Bibliomanie

Mussolini visto da un bambino
di , numero 44, luglio/dicembre 2017, Saggi e Studi,

Come citare questo articolo:
Pierluigi Tombetti, Mussolini visto da un bambino, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 44, no. 4, luglio/dicembre 2017

Una nuova luce sull’uomo Mussolini dai ricordi vividi e intensi di un fanciullo, ora quasi novantenne, che incontrò più volte il capo del fascismo. Quello che i libri, i filmati d’epoca e gli articoli, non dicono e non possono dire.
Mi colpiscono sempre gli occhi lucidi, tremuli delle persone anziane quando raccontano di eventi lontani, che emergono con tutta la potenza emotiva di quando furono vissuti: memorie remote, eppure così presenti, vicine, da annullare il tempo.
E quando raccolgo testimonianze storiche di chi ha vissuto eventi degni di nota e li ricorda con eccezionale lucidità, menzionando la data, l’ora, le condizioni atmosferiche, le espressioni dei visi, i sentimenti provati in quel frammento di tempo congelato in un fotogramma di molti decenni prima, ne rimango sempre affascinato, perché scopro sempre aspetti nuovi, importanti, degni di nota. E spesso inediti.

LO SPECCHIO INFRANTO
La storia è uno specchio infranto, in cui si deve forzatamente raccogliere ogni pezzetto di tempo e rimetterlo al suo posto, collegandolo agli altri, comprendendone le analogie, i punti di contatto, i legami profondi: e nel fare questo i frammenti di ricordi riflettono immagini diverse, a seconda dell’angolazione da cui li si osserva. Per questo la storia ha sempre una luce nuova da diffondere, sfumature, colori, racconti – spesso nascosti – che devono emergere ed essere narrati.
È accaduto anche recentemente, incontrando un uomo interessante nato nel 1931, che ha conosciuto personalmente prima della guerra Benito Mussolini, ricavandone impressioni che offrono oggi una luce nuova, genuina e completamente diversa dalla propaganda di regime o da quella antifascista contemporanea.
La sua memoria lucidissima ha registrato fin nei minimi particolare i giorni, i visi, le espressioni, e riporta ogni cosa con la nitidezza di una fotografia in bianco e nero ma con il colore aggiunto della suggestione e delle emozioni che tali eventi suscitarono nel suo cuore di bambino, ancora racchiuso e conservato con cura nel suo cuore di nonno, quasi novant’anni dopo. Parla con tutta la forza della vita, che ancora scorre potente, come un flusso inarrestabile quando l’emozione gli prende la mano.
Il mio amico Max Ramadori, da sempre compagno di avventure e vagabondaggi letterari e non, lo ha scovato quasi per caso, e mi costringe moralmente a parlare con lui, conscio dell’importanza di tali ricordi, che non devono in nessun modo andare perduti, perché non sono ancora stati scritti sui libri.

UN TESTIMONE INSOLITO
Prendiamo così un appuntamento informale e quest’uomo molto avanti con gli anni ma con un portamento da settantenne in piena salute, alto, forte e vigoroso, con ancor tutti i capelli di un grigio appena accennato, ci riceve fuori della sua casa, nelle campagne romagnole a due passi da Cervia (RA).
Quest’uomo, che chiamiamo per convenzione Giovanni1 era all’epoca un bambino di campagna, in quella Romagna piccola ma già di gran moda, con le vaste spiagge esposte su un Adriatico ancora cristallino, i locali famosi, i Grand Hotel in cui spesso si incontravano divi del cinema muto, esponenti della bella società italiana, politici e statisti internazionali.
Giovanni incontrò più volte il Duce a Cervia, Savio e nelle zone vicine, dove all’epoca erano in costruzione le colonie volute dal capo del fascismo in cui i figli dei cittadini potevano liberamente trascorrere settimane e mesi al mare a spese dello Stato.
Nella zona alcune delle vie principali furono realizzate per ordine di Mussolini, e da lui presero il nome, come la Via Dux, che poi divenne l’attuale via Nullo Baldini.

UN DUCE DIVERSO
Il nonno di Giovanni, era maniscalco del nonno di Mussolini e questo creò la base e le occasioni per diversi incontri che avevano tutto il sapore della vita rurale; Giovanni ne trasse un’impressione molto chiara e limpida dello statista, impressa per sempre nella sua memoria: «Un uomo semplice e ntelligente. (…) Un uomo che non disdegnava di sedersi a tavola con la gente comune e in quelle circostanze si mostrava estremamente gentile e rispettoso. Lo sentii chiedere sempre il permesso anche solo per prendere un po’ di vino o qualcosa da mangiare.»
Mussolini si rivela dunque un uomo premuroso con i bambini della sua terra2: in una circostanza vide Giovanni giocare sull’alto argine di un fosso e si premurò di allertarlo, spiegandogli che era pericoloso giocare lì, invitandolo a tornare dai genitori.
In un’altra occasione, a distanza di tempo, Giovanni era salito, insieme ad altri bambini, sulla torre del Monopolio di Stato, a Milano Marittima, sul viale Matteotti. Attualmente la Torre è dimezzata, le fotografie d’epoca la mostrano in tutta la sua altezza. Era anche chiamata Torre della Gioventù fascista, utilizzata dai giovani che la salivano e scendevano per addestramento ginnico.
Ma in quella occasione Giovanni era salito insieme ai suoi amichetti per vedere il mare dall’alto, e in cima trovarono il Duce, lì giunto per lo stesso motivo. Non c’era ancora una parete di protezione adeguata e guardandoli giocare li fermò, spiegando loro la pericolosità di correre senza parapetto adeguato e li invitò di nuovo a tornare a casa. Nei ricordi nitidi cristallini di un novantenne, lo fece sempre con gentilezza, con un rispetto insolito che non riservava a volte nemmeno ai membri del suo staff.

FIGLIO DELLA SUA TERRA
Quando in un’occasione successiva Giovanni tornò sulla Torre, vi trovò una balaustra adeguata, ciò gli diede ulteriore conferma che: «Mussolini aveva a cuore il bene della sua gente, era un figlio della sua Terra, e sebbene fosse sempre preso da problemi politici, trovava fondamentale operare anche piccole costruzioni se era per il bene delle persone tra cui era nato.»
Giovanni ricorda che in tutte le occasioni in cui lo incontrò, Mussolini si comportava sempre in modo molto umano, e lo descrive come «(…) un padre, sempre molto gentile, che si preoccupava del popolo anche singolarmente.»
Un uomo che «(…) quando sedeva con la sua gente, era uno di loro, gli piaceva parlare delle stesse cose.» Giovanni ricorda di aver mangiato insieme a Mussolini varie volte, con la sua famiglia, e lui conversava con loro di attività agricole, di semi, raccolta, serre, trattori. Giovanni descrive un Mussolini attento, che pone domande rispettose ai contadini esperti, desiderava capire le metodologie e le necessità reali di quegli uomini. Era soprattutto la sua attitudine benevola che colpì il bambino, e ricorda come l’agricoltura sotto il fascismo ricevette un grande impulso, con politiche agrarie mirate e la bonifica di enormi territori successivamente convertiti a fondi agricoli.

FALSITÀ E OPPORTUNISMO
Un altro aneddoto raccolto durante l’intervista contribuisce a supportare le voci di ipocrisia e opportunismo che circondavano lo staff del Duce, sfociate nel tradimento finale del genero Galeazzo Ciano, Dino Grandi, e gli altri gerarchi che il 25 luglio 1943 votarono al Gran Consiglio del Fascismo il ritorno del Governo nelle mani del Re Vittorio Emanuele III.
Giovanni incontrò di nuovo Mussolini nel 1939 a Savio, nei pressi di un pontile di legno e ciò che vide lo convinse che «(…) Mussolini si era circondato di persone false e inette che non gli dissero mai la verità e non pensavano allo stesso modo, mentendogli anche su questioni importanti.»
Il giovanissimo testimone vide il Duce chiedere ai suoi fedelissimi quanti aerei avessero in zona. Le risposte suonarono agli orecchi di Giovanni come menzogne, perché in famiglia era noto da tempo che questi ufficiali fascisti ingannavano Mussolini spostando gli stessi aerei di aeroporto in aeroporto, mentendo sull’effettivo numero. Giovanni ricorda che Mussolini esclamò: «Con questi aerei possiamo anche fare una guerra!».

UN UOMO COMPRENSIVO MA DURO CONTRO GLI ARROGANTI
Ma nei ricordi di un bambino, il Duce era anche un uomo che in più occasioni mostrò apertamente di disapprovare i metodi di alcuni stretti collaboratori: «Per Mussolini il fascio era un simbolo di unità, di uguaglianza e fratellanza e lo sentii fare la voce grossa, tuonare contro i suoi assistenti che si erano presi libertà inappropriate nei confronti di persone comuni, della gente della mia zona, sfruttando il loro potere per imporsi con arroganza. Un giorno», continua l’anziano, «portando a casa il cavallo mi trovai a passare nei pressi del passaggio a livello del cimitero di Cervia e lì trovai una donna in lacrime vicino alla sua casa. Io ero solo un bambino e non mi sentii di chiederle cosa fosse accaduto ma fui testimone di una scena che mi colpì profondamente. Mussolini passò a poca distanza con la sua Bugatti e come vide la donna si fermò, scese dall’auto e le si avvicinò. Le chiese perché piangesse. Lei rispose con parole dure: «(…) Quei delinquenti fascisti hanno rovinato la vita a mio marito… Lo hanno picchiato e lo hanno reso invalido. Era l’unico che portava a casa lo stipendio. E adesso siamo ridotti in miseria!» Di nuovo, la donna scoppiò apiangere.
«Dove sono queste persone?» Rispose il Duce profondamente contrariato.
«Sono in piazza a Cervia, che gridano, si divertono e fanno baldoria… »
La donna non conosceva il Duce, come molti italiani che non leggevano il giornale, e seppure molti avessero la radio e le notizie circolassero, non tutti ne conoscevano il viso..
Giovanni ricorda ancora chiaramente la grande banconota da 1000 lire che Mussolini si tirò fuori dalla tasca e diede alla donna, incoraggiandola a prendersi cura di suo marito.
Giovanni, tornato di corsa a casa, raccontò tutto ai suoi e insieme al nonno allestì in tutta fretta il calesse per recarsi alla piazza principale di Cervia. Lì trovarono Mussolini che con il pugno chiuso inveiva di fronte a un nutrito pubblico gridando contro i colpevoli con parole di fuoco. Ricorda bene come agitasse il pugno chiuso sotto il mento di uno di questi redarguendoli per il loro comportamento non consono a uomini del fascio. Questi eventi si impressero per sempre nelle memorie del bimbo che li descrive come se si fossero svolti il giorno ieri.
Anche in questo caso, come in molti altri, la testimonianza oculare, seppure di un bambino, ci fornisce una visione differente da quella classica, e in vario modo la compendia: da questi eventi sembra evidente che Mussolini non approvasse la violenza gratuita e tenesse ai valori di base che aveva associato al fascio. Quella che emerge è l’immagine di un uomo che amava la sua gente e si metteva al loro stesso livello, che desiderava fare grande l’Italia per queste persone, di cui condivideva pienamente i valori radicati nella stessa terra.

MUSSOLINI. UN UOMO DAI DUE VOLTI
Nonostante questa immagine così umana nota a pochissimi, la politica estera del Duce evidenziò ben altre connotazioni negative, una volontà di conquista che calpestava tranquillamente i diritti e la libertà di altre nazioni, viste come barbare e da colonizzare con la cultura italiana, che provocò oltre mezzo milione di morti in Africa, su cui furono sperimentati anche i gas. La violenza con cui il fascio si impose in Italia, naturalmente, ne fu la prima avvisaglia.
Ma non è insolito che capi di stato passati alla storia per l’efferatezza delle proprie azioni si rivelassero in privato padri premurosi, cittadini gentilissimi con i propri connazionali, e di buon cuore, come nel caso del capo delle SS Heinrich Himmler3.
Per concludere uno scontato paragone con i politici di oggi mi strappa un sorriso: Giovanni aggiunge ridendo: «(…) Era un uomo piccolo che diventava col suo portamento un omone. Aveva un modo di parlare molto autoritario e quando apriva bocca immediatamente sembrava molto più grande di quanto fosse veramente. Non come quelli di adesso…»
Questa chiacchierata con Giovanni si è rivelata veramente utile e interessante. Non è facile avere accesso a informazioni di prima mano come queste, anche perché i testimoni sono quasi tutti morti. Si tratta di testimonianze oculari che aggiungono frammenti a uno specchio in frantumi, ne ricompongono l’immagine iniziale e riflettono una storia forse diversa da come siamo abituati a leggere, ma comunque vera, genuina, impressa per sempre nelle memorie di un bambino.

Note

  1. Egli non desidera che il suo nome venga pubblicato perché sa che qualcuno potrebbe accusarlo di presentare il fascismo in luce positiva. Al contrario il suo apporto in questo articolo riguarda essenzialmente l’uomo Mussolini, visto da un bambino e non riveste alcuna intenzione di positivizzare il fascismo, seppure ne riconosca anche gli aspetti positivi, per le opere volute da Mussolini in favore della crescita economica e sociale della nazione.
  2. Benito Mussolini nacque a Dovia di Predappio, una cittadina a 15 km a sud di Forlì, il 29 luglio 1883.
  3. Per la personalità di Himmler vedi P. TOMBETTI, L’Enigma occulto di Hitler. Il Terzo Reich e il Nuovo Ordine Mondiale, Arkadia Editore, Cagliari, 2013, pp. 212-230

Questo articolo è distribuito con licenza Creative Commons Attribution 4.0 International. Copyright (c) 2017 Pierluigi Tombetti