Le memorie della violenza statale contro la diversità sessuale nell’ultima dittatura militare argentina
Santiago Joaquín Insausti, Le memorie della violenza statale contro la diversità sessuale nell’ultima dittatura militare argentina, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 51, no. 8, giugno 2021, doi:10.48276/issn.2280-8833.6814
Da circa quindici anni in Argentina l’attivismo della diversità sessuale si dedica intensamente a elaborare le memorie del suo recente passato1. Gli attivisti e le attiviste hanno articolano le loro rivendicazioni verso lo Stato a partire dal recupero delle esperienze delle persone gay, lesbiche e trans2 durante l’ultima dittatura militare nel paese sudamericano, caratterizzata dalle più orrende violazioni dei diritti umani.
Tra il 1976 e il 1983, trentamila dissidenti politici, personalità della cultura e delle arti e persone comuni sono state illegalmente detenute dalle forze armate, trasferite in centri di detenzione clandestina, torturate e assassinate. I corpi della maggior parte di questi trentamila desaparecidos non sono mai stati recuperati: molti prigionieri sono stati gettati in mare ancora vivi, altri sepolti in fosse comuni in luoghi mantenuti segreti.
A causa dell’aumento delle persecuzioni, nel 1976 la militanza gay organizzata si è dissolta. Nel 1983, alla fine della dittatura, il movimento gay si riorganizza per resistere alla persecuzione quotidiana della polizia che, nonostante il passaggio alla democrazia, persiste.
Allo stesso tempo, la società si dispone a ricordare e ricostruire i crimini della dittatura. Tuttavia, nessuna delle neonate organizzazioni gay affermerà in quel momento che l’ultima dittatura civico-militare si fosse caratterizzata per una particolare e più cruenta persecuzione degli omosessuali, che la distinguesse dai regimi che l’avevano preceduta e seguita (democratici o dittatoriali).
Solo nel XXI secolo, durante il governo di centrosinistra di Nestor Kirchner, la tortura e la scomparsa degli omosessuali durante l’ultima dittatura militare hanno iniziato a essere denunciate, quando invece in precedenza le organizzazioni gay avevano parlato solo di sparizioni e torture per motivi politici. Queste trasformazioni nella memoria si sono consolidate man mano che questi nuovi significati del passato hanno cominciato a circolare e acquisire sempre più forza nell’arena pubblica, trascendendo le sfere della militanza e diffondendosi attraverso il senso comune del progressismo di Buenos Aires.
Questo testo perseguirà due obiettivi. In primo luogo, tracciando una genealogia della repressione degli omosessuali da parte dello Stato per tutta la seconda metà del XX secolo, si metterà in discussione l’esistenza di una “eccezionalità” nel trattamento dell’omosessualità da parte dell’ultima dittatura militare, intesa come esistenza di un piano sistematico per la desaparición di persone omosessuali, trans e lesbiche. In secondo luogo, si ripercorrerà la storia di come questa ipotesi sia stata avanzata negli ultimi quindici anni attraverso la ricostruzione delle trasformazioni di come il movimento per la diversità sessuale ha usato la memoria dalla transizione democratica (1984) all’attualità.
Per questo, nella prima parte del saggio, si ricostruirà la storia della repressione statale dell’omosessualità nella seconda metà del XX secolo per mostrarne la continuità tra regimi civili e militari. Nella seconda parte si passeranno in rassegna le particolarità che tale repressione ha assunto nell’ultima dittatura. Infine, si analizzerà il periodo democratico fino a oggi per indagare i modi in cui la memoria della repressione si è trasformata in relazione alla mutevole situazione politica.
Si dialogherà criticamente con quelle analisi che, focalizzandosi e isolando il periodo dell’ultima dittatura militare (1976-1983), sottostimano la repressione esercitata dallo Stato nei periodi precedenti e successivi. L’ipotesi principale che si sostiene è che la persecuzione deve essere compresa nel quadro di un continuum che inizia nel 1945 con il primo governo di Perón e termina solo con il lento smantellamento degli editti di polizia (lo strumento e il quadro giuridico che ha consentito la persecuzione) alla fine degli anni Novanta. In questo senso, metteremo in discussione le ipotesi che propongono l’esistenza di un piano sistematico di persecuzione, tortura e scomparsa di persone omosessuali e trans durante l’ultima dittatura militare, illuminando nell’analisi le continuità e le connessioni tra i diversi regimi, per dimostrare che la repressione agli omosessuali in Argentina non può essere spiegata solo dal carattere militare, civile, democratico o autoritario di certi regimi.
In questo senso, questo studio si inquadra nel contesto di una nuova serie di indagini che hanno messo in discussione l’eccezionalità dell’ultima dittatura e che invece ne ricostruisce la logica a partire dai regimi precedenti, nel quadro dell’alternanza di governi civili e militari che hanno caratterizzato la guerra fredda in Argentina3. Da questa prospettiva, si può vedere che le dinamiche che si sono intensificate durante l’ultima dittatura risalgono ai decenni precedenti, nel quadro dei tentativi ripetuti e frustrati delle élite di disciplinare una classe operaia che si era resa autonoma dalle classi dominanti, inserendosi in un processo di radicalizzazione4.
Negli ultimi anni, a partire da diversi generi e formati e con diverse prospettive e posizioni, colleghi e colleghe hanno applicato validi approcci all’argomento. Daniele Salerno5 analizza le testimonianze della memoria orale conservate nell’Archivio provinciale della memoria di Cordoba. Utilizzando materiali simili, Daniel Tortosa ha girato Los maricones, un documentario basato sulle testimonianze di tre persone trans sopravvissute alla repressione. Emanuel Theumer ha scritto un interessante articolo con Noelia Trujillo e Marina Quintero, ex detenute durante l’ultima dittatura6. Cristian Prieto ha indagato in modo esaustivo gli archivi della Dirección de Inteligencia de la Policíade la Provincia de Buenos Aires (Dippba)7 e ha pubblicato due libri in cui racconta le esperienze che emergono da quei documenti attraverso l’unione tra archivio e finzione8. Allo stesso tempo, sono emersi nuovi documenti, testimonianze e materiali. Patricio Torné, un attivista del Partido Revolucionario de los Trabajadores (PRT), ha raccontato alla radio il suo arresto nella prigione di Rawson e l’amore che lo ha legato a un altro detenuto politico. L’Archivio Nazionale della Memoria e l’Archivio Provinciale della Memoria di Córdoba hanno incluso collezioni di storia orale con una sezione dedicata a vittime e attivisti LGBT; l’organizzazione Memoria Abierta sta avviando un progetto simile.
Questo articolo si basa sull’analisi di un corpus diversificato di materiale documentario. In relazione al primo obiettivo verranno prese in considerazione fonti secondarie, fascicoli di intelligence di agenzie statali, fascicoli giudiziari, stampa e un corpus di testimonianze di omosessuali maggiorenni, militanti di organizzazioni queer dell’epoca e sopravvissuti di centri di detenzione clandestina. In relazione al secondo obiettivo, studierò un ampio corpus di materiali discorsivi prodotti dall’attivismo queer a partire dal ritorno della democrazia: i libri scritti dagli attivisti, la stampa delle organizzazioni, le loro dichiarazioni e gli articoli da loro pubblicati sui media e note di osservazioni fatte in marce e manifestazioni.
1. Repressione statale degli omosessuali in Argentina: una storia nel medio periodo
Sebbene il processo di costituzione dello Stato-nazione argentino nel XIX secolo sia stato caratterizzato da una serie di guerre civili, dal 1880 il paese ha avuto un regime politico stabile e democratico. Anche se inizialmente le elezioni sono controllate dalle élite, i diritti democratici sono stati gradualmente ampliati fino a quando nel 1912 è stato concesso il suffragio universale maschile segreto. Ciò ha condotto al primo regime democratico di massa nel 1916, interrotto dal primo colpo di stato militare nel 1930. Il colpo di stato inaugura un periodo di cinquant’anni in cui si alterneranno democrazia e dittatura fino all’ultima instaurazione della democrazia nel 1983. Tra il 1930 e il 1983 ci sono stati sei colpi di stato. Dopo il rovesciamento di Perón nel 1955, e fino al 1983, nessun governo democratico ha potuto adempiere al suo intero mandato.
A partire dagli anni Quaranta, sia nei regimi democratici che in quelli dittatoriali, lo Stato argentino ha perseguitato e imprigionato i dissidenti sessuali. Le fonti mostrano che l’esperienza delle persone omosessuali in quei decenni è di assoluta vulnerabilità. Arrestati dalla polizia con l’accusa di essere “amorali”, vivevano tra la strada e il padiglione gay del carcere di Devoto, nella città di Buenos Aires, dove il più delle volte erano inviati per passare trenta giorni di detenzione. Quando venivano rilasciati, venivano ripudiati dai parenti, perseguitati dai vicini e impossibilitati a svolgere un lavoro formale. Si installavano dunque nelle periferie dove potevano nascondersi dalla polizia, fino a quando venivano nuovamente arrestati pochi mesi dopo. Soprattutto durante il peronismo, molti riferiscono di aver trascorso più della metà dell’anno in carceri sovraffollate e stazioni di polizia, dove il trattamento era cruento e le condizioni di detenzione deplorevoli9.
Tuttavia l’omosessualità non era illegale nel Paese. Nel XIX secolo, la formazione liberale del moderno Stato argentino è stata costruita sulla base di un paradigma illuminista basato sulla piena capacità dell’individuo. All’interno di questo quadro, le libertà individuali, come elaborate nella dichiarazione dei diritti umani e nella legislazione napoleonica, prescrivevano l’inviolabilità della sfera individuale e intima dei soggetti. In questo senso, la legislazione della maggior parte dei paesi latinoamericani – ispirata al codice napoleonico – è stata liberale a partire dal XIX secolo e si astiene dal regolare, punire o reprimere l’omosessualità, a differenza di altre legislazioni come quella tedesca o britannica che hanno incluso sanzioni esplicite e rigorose per atti omosessuali fino al XX secolo inoltrato. Ciò solleva una contraddizione tra questo tipo di legislazione e la necessità per le élite di «amministrare il disordine» delle «città del peccato»10 tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Regolare razionalmente il flusso caotico di migranti, l’insurrezione politica e l’omoerotismo urbano era essenziale per oliare le condizioni di sfruttamento capitalista.
In questo periodo medici e criminologi positivisti si sono dedicati allo studio della criminalità, della dissidenza politica, della diversità sessuale e di ogni elemento estraneo potenzialmente eversivo dell’ordine stabilito. Le interpretazioni di questi fenomeni sono strutturate dall’antinomia normalità/patologia, in sintonia con le nuove correnti eugeniche in vigore in Europa11 che interpretano il crimine e la degenerazione come malattie sociali sradicabili che circolano attraverso un corpo sociale malato, che poteva essere diagnosticato e curato12.
In questo quadro, l’omosessualità, che non era possibile mettere fuori legge, inizia a essere criminalizzata attraverso una serie di artifici giuridici. Una delle impalcature legali che hanno reso possibile la persecuzione degli omosessuali consisteva negli editti di polizia: un sistema paralegale sanzionato dalle forze di sicurezza che regolava diversi “reati minori”. Gli editti funzionavano come estensioni virtuali del codice penale ed erano incostituzionali: la polizia disponeva le norme, le eseguiva, processava gli imputati e applicava le pene indipendentemente dal controllo degli organi legislativi e giudiziari13.
Tuttavia, gli editti non puniscono l’omosessualità in senso stretto. A Buenos Aires, questa criminalizzazione è avvenuta principalmente attraverso l’applicazione sistematica agli omosessuali degli articoli che reprimono lo scandalo e l’offerta di sesso per strada14.
Questo corpus para-legislativo perseguitava anche il disordine, il vagabondaggio, l’accattonaggio e l’ubriachezza, tutte tipizzazioni ambigue inclini ad essere applicate agli omosessuali15.
Il 19 aprile 1949, durante il governo democratico del generale Perón (1946-1955), la sezione 2 “H” viene incorporata negli editti di Buenos Aires, usata per i successivi quarant’anni per perseguitare omosessuali e prostitute. L’articolo punisce con trenta giorni di arresto «persone di entrambi i sessi che pubblicamente si sono incitate o si sono offerte all’atto carnale»16.
Da quel momento, la polizia ha iniziato a cercare di controllare il flusso dell’omoerotismo nello spazio pubblico, in linea con la cristallizzazione dell’omosessualità in un’identità autonoma. Questo processo è innescato dalle trasformazioni nell’ambito dei generi sessuali e della famiglia avvenute nel secondo dopoguerra, nel contesto della spinta alla industrializzazione per limitare le importazioni, iniziata negli anni Trenta17.
Il crescente clima omofobo inizia a delinearsi prima del 1945, con i clamorosi scandali che inaugurano il discorso della stampa sull’omosessuale, associato all'”altro” della famiglia eteronormata; questo avviene ad esempio, con lo scandalo dei cadetti dell’esercito nel 1942 e l’espulsione di Miguel de Molina nel 194318.
Le testimonianze degli omosessuali dell’epoca concordano nel sottolineare che, prima del decennio peronista, vivevano in relativa libertà, e che è dal primo governo Perón che la repressione diventa improvvisamente quotidiana e brutale19.
L’intolleranza aumenta tra il 1954 e il 1955 all’interno delle dinamiche e delle tensioni tra il regime peronista e la Chiesa cattolica, esprimendosi in grandi retate che iniziano a essere organizzate nel 1954. In una enorme retata condotta sotto regime democratico un paio di giorni prima della approvazione della cosiddetta «Ley de Profilaxis», tutti i luoghi di incontro sono stati perquisiti e più di trecentocinquanta persone sono state arrestate20. I testimoni ricordano la persecuzione come un fatto senza precedenti nella sua entità. Malva, una delle detenute, racconta come centinaia di omosessuali siano arrivati in carcere in poche ore, detenuti nelle molteplici operazioni che si stavano svolgendo simultaneamente in diverse parti della città21. Questo carattere inaugurale del peronismo rispetto all’inizio della persecuzione poliziesca degli omosessuali è stato oggi dimenticato.
Gli omosessuali aspettano con ansia il colpo di stato militare del 1955, sperando che il regime de facto allentasse la repressione del peronismo. Ma vengono subito delusi. Contrariamente a quanto si era sperato, la repressione non cessa con i successivi governi dittatoriali di Leonardi (1955) e Aramburu (1955-1958) e del governo costituzionale di Frondizi (1958-1962). Quest’ultimo nomina per la prima volta il commissario Margaride, che rimane per i successivi quindici anni – sia durante i governi civili che militari – a capo dell’organizzazione delle imponenti campagne morali della Polizia Federale. Deposto dalle forze armate, Frondizi viene sostituito dal presidente ad interim del Senato, che ne completa il mandato. Il presidente Illia (1963-1966), eletto in libere elezioni, conferma il commissario Margaride, sostenendo le sue campagne di moralità22.
Nel 1966 Illia viene rovesciato da un colpo di stato militare al termine del quale si installa la dittatura autodenominatasi “Rivoluzione Argentina”, sotto la presidenza dei generali Juan Carlos Onganía (1966-1970), Roberto Marcelo Levingston (1970-1971) e Alejandro Agustín Lanusse (1971-1973). Ciò porta a una escalation della repressione sotto due aspetti. In primo luogo, gli editti della polizia vengono modificati per impedire che gli omosessuali detenuti vengano rilasciati dal carcere dietro pagamento di una pena pecuniaria. In secondo luogo, la repressione morale, sempre sotto la responsabilità del commissario Margaride, si diffonde in tutta la società nel momento in cui si vive una certa apertura: quella che più tardi sarebbe stata chiamata “rivoluzione sessuale”. Diventano abituali le perquisizioni negli hotel a ore, la denuncia degli infedeli davanti ai loro coniugi, il taglio di capelli degli uomini nelle stazioni di polizia e l’arresto di donne che indossano la minigonna. La dittatura della “rivoluzione argentina” viene però ridimensionata nel suo potere dalla resistenza operaio-studentesca, che consente un relativo indebolimento della repressione politica e della persecuzione degli omosessuali.
Questo indebolimento porta alla riabilitazione del peronismo e allo svolgimento delle prime elezioni libere, dove viene eletto il presidente Héctor José Cámpora, della sinistra peronista.
Nella memoria di molti attivisti, Cámpora inaugura un periodo di due mesi ricordato come un momento idilliaco, in cui si è arrivati a credere, per un momento, che la repressione fosse scomparsa per sempre. Tutto cambia con le dimissioni di Cámpora e il ritorno dall’esilio di Perón che, all’inizio della sua terza presidenza – anch’essa democratica – ristabilisce le funzioni e promuove alla carica di sovrintendente alla sicurezza il commissario in pensione Margaride23. La repressione degli omosessuali aumenta, raggiungendo un livello senza precedenti se paragonato con qualsiasi momento storico anteriore. I settori paramilitari legati al governo – principalmente l’alleanza anticomunista argentina, conosciuta come triple A – cominciano in questo periodo a uccidere e far sparire omosessuali, dirigenti sindacali e militanti di sinistra.
L’organizzazione omosessuale dell’epoca, il Frente de Liberación Homosexual (Flh), denuncia senza indugi il regime peronista. Gli eventi denunciati andavano dalla censura di libri e film alla crescente repressione poliziesca che attaccava giovani uomini con la barba, donne in minigonna e omosessuali: si sosteneva che la somiglianza tra il governo democratico del generale Perón e i precedenti regimi autoritari fosse tale che la sola differenza stava nella assenza del generale Onganía24. Nel febbraio 1975, la pubblicazione dell’editoriale «Acabar con los homosexuales» (Farla finita con gli omosessuali) sulla rivista di estrema destra peronista “Caudillo”, segretamente diretta dal ministro della previdenza sociale José López Rega, costituì una svolta. In questo scritto, il marxismo viene accusato di usare l’omosessualità per «avvelenare e corrompere la gente» e veniva auspicata la formazione di brigate per organizzare ronde di quartiere per dare la caccia agli omosessuali, «rinchiuderli o ucciderli»25. Nel marzo 1976, dopo un colpo di stato, il governo peronista venne deposto e le forze armate riprendono il controllo del paese, inaugurando quella che sarebbe stata la dittatura militare più sanguinosa dell’Argentina.
2. La dittatura e i desaparecidos omosessuali
Come abbiamo visto, nella seconda metà del XX secolo l’azione repressiva degli apparati statali ha attraversato i diversi governi, sia costituzionali che dittatoriali. Tuttavia, l’ultima dittatura (1976-1983) ha inaugurato nuove logiche: la progettazione di un piano sistematico per sterminare l’insurrezione politica. Non vi è tuttavia alcuna indicazione che l’ultima dittatura abbia attuato un piano simile per lo sterminio di omosessuali, lesbiche e trans. Nessun riferimento alla persecuzione delle persone basata sulla loro identità sessuale o di genere è stato trovato negli archivi delle organizzazioni per i diritti umani26, né negli archivi della repressione recentemente declassificati. Graciela Fernández Meijide, una delle principali leader del movimento argentino per i diritti umani e responsabile dell’area di accoglienza dei reclami della Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas (Conadep-Commissione nazionale sui desaparecidos e desaparecidas), sostiene di non possedere alcun dato al riguardo27.
L’archivio della Dippba conserva una ampia documentazione sulla sorveglianza politica e ideologica esercitata dallo Stato nella più popolata delle province argentine tra il 1957 e il 1998. Sotto la generica minaccia del Comunismo, ogni potenziale nemico dell’ordine sociale è stato metodicamente indagato dalla Dippba attraverso una vasta rete di agenti collocati in tutta la provincia. Lo studio di questi documenti mostra che l’obiettivo principale dell’apparato repressivo dello Stato durante l’ultima dittatura era il controllo della dissidenza politica.
Patricia Funes28 ha descritto in dettaglio le aree di responsabilità della Dippba. La vita dei partiti politici, i loro incontri, le loro discussioni interne, alleanze e fratture, il corso politico dei loro leader e affiliati, e le loro pubblicazioni e discorsi sono stati tutti controllati. Le organizzazioni studentesche erano attentamente sorvegliate; sono stati ricostruiti i precedenti di dirigenti, laureati, docenti e non docenti. Sono state registrate le affiliazioni ideologiche dei gruppi dei centri studenteschi e dei militanti e sono state analizzate le assemblee, gli incontri, le alleanze e le fratture tra i gruppi. Sono stati conservati i dati di tutti i sindacati di ciascuna delle fabbriche della provincia con le loro elezioni interne, liste e commissioni direttrici, insieme alle fedine penali e alle affiliazioni ideologiche di innumerevoli sindacalisti. In modo sistematico, sono stati rilevati tutti gli scioperi e i conflitti sindacali e sono stati indagati gli spazi per la socialità dei lavoratori, le associazioni e le cooperative. Anche il mondo della cultura è stato messo sotto sorveglianza: reportage su artisti e intellettuali e analisi di libri, opere teatrali e canzoni considerate “sovversive” hanno riempito centinaia di pagine. La Dippba ha coperto in modo completo le aree della vita sociale, culturale e politica.
Per questa ricerca, gli assistenti d’archivio hanno individuato i testi a partire da quarantotto parole che si riferivano all’epoca ai diversi modi di nominare le sessualità non normative29. Sono stati così individuati sessanta dossier nelle cui pagine queste parole sono menzionate almeno una volta30. Negli ultimi cinquant’anni, i rapporti di intelligence prodotti durante i periodi democratici sono più numerosi di quelli prodotti durante i periodi dittatoriali31. Solo durante la prima presidenza di Carlos Menem (1989-1995) furono prodotti più documenti che durante i regimi di Onganía, Levingston, Lanusse, Videla, Viola, Galtieri e Bignone messi insieme.
Inoltre, i fascicoli redatti in periodo dittatoriale e democratico sono molto diversi. Durante l’ultima dittatura (1976-1983), la maggior parte delle menzioni sono marginali. Ad esempio, dei dodici dossier che menzionano le parole ricercate, sette le utilizzano nel contesto di una indagine per motivi politici. Questi casi si riferiscono: alla presunta affiliazione marxista di una direttrice di scuola, il cui fratello si dice sia effeminato32; alle simpatie estremiste di un altro direttore sospettato di essere amorale33; al profilo dei trenta partecipanti di una setta, tra i quali ci sarebbero un amorale e una lesbica34; alla descrizione di un noto estremista, che si dice essere di aspetto «scimmiesco, effeminato e lezioso»35 e ad un guerrigliero che è descritto come «effeminato nel camminare»36. Dei restanti cinque casi, tre si riferiscono a scandali sessuali (un gruppo di residenti chiede l’espulsione di un prete per omosessualità37 e una presunta badante lesbica prostituisce di notte le pazienti di un ospedale neuropsichiatrico38) e, negli altri due, le parole cercate appaiono come insulti scritti sul muro di una scuola contro i docenti: tra cui «lesbica malata»39 e, nell’ambito di una rissa, un parroco insulta un altro definendolo «amorale»40.
Qui si esaurisce la documentazione. Durante l’ultima dittatura militare, mentre agenti dei servizi segreti hanno dedicato milioni di pagine a radiografare meticolosamente tutti gli ambiti della attività sindacale, politica, culturale e intellettuale della Provincia di Buenos Aires, nessun fascicolo è dedicato esclusivamente all’osservazione delle persone per il loro orientamento sessuale. La situazione cambia con l’apertura democratica nel 1983. A partire dagli anni Ottanta, si produce un rafforzamento dei collettivi gay nell’arena politica insieme a una loro articolazione con il resto delle organizzazioni sociali. La loro richiesta principale, la abolizione degli editti, costituisce di per sé una sfida alle forze di polizia. È lì che la Comunidad Homosexual Argentina (Cha), creata nel 1984, partecipa all’organizzazione di manifestazioni contro la repressione della polizia e appare sui mass media accusando direttamente le forze dell’ordine41. Questo è il momento, già nel pieno degli anni Ottanta, in cui la Dippba comincia ad interessarsi all’attivismo gay-lesbico.
Il numero di fascicoli trovati dopo il 1984, durante il periodo democratico, dedicati al movimento gay, lesbico e trans è minuscolo in relazione al volume totale della documentazione, e non prova l’esistenza di un interesse particolare nei confronti dei movimenti per la diversità sessuale da parte dell’apparato di intelligence della polizia. Tuttavia, a differenza dei fascicoli anteriori al 1984, in cui la maggior parte dei riferimenti erano circostanziali, è necessario sottolineare che, durante la democrazia, l’attivismo omosessuale diviene il tema centrale in quasi tutti i fascicoli analizzati. Dei ventitré fascicoli prodotti in democrazia, otto si riferiscono alla partecipazione della Cha a diverse manifestazioni (la maggioranza contro la repressione della polizia). Altri due si riferiscono all’attivismo: uno racconta il pestaggio di un militante omosessuale da parte di una banda legata a Melchor Posse, intendente di San Isidro (piccolo paese a nord della capitale)42; un altro, il tentativo da parte di un’organizzazione trans di Mar del Plata di ottenere uno status legale. Altri cinque descrivono i conflitti tra gruppi omosessuali e Chiesa cattolica: tra questi, le critiche del cardinale Antonio Quarracino – Arcivescovo di Buenos Aires – alla comunità omosessuale43 e la denuncia della Cha contro un parroco per incitamento alla violenza44. L’interesse dell’intelligence militare e di polizia per gli attivisti LGBT nasce quindi con la democrazia.
Vi sono inoltre altre indicazioni che mettono in discussione l’esistenza di un piano per la desaparición degli omosessuali da parte dell’ultima dittatura militare. Néstor Perlongher, ricordato come il leader indiscusso del movimento omosessuale negli anni Settanta, viene arrestato più volte durante la dittatura per violazioni degli editti imposti dalla polizia e rilasciato nel giro di poche settimane senza particolari complicazioni45. In un’occasione, nel 1978, fu arrestato per possesso di marijuana e trascorre sei mesi in prigione46. In seguito, sempre durante la dittatura, trova lavoro come assistente sociale scolastico presso il Ministero dell’Istruzione della Provincia di Buenos Aires47. Hector Anabitarte, altro storico militante comunista e gay che ha denunciato la sistematica persecuzione dei dissidenti politici, nega l’esistenza di un piano per perseguitare sistematicamente gli omosessuali e in un’intervista racconta la reazione della polizia al ritrovamento di documenti di Nuestro Mundo – organizzazione nata nel 1967 e considerata la prima per la difesa delle persone omosessuali in America Latina – in una perquisizione effettuata nella sua casa:
«Non sono sicuro che ci sia stata una repressione specifica contro gli omosessuali. Enrique Raab è scomparso… era nell’Erp [Ejercito Revolucionario del Pueblo]. Penso che sia scomparso perché era nell’Erp, non perché era omosessuale. Comunque mi sembra che essere omosessuale sia un’aggravante perché ora nelle carte che stanno venendo fuori compare: “judío”, “negro”… ovviamente se sapevano di qualcuno avrebbero messo “puto”. Sicuramente avresti avuto peggior sorte.
C’erano torture specifiche? Immagino di sì, ma quello che non si può dire è che ci sia stata una persecuzione specifica contro di noi. Néstor [Perlongher] finisce in carcere, ma credo ci finisca per altri motivi, più che altro perché in casa sua si facevano feste, non per altri motivi. No, non credo si possa dire, e non ci sono prove, che durante la dittatura qualcuno abbia deciso “facciamo sparire i gay”, perché omosessuali del Frente [Frente de Liberación Homosexual] morti proprio non ne abbiamo… ci saranno persone che sono morte, persone gay che sono morte, ma perché erano coinvolte in altre attività, e se fossi morto io, per esempio, è anche perché ero in un’agenzia di stampa associata all’Est [blocco sovietico], o perché ero un dirigente sindacale delle Poste, forse all’epoca per loro questo contava più del fatto che fossi gay… Una volta vengono a Lanús a cercarmi, prima della dittatura, e mi ricordo che nella mia stanza c’era materiale del gruppo Nuestro Mundo, il poliziotto che lo controlla lo guarda, così, e lo lascia… non lo prende. Forse era gay, non si sa mai, ma non lo prende, lo lascia. Prende il materiale del sindacato, politico, il materiale gay che c’era non lo prende, e non mi interrogano chiedendomi del Frente o chiedendomi della mia situazione omosessuale, mi interrogano sulla morte di un poliziotto e vengo rilasciato.48»
Un altro attivista dell’epoca, Zelmar Acevedo, suggerisce che la repressione degli omosessuali potrebbe essere stata meno sanguinosa durante la dittatura, perché c’era meno attenzione da parte dei militari, impegnati a reprimere la sovversione politica:
«I.: Hai dei colleghi che sono scomparsi? Le persone venivano arrestate per essere omosessuali?
Z. A.: No, i militari erano concentrati su altro. Inoltre, il pregiudizio maschilista dava per scontato che un omosessuale non potesse essere (guerrigliero). A volte credo che la condizione [di omosessuale] abbia salvato più di uno.49»
3. Il circuito di detenzione comune e il circuito della desaparición
Ci sono testimonianze che dimostrano la presenza e circolazione di omosessuali e trans attraverso i Centri di detenzione clandestina (Ccd). Un caso è quello di Valeria Ramírez, una donna trans che ha testimoniato di essere stata detenuta per una settimana nel Ccd Pozo de Banfield di Buenos Aires50. Inoltre, in un’altra testimonianza registrata nell’archivio Memoria Abierta, una donna sopravvissuta indica di aver condiviso l’isolamento con detenute trans51.
I sequestrati per motivi politici, i detenuti per motivi penali su richiesta del potere giudiziario e i detenuti per violazione degli editti di polizia seguivano diverse traiettorie nel loro transito negli spazi di detenzione con, tuttavia, alcuni punti di contatto.
Sebbene sia il circuito della desaparición che quello della detenzione comune implicassero tortura e morte, non bisogna perdere di vista il fatto che avevano caratteristiche, logiche e finalità diverse. Pilar Calveiro52 sottolinea come l’obiettivo dei campi di concentramento e di sterminio era la sparizione fisica della sovversione politica. La persecuzione e la detenzione degli omosessuali non perseguiva lo sterminio di massa, ma il disciplinamento della sessualità e l’esclusione dallo spazio pubblico.
La tortura dei detenuti per motivi politici era sistematica e mirava a far crollare la vittima per estorcere informazioni e alimentare la macchina repressiva. Al contrario, nel caso dei detenuti comuni l’obiettivo non era quello di ottenere una denuncia sul luogo in cui si trovavano i loro partner o amici; si tratta piuttosto del prodotto dell’omofobia della polizia e delle guardie carcerarie.
L’esito principale della detenzione per motivi politici è la scomparsa e la morte, con lo scopo di occultare l’apparato repressivo ed eliminare in modo definitivo la resistenza. Le morti, nel caso delle persone detenute per orientamento sessuale, non sembrano essere parte di una pianificazione eugenica o avere l’obiettivo di controllare le azioni politiche.
I percorsi dei detenuti comuni e politici erano molto diversi. Questi ultimi, dopo minuziose operazioni di intelligence, venivano arrestati presso le loro abitazioni da numerose unità militari armate, poi venivano incappucciati e trasferiti in un Ccd, dove venivano immediatamente sottoposti a sessioni di interrogatori intervallati a tortura. L’obiettivo era quello di estorcere quante più informazioni possibili prima che i compagni della vittima scoprissero la sua scomparsa.
Gli omosessuali detenuti, invece, venivano catturati casualmente per strada, individuati per la loro espressione di genere o per atteggiamenti “sospetti” nei bar o nei bagni pubblici. Venivano picchiati e maltrattati e venivano trasferiti in una stazione di polizia, dove erano costretti a firmare una confessione, per poi scontare la pena in questura o nel braccio gay del carcere di Devoto. Subivano condizioni di detenzione deplorevoli, abusati e picchiati con frequenza. Tuttavia, di solito venivano rilasciati dopo trenta giorni.
In molti casi, i circuiti descritti si sovrapponevano. Gloria Enríquez, ad esempio, racconta di aver condiviso la sua reclusione, nella stazione di polizia di Tigre, con un gruppo di persone trans. Nella sua testimonianza, Gloria afferma:
«Ricordo anche che c’erano dei trans in questura che mi dicevano: “Signora, se non la disturba, la mia biancheria è pulita, quando mia madre me la porta gliela darò, se non si offende…”. E grazie anche a loro, sono stata salvata da un paio di … diversi poliziotti che mi hanno messo in prigione, due che mi coprivano la bocca e volevano fare le loro cose e questi ragazzi travestiti si sono attivati, e hanno cominciato a fare casino, a mettere tutto sottosopra. Loro [le guardie] se ne sono andate, li hanno portati fuori e, poveretti, sono rientrati il giorno dopo, prima del cambio della guardia, li hanno fatto pulire tutta la questura e credo che siano stati anche violentati53.»
Molti Ccd operavano nelle questure e in altre unità di polizia. È possibile che in questi luoghi, i detenuti per motivi politici abbiano incontrato detenuti per cattiva condotta e detenuti per reati. È possibile pure che in altri tipi di Ccd detenuti politici e altri tipi di detenuti abbiano in effetti condiviso bagni, cortili, celle e altre strutture. Tuttavia è difficile pensare che nei diversi Ccd di Buenos Aires, come la ESMA, si siano ritrovati insieme detenuti politici e comuni.
Allo stesso modo, è plausibile presumere che unità militari abbiano arrestato e fatto sparire omosessuali che hanno avuto la sfortuna di incrociare il loro cammino. Pilar Calveiro racconta che nel maggio 1977 una banda armata ha sbagliato indirizzo e ha perquisito le stanze di una pensione. In una di queste gli aggressori hanno trovato foto considerate pornografiche, in cui si vedevano dei minorenni, deducendo che: «[la persona che viveva lì] era un pervertito sessuale. Così hanno proceduto ad attendere il suo arrivo e a sequestrare l’uomo. Lo catturarono, lo portarono alla Mansion Seré e lì lo torturarono fino alla morte.54»
Calveiro sottolinea che il rapimento di quelle che chiama «vittime casuali» ha contribuito alla diffusione del terrore mostrando un potere arbitrario e inappellabile. Nonostante il numero considerevole raggiunto, queste sono solo una minima parte del numero totale delle vittime. Nel complesso il controllo sulla popolazione era implacabile. Il transito nello spazio pubblico, nel caso particolare di hippy, omosessuali, prostitute e chiunque fosse già potenziale bersaglio della repressione statale prima della dittatura, implicava il pericolo di essere individuato e detenuto; e, nel peggiore dei casi, torturato e assassinato.
È anche vero che, come fa notare Héctor Anabitarte nella suddetta intervista, molti militanti rivoluzionari – e, di conseguenza, molti detenuti scomparsi per motivi politici – erano omosessuali. Un caso paradigmatico è quello di Enrique Raab, giornalista del quotidiano “La Opinión”, membro dell’organizzazione guerrigliera Ejercito Revolucionario del Pueblo e direttore del suo organo di divulgazione, la rivista “Nuevo Hombre”. Il rapporto Nunca Más descrive il suo rapimento con il suo compagno nel 1977:
«… l’isolato dove si trovava la sua abitazione fu completamente circondato da persone armate fino ai denti, a poche centinaia di metri dal 1° Commissariato di Polizia della Capitale Federale. Costrinsero il portiere ad accompagnare i sequestratori fino al suo appartamento, mitragliarono la porta di accesso (ferendo Raab) e incappucciarono entrambi i residenti, Raab e [il suo compagno] Daniel Girón, per metterli in un veicolo che partì con destinazione sconosciuta. Una settimana dopo, Girón fu rilasciato, senza che si conoscesse la situazione di Raab.55»
Il racconto del rapimento di Raab si distingue da quello degli arresti dovuti agli editti di polizia. È innegabile che le logiche con cui lo Stato perseguitava i dissidenti politici e i dissidenti sessuali fossero diverse.
4. Le memorie della dittatura nella transizione democratica
Come era già successo quando il presidente Cámpora si insediò nel 1973, con la caduta della dittatura gli omosessuali credevano che, ritornata la democrazia, la repressione della polizia sarebbe finita. L’ottimismo era tale che solo tre mesi dopo, la stessa notte del 10 dicembre 1983 in cui Raúl Alfonsín aveva assunto la Presidenza della Nazione, tra le vie Puerreydón e Las Heras apriva la prima discoteca dell’era democratica: l’Old Bricks. Tuttavia, presto sarebbe arrivata la delusione. Il 22 marzo 1984 un’irruzione alla discoteca Balvanera si concludeva con una cinquantina di detenuti, e rappresentava una doccia fredda per gli attivisti omosessuali, che presto si resero conto che l’apparato di polizia e l’impianto paralegale continuavano a funzionare intatti, rendendo possibile la persecuzione. Sebbene il trattamento nelle stazioni di polizia fosse migliorato, la coercizione illegale era meno frequente e c’era una certa riduzione dei tempi di detenzione, gli omosessuali continuavano a essere arrestati quando identificati negli spazi pubblici e le irruzioni nei locali gay erano aumentate fino a diventare comuni.
Il 17 aprile 1984 fu fondata la Comunidad Homosexual Argentina (Cha), una federazione di diversi gruppi che si univano con l’obiettivo di combattere la repressione della polizia. Nel loro primo annuncio sul quotidiano “Clarín”, inaugurarono lo slogan che li avrebbe accompagnati per tutto il decennio e che esprimeva la linea dell’organizzazione: «Con discriminación y represión no hay democracia» (Con discriminazione e repressione non c’è democrazia)56. In questo intervento, che chiedeva la cessazione delle detenzioni arbitrarie e delle irruzioni, era chiaro che, dal punto di vista della Cha, la dittatura non era ancora finita per gli omosessuali. Un paio di mesi dopo il Grupo de Acción Gay, parte della Cha, pubblicava il primo numero della rivista “Sodoma”. In una nota intitolata «¿Y esto era la democracia?» (E questa era la democrazia?) si insisteva sul fatto che, per gli omosessuali, si percepisse una certa continuità con la dittatura.57
Nell’ottobre 1984 la Cha pubblica il primo numero del suo primo organo di trasmissione, il “Boletín”58, che fin dall’inizio si dedicò a denunciare l’aumento della repressione. Le storie di copertina elencavano le irruzioni e gli arresti: il 27 dicembre nove persone sono state trattenute alla discoteca Ponciano e denunciate al lavoro e a casa. Il 14 gennaio, undici persone venivano arrestate nel locale Pijama e, appena tre giorni dopo, altri quattordici al cafè Luz Verde59. Nel numero successivo, l’elenco continuava: il 29 gennaio molte persone sono state arrestate al cinema Avenida applicando l’editto 2° “H”; quattro giorni dopo, altre venti persone sono fermate alla discoteca Contramano per ubriachezza, oltraggio e controllo dei precedenti penali. Il 7 febbraio, i clienti del locale Viceversa vengono portati a piedi alla stazione di polizia 1760. El Grupo de Acción Gay condivideva la stessa preoccupazione nel secondo numero della rivista “Sodoma”. La nota «Las hilachas de la democracia» («I resti della democrazia») indicava che negli ultimi due mesi il numero di arresti nelle retate effettuate nei bar superava il centinaio, senza contare coloro arrestati in luoghi pubblici. L’articolo ricordava le aspettative riposte sulla democrazia solo pochi mesi prima per lamentarsi che «la ripresa della repressione della polizia ha trasformato il breve periodo democratico in una semplice tregua»61.
A partire dal 1983, con la caduta del regime dittatoriale, comincia il cosiddetto “destape”: dopo gli anni di violenza della dittatura, il mondo della cultura riguadagna lo spazio pubblico e i costumi si liberalizzano. Vengono presentati film e opere teatrali che affrontano temi molto dibattuti, mentre le edicole si riempiono di pubblicazione controverse che vanno dalla pornografia esplicita alle riviste come “Viva”, “Destape” e “Shock” – che alternano la fotografia erotica a testi più impegnati che celebrano la sessualità – e riviste progressiste come “El Porteño” o “Cerdos” y Peces” che iniziano ad affrontare il tema della sessualità in modo disinibito. In queste riviste progressiste di grande diffusione alcuni attivisti omosessuali hanno avuto l’opportunità di pubblicare le loro ricerche. Il 14 novembre 1983, meno di un mese prima dell’inaugurazione di Alfonsín, Juan José Sebreli pubblicò sulla rivista “Perfil” un’inchiesta intitolata “Historia secreta de los homosexuales porteños”62, una versione preliminare del suo saggio fondamentale, pubblicato nella raccolta Escritos sobre escritos, ciudades bajo ciudades.63 Il testo non sviluppa il tema della repressione nella dittatura; tuttavia, quattordici anni dopo Escritos sobre escritos, ciudades bajo ciudades, aggiunge:
«La persecuzione ha raggiunto le vette più alte della storia, ma deve essere contestualizzata nel quadro generale del terrorismo di Stato e della repressione contro ogni attività politica e sociale […]. Non si trattava di una persecuzione esclusiva degli omosessuali; ma tutti gli omosessuali che venivano identificati in una qualsiasi operazione venivano inesorabilmente detenuti.64»
Sebreli non si riferisce alla persecuzione sistematica o ai desaparecidos. Egli descrive piuttosto l’intensificarsi della repressione che, ad eccezione dell’intermezzo di Cámpora, inizia nel 1966 e non nel 1976. Queste integrazioni all’edizione del 1997 coincidono con alcune tesi che erano state avanzate da altri autori.
Nell’aprile del 1984, quando già nel paese era ritornata la democrazia, Marcelo Benítez pubblica su “El Porteño” la sua «Historia de la represión sexual en Argentina.65» Il saggio, insieme alla storia dell’FLH di Néstor Perlongher66, viene incorporato l’anno successivo in Homosexualidad, hacia la destrucción de los mitos di Zelmar Acevedo67. Nella sezione dedicata al periodo 1976-1983, intitolata «Los años miserables», Benítez sostiene l’ipotesi che Sebreli riprenderá anni dopo: «L’inoperosità della polizia dovuta alla sconfitta dei movimenti armati porta la necessità di impiegare tanto personale rimasto inattivo»68. Smantellata la militanza armata, la gigantesca architettura repressiva predisposta per combatterla resta senza impiego e, per non perdere la sua ragion d’essere, si rivolge al controllo della popolazione in generale. Di conseguenza, le persone considerate “sospette” o “strane”, come omosessuali, prostitute o giovani, finiscono per avere la peggio. La città viene militarizzata e vengono aumentati i controlli sulle auto, le perquisizioni su treni e autobus e gli arresti arbitrari per raggiungere una quota di detenuti. In questo processo, gli omosessuali, una volta “scoperti”, finiscono inevitabilmente per essere detenuti nel carcere di Devoto per trenta giorni.
Va notato che nei libri pubblicati da questi militanti pionieri non ci sono riferimenti specifici al rapimento e alla scomparsa di persone a causa della loro identità sessuale. Non ne fanno menzione né Alejandro Jockl, allora segretario della Cha, nel suo libro Ahora los gays (1984)69, né Zelmar Acevedo nel su citato Homosexualidad, hacia la destrucción de los mitos (1985), ex membro del Flh e candidato alla presidenza della Cha alle elezioni del 1985. Mancano riferimenti anche nei due saggi scritti da Héctor Anabitarte dall’esilio in Spagna: Homosexualidad, el asunto está que arde (1979) e Estrictamente vigilados por la locura (1982)70.
Si tratta di quattro saggi politici scritti da leader del Flh e della Cha che denunciano la persecuzione degli omosessuali e che sono stati prodotti durante la dittatura o nella transizione democratica. È difficile immaginare che, se ci fosse stato un piano sistematico di sterminio degli omosessuali, non sarebbe stato denunciato in questi testi.
Fin dalla sua fondazione, la Cha ha deciso di definirsi un’organizzazione per i diritti umani e si è unita con il resto delle organizzazioni affini per combattere la repressione, con la premessa che «il libero esercizio della sessualità è un diritto umano». Gli attivisti omosessuali hanno partecipato alle marce delle organizzazioni per i diritti umani, ma non per chiedere giustizia per gli omosessuali scomparsi durante la dittatura. La partecipazione della Cha a questi eventi aveva l’unico scopo di denunciare le violazioni dei diritti umani che continuano a essere perpetrate contro gay e lesbiche. L’obiettivo era quello di allearsi con la società civile per chiedere allo Stato la fine della repressione. Pertanto, era molto più utile sostenere l’esistenza di una continuità nella repressione che denunciare abusi passati, perpetrati in un periodo storico chiuso.
La produzione della memoria degli omosessuali desaparecidos
Negli ultimi quindici anni si è rafforzata nell’immaginario collettivo l’ipotesi dell’attuazione, da parte dell’ultima dittatura militare, di un piano di persecuzione, sequestro e scomparsa di omosessuali e trans. Questa posizione è richiamata in documenti ufficiali71, è oggetto di opuscoli politici72, note giornalistiche su giornali73, radio74 e televisione75 e siti Internet76. A sua volta, la aparición con vida degli omosessuali scomparsi è richiesta nelle manifestazioni dell’orgullo e da gruppi di gay e lesbiche nelle mobilitazioni del 24 marzo77.
Queste memorie sono costruite attraverso la risignificazione e la riproposizione di un breve paragrafo pubblicato in un libro negli anni Ottanta. Nel 1987, tre anni dopo il ritorno della democrazia, Carlos Jáuregui, il primo presidente della Cha, pubblica La homosexualidad en la Argentina.78 In questo libro compare per la prima volta una interrogazione sugli omosessuali desaparecidos:
«È molto difficile determinare se una persona scomparve perché omosessuale. Non ci sono informazioni e – purtroppo – non ci saranno mai. Come sappiamo, gli assassini sono stati attenti a cancellare quante più tracce possibili. Ma una intima convinzione ci ha portato a credere che tra le migliaia di compagni scomparsi, vittime del terrorismo di Stato, ce ne fossero almeno alcune centinaia che erano omosessuali.
Il dato statistico non è ufficiale, non compare nel rapporto della Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas Nunca Más, ma uno dei responsabili del CONADEP afferma l’esistenza di almeno 400 omosessuali che compongono la lista dell’orrore. Il trattamento che ricevettero, ci informò, era simile a quello dei compagni ebrei scomparsi: particolarmente sadico e violento. Tutti furono violentati dai loro moralisti carcerieri.
Non li conosciamo, non li conosceremo mai. Sono solo quattrocento delle trentamila grida di giustizia che battono nei nostri cuori.»79
Due libri, la Historia de la homosexualidad en la Argentina di Bazán80 e Fiestas, baños y exilios : los gays porteños en la última dictadura di Rapisardi e Modarelli81, fanno riferimento al tema concentrandosi su casi particolari ed evitando rigide definizioni. Entrambi gli studi, per la focalizzazione sulla dittatura, cominciano a dare entità, come fenomeno autonomo, agli omosessuali desaparecidos, sebbene non supportino direttamente l’ipotesi del piano sistematico.
La circolazione delle narrazioni sugli omosessuali scomparsi si è amplificata a partire dal 2004, nel contesto della ripresa dei processi ai repressori – che erano stati bloccati negli anni Ottanta – e dell’emergere di un’ampia varietà di politiche di riparazione per le vittime, accompagnate da una crescente promozione da parte dello Stato di istanze di indagine e diffusione della storia della repressione.
Allo stesso tempo, la dittatura comincia a trasformarsi in uno dei principali antagonismi che organizzano la politica nazionale argentina, mentre i diritti umani tornano ad essere un significante che unisce la comunità politica e che conferisce legittimità indiscutibile alle rivendicazioni sollevate. In questo contesto, le organizzazioni per la diversità sessuale iniziano a modificare la produzione delle loro storie fondanti.
I dubbi enunciati come ipotesi in quei tre capoversi del libro di Jáuregui del 1987 sono soggetti a un particolare meccanismo di citazione ed enunciazione. Progressivamente, le obiezioni e le cautele di Jáuregui svaniscono man mano che il riferimento inizia a essere citato, a circolare e a essere enunciato in modo formale e informale.
Il testo di Jáuregui è citato in molti scritti militanti e accademici in Argentina. Tra gli altri, Bazán lo riproduce letteralmente82 e Rapisardi vi fa riferimento in una nota83. La circolazione delle citazioni è avvenuta anche nel campo dell’accademia nordamericana. Ad esempio, i capoversi di Jáuregui sono riprodotti con alcune variazioni in un rapporto dell’organizzazione GaysDC nel 1995. Da lì, vengono tradotti e incorporati in un documento presentato da Stephen Brown in Messico a un congresso della Latin American Studies Association nel 199784, che viene poi pubblicato come articolo sulla rivista Latin American Perspectives85 e come capitolo nella curatela The Global Emergence of Gay and Lesbian Politics86. Quest’ultimo libro a sua volta è citato due anni dopo in The No-Nonsense Guide to Sexual Diversity87. Dopo aver circolato per quattordici anni attraverso linguaggi e generi discorsivi diversi, la citazione è così formulata: «In Argentina the targeting of gays was very explicit. After the March 1976 military coup, gay activists were tortured and murdered. (…) One member of the Commission later appointed to investigate disappearances estimates that at least 400 lesbians and gay men had been “disappeared” though no mention of this is made in the Commission´s official report, Nunca Más88.»
Vengono dimenticati i successivi chiarimenti che contestualizzano le affermazioni del libro e indicano che questi detenuti non erano stati arrestati a causa della loro sessualità. L’esistenza di quattrocento omosessuali desaparecidos comincia a circolare come verità di fatto negli spazi della politica e dell’accademia queer. Lentamente, l’idea di un piano sistematico per la scomparsa degli omosessuali perpetrata dall’ultima dittatura militare comincia a cristallizzarsi nel senso comune.
I movimenti sociali lavorano elaborando genealogie che legittimano le richieste presenti. In questo modo configurano il presente come il risultato di un passato mitico senza rendere visibile che questo passato è in realtà una produzione attuale e contingente. La costruzione di una storia mitica coerente, che cerchi di risalire al passato per gettare le basi della legittimità delle lotte moderne, è essenziale per fondare rivendicazioni nella sfera pubblica.
Per molte organizzazioni che si occupano di diversità sessuale, la scomparsa di questi quattrocento omosessuali si configura come una offesa mitica che deve essere riparata e che costituisce una pietra miliare iniziatica nelle loro storie.
Fino agli anni Ottanta, l’anniversario della grande retata del 1954, perpetrata durante il secondo governo di Perón (1952-1955), ebbe un posto centrale nelle memorie del movimento omosessuale: nel 1970, in occasione del quindicesimo anniversario, l’avvenimento viene ricordato, per esempio, nella pubblicazione omofila americana “Los Angeles Advocate”89. Cinque anni dopo, la retata è ricordata anche nella citata nota centrale del numero cinque della rivista “Somos”90. Negli anni Ottanta molti attivisti omosessuali avevano avuto anche uno sguardo critico nei confronti dei governi peronisti91 poiché era ancora vivo il ricordo della persecuzione da parte del primo peronismo e del tradimento dopo il ritorno dei Perón nel 1974, con il riaccendersi della repressione.
In questo quadro, l’attuale riconfigurazione delle narrazioni della memoria è stata probabilmente una condizione di possibilità per l’alleanza tra l’attivismo omosessuale e i governi peronisti di Néstor Kirchner e Cristina Fernández (2003-2015) che ha portato alle più importanti conquiste nella storia del movimento: matrimonio egualitario e legge sull’identità di genere. Focalizzare la storia della repressione statale della sessualità sulla dittatura avvenuta tra il 1976 e 1983 consente ai partiti politici progressisti di aggiornare i propri riferimenti e inserirsi in modo meno problematico nel nuovo contesto di correttezza politica, in cui l’omofobia non trova più posto.
Concentrare la denuncia dell’omofobia sull’ultima dittatura, concepita come un’area delimitata invasa da un male assoluto, permette di mascherare il fatto che sia il progressismo argentino che la leadership dei partiti politici e delle organizzazioni per i diritti umani sono stati fino a tempi molto recenti altamente omofobi.
Ma questa ricostruzione rende invisibile la specificità del regime politico ed economico dei militari e degli attori sociali che rappresentavano. Il progetto dell’ultima dittatura aveva un obiettivo molto chiaro: eliminare le organizzazioni armate di sinistra, disciplinare il movimento operaio e stabilire un progetto economico neoliberista. L’offuscamento degli obiettivi politici ed economici della dittatura produce una versione della storia che, sebbene possa risultare temporaneamente produttiva, potrebbe anche finire per complicare l’elaborazione di strategie di emancipazione a lungo termine.
Conclusioni
La memoria è un genere discorsivo singolare. Non è necessariamente vera o falsa: si costituisce più come un repertorio politico che come un racconto fattuale. Pertanto, non ha senso studiarla per confutarla o corroborarla empiricamente, ma per analizzare i rapporti di potere che la costituiscono in quanto tale e gli usi politici che la memoria permette o impedisce.
Nel quadro della rivalutazione che ne fa il kirchnerismo, le politiche dei diritti umani diventano – come era già successo negli anni Ottanta – un paradigma che articola le domande nello spazio pubblico. In questo quadro, l’essere stato vittima dell’ultima dittatura ha dato legittimità al collettivo LGTB, alle sue richieste e alle sue argomentazioni per chiedere diverse – e dovute – riparazioni.
Dopo l’entrata in vigore delle leggi del matrimonio egualitario, nel 2010, e dell’identità di genere, nel 2012, un giustificato senso di vittoria ha invaso il movimento insieme a un urgente bisogno di ricordare. Le memorie prodotte da quel periodo acquisiscono l’estetica dell’atto eroico. Celebrare le conquiste e celebrare i loro protagonisti richiede la costruzione di un presente idealizzato. In contrasto con ciò, il passato deve essere costruito come un paesaggio di repressione assoluta che consenta a queste eroiche epopee di progresso da uno stato di invisibilità e tragedia alla libertà di risaltare.
La rappresentazione di un passato oppressivo totale è condizione di possibilità per tracciare narrazioni di redenzione che costruiscono il presente come luogo di arrivo. La storia queer è diventata così una cadenza ripetitiva di storie sofferenti che si concentrano sulla violenza di stato mentre hanno difficoltà a percepire le forme di resistenza che gli omosessuali dispiegavano. Tuttavia, quando intervistiamo gli omosessuali che hanno vissuto quel periodo, le loro storie sono molto diverse. La narrazione si concentra immediatamente sulle feste e sull’enumerazione infinita di amanti e “mariti”, con il racconto meticoloso delle dimensioni delle loro parti intime e delle loro performance amorose. Il ricordo della repressione è circostanziale e generalmente emerge su insistenza degli intervistatori. È vero che il ricordo della festa di queste persone omosessuali, ora anziane, non è dissociabile dall’idealizzazione del passato e della giovinezza. Ma il fallimento di storici e attivisti ad ascoltare i ricordi dei gay più anziani quando riguardano il piacere sessuale e il divertimento è biasimabile, perché in questo modo vengono nuovamente abusati: prima è stato impedito loro di raccontare le loro storie per mancanza di ascolto empatico e, ora che sono chiamati a raccontare, non sono in grado di recuperare tali storie nei loro termini perché non compatibili con i nostri progetti politici.
I gay si sono spesso presentati allo Stato come esseri intrinsecamente vulnerabili che richiedono necessariamente la protezione statale: negli anni Ottanta e Novanta come vittime dell’epidemia di AIDS e, in questo secolo, come vittime del terrorismo di Stato. Queste strategie erano necessarie e hanno avuto successo.
Tuttavia, nella situazione attuale, credo che l’uso di questi ricordi dolorosi abbia un limite: ci permettono di lavorare politicamente solo se c’è una ferita che richiede una riparazione. Non costruiscono un soggetto politico che punta all’emancipazione, ma un soggetto volto principalmente a chiedere assistenza. Di fronte alla politica dell’odio non si può rispondere con la vittimizzazione e la vulnerabilità. I ricordi dell’orrore non ci forniscono gli strumenti migliori in un mondo in cui neoconservatorismo religioso e destre omofobe acquistano sempre più legittimazione sociale e iniziano progressivamente a gestire gli ingranaggi degli stati. Il bolsonarismo brasiliano, la new-right nordamericana o il lepenismo francese possono essere sfidati chiedendo loro protezione e riparazione? I ricordi vittimizzanti non ci forniscono strumenti per affrontare gli omonazionalismi e i nuovi razzismi che vengono da formazioni gay92, perché queste basano la legittimità delle loro rivendicazioni proprio sulla vulnerabilità che sentono nei confronti delle minoranze etniche e religiose. Il momento che sta arrivando potrebbe richiedere altre politiche e di recupero il ricordo della resistenza giocosa e gioiosa che i gay usavano per deridere il potere e opporsi alla violenza di stato.
Note
- Questa ricerca fa parte del progetto “Memorias de las masculinidades disidentes en España e Hispanoamérica” (PID2019-106083GB-I00) finanziato dal Ministerio de Ciencia e Innovación del Governo spagnolo. Traduzione di Daniele Salerno.
- L’autore usa nel testo originale parole che nel contesto argentino hanno un senso nativo militante e rivendicativo o richiamano paradigmi identitari del passato. Si tratta della parola “travesti”, “loca” e “marica”. Sebbene per queste parole ci sia una traduzione letterale, tali traduzioni non hanno lo stesso portato rivendicativo e possono condurre a un uso della lingua italiana oggi considerato discriminatorio. Si è preferito quindi tradurre queste parole con trans, omosessuale e gay [N.d.T.].
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- Sezione interna della polizia della Provincia di Buenos Aires incaricata della raccolta e produzione di informazioni – tramite spionaggio – e operazioni in difesa della sicurezza nazionale. La Provincia di Buenos Aires è la più popolosa delle 23 province che costituiscono la Repubblica Argentina, che ha un assetto federale. Le province hanno una ampia autonomia e si definiscono “stati autogovernati”, conservando la competenza esclusive su molte materie [N.d.T.].
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- Malva, Mi recordatorio, cit.
- Sebbene Frondizi e Illia siano stati eletti democraticamente, il partito maggioritario, quello peronista, era bandito ed escluso dalle elezioni. I governi di Frondizi e Illia agivano sotto il controllo tutelare dei militari. Per questi motivi, questi due governi sono classificati dalla storiografia argentina come “semidemocrazie”. A partire dal 1966, i militari abbandoneranno questo controllo tutelare indiretto per assumere la responsabilità diretta di tutti i poteri dello Stato.
- Oscar R. Anzorena, Tiempo de violencia y utopía: De Golpe de Onganía (1966) al Golpe de Videla (1976), Buenos Aires, Ediciones del Pensamiento Nacional, 1988, p. 276. Las brigadas de moralidad (Brigate di moralità) non erano ricordate solo dagli omosessuali ma anche dalla sinistra peronista. In occasione della nomina di Margaride, il 25 gennaio 1974, il quotidiano “Noticias” scrive: «è un uomo ampiamente ricordato per le spettacolari operazioni di moralità compiute quasi un decennio fa». Il 29, la rivista “El descamisado”, organo di stampa del gruppo Montoneros, aggiunge: «Di Margaride basta dire che è un fanatico della morale, uno di quei severi funzionari che fanno appello alla repressione in nome di Dio e la famiglia» e va oltre considerando la sua designazione «un’offesa al popolo peronista».
- “Somos”, nº 2, febbraio 1974.
- Acabar con los homosexuales, “El Caudillo”, 12 febbraio 1975.
- Non ci sono riferimenti nell’archivio Centro de Estudios Legales y Sociales, né nel Servicio Paz y Justicia, né nell’Asamblea Permanente por los Derechos Humanos, né negli archivi di Madres de Plaza de Mayo (linea fondatrice). Nonostante il fatto che i documenti della Conadep non siano accessibili al pubblico, una ricerca nell’Archivio Nazionale della Memoria non ha dato risultati positivi. È necessario chiarire che le violazioni dei diritti umani di gay, lesbiche e trans non erano tra le priorità delle organizzazioni per i diritti umani nel periodo suddetto.
- Comunicazione personale.
- Patricia Funes, Medio siglo de represión. El archivo de Inteligencia de la Policía de la Provincia de Buenos Aires, “Revista Puentes”, no 11, maggio 2004.
- Le parole chiave sono state raccolte da un corpus di documenti d’epoca, inclusi documenti di polizia e giudiziari, articoli di giornali, libri sull’argomento e materiali prodotti da organizzazioni gay. Alcune di queste parole chiave erano: afeminado, amanerado, amoral, degenerado, depravado, desviado, escándalo, gay, homosexual, homosexualismo, invertido, lesbiana, loca, marica, maricón, inmoral, pederasta, perversión, puto, sodomita, tercer sexo, transformista, travesti, travestista, uranio, vicioso. Sono state incluse anche le derivazioni lessicali dei termini.
- L’archivio è digitalizzato e può essere consultato attraverso un motore che consente di effettuare ricerche molto esaustive.
- Cinque di questi documenti sono stati prodotti durante il periodo semidemocratico dal 1957 al 1966; dieci furono redatti durante i sette anni di dittatura della rivoluzione argentina (1966-1973); dodici, durante i quasi otto anni che durò l’ultima dittatura (1976-1983); altri dieci, durante i sei anni di presidenza costituzionale di Alfonsín (1983-1989) e ventitré, nei sei anni di prima presidenza – anch’essa costituzionale – di Menem (1989-1995).
- Dirección de Inteligencia de la Policía de la Provincia de Buenos Aires (Dippba), Mesa “D(s)”, Carpeta Varios, Legajo 13732.
- Dippba, Mesa “A”, Factor Estudiantil, Legajo 242.
- Dippba, Mesa “D(e)”, Factor Religioso, Legajo 2791. Tomo IV.
- Dippba, Mesa “D(s)”, Carpeta Varios, Legajo 5903.
- Dippba, Mesa “XXX”, Carpeta Varios, Legajo 4653.
- Dippba, Mesa “D(e)”, Factor Religioso, Legajo 582.
- Dippba, Mesa “D(e)”, Factor Social, Legajo 10. La Plata 7ma.
- Dippba, Mesa “D(e)”, Factor Social, Legajo 140. La Plata 9na.
- Dippba, Mesa “D(s)”, Factor Religioso, Legajo 920.
- Si veda per esempio: Critican a la policía los homosexuales in La Nación, 31 luglio 1985 e Los homosexuales denuncian que la policía federal los está persiguiendo in Crónica, 30 luglio 1985.
- Dippba, Mesa “D(e)”, Factor Social, Legajo 220. Año 1993.
- Dippba, Mesa “D(e)”, Factor Religioso, Legajo 3520.
- Dippba, Mesa “D(e)”, Factor Religioso, Legajo 3261.
- Néstor Perlongher, Prosa plebeya, Buenos Aires, Colihue, 1997, 256.
- O. Bazán, Historia de la homosexualidad, cit., p. 371.
- N. Perlongher, Prosa plebeya, cit., p. 256.
- Intervista a Héctor Anabitarte, Buenos Aires, 9 maggio 2006.
- Intervista a Zelmar Acevedo, Buenos Aires, 30 gennaio 2010.
- Miriam Lewin e Olga Wornat, Putas y guerrilleras, Buenos Aires, Planeta, 2014, pp. 497-510.
- Memoria Abierta, Testimonianza di Gloria Enríquez, Buenos Aires, 2010.
- Pilar Calveiro, Poder y desaparición: los campos de concentración en Argentina, Buenos Aires, Colihue, 1998.
- Memoria Abierta, Testimonianza di Gloria Enríquez, Buenos Aires, 2010.
- P. Calveiro, Poder y desaparición, cit. pp. 67-68.
- Conadep, Nunca más. Buenos Aires, Eudeba, 2013, p. 373.)
- “Clarín”, 28 maggio1984.
- “Sodoma”, n. 1, p. 5, 1984.
- “Boletín”, n. 1, ottobre 1984.
- “Boletín”, n. 3, febbraio 1985, p. 1.
- “Boletín”, n. 4, marzo 1985, p. 1.
- “Sodoma”, n. 2, dicembre 1984, p. 24.
- Juan José Sebreli, Historia secreta de los homosexuales porteños, in “Perfil”, No 27, 1983.
- J. J. Sebreli, Escritos sobre escritos, ciudades bajo ciudades, cit.
- J. J. Sebreli Escritos sobre escritos, ciudades bajo ciudades, cit., p. 326)
- Marcelo Benítez, Historia de la represión sexual en Argentina, “El Porteño”, N.o 28, aprile 1984.
- N. Perlongher, Prosa plebeya, cit.
- Z. Acevedo, Homosexualidad, cit.
- Marcelo Benítez, Historia de la represión a la sexualidad en la Argentina, in Z. Acevedo, Homosexualidad, cit.
- Alejandro Jockl, Ahora, los gay, Buenos Aires, Ediciones de la Pluma, 1984.
- Héctor Anabitarte e Ricardo Lorenzo Sanz, Homosexualidad, el asunto está caliente, Madrid, Queimada Ediciones, 1979; Héctor Anabitarte, Estrechamente vigilados por la locura, Barcelona, Hacer. 1982.
- INADI, Memorias de la Mesa Panel ‘Diversidad Sexual y Dictadura en Salta, 2010 (Salta).
- Putos Peronistas, Compañeros putos, tortas y travestis detenidos, asesinados y desaparecidos, presentes!, 2009.
- No hubo rostro peor de la discriminación, “Pagina/12”, 18 maggio 2014; Investigan violación a los derechos de homosexuales en la última dictadura, in “Diario24”, 26 agosto 2012; Rearmando la memoria de la diversidad sexual perseguida, “Telám” 23 marzo 2012.
- En La Dictadura También Hubo Desaparecidos En Clave LGTB, La Viborera.Radio Estacion Sur 91.7., 25 marzo 2014.
- Diversidad en la dictadura, in Salida de emergencia (cap. 7), “Canal Encuentro”, 2010.
- Se demora el reconocimiento a las víctimas gays, lesbianas y trans de la dictadura, AGmagazine.info, 31 marzo 2009.
- Il 24 marzo è la ricorrenza del colpo di Stato del 1976. Ogni anno in questa data si organizzano marce in ricordo e commemorazione dei desaparecidos e per chiedere giustizia e verità. È divenuta negli ultimi anni festa nazionale.
- Carlos Jáuregui, La homosexualidad en la Argentina, ediciones tarso, Buenos Aires, 1987.
- Carlos Jáuregui, La homosexualidad, cit., p. 170.
- O. Bazán, Historia de la homosexualidad, cit.
- Flavio Rapisardi e Alejandro Modarelli, Fiestas, baños y exilios : los gays porteños en la última dictadura, Buenos Aires, Sudamericana, 2001.
- O. Bazán, Historia de la homosexualidad, cit., p. 383.
- Flavio Rapisardi, Escritura y lucha política en la cultura argentina: identidades y hegemonía en el movimiento de diversidades sexuales entre 1970 y 2000, “Revista Iberoamericana”, No 74, p. 986.
- Stephen Brown, Con discriminación y represión no hay democracia, in “XX International Congress of the Latin American Studies Association”, 17-19 aprile 1997, Guadalajara, Messico.
- Stephen Brown, Con discriminación y represión no hay democracia.” The Lesbiana n Gay Movement in Argentina, “Latin American Perspective”, Vol. XXIX, N.o 2, 2002, p. 121.)
- Barry D. Adam, Jan Willem Duyvendak e André Krouwel (a cura di), The global emergence of gay and lesbian politics: national imprints of a worldwide movement, Philadelphia, Temple University Press.
- Vanessa Baird, The No-Nonsense Guide to Sexual Diversity. Oxford, New Internationalist Publications, 2001.
- V. Baird, The No-Nonsense Guide, cit., p. 67.
- “Los Angeles Advocate”, Febbraio 1970.
- “Somos” N.º 5, s/d, p. 6.
- M. Benítez, Historia de la represión, cit.
- Jasbir K. Puar, Terrorist Assemblages: Homonationalism in Queer Times, Durham, Duke University Press, 2007.
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