Bibliomanie

Francesco Selmi e le celebrazioni dantesche del 1865
di , numero 41, gennaio/giugno 2016, Saggi e Studi,

Francesco Selmi e le celebrazioni dantesche del 1865
Come citare questo articolo:
Fabiana Fraulini, Francesco Selmi e le celebrazioni dantesche del 1865, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 41, no. 4, gennaio/giugno 2016

Nel 1859 la direzione della «Rivista contemporanea» di Torino, rendendo onore al poeta tedesco Friedrich Schiller in occasione del centenario della nascita, celebrato il 10 novembre in Germania, si dice certa che «fra cinque anni sarà compiuta l’unità della patria» e propone che «la prima festa nazionale della nostra rigenerazione sia un’ammenda onorevole, sia la festa secolare di Dante Alighieri», «un uomo che pugnò con la spada e con la penna […] per l’unità della gran patria italiana»1. Il secolo si è aperto con manifestazioni di entusiasmo da parte di autori come Ugo Foscolo, Cesare Balbo e Silvio Pellico, che hanno contribuito con il loro pensiero e le loro opere ad affermare l’immagine di Dante quale padre della patria. Durante il Risorgimento, infatti, il poeta toscano viene sempre più considerato l’ideale unificatore, dal punto di vista sia linguistico sia politico, dell’Italia divisa. Negli anni immediatamente successivi all’Unità, il mito di Dante risulta essere più forte che mai tra le persone di cultura, e si inizia a pensare alle future celebrazioni del 1865, seicentesimo anniversario della nascita del Fiorentino 2.
Tra le figure che si prodigarono affinché l’Italia avesse le auspicate celebrazioni, una posizione di rilievo è ricoperta dal chimico e patriota Francesco Selmi3. Convinto che Dante sia «il primo e il più efficace tra i fattori della presente resurrezione nazionale4, tra il 1860 e il 1865 Selmi ricerca nelle biblioteche di tutta Italia informazioni sui codici danteschi5, progetta di comporre una Vita di Dante6 e stende notevoli testi dedicati all’interpretazione delle sue opere, saggi che gli procurano una certa fama presso gli studiosi. Tra questi scritti ricordiamo, in particolare, la preziosa dissertazione Il Convito. Sua cronologia, disegno, intendimento, attinenza colle altre opere di Dante, oltre a diversi articoli pubblicati nella «Rivista Contemporanea»7.
Lo studio dell’opera di Dante si configura, agli occhi di Selmi, come un potente fattore di sviluppo politico, morale e culturale per l’Italia, che ha da poco conquistato la propria unità politica e territoriale:

Richiamarci al primo dei classici dev’essere […] cura e senno degli uomini autorevoli, amanti della patria; né getteranno la fatica vanamente, volgendosi oramai anni propizii all’amore di casa nostra e al desiderio di rinverdire le antiche virtù. La dimestichezza di Dante ci medicherà delle tristi malattie della preferenza al forestiero, e ci aiuterà a ritemprarci da quell’infiacchimento morale in cui giacemmo avviliti: né è da dubitarne, essendo sempre avvenuto che, il culto e l’osservanza di esso, tornati in fiore portarono od accompagnarono in Italia la restituzione ad onore delle buone lettere, ed il rifulgere dell’idea nazionale8.

Uno degli aspetti che stanno più a cuore a Selmi è, infatti, la decadenza morale, politica e culturale in cui versa l’Italia del suo tempo, decadenza che trova le sue radici nei lunghi secoli di dominazioni straniere che flagellarono la Penisola:

[g]li ostacoli agli studi, la persecuzione infaticabile alle menti svegliate e più ardite, gl’impedimenti ai viaggi, alla cognizione dei progresso altrui, conservandoci in istato di funesta ignoranza, irruginendoci gl’intelletti, assuefacendoci ad acre accidia ed a vano orgoglio, furono pessimi tra i mezzi usati dalle cattive signorie ad estinguere in noi la coscienza di noi medesimi; e non solo operarono malamente sulla generazione che passa, ma predisposero a brutta inclinazione anche quella che sorge. E qui parmi urgente che si accorra a riparare il danno, poiché se ad una generazione fiacca ed insufficiente altra succedesse di non maggiori virtù, comincerei a dubitare di magnifici destini della patria9.

Di fronte a questa tragica situazione, urge la necessità di un intervento del Governo, che si faccia carico di uno sforzo riparatore tale da far tornare grande e stimata l’Italia nel consesso civile e intellettuale europeo. Fondamentale è, ad avviso di Selmi, incentivare lo studio della lingua e della letteratura italiane. L’opera di Dante, in questa ottica, risulta imprescindibile per lo sviluppo culturale della Penisola: «il nuovo fervore per gli studi danteschi ottenga il desiderabilissimo intento, di rincalorire gli Italiani allo studio dei classici, e concorra a ridonare alla patria nostra quel lustro nelle lettere che andò scemando, e che noi abbiamo obbligo di fare che nuovamente rinvigorisca»10.
La consapevolezza dell’assoluta rilevanza della lingua italiana nel progetto della rinascita del paese spinge Selmi, nel periodo in cui ricopre il ruolo di segretario generale del Ministero della Pubblica Istruzione dell’Emilia11, a farsi promotore di istituzioni capaci di incentivare gli studi letterari, storici e linguistici, volti a consolidare la coscienza nazione. A questo intento va ascritta, in particolare, la fondazione, il 10 febbraio 1860, delle Deputazioni di Storia Patria per le Provincie Modenesi, Parmensi e Romagnole, e, il 16 marzo del medesimo anno, della Regia Commissione per i Testi di Lingua12.
Nello stesso periodo, nel febbraio 1860, il ministro della Pubblica Istruzione Antonio Montanari presenta a Farini la seguente proposta, redatta da Selmi:

Eccellenza, il culto di Dante è culto del bello, del buono, del vero, di gloria, di religione, di lingua nazionale, è atto doveroso di riverenza e di gratitudine al primo cittadino al primo poeta della penisola; è segno di vita italiana risorta e che vuol mantenersi vigorosa e grande: è mezzo di ritemprarsi dal forestierume da che è infetta e ribevere alla pura e salutifera sorgente della nostra letteratura.
Dir di Dante molto non sarebbe qui opportuno, poco, parrebbe irriverenza. Spendere parola a persuadere V.E. che il Governo ha debito di consacrare qualche istituzione ad illustrarne le opere immortali ed in ispecie la Commedia, tornerebbe ad offesa di chi va insigne come storico e statista italiano.
Il Governo […] proporrebbe che in ciascuna delle Università dell’Emilia si erigesse una cattedra dalla quale si esponesse DANTE, o commentando qualche parte delle cantiche o dichiarando le ragioni dell’alto ingegno, degli intendimenti altissimi, onde il Poeta scrisse quei versi e quelle prose che lo resero Padre e conservatore della nostra letteratura.


In relazione a questa proposta, Selmi prepara anche il testo del decreto:

IL GOVERNATORE
Considerando che il culto di Dante è culto nazionale
Considerando che quanto più se ne volgarizzano gli altissimi intendimenti contenuti nelle opere immortali, ed in ispecie nella Commedia, tanto più si riaccenderà nel popolo nostro l’amore alla rettitudine e alla Patria
Considerando che uno dei mezzi principali a tale scopo si è l’esposizione chiara ed illustrativa da pubbliche cattedre
Su proposta del Ministero della Pubblica Istruzione

Decreta
Nella R. Università di Bologna, di Modena e di Parma è istituita una cattedra di commento a Dante13.


Il decreto, tuttavia, non viene firmato da Farini, e le tre cattedre, probabilmente a causa della sopraggiunta annessione amministrativa al Piemonte e della proclamazione del Regno d’Italia, non vedranno la luce.
Un altro progetto, però, sta a cuore a Selmi: l’edizione nazionale della Commedia dantesca, che egli caldeggia in particolare nei due articoli, usciti nella «Rivista Contemporanea» (aprile e luglio 1861), intitolati rispettivamente Di una edizione della Commedia da pubblicarsi nel sesto centenario della nascita di Dante e Di uno studio da fare per l’edizione nazionale della Commedia di Dante Alighieri. Questa idea è tutt’altro che nuova, essendo stata proposta diverse volte tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento14, ma trova nuova linfa in seno al Governo Provvisorio delle Provincie dell’Emilia, grazie soprattutto all’opera del dittatore Luigi Carlo Farini, il quale, nel gennaio 1860, commissiona al pittore parmense Francesco Scaramuzza una serie di disegni originali che rappresentino importanti episodi della Commedia e che vadano a ornare la nuova edizione. Come si evince da una lettera inviata da Scaramuzza a Selmi, è a quest’ultimo, in realtà, che si deve la decisione di affidare il gravoso compito all’artista emiliano, il quale impiegherà sedici anni a concludere l’impresa15. In seguito all’annessione delle Province emiliane al Regno sabaudo, il progetto passa nelle mani del ministro della Pubblica Istruzione, Terenzio Mamiani, il quale incarica Selmi, che in quel momento ricopre l’incarico di direttore capo della IV Divisione del Ministero, il compito di prendere contatto con i più accreditati dantisti dell’epoca16. Allo studioso Antonio Cappelli viene intanto affidato il compito di recarsi a Piacenza e a Milano per trascrivere le varianti dei codici danteschi, a spese del Ministero17. In un primo momento, Mamiani e Selmi pensano ad una edizione economica della Commedia, ma l’idea iniziale viene ben presto modificata poiché la casa editrice Pomba ha già avviato il medesimo progetto, affidandone la realizzazione a Giuseppe Campi18. Si decide pertanto di approntare un’edizione di pregio. Selmi interpella illustri studiosi sul modo migliore di condurre l’iniziativa, e si rivolge in particolare a Teodorico Landoni19, il quale il 19 settembre dello stesso anno invia una prima bozza del progetto20. La scelta del testo e la direzione dei lavori sono affidate al modenese Marco Antonio Parenti, che all’epoca è uno dei più stimati studiosi di Dante21.
La situazione, tuttavia, si complica in quanto, pochi mesi dopo, una Commissione fiorentina che ha per presidente il principe Ferdinando Strozzi, presidente anche della locale Accademia di Belle Arti, e per segretari Paolo Emiliani Giudici, Carlo Lorenzini (Collodi) e Iacopo Cavallucci22, diffonde un manifesto per un’edizione monumentale delle opere dantesche, la cui vendita, da promuoversi in tutti i Comuni d’Italia, oltre a sovvenzionare una riforma urbanistica di Firenze, che prevede il prolungamento della loggia dell’Orcagna adornata di simulacri di uomini illustri23, dovrebbe poter garantire i finanziamenti necessari a celebrare ogni cinque anni le Feste di Dante, «feste puramente civili, che avranno lo scopo di promuovere, rimeritandole con premi, le scienze, le lettere, le arti, e in generale la civiltà dell’Italia»24. Il 28 novembre Selmi, su incarico del Ministero, convoca Landoni a Torino. Mamiani ha deciso infatti di affidare allo studioso romagnolo il delicato compito di portarsi a Firenze per contattare i membri della locale Commissione, recando ad essi una lettera, datata 5 dicembre 1860, nella quale il Ministero, ritenendo la proposta toscana oltremodo ambiziosa ed economicamente gravosa, nega il proprio appoggio, suggerendo una rivisitazione del progetto e la stesura di un nuovo manifesto, nel quale sia centrale l’idea di un monumento al Poeta e di un’edizione nazionale delle sue opere. Il Ministro, inoltre, chiede che venga inclusa nella Commissione qualche studioso proveniente da altri territori italiani, in modo che il progetto si configuri non solo come fiorentino, ma anche e soprattutto come nazionale; che la scelta del testo dell’Edizione sia affidata a Marco Antonio Parenti; che tra i membri della Commissione figurino anche tre illustri dantisti stranieri, in modo da dare all’impresa un respiro internazionale25. I tentativi di Landoni di trovare un accordo tra la Commissione fiorentina e il Ministero, tuttavia, sono destinati al fallimento, e il 2 gennaio 1861 Mamiani gli ordina di lasciare Firenze. L’edizione promossa dal Ministero non viene realizzata, probabilmente anche a causa della malattia e della morte di Marco Antonio Parenti26. Le celebrazioni del 1865 non possono così fregiarsi dell’auspicata edizione delle opere, mentre vede la luce l’imponente miscellanea di studi Dante e il suo secolo27, frutto della collaborazione di importanti studiosi, tra i quali spiccano i nomi di Cesare Cantù, Gino Capponi, Francesco dall’Ongaro, Niccolò Tommaseo, Terenzio Mamiani, Gianbattista Giuliani e Giosue Carducci.
Avvicinandosi l’anniversario della nascita del Poeta, si moltiplicano le proposte per le celebrazioni. Il 10 febbraio 1864 esce a Firenze il primo numero del «Giornale del centenario di Dante Allighieri», che viene pubblicato ogni dieci giorni fino al maggio 1865, per concludersi con ulteriori due numeri, che appaiono – rispettivamente – nel settembre e nel dicembre dello stesso anno. Unitamente a questo giornale è stampato il foglio «La festa di Dante: letture domenicali per il popolo fiorentino», avente l’intento di estendere il più possibile la conoscenza di Dante. Nel maggio 1865 si svolgono, infine, i tre giorni di commemorazioni dantesche (14-16 maggio), in una Firenze appena diventata capitale del Regno d’Italia. Il momento culminante dei festeggiamenti è costituito dall’inaugurazione, la mattina del 14 maggio, del monumento a Dante realizzato da Enrico Pazzi, posto in piazza Santa Croce, alla presenza di Vittorio Emanuele II28. Selmi, che partecipa alle celebrazioni dantesche in qualità di rappresentante sia del Municipio di Modena sia della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie Modenesi29, in una lettera così scrive alla moglie:

Oggi fu il primo giorno della festa, la quale fu bellissima e di grande commozione. Tutta l’Italia era rappresentata da’ suoi uomini di lettere e dai più reputati cittadini dei diversi paesi, convenuti dall’uno capo all’altro. Quando, raccolti nella piazza di S. Spirito, ci incontravamo, e ci riconoscevamo di tante provincie poc’anzi separate ed ora congiunte, spuntavano le lagrime agli occhi. Sfilammo in lunga processione con bandiere, gonfaloni, bande musicali. Vi erano anche dei frati cappuccini colla bandiera tricolore su cui scritto: Roma capitale d’Italia. Furono molto applauditi, così fu applaudito molto il Municipio di Torino. Andammo a far capo tutti in piazza Santa Croce. Venne il Re, e lo si vide visibilmente commosso dallo spettacolo di tanti italiani. Si fece la funzione, si scoperse la statua di Dante, la quale riuscì più bella di quanto si aspettava. Fui a vederla oggi a lungo e ne sono contento. In sommo godo e non dimenticherò mai di aver partecipato alla presente solennità. […] Vorrei che i miei figli s’ispirassero all’amore del grande Poeta ed apprendessero ad essere studiosi, pronti a qualsivoglia sacrifizio pel loro paese e per la giustizia30.

Come auspicato dalla «Rivista contemporanea», il 1865 vede così svolgersi la prima vera e propria festa nazionale, e l’anniversario dantesco si risolve in un inno all’unità ritrovata: come viene riportato nella descrizione anonima contenuta nel «Giornale del centenario», «sembrava che tutta la gran patria scosso il giogo della servitù straniera e nostrale accorresse a onorare l’altissimo Poeta […]. [L]a gioia del 14 maggio là sulla piazza S. Croce ha agitato il cuore di tutta l’Italia»31.

BIBLIOGRAFIA

Testi di Francesco Selmi

Di una edizione della Commedia da pubblicarsi nel sesto centenario della nascita di Dante, «Rivista Contemporanea», a. IX (1861), vol. XXV, pp. 62-82.
Di uno studio da fare per l’edizione nazionale della Commedia di Dante Alighieri, «Rivista Contemporanea», a. IX (1861), vol. XXVI, pp. 70-87.
Di alcuni tratti e dell’intero episodio di Francesca da Rimini, «Rivista Contemporanea», a. X (1862), vol. XXXI, pp. 430-467.
L’intento della Commedia di Dante e le principali allegorie considerate storicamente, «Rivista Contemporanea Nazionale Italiana», a. XII (1864), vol. XXXVI, pp. 268-283, 408-419, e vol. XXXVII, pp. 83-101, 245-265, 433-449.
Due componimenti inediti di Dante Alighieri, «Rivista Contemporanea Nazionale Italiana», a. XII (1864), vol. XXXVI, pp. 98-102.
Del concetto dantesco, libero papa in libero impero; del desiderato e del trionfo di Beatrice, «Rivista Contemporanea Nazionale Italiana», a. XII (1864), vol. XXXIX, pp. 260-283, 407-424.
Il Convito. Sua cronologia, disegno, intendimento, attinenza colle altre opere di Dante, Torino, Paravia, 1865.
Chiose anonime alla prima cantica della Divina Commedia di un contemporaneo del poeta pubblicate per la prima volta a celebrare il sesto anno secolare della nascita di Dante, Torino, Stamperia Reale, 1865.

Testi su Francesco Selmi
Amorosa, Michele: Ricordando Francesco Selmi nel centenario della morte, «Bollettino della Società Italiana di Farmacia Ospedaliera», vol. XXVIII (1982), fasc. 1, pp. 17-19 (ora in «Gente di Panaro», vol. 13 [2011], pp. 99-102).
Barbiroli, Bruno: Francesco Selmi e la chimica biologica, «Rassegna per la storia della Università di Modena e della cultura superiore modenese», vol. VIII (1981), pp. 85-95.
Bartoli, Giovanni – De Fazio, Francesco – Amorosa, Michele: Francesco Selmi. L’uomo, lo scienziato, il politico, Vignola, Comune di Vignola, 1981.
Canevazzi, Giovanni: Francesco Selmi Patriotta, Letterato, Scienziato. Con Appendice di Lettere inedite, Modena, Tipografia Forghieri e Pellequi, 1903.
Id.: Per la fortuna di Dante a Modena, «Atti e memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie Modenesi», S. VII, vol. I (1921).
Casini, Tommaso: Selmi Francesco, «Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie Modenesi», S. IV, vol. X (1900-1901), parte III (Bio-bibliografie de’ soci effettivi, 1901), pp. 391-416.
Ciardi, Marco: Francesco Selmi e la chimica torinese nell’età del Risorgimento, in L. Cerruti – D. Turco (a cura di), Atti del XI Convegno Nazionale di Storia e Fondamenti della Chimica (Torino, 21-24 settembre 2005), Roma, Accademia Nazionale delle Scienze, 2005, pp. 79-88 (una versione lievemente accresciuta di tale contributo è presente in questa monografia: Id., Reazioni tricolori. Aspetti della chimica italiana nell’età del Risorgimento, Milano, Franco Angeli, 2010, pp. 116-125 [cap. 5: Francesco Selmi e Ascanio Sobrero: chimica, tecnologia e politica]).
Daccomo, Gerolamo: L’opera scientifica di Francesco Selmi, «Annuario della Regia Università di Modena», 1908-1909 [ma: 1909], pp. XVII-CXXIII.
De Fazio, Francesco: Francesco Selmi e la medicina legale, «Rassegna per la storia della Università di Modena e della cultura superiore modenese», vol. VIII (1981), pp. 97-108.
Di Pietro, Pericle: Studi d’interesse medico-biologico di Francesco Selmi, chimico e patriota, «Rivista di storia della medicina», a. V (1961), fasc. 2, pp. 159-166.
Id.: Biografia e bibliografia di Francesco Selmi, «Rassegna per la storia della Università di Modena e della cultura superiore modenese», vol. VIII (1981), pp. 26-71. F. Fraulini, Francesco Selmi e i Trattati morali di Albertano da Brescia. L’importanza della lingua nazionale per l’Italia unita, «Bibliomanie», n. 38 (2015).
Gavioli, Francesco: Selmi Francesco, in Id., Vignola. Un popolo una chiesa una storia, 2 voll., Vignola, Libreria dei Contrari, 1994, vol. II, pp. 541-548.
Guareschi, Icilio: Francesco Selmi e la sua opera scientifica, «Memorie delle R. Accademia delle Scienze di Torino», S. II, vol. LXII (1911), pp. 125-272 (anche in volume a sé, recante lo stesso titolo: Torino, Bona, 1911).
Ieluzzi, Gianmarco: Francesco Selmi e i sistemi colloidali, in L. Cerruti – D. Turco (a cura di), Atti del XI Convegno Nazionale di Storia e Fondamenti della Chimica, cit., pp. 89-98.
Lodovisi, Achille – Venturelli, Piero: Francesco Selmi: scienze e lettere al servizio dell’idea nazionale, «Il Pensiero Mazziniano», N.S., a. LXIV (2009), fasc. 3 [ma: 2010], pp. 17-28.
Mancuso, Erasmo: L’archivio privato di Francesco Selmi, Tesi di laurea, relatore il prof. Umberto Marcelli, Facoltà di Lettere, Università degli Studi di Bologna, a.a. 1969-1970.
Sighinolfi, Lino: Le cattedre dantesche nell’Emilia e la prima edizione nazionale della Divina Commedia, «Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie di Romagna», S. IV, vol. XIII (1923), pp. 264-285.
Sobrero, Ascanio: Commemorazione del professor Francesco Selmi, «Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino», vol. XVII (1882), fasc. 2, pp. 131-136.
Taddei, Ferdinando: Francesco Selmi patriota e scienziato, in Aa.Vv., Pagine di Risorgimento nelle terre estensi, Atti delle Sedute di studio (Modena, 3-24 novembre 2011), Modena, Terre e Identità, 2013, pp. 7-30.

Note

  1. G. Strafforello, La festa secolare di Schiller, «Rivista Contemporanea», a. VII (1859), vol. XVIII, pp. 438-444: 444. L’articolo è preceduto dal seguente comunicato, a firma della direzione della rivista: «La festa del centenario di Schiller celebrata da tutte le colte nazioni il 10 novembre scorso, ha suggerito agl’Inglesi d’istituirne una simile pel loro grande Gugliemo Schakespeare, nato il 23 aprile 1564 e già si stanno facendo splendidi apparecchi. L’anniversario secolare della nascita di Dante ricorre un anno dopo quello di Shakespeare (ei nacque nel maggio 1265). Speriamo che gl’Italiani vorranno imitare l’esempio dei Tedeschi e degl’Inglesi, festeggiando anch’essi con una solennità nazionale il centenario di Dante […]. La Rivista contemporanea perciò propone agl’Italiani la celebrazione del centenario di Dante nel 1865» («Rivista Contemporanea», a. VII [1859], vol. XVIII, p. 437).
  2. Relativamente all’ampia bibliografia sulla fortuna di Dante nel Risorgimento, ci limitiamo in questa sede a rimandare a G. Mazzoni, Dante nell’inizio e nel vigore del Risorgimento, in Id., Almae luces malae cruces. Studi danteschi, Bologna, Zanichelli, 1941, pp. 59-88; A. Vallone, La critica dantesca nell’Ottocento, Firenze, Olschki, 1958; Aa.Vv., Dante nel secolo dell’Unità d’Italia. Atti del I Congresso Nazionale di Studi danteschi (Caserta-Napoli, 21-25 maggio 1961), Firenze, Olschki, 1962; C. Dionisotti, Varia fortuna di Dante (1966), in Id., Geografia e storia della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 1999, pp. 255-303; A. Ciccarelli, Dante and the Culture of Risorgimento. Literary, Political or Ideological Icon?, in A.R. Ascoli – K. von Henneberg (edited by), Making and Remaking Italy, Oxford, Berg, 2001, pp. 77-102; F. Mazzoni, Il culto di Dante nell’Ottocento e la Società Dantesca Italiana, «Studi Danteschi», vol. LXXI (2006), pp. 335-359; E. Querci (a cura di), Dante vittorioso. Il mito di Dante nell’Ottocento, Torino, Allemandi, 2011; Aa.Vv., Culto e mito di Dante. Dal Risorgimento all’Unità, Atti del Convegno (Firenze, 23-24 novembre 2011), «La rassegna della letteratura italiana», a. CXVI (2012), fasc. 2; A. Cottignoli (a cura di), Dante nel Risorgimento italiano, Ravenna, Longo, 2012; D. Balestrucci, Medioevo e Risorgimento. L’invenzione dell’identità italiana nell’Ottocento, Bologna, il Mulino, 2015, pp. 75-78.
  3. Nato nel 1817 a Vignola, cittadina facente allora parte del Ducato di Modena, Francesco Selmi negli anni Quaranta dell’Ottocento partecipa alle Riunioni degli Scienziati italiani e, nonostante la scarsità di mezzi e strumentazioni, svolge importanti ricerche che pongono le basi della chimica dei colloidi; inoltre, si dedica alla chimica biologica. Figura tra gli animatori dell’insurrezione scoppiata nel marzo 1848 a Reggio Emilia, dove fonda il «Giornale di Reggio», quotidiano di tendenza liberale e patriottica. In seguito al fallimento dei moti, si rifugia a Torino, e fino al 1859 opera nel laboratorio di Ascanio Sobrero, con il quale ottiene risultati scientifici di notevole rilevanza, come la scoperta del tetracloruro di piombo. Nel 1854 svolge, su incarico del Governo sabaudo, ricerche sulle proprietà fertilizzanti del guano in Sardegna, e due anni più tardi inventa la pila a triplice contatto, che viene subito applicata con profitto alle trasmissioni telegrafiche, nell’argentatura e doratura, nella galvanoplastica e nell’estrazione del rame. In questo torno di tempo, è impegnato anche nella traduzione di opere scientifiche straniere e nella stesura di volumi aventi lo scopo di divulgare le scoperte e le innovazioni in campo chimico che stanno maturando nei vari Paesi europei. A partire dal 1867, e cioè durante gli ultimi tre lustri della sua vita, ricopre la cattedra di Chimica Farmaceutica e Tossicologica presso l’Università di Bologna, e si dedica a fondamentali ricerche di chimica tossicologica: risale a questo periodo la scoperta delle «ptomaine», sostanze che si formano nel processo putrefattivo del cadavere e che a quell’epoca sono ancora sovente confuse con gli alcaloidi venefici. In seguito a tale scoperta, vengono richieste a Selmi perizie in diversi processi per avvelenamento; è inoltre nominato presidente della Commissione per lo Studio della Prova Generica del Venefizio, istituita dietro suo suggerimento nel 1880 dal Ministero di Grazia e Giustizia. Nel frattempo, compie anche indagini su ammine patologiche particolari («patoammine») prodotte nel corso delle malattie infettive e cura la monumentale Enciclopedia di chimica scientifica e industriale, opera in undici tomi più tre di supplemento, stampata tra il 1868 e il 1881 dall’Unione Tipografica Editrice Torinese (Utet), che si pone l’ambizioso obiettivo di raccogliere tutte le nozioni della chimica e le sue applicazioni nei vari campi del sapere. Muore nella natia Vignola, in seguito a un incidente di laboratorio, nel 1881.
  4. F. Selmi, Di una edizione della Commedia da pubblicarsi nel sesto centenario della nascita di Dante, «Rivista Contemporanea», a. IX (1861), vol. XXV, pp. 62-82: 63. Questa concezione viene ribadita da Selmi anche tre anni più tardi: a Dante, scrive infatti, «appartenga l’onore di avere contribuito colle opere sue a mantenere perpetuo nelle menti italiane, il sentimento santissimo della carità patria. Onde, successe sempre che il culto nazionale verso di lui si raffreddasse o si riaccendesse, conformemente coll’indebolire od al risorgere dell’amore in noi per il paese nativo» (Id., Due componimenti inediti di Dante Alighieri, «Rivista Contemporanea Nazionale Italiana», a. XII [1864], vol. XXXVI, pp. 96-102: 96)., dacché la sua parola gridò Italia sei secoli fa, e lungo questi settecent’anni ripeté il santo nome alla mente del numero infinito di coloro che lessero e meditarono quelle pagine eterne»
  5. Importanti risultati di queste sue ricerche sono il rinvenimento e l’edizione di un sonetto (Io sono stato con amore insieme) e di una canzone (Era ’n quel giorno che l’alta Reina) attribuiti a Dante (entrambi pubblicati in F. Selmi, Due componimenti inediti di Dante Alighieri, cit.), oltre al ritrovamento di un commento trecentesco anonimo dell’Inferno, che viene stampato con il titolo Chiose anonime alla prima cantica della Divina Commedia di un contemporaneo del poeta pubblicate per la prima volta a celebrare il sesto anno secolare della nascita di Dante (Torino, Stamperia Reale, 1865). Relativamente alle Chiose, si rimanda a F. Pellegrini, Le chiose all’Inferno edite da F. Selmi e il cod. Marciano Ital. cl. IX n. 179, «Giornale Storico della Letteratura Italiana», vol. XIV (1889), pp. 421-431; F. Mazzoni, «Chiose Selmiane», in Enciclopedia Dantesca, vol. I, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1970, pp. 973-974; A. Stefanin, Indagini sulla tradizione manoscritta delle chiose anonime all’Inferno pubblicate da Francesco Selmi, «Studi (e testi) italiani», a. II (1999), fasc. 2 (Dante e i “Locus inferi”. Creazione letteraria e tradizione interpretativa), pp. 73-134.
  6. «Avrei amato meglio, che, a mio tributo modesto di riverenza al Sommo, di cui Italia sta per festeggiare il sesto anno centennale dalla natività, fosse stata pronta quella Vita di esso, cui attendo da qualche tempo. Ma, per quanto mi vi affaticassi, non riuscii a condurla a tal punto né da compierla in tempo, né da averla a buon termine. Gravi ostacoli mi si opposero; e principalmente le difficoltà di mettere in chiaro certi fatti, ancora oscuri e inestricati, relativi od alle azioni di lui od agli avvenimenti nei quali partecipò. Laonde preferii soprassedere; continuare frattanto nelle indagini; valermi delle cose che si stamperanno in questa occasione, per accrescere il peculio delle cognizioni che a lui si riferiscono» (F. Selmi, Al lettore, in Id., Il Convito. Sua cronologia, disegno, intendimento, attinenza colle altre opere di Dante, Torino, Paravia, 1865, pp. V-VIII: VI). Secondo Giovanni Canevazzi, inoltre, Selmi, oltre a tenere alcune conferenze di argomento dantesco, sceneggiò un dramma, rimasto incompiuto, nel quale dovevano figurare come personaggi principali Dante e Beatrice (cfr. G. Canevazzi, Per la fortuna di Dante a Modena, «Atti e memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie Modenesi», S. VII, vol. I [1921], pp. LIII-LIV).
  7. Di alcuni tratti e dell’intero episodio di Francesca da Rimini, «Rivista Contemporanea», a. X (1862), vol. XXXI, pp. 430-467; L’intento della Commedia di Dante e le principali allegorie considerate storicamente, «Rivista Contemporanea Nazionale Italiana», a. XII (1864), vol. XXXVI, pp. 268-283, 408-419, e vol. XXXVII, pp. 83-101, 245-265, 433-449; Del concetto dantesco, libero papa in libero impero; del desiderato e del trionfo di Beatrice, «Rivista Contemporanea Nazionale Italiana», a. XII (1864), vol. XXXIX, pp. 260-283, 407-424.
  8. F. Selmi, Di una edizione della Commedia da pubblicarsi nel sesto centenario della nascita di Dante, cit., p. 66.
  9. F. Selmi, Di alcune ragioni della presente mediocrità in Italia, «Rivista contemporanea», a. X (1862), vol. XXVIII, pp. 383-428: 425. Su queste tematiche, Selmi torna in diverse occasioni, inserendosi all’interno di una tradizione di studi tipicamente settecentesca (cui appartengono, ad esempio, alcuni scritti di Agostino Paradisi il Giovane, nato anch’egli a Vignola, ma Reggiano d’adozione: a proposito della sua importante Epistola contro Alexandre Deleyre, cfr., da ultimo, in questo stesso numero di «Bibliomanie», P. Venturelli, «La Minerva o sia Nuovo giornale de’ letterati d’Italia», rivista mensile impressa a Venezia dal 1762 al 1767, § 4) che interroga la storia alla ricerca dei motivi della presente decadenza dell’Italia. Si vedano, in particolare, Id., L’ingegno italiano e convenienza del Governo di assecondarne il rifiorimento, «Rivista Contemporanea», a. IX (1861), vol. XXVI, pp. 272-284 e 383-401; Id., La lingua nazionale nell’Italia nuova, «Rivista Contemporanea», a. IX (1861), vol. XXVII, pp. 344-382.
  10. F. Selmi, Al lettore, in Id., Il Convito, cit., p. VIII.
  11. Incarico che ricopre dal 10 dicembre 1859 al 10 aprile 1860, data in cui viene designato capo della 3a Divisione del Ministero a Torino, e successivamente (20 aprile 1860) direttore capo di Divisione di 1a classe. Il 16 maggio 1861 è nominato provveditore agli Studi di Brescia, ma non accetta la carica. A settembre il trasferimento viene revocato e l’anno seguente Selmi assume la carica di provveditore agli studi di Torino, città dove svolge fino al 1867 una proficua opera di ordinatore del sistema scolastico. Dal marzo al dicembre 1862 funge momentaneamente da capo di Gabinetto del Ministero. La carriera di Selmi all’interno del Ministero si interrompe bruscamente, per motivi ancora da chiarire, nel 1867, quando gli viene affidata la Cattedra di Chimica Farmaceutica e Tossicologica a Bologna. Probabilmente a questa nomina, e al conseguente allontanamento degli incarichi ministeriali si riferisce la seguente missiva, di cui si ignora il destinatario: «[A] cinquant’anni d’età, con venticinque di servizio, con qualche merito acquistato nelle scienze e nelle lettere, con tre premi da me guadagnati, uno all’Accademia di Bologna, l’altro a quella di Torino, e il terzo dell’Istituto di Milano: coll’opera data alle cose politiche e undici anni di esilio sperava di non essere posposto ad altri più giovani di me che servirono meno o fecero meno. Ma dacché si volle altrimenti, così pur sia. Mi permetta almeno la S.V. Ill.ma, di non averle a tacere, che è molto doloroso all’uomo onorato che occupò l’intera sua vita negli studi, che non ha verun rimorso sulla coscienza di aver mancato ai propri doveri come pubblico ufficiale; che preferì nel 1848 rimanere esule in perpetuo, piuttosto che cedere all’invito fattogli mandare in iscritto dall’ex duca di Modena di ritornare in patria ad assumervi la cattedra di Chimica organica, purché facesse sommessione alla restaurazione estense, è doloroso, io replico, che sotto il Governo del Re d’Italia, io sia stato sempre trascurato e posposto agli altri» (la lettera è riportata in G. Canevazzi, Francesco Selmi patriotta, letterato, scienziato. Con Appendice di Lettere inedite, Modena, Tipografia Forghieri e Pellequi, 1903, p. 79). Sulla carriera amministrativa di Selmi, si rimanda, in particolare, a ivi, pp. 40-44; E. Mancuso, L’archivio privato di Francesco Selmi, Tesi di laurea, relatore il prof. Umberto Marcelli, Facoltà di Lettere, Università degli Studi di Bologna, a.a. 1969-1970, pp. 156-167 (cap. VI: Francesco Selmi funzionario ministeriale).
  12. Cfr. Raccolta degli atti governativi pubblicati nelle provincie delle Romagne e dell’Emilia dal 12 giugno 1859 al 18 marzo 1860, Bologna, Lorenzo Becchioni Tipografo-Editore, 1860, pp. 620-633, 658-659. Si veda, inoltre, il Rapporto al governatore steso dall’allora ministro della Pubblica Istruzione Antonio Montanari, con il quale chiede al dittatore Farini la fondazione delle Deputazioni («Atti e memorie delle RR. Deputazioni di Storia Patria per le Provincie Modenesi e Parmensi», vol. I [1863], pp. IX-XI: X). Relativamente alla creazione delle Deputazioni e della Commissione, si rimanda a F. Di Pretoro, Luigi Carlo Farini e la sua attività legislativa nel campo degli studi storici, filologici e danteschi (1859-1860), «Il Risorgimento e Luigi Carlo Farini», a. II (1960), fasc. 3, pp. 167-176: 169-172; F. Fraulini, Francesco Selmi e i Trattati morali di Albertano da Brescia. L’importanza della lingua nazionale per l’Italia unita, «Bibliomanie», n. 38 (2015).
  13. Il decreto, conservato nell’Archivio di Stato di Modena, è riportato integralmente in L. Sighinolfi, Le cattedre dantesche nell’Emilia e la prima edizione nazionale della Divina Commedia, «Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie di Romagna», S. IV, vol. XIII (1923), pp. 264-285: 266-267, e in G. Canevazzi, Per la fortuna di Dante a Modena, cit., p. L.
  14. F. Mazzoni, «Edizione Nazionale», in Enciclopedia Dantesca, vol. II, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 1970, pp. 630-632; Id., La Società dantesca italiana e la formazione delle altre Società dantesche, in Aa.Vv., Dante nel secolo dell’Unità d’Italia, cit., pp. 45-55: 51-53.
  15. «Quando la tua bontà volle procacciarmi l’onore ed il vantaggio delle illustrazioni a penna della Divina Commedia […], mi si affacciarono le difficoltà e la gravezza dell’impresa; ma siccome lo schermirsi avrebbe potuto sembrare sconoscenza; anzi sarebbe stato affatto contrario ai sentimenti del mio grato animo, dissi che mi sarei provato; volli accingermi al lavoro, e mi vi son posto, come suol dirsi, con l’arco dell’osso. In tre mesi ho mandato a termine alcuni disegni, e questo, che è una parte infinitesima, un nonnulla a paragone della restante fatica, mi ha dimostrato, è forza ch’io lo confessi, essermi impossibile proseguire senza affievolire la vista, logorare la vita e non più dedicarla a quell’arte pittorica a cui devo le poche consolazioni onde furono temperate le mie molte amarezza! Malgrado ciò, ho lottato con me medesimo; lo spontaneo tuo pensiero a favor mio, l’amore, la stima che ti piace di concedermi e dei quali mi offristi splendida prova nel procacciarmi sì onorevole commissione, avrebbe voluto che a qualunque costo io non cercassi di abbandonarla […]» (la lettera è riportata in G. Canevazzi, Per la fortuna di Dante a Modena, cit., pp. 216-217). Nel prosieguo della lettera, Scaramuzza lancia l’idea di illustrare il poema dantesco mediante pitture, da esporre a Parma: «Fa dunque ch’io possa metter da banda la penna, stromento mal atto alle mie mani, e ripigliare il pennello e la mia tavolozza, che stanno là a farmi un muto rimprovero, ed a cacciarmi fuor della palpebra una lacrimuccia, come antichi, abbandonati compagni; fa ch’io possa tornar con essi a rabescare, ed impiastricciar qualche muraglia, sarà il più grande conforto con cui tu possa rallegrare» (ivi, p. 218). Selmi dovette convincerlo ad abbandonare tale proposito, poiché Scaramuzza proseguì a illustrare la Commedia. Il 2 gennaio 1860 un decreto di Farini aveva assegnato a Scaramuzza una retribuzione annua di 1500 lire fino al 1865 per portare a termine l’impresa. Nel 1865, all’interno dell’esposizione dantesca di Firenze, vennero collocate settantatré illustrazioni dell’Inferno. Alla fine, i disegni realizzati dall’artista emiliano furono oltre 240, e vennero esposti nell’aprile 1876 a Parma. Sulle illustrazioni della Commedia di Scaramuzza, si rimanda a G. Canevazzi, Francesco Selmi patriotta, letterato, scienziato, cit., pp. 56-57; Id., Per la fortuna di Dante a Modena, cit., p. 217, nota 1; Esposizione dantesca in Firenze, maggio 1865: cataloghi, Firenze, Le Monnier, 1865, p. 25; C. Pavesi, Della illustrazione di Dante del prof. F. Scaramuzza di Parma, «Giornale del centenario», vol. XLVI (1865), pp. 378-379.
  16. In una lettera a Teodorico Landoni, Selmi, nell’agosto del 1860, scrive: «Dal cessato Governo dell’Emilia fu posto l’animo a promuovere una nuova edizione della D.C. [Divina Commedia] cospicua per pregi filologici e per bellezza di tipi e di ornamenti con cui celebrare il 6° Centenario della nascita di Dante. Quando successe l’annessione essendo tal cosa incominciata e parendo assai degna di compimento, l’illustre Filologo e Poeta che regge qui il Ministero del pubblico insegnamento accolse subito il pensiero di condurla innanzi, e perciò mi affidò commissione di sentire il parere dei più accreditati dantisti» (la lettera è riportata in L. Sighinolfi, Le cattedre dantesche nell’Emilia e la prima edizione nazionale della Divina Commedia, cit., p. 268).
  17. F. Di Pretoro, Luigi Carlo Farini e la sua attività legislativa nel campo degli studi storici, filologici e danteschi (1859-1860), cit., pp. 174-175; G. Canevazzi, Per la fortuna di Dante a Modena, cit., p. XLIII. Si vedano, in particolare, le lettere inviate da Cappelli a Selmi, riportate in G. Canevazzi, Francesco Selmi patriotta, letterato, scienziato, cit., pp. 140-152; Id., Per la fortuna di Dante a Modena, cit., pp. 182-184.
  18. Cfr. G. Canevazzi, Per la fortuna di Dante a Modena, cit., pp. XLII-XLV. Selmi il 14 agosto 1860 scrive a Campi: «Col Ministro erasi accennato a scrivere a lei pregandola a manifestare di quall’avviso sarebbe circa condurre una nuova edizione della D.C. [Divina Commedia], in modo da riuscire alla più pregiata che mai fosse data alle stampe, e però degna d’Italia. Ma conoscendo che Ella già contrasse impegno con la casa Pomba per la pubblicazione di una tale opera, colle varianti importantissime raccolte sui codici di Parigi e di Londra, reputossi meglio astenersene. Nondimeno tenendosi che il silenzio non avesse a parere incuria o minore riverenza, io le scrivo e qualora ella creda poterlo fare, le sarei obbligatissimo se si compiacesse di darci a conoscere il parere suo in sul proposito. Ella consumatissimo negli studi danteschi, meglio di altri può illuminare il Governo in cosa di sì grave importanza per l’onore letterario del paese» (missiva riportata in G. Canevazzi, Per la fortuna di Dante a Modena, cit., p. XLV, nota 2). L’edizione della Commedia a cura di Campi, tuttavia, verrà pubblicata postuma, nel 1888 (La Divina Commedia ridotta a miglior lezione con l’aiuto di ottimi manoscritti italiani e forestieri e corredata di note edite e inedite, antiche e moderne dal prof. Giuseppe Campi, Torino, Unione Tipografica Editrice Torinese).
  19. Come ricorda nelle sue memorie Francesco Zambrini, presidente della Commissione per i Testi di Lingua, Teodorico Landoni è nominato prima aggiunto, poi segretario della Commissione in seguito a raccomandazioni spese in suo favore da Selmi. Contrariamente a quest’ultimo, che invia in più occasioni Landoni a Firenze con vari incarichi, Zambrini ha una pessima opinione del dantista romagnolo (cfr. F. Zambrini, Memorie sulla mia vita, edizione critica a cura di A. Antonelli e R. Pedrini, Bologna, Commissione per i Testi di Lingua, 1999, pp. 27-31). Sulla figura e le opere di Landoni, si veda A. Sorbelli, I manoscritti Landoni, «L’Archiginnasio», vol. II (1906), pp. 85-97; F. Di Pretoro, Luigi Carlo Farini e la sua attività legislativa nel campo degli studi storici, filologici e danteschi (1859-1860), cit., p. 175, nota 14.
  20. Cfr. L. Sighinolfi, Le cattedre dantesche nell’Emilia e la prima edizione nazionale della Divina Commedia, cit., pp. 269-272.
  21. Campi il 2 settembre 1860 scrive a Parenti: «Il Ministro vorrebbe pubblicare con rami e con magnificenza la Divina Commedia e desidererebbe che riuscisse spettabile anche dal lato letterario. I materiali raccolti con amore grandissimo dalla S.V. le fanno abilità di dar piena satisfazione al Ministro e di appagare l’impazienza del pubblico. Io deggio ragionarLe di questa bisogna: e si prepari a farmi benevola ed affermativa risposta. Il sig. Cappelli crede la S.V. mezza impegnata con lui; s’anco questo fosse, vi sarà modo di dare a tutti soddisfazione. Il Ministro penserà all’edizione di lusso – la S.V. potrà riservarsi il diritto di far eseguire dal Cappelli l’edizione economica. Afferri l’occasione ai capelli; si dia a tutt’uomo all’improba fatica dell’ordinamento dei suoi materiali e paghi un debito di riverenza verso il sommo Allighieri e appaghi il voto dei letterati e compia con questo suo ultimo lavoro l’onorata sua carriera letteraria. Se abbisognerà d’aiuti, si provvederà, e per quanto valer possa l’opera mia, tutto mi proffero alli suoi comandamenti, sperando di spezzare i ceppi della mia servitù con la casa Pomba che vorrebbe dettarmi una dura legge» (le lettera è riportata in G. Canevazzi, Per la fortuna di Dante a Modena, cit., p. XLIV). Fin dal luglio dello stesso anno, in realtà, Capelli aveva contattato Parenti per avere consigli su come dovesse essere realizzata un’edizione della Divina Commedia, che si voleva preparare a Torino (cfr. B. Veratti, Della vita e degli studi del prof. cav. M.A. P. accademico della Crusca con appendice di poesie inedite o rare del medesimo, Modena, Soliani, 1864, p. 59).
  22. Altri membri della Commissione sono Guglielmo de’ Pazzo, Brunone Bianchi, Atto Vannucci, Francesco dall’Ongaro, Giuseppe Barellai e Gilberto Govi.
  23. «La sottoscritta Commissione promotrice […] spera di proporre e impegnare il Municipio fiorentino affinché faccia della Piazza il Panteon italiano. Sotto ciascun arco sul davanti verrebbe inalzata una statua rappresentante uno degli incliti italiani, nel centro della Piazza torreggerebbe la imagine colossale del Poeta come patrono del luogo […]. La parete interna della Loggia sarebbe adorna di grandi quadri a fresco, rappresentanti i fatti più cospicui della storia italiana, cioè il progressivo svolgersi della idea nazionale, dalla Lega Lombarda fino all’Incoronazione di Vittorio Emanuele primo re d’Italia. Così la Loggia, che lascerà l’infausto nome di Lanzi per assumere quello di Dante, sarà un vero museo delle glorie italiane, sarà nel tempo medesimo un monumento che ai futuri attesterà le condizioni odierne dell’arte, imperciocché la esecuzione delle opere verrebbe allegata ai più celebri e provetti artisti di tutto il nuovo regno, senza trascurare i più giovani ai quali sarebbero commessi i minori lavori» (il manifesto fiorentino è riportato in L. Sighinolfi, Le cattedre dantesche nell’Emilia e la prima edizione nazionale della Divina Commedia, cit., pp. 273-277; il brano qui citato si trova alle pp. 275-276).
  24. L. Sighinolfi, Le cattedre dantesche nell’Emilia e la prima edizione nazionale della Divina Commedia, cit., p. 276.
  25. La lettera di Mamiani è riportata in L. Sighinolfi, Le cattedre dantesche nell’Emilia e la prima edizione nazionale della Divina Commedia, cit., pp. 278-280.
  26. Nel 1864 Selmi ipotizza di portare avanti lui stesso, assieme a Bruno Fabricatore, l’edizione delle opere dantesche, avvalendosi delle varianti individuate da Cappelli. A quest’ultimo Selmi invia una lettera nella quale gli domanda se, a suo avviso, sia possibile servirsi anche dei materiali lasciati inediti da Parenti (G. Canevazzi, Per la fortuna di Dante a Modena, cit., pp. 190-191, nota 1).
  27. Firenze, Cellini, 1865.
  28. Nel 1856 il Comune di Ravenna commissione allo scultore Enrico Pazzi un monumento a Dante, la cui esecuzione è tuttavia bloccata per l’opposizione del Papato. Pazzi, vedendosi rifiutare il progetto, presenta un modellino della statua a Firenze, dove, nel 1857, viene costituito un Comitato che promuove una sottoscrizione volta a sostenere la spesa per la realizzazione del monumento, che, nelle intenzioni del Comitato, dovrà essere donato al Municipio di Firenze. Sul finire del 1861, mutate le condizioni politiche, si affaccia la necessità di aumentare il numero dei Soci promotori in Toscana e in tutte le province d’Italia. A questo scopo, viene steso un manifesto contenente la descrizione del progetto, che è pubblicato il 25 gennaio 1862. La Società promotrice per il monumento a Dante si amplia e ne entrano a far parte politici, studiosi, letterati e artisti di tutta Italia: si possono annoverare, tra gli altri, illustri personaggi quali Gino Capponi, Bettino Ricasoli, Giovan Pietro Vieusseux, Aleardo Aleardi, Felice Le Monnier, Paolo Emiliani Giudici, Marco Minghetti, Massimo d’Azeglio, Quintino Sella, Alessandro Manzoni, Giuseppe Verdi, Pasquale Villari, Giosue Carducci, Urbano Rattazzi e Federico Sclopis. Su questa vicenda, rimandiamo a L.E. Vichi Callegari, Documenti per la storia del monumento nazionale a Dante, «Studi danteschi», vol. XLVI (1969), pp. 271-288; B. Tobia, Le feste dantesche del 1865, in E. Querci, Dante vittorioso. Il mito di Dante nell’Ottocento, cit., pp. 31-34: 33.
  29. Cfr. G. Canevazzi, Francesco Selmi patriotta, letterato, scienziato, cit., p. 71.
  30. La lettera è riportata in G. Canevazzi, Francesco Selmi patriotta, letterato, scienziato, cit., p. 71. In occasione del centenario, il Ministero della Pubblica Istruzione fa coniare delle medaglie. Destinandone una a Selmi, il ministro Giuseppe Natoli gli scrive: «Ad un letterato tanto benemerito degli studi danteschi è dovuto questo dono; e gli sarà certamente carissimo, come ricordo di una solennità che non ha riscontri nella storia italiana» (la missiva è pubblicata ibidem).
  31. Descrizione delle feste dantesche, «Giornale del centenario di Dante Allighieri», vol. XLVII (1865), pp. 381-384: 381, 383.

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