Bibliomanie

Sulla Giornata nazionale della Letteratura
di , numero 44, luglio/dicembre 2017, Note e Riflessioni,

Come citare questo articolo:
Magda Indiveri, Sulla Giornata nazionale della Letteratura, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 44, no. 5, luglio/dicembre 2017

Ma è proprio necessaria, una “Giornata Nazionale della Letteratura”?
Non sono diventate esorbitanti, quindi invisibili, le “giornate” dedicate a qualcosa di importante? Non stanno trasformandosi in stanchi post-it scritti con pennarelli esauriti? “Ricordati di ricordare”: ma cosa dovevo poi ricordare?
Il catalogo, sappiamo bene, genera indifferenza se non è imbandito da un grande autore, ma di Omero o di Gadda ne incontriamo sempre meno.
Allora osiamo il calviniano antidoto dell’esattezza e proviamo ad analizzare la formula parola per parola.
Giornata – giorno pieno e lungo, “giorno chiaro e sereno” diceva Leopardi, tutto teso a uno scopo, dentro al lungo anno, una festa, segno rosso sul calendario. È di noi umani la consuetudine di segnare giorni speciali, di darci dei segnalibri, dei sigilli, perché nell’indistinto del tempo non riusciamo altrimenti a fermarci a riflettere e a valorizzare.
Nazionale è un aggettivo che ci fa bene ripetere. Nazionale, di tutti; tutti coloro che han messo piede – in quanti modi possibili! – sul suolo italiano. Ius soli, appunto: siamo qua, beatamente affacciati o faticosamente abbarbicati su queste rive: Dante già lo diceva (“così s’en vanno su per l’onda bruna…”) E Luzi, un po’ dopo di lui (“file d’anime lungo la cornice…”)
Siamo qua, e condividiamo una lingua, e la sua letteratura che è sempre in evoluzione e ci unisce.
Letteratura. Ecco cosa questa giornata (proclamata per il 26 ottobre scorso) vuole festeggiare: l’esistenza, la persistenza della letteratura. La sua presenza nelle nostre giornate. E anche se l’affannato lavoro o la desolata disoccupazione non ci fanno più aprire libro, la letteratura si riverbera ovunque, nelle pubblicità, nelle metafore masticate all’ora di pranzo, nelle concioni televisive, nei momenti di buona solitudine.
Ma c’è un tempo in cui si legge letteratura ogni giorno, il tempo della scuola. Alle otto e quaranta, alle undici e quindici, nelle mattine e nei corsi serali, nelle aule più diverse, possiamo stare sicuri che un/una docente legge ad alta voce, come un tempo nei refettori dei conventi. I bambini, gli adolescenti, i giovani seguono con gli occhi o leggono a loro volta. Si legge – nella parola letteratura è incistata la parola lettura – perché leggere letteratura è una competenza per la vita. Perché un romanzo ti inocula immedesimazione ed empatia, meccanismi cerebrali preziosi, secondo le neuroscienze, per la nostra sopravvivenza. È un tornare a casa, e avere pietà del piccolo drago che sta nei nostri armadi, come ci ha insegnato Anna Maria Ortese. E’ la carta dell’esistenza, primo strumento di conoscenza del neonato attraverso la lettura del genitore, che prosegue con questa doppia carica –il testo e la voce – nelle ore scolastiche. La letteratura è bifronte, innesca la voglia di creare il mondo e rende più forti contro manipolazioni e pregiudizi. Invita a pensare, mentre si legge, e ci dà una forma, opposta a quella slabbrata delle parole vacue o puntute della diseducazione quotidiana.
La “Giornata della letteratura” apre le aule, segnala a tutti che si legge sì, si legge in classe ogni giorno! e che c’è da esserne orgogliosi. Quando fu istituita tre anni fa, da parte dell’Associazione Italianisti, fu bandito come tema comune un “Dante a mezzogiorno”, nel sogno di un unìsono, allo scoccare dell’ora, di letture dantesche in ogni dove. E questo avvenne. L’anno scorso invece tutti a cavalcare nell’ottava ariostesca dietro ad Angelica, una splendida Sonia Bergamasco che lanciò il promo di “Letture furiose” su RaiLetteratura.
Quest’anno ci si è guardati nello specchio opaco del Novecento, dove il volto è maschera e viceversa. Gli studenti si sono filmati mentre leggono, hanno affiancato con le loro letture gli scrittori e i relatori, inventato una caccia al tesoro letteraria tra le aule sotto il titolo di “Volti e maschere del ‘900”. Dal monastero di Catania e di Palermo, da Acireale a Foggia, a Recanati, a Spoleto; da Napoli a Roma passando per Bari, per Firenze, per Pisa ed Empoli; e poi a Venezia, a Verona, a Padova, a Reggio Emilia nel glorioso teatro Valli e a Bologna, in una contagiante sinergia tra licei cittadini. Come si dice nel gergo scolastico, la giornata ha permesso ai ragazzi di riappropriarsi di quel che è naturalmente loro, la letteratura. Comprendendo quel che diceva Sciascia: che nulla di sé e del mondo sa la generalità degli uomini, se la letteratura non glielo apprende.

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