Riflettendo sul romanzo di Daniele Mencarelli, Brucia l’origine
Angela Zangaro, Riflettendo sul romanzo di Daniele Mencarelli, Brucia l’origine , «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 58, no. 25, dicembre 2024, doi:10.48276/issn.2280-8833.12207
Lungo il transito dell’apparente dualità…1
Si nasce con due braccia, due gambe, due occhi e sempre più di frequente accade che una stessa vita si sdoppi.
Questo succede quando il nostro passato non coincide più con quello che siamo nel presente e così la vita di ieri e quella di oggi sono come il latte e l’olio in un bicchiere: vorremmo che si amalgamassero eppure ci affascina vederli così, uno sull’altro che non riescono a mescolarsi.
Capita che quando il presente è sdoppiato le due vite scorrono parallele senza incontrarsi mai: a volte sono gli stessi protagonisti a desiderare che ciò non accada, a cominciare dal protagonista di Brucia l’origine, il nuovo romanzo di Daniele Mencarelli in cui Gabriele Bilancini, un trentacinquenne cresciuto nella periferia del quartiere Tuscolano di Roma, realizza il suo sogno a Milano affermandosi come uno dei dieci designer emergenti più quotati al mondo.
A scovare questo talento il grande maestro milanese Franco Zardi, un artista rinascimentale, ma le capacità di Gabriele erano state già rese note dalla sua maestra delle elementari, che fece notare alla madre come il bambino fosse stato in grado di progettare una casa, con tanto di “divano comodo e spazioso”, così recitava la legenda; non a caso, dopo aver creato la poltrona Bilancia che gli aveva aperto le porte del successo sarà anche padre del divano Novus.
Quel divano è la sintesi della sua vita, un passato incancellabile che cerca spazio in un presente troppo diverso per capirlo.
A portare il giovane così in alto solo la sua tenace passione e i sacrifici sovrumani per raggiungere lo stesso livello culturale degli abitanti della Milano bene.
Si trasferisce a Milano, è come uno dei naufraghi de La zattera della medusa: lui ce l’ha fatta.
Dalla luce di un faro in mare, Gabriele passa alla luce dei riflettori degli ambienti chic milanesi.
Non basta. Il giovane non sarà accecato solo dal successo, ma anche dalla figlia di Zardi che ricambia il suo amore.
Dall’approdo a Milano tutto sembra perfetto, equilibrato, come un’opera di design; la sua è la storia di un ragazzo cresciuto in una famiglia semplice che fa fortuna grazie al suo talento lasciando a casa i genitori – meccanico di motorini il padre Mario, casalinga la madre Tania – e gli amici che fanno fatica a sbarcare il lunario o semplicemente a mantenere un buon equilibrio mentale, sopraffatti da tutto ciò che può essere misero, dallo stipendio al modo di percepire il mondo circostante.
Questi i protagonisti della vita che Gabriele si è lasciato alle spalle a Roma, quelli che si vantano del solo fatto di conoscerlo e contemporaneamente insinuano che lui possa aver usato delle scorciatoie per arrivare al successo.
Una volta arredata la sua nuova vita, Gabriele non vuole guardarsi indietro fino a quando decide di tornare per qualche giorno a Roma per i quarant’anni di matrimonio dei genitori ed è proprio qui che il latte di Milano si sovrappone ma senza mischiarsi all’olio di Roma rimanendo nello stesso bicchiere che altro non è che la vita del nostro protagonista.
Le pubblicità affisse ovunque, anche sugli autobus urbani, non fanno altro che ricordarci quanto sia facile e veloce raggiungere Roma da Milano, ma spesso risulta più difficile partire da zero e diventare un promettente designer che viaggiare per sole tre ore e mezza.
Ci capita di rimandare all’infinito le cose che ci spaventano, quando sarebbe meglio affrontarle subito.
Allora in punta di piedi Gabriele torna e sa bene sia cosa lascia a Milano che quello che troverà a Roma. Il divario tra le due città e le due vite del giovane designer è lampante, fin dalla prima frase del nuovo romanzo di Mencarelli.
Si parte dalle differenze circa le abitudini culinarie, una vera e propria religione dall’Italia centrale in giù. Gabriele vuole mimetizzarsi tra i componenti della sua famiglia, sente la necessità di camuffarsi tra gli altri ovunque vada, ovunque viva, mangia insaccati e formaggi al ristorante per poi chiedere a sua madre tra le stanze arredate senza gusto, che non vorrebbe mai mostrare a Camilla e a Franco Zardi, solo pasti leggeri. Le abitudini alimentari: un aspetto che spesso passa inosservato e denota un divario lampante tra Nord e Sud.
Come un aereo in avaria, gli amici di tutta una vita di Gabriele si schiantano al ristorante in cui la famiglia Bilancini festeggia l’anniversario e il ritorno del figlio prodigioso anziché prodigo.
A volere questa réunion Tania, che di incontri ne organizzerà diversi durante il soggiorno del figlio a Roma, spinta probabilmente dal desiderio inconscio di riportare il figlio vicino a sé, come se la regola fosse partire poveri per poi tornare più ricchi.
Non sappiamo se Tania davvero in cuor suo avesse in mente tutto questo né risulta contemplabile un giudizio di qualunque tipo nei confronti dei vivissimi personaggi di Mencarelli che se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo.
Lasciamo che accada ciò che vogliamo che accada ed evitiamo di fare ciò che possa turbare quello che crediamo sia l’equilibrio trovato: sarà per questo che Gabriele evita di vedere i suoi amici di una vita per ben otto anni?
Nel momento in cui ha lasciato Roma per raggiungere senza indugio Milano qualcosa tra lui e i suoi amici si è spezzato per sempre, nel presente hanno ben poco di cui parlare e non perché conducono vite diverse o perché lui ha raggiunto la ricchezza che gli altri possono solo desiderare, ma perché pur crescendo sono rimasti immobili.
«Dico, come hai fatto a rimane’ uguale a otto anni fa, stesso… tutto, stessi posti, stessa vita, identico a come te ricordavo, come hai fatto?»
Sembra un complimento, e forse lo è, oppure è l’esatto contrario: un insulto. La constatazione di un’immobilità al limite dell’umano, meglio, la reiterazione della stessa vita senza null’altro a volere.»
Li guarda con affetto fin quando scontrarsi con alcuni di loro risulterà inevitabile.
L’immobilità dei suoi amici, il fatto che abbiano coltivato nel tempo sentimenti e ideali totalmente opposti ai suoi, lo porterà in un vicolo di emozioni senza uscita.
«Per me, il lavoro è un’oasi protetta. Mi ha snervato stare qui… non mi ci ritrovo. Non pensavo che fermarmi qualche giorno in più mi stranisse così. Il mondo è cambiato ma qua è rimasto tutto immobile. Non mi ci ritrovo più. Anche con quelli di casa mia. E non faccio che tormentarmi per il senso di colpa, pe’ tutto. Non parliamo degli amici. Sai, quelli che pensano che i soldi siano davvero la panacea per tutto.»
Così come constatare che anche far parte di un’élite milanese non sia garanzia di felicità.
D’altronde, se i suoi amici non fanno altro che imitare la ricchezza, come sarà possibile far capire loro che ricco non è necessariamente sinonimo di felice?
Il grumo di malessere che lo aveva tenuto lontano da Roma per anni, che lo aveva portato a nascondere a Camilla molte informazioni sulle sue origini, cresce sempre di più dentro di lui o forse sarebbe meglio dire che semplicemente si risveglia.
Disorientato in ognuna delle sue vite, infelice tra gli infelici.
«Io, con il design, so’ stato il più fortunato. Lo so che lo pensate. Ed è vero. Però ve vojo di’ una cosa. Non credete… i traguardi che sognavamo da ragazzini, io l’ho raggiunti, e non è come me l’immaginavo. Alla fine, me sembra tutta una guerra tra formiche. Ce fanno desidera’ tante cose, ce mettono tante vite davanti come modelli, ma poi? Quello che conta veramente è sta’ bene con noi stessi, o almeno non in guerra.»
Un vortice di dolore urla in Gabriele ma in questo non è solo e non lo sa: tutto e tutti ancora una volta chiedono salvezza2.
Daniele Mencarelli, poeta e scrittore italiano, non smette di compiere un’azione di cui i lettori necessitano come l’aria: al pari della poetessa polacca Wislawa Szymborska riesce a far traslocare la vita così com’è su carta, arricchendo romanzo dopo romanzo il testo sacro della vita di esseri perfettamente imprecisi: gli uomini.
Nei suoi romanzi c’è posto per ogni lettore, da chi ha dovuto parlare almeno una volta con uno psichiatra, a chi non sa che avere figli sani non è scontato, a chi sa cosa significhi non avere figli sani3, a chi non era sensibile e lo è diventato, a chi lo è sempre stato troppo.
C’è posto per la me lettrice che pensava di viaggiare verso una meta e invece giunge ad un’altra destinazione, cosa che avviene quasi per ogni romanzo di Mencarelli; e avendo letto superando il limite di velocità, non ha potuto che schiantarsi su un finale sempre nuovo e sorprendente con il cuore tramortito ma pieno di gratitudine.
Note
- Franco Battiato, Nomadi
- Daniele Mencarelli, Tutto chiede salvezza, Milano, Mondadori, 2020; vincitore del Premio Strega Giovani 2020.
- Daniele Mencarelli, Fame d’aria, Milano, Mondadori, 2023.
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