Riconoscersi nel racconto del mondo animale
Dario Ghisolfi, Riconoscersi nel racconto del mondo animale, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 57, no. 44, giugno 2024, doi:10.48276/issn.2280-8833.11688
«L’animale-uomo si è appropriato, nella notte dei tempi, del potere sugli animali, li ha addomesticati, schiavizzati, ma anche mitizzati o caricati di significati negativi. Al tempo stesso ha preso a raccontarli, a rappresentarli, a farne oggetto di scienza e di sapere1», nonché di educazione. Non solo nella tradizione italiana, ma – si può affermare con certezza – da sempre e ovunque l’essere umano ha elaborato e trasmesso la propria esperienza attraverso la narrazione. In particolare, il racconto del mondo animale ricorre in ogni capitolo della vicenda umana e nel tempo muta il proprio rapporto con l’essere narratore e il significato che riveste. Questo coinvolge diverse esperienze umane che sono parte integrante della formazione di ogni persona (il linguaggio, la memoria, domande esistenziali e così via). Dunque, si comprende come le possibilità offerte da questi spunti siano estremamente varie e diramate, tuttavia sono premesse doverose, poiché già da queste poche righe emerge il potere educativo di tale azione.
Come accennato in precedenza, anche la tradizione italiana è affollata di racconti sul mondo animale, dalle fiabe ai grandi poemi, romanzi più o meno contemporanei e via proseguendo, ma l’ambiente dove essi hanno trovato vita più florida è la narratività per l’infanzia, pedagogica. Ancora una volta, le diramazioni e concretizzazioni di questo filone sono numerose e diverse, di cui un esempio virtuoso sono i racconti utilizzati nel metodo educativo scout, Le storie di Mowgli (R. Kipling, 1933) e, nell’AGESCI, Sette punti neri (C. Ruschi Del Punta, 1980), particolarità dello scoutismo (in origine) femminile italiano, utile ad un confronto tra una tradizione consolidata e i vari mutamenti che questa permette.
I racconti tratti da queste storie vengono letti, interpretati o rappresentati a bambini e bambine di età tra gli 8 e i 11-12 anni, costruendo un ambiente fantastico che non solo funge da cornice alle esperienze della comunità, ma che è anche veicolo di significati e di una morale – indiretta2, poiché non espressa esplicitamente, ma svelata attraverso i personaggi e le vicende che attraversano. Non solo, i racconti scandiscono le stagioni dell’anno di attività e su di essi si costruiscono giochi3che contribuiscono all’architettura di questo immaginario. Cos’è il gioco se non un racconto “vissuto”? Questo è il varco che permette il riconoscimento4 di quello che bambini e bambine ascoltano e immaginano giocando con l’esperienza reale, che vivono in tutte le sfere della quotidianità. Il processo è a due vie: ogni membro della comunità (adulti compresi, che stringono questo patto implicito di gioco e di narrazioni con la controparte bambina) sia di estrarre dal racconto la propria esperienza, sia di portare all’interno dell’ambiente fantastico il proprio vissuto.
Il mezzo ideale per esprimere tutto ciò sembra essere proprio il mondo animale e i due racconti da cui è partita questa riflessione mostrano due volti in qualche modo complementari dell’esperienza narrata.
Sette punti neri è ambientato nel Bosco, al cui interno vivono personaggi e comunità molto diversi tra loro, la coccinella Cocci, protagonista del racconto, compie un viaggio che le permetterà di conoscere luoghi e caratteri inusuali – per una coccinella, s’intende – dal prato alla montagna, tra scoiattoli, serpenti e aquile. Significativo è l’incontro5 di queste realtà, che lascia alla fantasia di ogni persona il compito di riconoscere in quelle le esperienze che sono di per sé educative. Il mondo animale è specchio e mezzo di espressione di fenomeni e situazioni che sono condivise da un’intera comunità, senza perdere il prezioso contributo dell’interpretazione individuale.
Su un binario parallelo si pongono Le storie di Mowgli, ben più antiche e frutto di un diverso modo di intendere l’educazione e il mondo animale, oltre che di un diverso stile narrativo, che segue le orme della fiaba e della favola. Nella Giungla, dove vive il branco dei lupi di Seeonee, la comunità di Mowgli, non sono maestri gli incontri, bensì i personaggi6, archetipi morali che contengono valori e disvalori che guidano le loro azioni. Dunque, ancora una volta il mondo naturale e l’immaginario animale si fanno educatori e mezzo di relazione, trasmessi da animali-ideali, modelli da cui persone adulte e bambine della comunità possono attingere insegnamenti e somiglianze.
In verità, questo gioco dell’ambiente fantastico, il racconto degli incontri e dei personaggi maestri, se effettivamente ha una tale congruenza con la vita delle persone, non potrebbe essere, in qualche modo, reale? Forse una risposta non c’è, oppure sì, ma occorrerebbe scomodare pensieri e filosofie complesse. Il mondo animale, reale, lo è per certo, dunque affidarsi ad una sfera tanto vasta quanto longeva, in fondo, non sembra essere una cattiva idea.
«Della vita fantastica, i bambini hanno fame e sete, le fate e i maghi abitano nel loro pensiero e il fatto che non esistano nella realtà è per loro giustamente irrilevante, perché i regni della vita fantastica sono popolati di oggetti comunque invisibili e intangibili7».
Note
- Call for paper Bibliomanie 57, giugno 2024
- AGESCI branca L/C, Manuale della branca lupetti e coccinelle, Fiordaliso, Roma, 2022, p. 65
- Gioco è da intendere in senso lato: essere un lupetto è gioco, come ascoltare un adulto che ti racconta storie di terre lontane, come può essere un gioco esprimere con la creatività pensieri e idee.
- Ivi, p.75
- Ivi. p. 68
- Ivi, p.66
- N. Ginzburg, Senza fate e senza maghi in Vita immaginaria, Mondadori, Milano, 1974, pp. 160-166
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