore, la sua vocazione musicale più volte rifuggita31, è indizio e conferma dell’intenzionalità di inserire la musica nei suoi processi compositivi. Savinio, «intelligente ed assiduo frequentatore di quella “dama sonora” che così sensibilmente condizionò la sua vicenda biografica e creativa32», si fa talmente condizionare dalla musica che essa diventa strumento narrativo.
Ne La nostra anima (1944), la musica ha una funzione essenziale per la trama: un mi bemolle, definito «suono insistente33» dal narratore perché risuona ripetutamente nell’aria, si alza o si abbassa – divenendo naturale o tornando bemolle – in affinità con ciò che accade in Psiche, protagonista del testo. La musica interferisce con gli stati d’animo dei personaggi anche ne Il signor Dido (1978) dove le decisioni, o meglio indecisioni, del protagonista sono accompagnate da accordi musicali che cambiano tonalità e passano da minori a maggiori con il mutare di esse.
In Avventure e considerazioni di Innocenzo Paleari (1922), opera incompiuta, una «misteriosa musica34» anticipa l’ingresso del proprietario della bottega e, quando la musica svanisce, il proprietario magicamente appare. Nella pratica descrittiva di Savinio dunque c’è una certa sensibilità per il dato sonoro e musicale.
In Casa «la Vita» (1943), nell’eponimo capitolo, il suono di un violino inesistente agisce come una calamita e costringe Aniceto, il protagonista, ad entrare in una villa e a rivolgersi continuamente verso il punto da cui proviene quella musica. Già Luigi Rognoni aveva intuito che la costante presenza della musica e del linguaggio musicale ha fatto da «sottofondo “psicologico” di tutta l’attività creativa.35»
Questi esempi ne sono conferma; la presenza significativa della musica è ulteriormente confermata in Capri (1988) dove è il narratore stesso a suggerire una composizione musicale di Debussy strettamente legata al senso della sua narrazione.

4 La musica come manifestazione concreta, come fenomeno storico e geografico che vive nello spazio e nel tempo

Ė certamente quello della critica musicale, di Scatola sonora, in accordo con quanto sostiene Mila De Santis, «l’ambito di scrittura che offre materiali più cospicui qualora si voglia porre sotto osservazione il modo in cui Savinio parla di musica, come la descrive o la giudica36», ma, lo scrittore, anche nelle viscere della sua narrativa, rende viva e presente l’arte dei suoni.
Nella prosa saviniana, infatti, la musica si ritrova non solo come cornice nella struttura delle sue opere e come linguaggio retorico o paesaggio sonoro nel corpo del testo, ma arriva persino ad influenzare i contenuti dell’autore e «diventa oggetto del “dire”.37»
Sono presenti riferimenti alla musica come fenomeno che vive nello spazio e nel tempo. Divengono così oggetto di narrazione alcuni luoghi della musica – in primis il teatro estivo di Volos, teatro della iniziazione musicale di Savinio -, alcuni strumenti musicali – il primato tematico è certamente del pianoforte -, alcuni concertisti e compositori ed, in ultimo, alcune opere, eseguite durante concerti o solamente richiamate dal narratore.

4.1 Gli spazi della musica: i teatri presenti nelle pagine di Alberto Savinio

La musica si fa presenza storicamente e geograficamente concreta innanzitutto attraverso la descrizione di teatri e la narrazione di episodi significativi avvenuti tra le mura degli stessi, unitamente alle riflessioni da essi suscitate.
La rappresentazione di teatri è praticata da Savinio sicuramente in Scatola sonora (1955) dove, tra gli altri, raccontando delle serate all’opera o dei concerti sinfonici, tratteggia il teatro della Pergola a Firenze e la sala musicale del Palazzo Chigi Saracini a Siena 38. Il teatro della Pergola fa da sfondo anche ad una parte del racconto La pianessa, contenuto in Tutta la vita (1945). Nella sua opera narrativa, però, sono due i teatri a cui viene, non a caso, riservato più spazio.
Sono entrambi teatri che hanno un significato forte nella biografia di Savinio: uno è il teatro della sua infanzia in Grecia e l’altro quello degli anni parigini.
In Tragedia dell’infanzia (1937) è dedicato un intero capitolo al teatro estivo di Volos, primo teatro di cui Nivasio/Savinio varca la soglia.
A fianco della Grecia, in una immaginaria scala gerarchica, Savinio colloca frequentemente Parigi, «aurora dell’attività artistica, l’ideale cornice in cui si collocano gli inizi39», e così anche nell’ambito dei teatri: ne La casa ispirata (1925) e in Souvenirs (1945) viene menzionato il teatro dell’Opéra di Parigi.
Quest’ultimo, essendo un teatro lirico, è «una fabbrica d’illusioni, un’officina di miraggi, un laboratorio di incanti.40»

4.2 Gli strumenti musicali: il flauto, il violino e il pianoforte

Le pagine narrative di Alberto Savinio, «artista multidirezionale41» quale è, danno voce a molti strumenti musicali.
Nella sua narrativa spesso si sentono risuonare diverse musiche prodotte dai più svariati strumenti; nell’Achille innamorato (1938) ad esempio si odono «tintinnanti cascatelle di chitarre e di mandùri42», che suonano nei postriboli portuali e il «fiato sonoro43», unione di vari strumenti e musiche diverse, che esce dalle finestre del conservatorio. Gli strumenti musicali però non appaiono solamente come mezzi che emettono musica di sottofondo, ma diventano anche protagonisti di alcuni racconti saviniani in cui emerge tutta l’esperienza musicale e la vena inventiva dello scrittore. Il flauto, il violino e il pianoforte sono i tre strumenti musicali a cui Savinio dedica più pagine e, se si volesse individuare il fil rouge nella trattazione degli stessi, sarebbe riscontrabile nella figura retorica della personificazione. Savinio si serve spesso di quest’ultima per dare vita agli strumenti musicali; la personificazione infatti «consiste nel raffigurare come persone esseri inanimati o entità astratte.44» Ed è così che le sue pagine si popolano di pianoforti femmine che partoriscono tanti pianofortini, gloriosi pianoforti dismessi che, stanchi di essere suonati da mani inabili, si suicidano, violini inoperosi che muoiono nel silenzio…
Tutti questi oggetti sonori di diversa natura ed estrazione vengono ammucchiati nelle sue pagine che «fanno pensare davvero a un baule, a una “scatola sonora”45», per rimandare ad una immagine cara a Savinio.
Il flauto viene descritto da Savinio come «strumento per eccellenza46» nella Nuova enciclopedia (1977), in quanto attraverso il fiato l’esecutore «canta la propria anima.47»
Il violino viene citato a proposito della governante di Nivasio, ex musicista, in Tragedia dell’infanzia (1937).
Il primato tematico però, tra gli oggetti sonori, va al pianoforte che ha ispirato, in modo particolare, la fantasia del genio poliedrico di Savinio. In tutta la sua produzione letteraria, infatti, ha dedicato molti racconti a questo strumento che inizia a comparire già in Hermaphrodito (1918) e ne La casa ispirata (1925), e diventa oggetto di interi racconti, come Il vecchio pianoforte e La pianessa, nell’Achille innamorato (1938) e in Tutta la vita (1945).


4.3 Attori e fautori della musica nelle pagine narrative

La presenza della musica, in quanto elemento tematico, nella letteratura di Savinio trova spazio anche nella menzione, tra le pagine narrative, di compositori e concertisti.
Lo scrittore «continua a praticare la critica musicale anche nelle sedi tradizionali48», nella sua prosa. In questo modo compaiono nei racconti saviniani svariate figure legate alla musica: nelle memorie parigine di Souvenirs (1945) ci si imbatte in Michel Dimitri Calvocoressi – critico musicale e sostenitore della musica russa, amico fraterno di Savinio – e in Harry Fragson, cantautore inglese a cui è dedicato il capitolo Il figlio della rana e che viene citato anche ne Il signor Dido (1978).
Sono due i grandi pianisti che Savinio ammira così tanto da farli entrare nelle sue pagine narrative: Walter Gieseking e e Ignacy Jan Paderewski.
Gieseking viene citato nella Nuova enciclopedia (1977) e diventa pretesto per rievocare episodi del passato pianistico dell’autore e riflettere a riguardo; a Paderewski è dedicato il racconto Il pianista bianco contenuto ne La famiglia Mastinu (1953) e viene nominato nell’Achille innamorato (Gradus ad Parnassum) (1938), anche per via delle sue mansioni politiche. Sempre nell’Achille innamorato fa capolino, in un racconto surreale, Modest Petrovič Musorgskij, compositore russo amato particolarmente da Savinio49.
La letteratura descrive la musica e si trovano, in ultimo, ritratti di personaggi legati ad «Euterpe50» in Narrate, uomini, la vostra storia (1942): Giuseppe Verdi, tra i massimi operisti italiani dell’Ottocento, definito da Savinio «uomo quercia51», e Antonio Stradivari, celebre liutaio cremonese vissuto a cavallo tra Seicento e Settecento.

5 L’esperienza della musica

La narrativa di Alberto Savinio si rivolge alla musica in modo esplicito e le sue pagine a volte sono epicentro di esperienze musicali e di narrazione delle stesse. Nello scrittore, come personalità pluridisciplinare, le arti da lui approfondite si influenzano, in modo particolare «musica e letteratura convivono.52» A livello dei contenuti della sua prosa, così, Savinio non cita solamente luoghi deputati al far musica, come i teatri, o personaggi legati ad essa, ma trovano spazio anche le composizioni musicali e i concerti ai quali i suoi personaggi partecipano.
In modo particolare nella Nuova enciclopedia (1977) sono ricorrenti i riferimenti ad alcune opere musicali, eseguite o fruite dai personaggi.
A volte la descrizione letteraria della musica suscita nel lettore le sensazioni dell’ascolto, come se avesse la possibilità di prender parte ai concerti presenti nelle pagine dello scrittore, come in Tragedia dell’infanzia (1937) e in Infanzia di Nivasio Dolcemare (1941). Savinio scrive di musica certamente con competenza, ma, si è notata inoltre una certa imprecisione nel citare le opere, spesso nominate in modo inesatto. In Infanzia di Nivasio Dolcemare, ad esempio, appare riportato dettagliatamente il programma del concerto privato tenutasi in casa Dolcemare, in occasione della festa di battesimo di Nivasio, tuttavia, sono presenti imprecisioni riguardo ai titoli e ai testi dei brani suonati.

Conclusione

La musica accompagna il Savinio narratore durante l’intero arco creativo, sia a livello formale che metaforico e, in alcune opere, anche a livello tematico.
La natura della presenza musicale è varia: in taluni racconti la musica tende a farsi struttura profonda dell’atto narrativo e talaltri recano addirittura tracce di musicalizzazione. «Euterpe53», inoltre, svolge un ruolo nella significazione di alcuni testi, la sua presenza viene percepita durante la lettura e l’immagine della musica entra fin nelle descrizioni letterarie.
Savinio incarna la musica, suo primo linguaggio e «prima esperienza significativa.54» Era infatti un autore che aveva a disposizione tre linguaggi ossia la musica, la scrittura e la pittura, tenuti magistralmente uniti.
Inizialmente l’artista si allontana dalla musica perché «la considera un’arte pazza, che non si fa penetrare completamente e quindi fa paura.55» Nel momento in cui Savinio comprende che nella musica ci sono degli aspetti arcani, scappa per paura. Ma, con il tempo, si accorge che «abbracciando totalmente le pulsioni sensoriali, violente, inconsce, […] vi si può riflettere e se ne possono trarre un linguaggio e una progettualità nuovi56», fino a formare strumenti di conoscenza. La sua poetica diviene così “hermaphroditica” ed egli anela ad un’arte assoluta in cui vi fossero «tutte le sue varie manifestazioni, come in sé, nella propria figura di artista, Savinio avrebbe unito tutte le varie discipline e specializzazioni, muovendo verso una perfezione che, pur esaltando la differenza, aspirava indefessamente all’unità.57»
Per Savinio la musica è estranea cosa, la pazza, l’enigmatica, ma anche l’educatrice, l’affascinante e l’ammaliatrice. Vive una «altalena di repulsioni, attrazioni, resistenze 58» nei confronti della musica, ma insegna che è possibile tenere insieme le proprie passioni senza scindere il proprio io. Ha provato, a più riprese, ad abbandonare formalmente la musica, ma essa è permasta fino ad entrare nella sua prosa e a farsi presenza viva e tangibile. Anche quando la musica non fu più la reale occupazione di Savinio, essa continuò, sotto mentite spoglie, ad esserlo, insinuandosi nelle sue pagine narrative e nei suoi interventi critici.
Le due arti possono vivere ed illuminarsi vicendevolmente.
La strada che preferisce Savinio è una strada totalizzante, che non escluda niente, «perché tutto è possibile, tutto è coniugabile, tutto può trasformarsi nell’altro senza gerarchie.59»
Savinio ha imparato ad accettare la non conoscibilità della musica come segreto del suo fascino lasciandole spazio fino a morire tra le braccia di «Euterpe60»: resa definitiva alla «sonora dama.61»
La vita esige unità, e Savinio ha dimostrato che l’unità, in qualche modo, può essere raggiunta.

Note

  1. Mila De Santis, La scatola sonora di Alberto Savinio. La critica come invenzione, in Alberto Savinio, Scatola sonora, Milano, Il saggiatore, 2017, p. 566.
  2. Mila De Santis, Una lunga variazione. La musica nella prosa di Alberto Savinio., in Letteratura, musica, poesia; scambi e corrispondenze tra Otto e Novecento, a cura di V. Bernardoni e L.C. Rossi, Roma, Carocci editore, 2022, p. 157.
  3. Alberto Savinio, La mia pittura, in G. Briganti e L. Sciascia (a cura di), Alberto Savinio, pittura e letteratura, Parma, Franco Maria Ricci, 1979, p. 143.
  4. Alberto Savinio, Opere III, Scritti dispersi 1943-1952, a cura di Paola Italia, Milano, Adelphi edizioni, 2004, p. 1360.
  5. Ci si riferisce alle opere Carmela, Poema fantastico e alcune pagine sinfoniche che sarebbero state eseguite in Germania.
  6. Maria Savinio, Con Savinio. Ricordi e lettere, Palermo, Sellerio Editore, 1987, p. 90.
  7. «Ma a che tentar conoscere l’Inconoscibile? A che voler spiegare l’Inspiegabile? La sola definizione che si addica alla musica, è la Non Mai Conoscibile. E non senza ragione. La non conoscibilità della musica è la ragione della sua forza, il segreto del suo fascino; e se l’uomo cede con tanto piacere alla musica, è soprattutto per il “diverso”, per l’“ignoto” che è in essa […]. Cedere alla musica è un atto di soggezione a quello che non si conosce, e per questo attira». A. Savinio, Scatola sonora, cit., p. 31.
  8. M. De Santis, Una lunga variazione. La musica nella prosa di Alberto Savinio, in Letteratura, musica, poesia; scambi e corrispondenze tra Otto e Novecento, cit., p. 159.
  9. Alberto Savinio, Narrate, uomini, la vostra storia, Milano, Bompiani, 1942, p. 5.
  10. M. De Santis, Una lunga variazione. La musica nella prosa di Alberto Savinio, cit., p. 161.
  11. A. Savinio, Scatola sonora, cit., p. 324.
  12. [A. Savinio, Opere I, Hermaphrodito e altri romanzi, Milano, Adelphi Edizioni, 1995, p. 927./efn_note]»
    Egli stesso paragona dunque la sua scrittura ad un tema e variazioni; ad esempio in Tragedia dell’infanzia (1937) e in Infanzia di Nivasio Dolcemare (1941), «dittico sull’infanzia12Stefano Lanuzza, Alberto Savinio, Firenze, La Nuova Italia, 1979, p. 29.
  13. A. Savinio, Narrate, uomini, la vostra storia, cit., p. 160.
  14. Mila De Santis, Nel laboratorio musicale di Alberto Savinio, in ANNALI DEL DIPARTIMENTO DI STORIA DELLE ARTI E DELLO SPETTACOLO, vol. 1, 2000, p. 67.
  15. M. De Santis, Una lunga variazione. La musica nella prosa di Alberto Savinio., cit., p. 171.
  16. Michele Porzio, Savinio musicista. Il suono metafisico, Venezia, Marsilio, 1988, p. 187.
  17. Cfr. George Lakoff, Mark Johnson, Metafora e vita quotidiana, Milano, Bompiani, 1999, p. 133.
  18. Ibidem, p. 77.
  19. Francesco Finocchiaro, Maurizio Giani, (a cura di), Musica e metafora: storia analisi ermeneutica, Torino, Accademia University Press, 2017, p. XVII.
  20. Alberto Savinio, Opere II, Casa «la Vita» e altri racconti, Adelphi Edizioni, Milano, 1999, p. 424.
  21. Ibidem, p. 41.
  22. A. Savinio, Opere I, Hermaphrodito e altri romanzi, cit., p. 484.
  23. Alberto Savinio, Souvenirs, Adelphi Edizioni, Milano, 1999, p. 49.
  24. A. Savinio, Opere I, Hermaphrodito e altri romanzi, cit., p. 654.
  25. A. Savinio, Opere II, Casa «la Vita» e altri racconti, cit., p. 242.
  26. Alessandro Cazzato, Incroci e interferenze tra letteratura e musica, in «Incroci. semestrale di Letteratura e altre scritture», anno XIX, n. 37, gennaio-giugno 2018, p. 79.
  27. A. Savinio, Opere II, Casa «la Vita» e altri racconti, cit., p. 573.
  28. Ibidem, p. 509.
  29. A. Savinio, Narrate, uomini, la vostra storia, cit., p. 294.
  30. Illuminante la dichiarazione fatta da Savinio nel 1945 riguardo la musica: «Sono quarant’anni che questa sonora dama mi va circuendo con le sue armoniose seduzioni, e ogni volta sul punto di cedere io mi salvo con una svelta piroetta, e me ne fuggo via abbandonando nelle bramose mani di lei il mio mantello».
  31. Mila De Santis, Savinio e la musica: un amore difficile, Milano, Electa, 1990, p. 89.
  32. A. Savinio, Opere II, Casa «la Vita» e altri racconti, cit., p. 515.
  33. A. Savinio, Opere I, Hermaphrodito e altri romanzi, cit., p. 895.
  34. Luigi Rognoni, Itinerario musicale di Savinio, in A. Savinio, Scatola sonora, cit., p. 2.
  35. M. De Santis, Una lunga variazione. La musica nella prosa di Alberto Savinio, cit., p. 158.
  36. A. Cazzato, Incroci e interferenze tra letteratura e musica, cit., p. 78.
  37. Cfr. Sarah Decombel, Lo scrittore come critico musicale: Barilli, Bontempelli, Savinio e Vigolo [tesi di dottorato], Universiteit Gent, Faculteit Letteren en Wijsbegeerte, 2012, p. 174.
  38. Ugo Piscopo, Alberto Savinio, Milano, Mursia, 1973, p. 17.
  39. A. Savinio, Souvenirs, cit., p. 40.
  40. Roberto Favaro, La musica nel romanzo italiano del ‘900, Lucca, Ricordi, 2002, p. 156.
  41. A. Savinio, Opere II, Casa «la Vita» e altri racconti, cit., p. 8.
  42. Ibidem, p. 85.
  43. Bice Mortara Garavelli, Manuale di retorica, Milano, Bompiani, 1988, p. 263.
  44. R. Favaro, La musica nel romanzo italiano del ‘900, cit., p. 158.
  45. Alberto Savinio, Nuova enciclopedia, Milano, Adelphi, 1977, p. 161.
  46. Ibidem.
  47. Adriana Guarnieri, Interazioni di musica e letteratura nell’Italia del primo dopoguerra, in Mila De Santis (a cura di), Alfredo Casella e l’Europa, Firenze, Olschki, 2003, p. 281.
  48. Cfr. Maria Maddalena Novati, Laura Pronesti, Marina Vaccarini (a cura di), Alberto Savinio. L’uomo isola, Oggiono, Die Schachtel NoMus, 2019, p. 66.
  49. A. Savinio, Scatola sonora, cit., p. 21.
  50. A. Savinio, Narrate, uomini, la vostra storia, cit., p. 159.
  51. A. Guarnieri, Interazioni di musica e letteratura nell’Italia del primo dopoguerra, cit., p. 275.
  52. A. Savinio, Scatola sonora, cit., p. 21.
  53. S. Lanuzza, Alberto Savinio, cit., p. 109.
  54. Stefano Cirillo, Alberto Savinio. Le molte facce di un artista di genio, Milano, Mondadori, 1997, p. 82.
  55. Ibidem.
  56. Paola Italia, Il pellegrino appassionato. Savinio scrittore 1915-1925, Palermo, Sellerio, 2004, p. 108.
  57. M. De Santis, La scatola sonora di Alberto Savinio. La critica come invenzione, cit., p. 564.
  58. S. Cirillo, Alberto Savinio. Le molte facce di un artista di genio, cit., p. 79.
  59. A. Savinio, Scatola sonora, cit., p. 21.
  60. A. Savinio, Souvenirs, cit., p. 202.

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