Bibliomanie

Raca
di , numero 27, ottobre/dicembre 2011, Letture e Recensioni,

Come citare questo articolo:
Monica Fabbri, Raca, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 27, no. 10, ottobre/dicembre 2011

Il sole si mangiava le schiene ricurve sui campi intente a raccogliere l’orzo. Più in là i pastori seguivano con lo sguardo le pecore ordinate e dimesse. Mancava poco all’ora di cena, due cose in fretta e furia, un saluto a Sara e poi finalmente dalle sue pergamene. Gli piaceva il latino così dolce ed armonioso, l’aveva imparato di nascosto da suo padre perché era la lingua degli invasori. Una leggera brezza lo accompagnava nella stradicciola di casa dove sempre lo attendeva seduto il vecchio padre che non lavorava più e gli aveva affidato tutti i suoi averi. O meglio quello che era rimasto da quando …
Ma che strano. Il padre stava con le braccia allargate, ancora possente come una statua e ai suoi piedi un miserabile cencioso. Che voleva da lui? Si era sparsa la voce che ormai il vecchio era rimbecillito da quando aveva dato parte dei suoi averi al figlio che se ne era andato ed ora tutti i reietti venivano lì a chiedere. Non si può rimproverare un vecchio, ma quante cose avrebbe voluto dirgli! Che cialtrone di padre! Non riconosceva e distingueva più nulla, nemmeno gli era riconoscente per essere rimasto lui solo a sostenerlo. Affrettò il passo con la rabbia nel cuore finché fu vicino a quell’individuo lercio più di un maiale; il viso era ancora nascosto dal lembo purpureo della veste del vecchio, ma le orecchie no, appuntite e aguzze.

Erano le sue, erano di quel raca di suo fratello. Raca, solo un raca, niente di più sussurò arrotolando la r. “Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio”. Certo. L’ipocrita. Lo aveva visto con i maiali di nascosto, non era neppure capace di pascolarli, sapeva bene quali fossero i pensieri di quel raca, lo aveva seguito durante tutti gli anni della scuola, visto che il padre non riusciva era lui che parlava con il maestro: “intelligente, ma si applica poco”. Al solito. Preferiva scorazzare nei campi, non farsi trovare e poi con un sorriso tirava via le carezze del vecchio. A lui andavano invece i consigli, gli ordini, fa questo, fa quello. Sì, va bene, sì padre. Ma ora, come un tuono dirompente, il padre disse ai servi “Presto, portate qui il vestito più bello, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.
Non capisci vecchio imbecille, le gambe gli tremavano tanto da farlo cadere piegato in due, non capisci che lui, in mezzo a quei porci, pensava soltanto ai suoi servi che stavano meglio di lui, al pane abbondante di casa nostra, mentre lui aveva il niente che si meritava. Ti ha portato via tutto, lo ha dato alle puttane e tu lo perdoni e gli dai il vitello grasso. Io volevo festeggiare con i miei amici perché mi sono fidanzato con Sara e tu, taccagno più che mai, non ci hai donato neppure un capretto. Gli occhi di brace lo imploravano ardenti, ma il vecchio rideva e saltellava. Chi sei tu che mi fai questo, che mi distruggi i pensieri, mi fermi il cuore? E io chi sono davvero? Quel raca pentito e puzzolente entrava in casa, le serve pronte a lavarlo, se le sarebbe portate a letto tutte quante. E il vecchio rideva, rideva. Ti strappo quel ghigno, vecchio malvagio. Sfiorava il pugnale, unico regalo del babbo.

Dammi la forza, mio Dio, di togliere di mezzo quel ghigno che mi ferisce, dammi la forza di alzarmi. Poi la mano del padre sulla spalla: “Vieni di là, ti prego, è arrivato quel raca di tuo fratello” … Ma allora il vecchio lo sapeva! E finalmente il figlio comprese. Si mise a ridere anche lui di gusto, non riusciva più a fermarsi. Si alzò con il cuore che faceva le capriole.



Quattr’occhi spalancati attendevano sospesi finché una vocina si insinuò tra le pieghe della storia:
“Rabbi, non capisco che cosa significa raca?”.
“Pirla”. Fu la risposta veloce e divertita.

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