L’ossessione infinita. Sul Dizionario del bibliomane di Antonio Castronuovo
Francesca Nepori, L’ossessione infinita. Sul Dizionario del bibliomane di Antonio Castronuovo, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 58, no. 26, dicembre 2024, doi:10.48276/issn.2280-8833.12251
Chi studia la storia del libro si troverà, prima o poi, a dover fare i conti col fenomeno del collezionismo librario, fondato sulla dolce passione della bibliofilia, fenomeno ricco di caratteri umani e degno di analisi. Non a caso il tema sta destando sempre maggiore interesse, e negli ultimi tempi si sono moltiplicate le proposte saggistiche dei “libri sui libri”. Spicca tra questi il Dizionario del bibliomane di Antonio Castronuovo (Sellerio, 2021), presto diventato un fenomeno culturale: decine di recensioni nelle più importanti testate giornalistiche, numerose segnalazioni in blog per amanti di libri, oggetto sui social-media di riconoscimenti da parte di chi lo ha letto e ne ha apprezzato l’acume, lo stile ironico e la prosa colta e lucente.
In parole semplici: l’autore ha percorso nelle sue pagine i fenomeni della bibliofilia e bibliomania mediante una struttura singolare: una collana di 225 brevi prose saggistico-narrative collocate in ordine alfabetico, arguta caricatura di un dizionario tematico. È una struttura che stimola alla libera lettura: non è necessario seguire l’ordine della paginazione, e la disposizione alfabetica serve solo ad assegnare al libro una parvenza di stabile architettura. La logica che tiene legate le diverse voci è infatti fondata sulla similitudine analogica: si può partire da qualunque pagina e leggere la scena che si vuole, come se i lemmi fossero un mazzo di carte da gioco da mescolare a piacere.
Da «accudire tarli» ad «apatia libraria», da «vendere autografi» a «fette biscottate», da «calpestare libri» a «crollo dei prezzi», da «geometrie di scaffale» a «letti tutti?», Castronuovo si muove con arguta intelligenza – addirittura con una sorta di maliziosa furbizia – all’interno del mondo del libro e ci insegna come questo universo non sia statico, fisso, immobile come le biblioteche con i loro ben ordinati scaffali tendono a rappresentarci, ma sia invero una dimensione alimentata da libri bruciati, rubati, sottratti alla vista, comprati, venduti, prestati e mai restituiti; e popolata, a sua volta, da personaggi strambi, maniaci, eclettici, astrusi, malati, ossessivi che nulla hanno a che vedere con le figure istituzionali che il mondo accademico rappresenta nei propri manuali disciplinari. Ogni voce è inoltre arricchita da riferimenti bibliografici, rimandi ad altri testi, non altro che la mappatura delle letture dell’autore, testimonianza concreta della sua bulimia libraria e substrato dai tratti parascientifici che l’ha guidato nell’impresa. E come ogni bibliografia che si rispetti, quella elencata a piè di voce muove il lettore ad altri vagabondaggi librari, al desiderio di altri testi, che è poi il fine ultimo che ogni libro dovrebbe avere.
Il titolo del volume è chiaro: si parla di bibliomania, degenerazione ossessiva della bibliofilia, impulso irrefrenabile per il quale si continua ad acquisire libri ben sapendo che li si accumulerà senza leggerli. Ma il modo con cui l’autore affronta il tema è stravagante: si cala tra collezionisti e bibliotecari, librai e antiquari, tra bibliologi e bibliografi, tra scrittori e lettori e li usa come bersaglio del proprio sarcasmo, uno scherno però sempre garbato. Pezzo a pezzo, l’autore spalanca la scena variopinta dei “morbi librari”: commedia eccentrica che porta in scena decine di morbose frenesie, senza nemmeno risparmiare l’autore medesimo.
Il tema centrale del libro è narrato ramificando l’albero delle specie che abitano il morbo bibliomaniaco. Non vi si trovano soltanto le note famiglie di bibliolatria, bibliofagia e biblioclastia: la luce si accende su molti altri fenomeni conturbanti, su specie ignote battezzate con stuzzicanti neologismi, allargando il campo delle schedature patologiche anche al mondo femminile, ugualmente tormentato. Alla fine si ha l’impressione di aver visitato un nosocomio di tutte le patologie possibili, tale è il numero delle manie su cui il libro spazia.
Le figure offerte alla nostra curiosità sono le stesse che percorrono le pagine dei manuali accademici di storia del libro. Il vescovo Richard de Bury, il quale, secondo il suo biografo William de Chambre, era un vero e proprio «maniaco» e «aveva più libri lui di tutti gli altri vescovi inglesi messi insieme. Aveva una libreria in ognuna delle sue residenze e, dovunque si trovasse, nella sua camera da letto c’erano libri dappertutto, tanto che era difficile non calpestarli». Un altro personaggio è Antonio Magliabechi, erudito vissuto a cavallo tra Sei e Settecento, bibliotecario alla corte dei Medici «noto per aver lasciato i suoi trentamila volumi a beneficio della città, che ne fondò una biblioteca – la Magliabechiana appunto, primo nucleo della Nazionale di Firenze». Magliabechi, continua il nostro autore recuperando alcuni aneddoti di Giuseppe Fumagalli, altro grande bibliografo e bibliotecario, «era in ogni caso tutt’uno con i suoi libri, non aveva tempo da perdere e leggeva mentre si cibava, lasciando tra le pagine come segnalibri fette di salame». Il lemma da cui sono tratte le citazioni magliabechiane è «Guanciali e coperte», e l’esempio scelto – uno tra i tanti – permette di approfondire un altro aspetto del libro, composto non da vere e proprie voci lessicali ma da loci (non) communes.
Se la storia della bibliografia ci ha insegnato che i loci communes sono argomentorum sedis, luoghi in cui ritrovare facilmente un argomento, un tema e in questo caso una patologia libraria, quelli di Castronuovo sono ripostigli tematici non comuni, illogici, astrusi, in quanto non solo è assente un legame logico e sequenziale che li tenga assieme, ma sono disordinati, disomogenei, non consequenziali, come l’eccentricità dell’argomento rappresentato, e tuttavia cuciti l’un l’altro da un filo rosso che il lettore bibliofilo ben coglie.
Per il resto, graziose stranezze, simpatiche stravaganze, a cominciare dalla primitiva scelta di accumulare in una abitazione privata una massa di libri di scomoda gestione. E a partire da questa base, gli episodi narrati nel libro sono uno più intrigante dell’altro: una gerla di episodi e ossessioni che emergono a ogni pagina, in una spettacolare casistica. E tutto questo lungo uno stile ricercato ma terso, sempre umorale. Singolare prodotto spiritoso, il Dizionario del bibliomane indaga con disinvolta eleganza quell’intreccio di tormenti di cui eravamo solo vagamente consapevoli. Pur vivendoli anche noi tutte le volte in cui, dentro una libreria, ci coglie la brama pressoché incontenibile di acquistare uno, anzi due, forse tre nuovi libri.
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