Editoriale
Daniele Salerno, Editoriale, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 51, giugno 2021
Nel 2020 l’Enciclopedia Treccani ha incluso nella sua decima appendice la voce LGBTQIA+, a cura di Lorenzo Bernini. L’acronimo sta per lesbica, gay, bisessuale, transgender, queer, intersessuale e asessuale, mantenendo la lista aperta attraverso il segno +. L’ingresso dell’acronimo nella più istituzionale delle enciclopedie italiane conferma un processo di storicizzazione del movimento, che si sta ora consolidando anche nel nostro paese, come conferma la pubblicazione nel 2021 nella collana Einaudi Storia del libro di Maya De Leo Queer. Storia culturale della comunità LGBT+.
Questa recente produzione accademica è da inquadrarsi, a livello internazionale, nell’ondata commemorativa iniziata nel 2019 con il cinquantennale della rivolta di Stonewall contro la repressione della polizia nella città di New York: la rivolta, iniziata il 28 giugno del 1969, è considerata l’evento fondativo del movimento LGBT+ per come lo conosciamo oggi.
L’ondata commemorativa quest’anno interessa l’Italia ancora più da vicino. Nel 2021 a Torino, con una mostra presso il Museo Diffuso della Resistenza, si ricorderanno i cinquant’anni del Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano (Fuori); nel 2022 si ricorderanno i cinquant’anni della prima manifestazione di protesta nel nostro paese, quella dell’aprile 1972 a Sanremo contro il Congresso internazionale di Sessuologia, che discuteva delle terapie per curare l’omosessualità; e sempre nel 2022 ricorrerà il quarantennale dalla creazione del primo luogo istituzionalmente assegnato a un movimento LGBT+: il Cassero di Bologna, che nel 1982 diviene sede del Circolo di Cultura Omosessuale 28 giugno.
Tuttavia, come ben sappiamo, le commemorazioni sono dispositivi di selezione: ci aiutano a ricordare qualcosa ma anche a dimenticare molto altro. La storia della diversità sessuale – ovvero di quei gruppi sociali che deviano dalle norme di genere e orientamento sessuale dominanti – va ben al di là degli ultimi 50 anni, di Stonewall, e del mondo Occidentale (inteso come Stati Uniti ed Europa).
Questo numero di “Bibliomanie” ha eletto la categoria storica di “omosessualità” come dimensione culturale da investigare, muovendosi tra XVI e XXI secolo e, geograficamente, tra Spagna, Italia, Cina e Argentina.
Il numero si apre con un saggio di Sandro Bellassai che legge la categoria di “omofobia maschile” in funzione difensiva, ovvero come una forma di stigmatizzazione che – nel segnare i confini del virilismo – rafforza la supremazia maschile come sistema di dominazione sociale e politico.
Dario Petrosino ricostruisce la repressione dell’omosessualità nel XX secolo a partire dall’analisi di disposizioni normative nazionali e internazionali che includevano l’omosessualità tra i flagelli sociali da combattere.
Se Petrosino analizza, tra le altre, le norme della Francia gollista degli anni Sessanta del Novecento, Vincenzo Lagioia ci porta indietro di due secoli, nella Francia dei Lumi e nella definizione di “sodomia” come crimine contro se stessi e contro la natura che si trova nell’Encyclopèdie di Diderot e d’Alembert. Tale definizione rende la categoria di sodomia operativa per il controllo e la repressione dei comportamenti sessuali non normativi nell’età moderna e contemporanea. A partire dalla trasformazione epistemologica rappresentata dagli studi di Michel Foucault, Ludovica Famoso traccia le diverse prospettive e i diversi approcci metodologici per la ricostruzione di una storia dell’omosessualità femminile, passando in rassegna la letteratura sull’argomento. Famoso conclude segnalando anche la necessità di guardare alla storia dell’omosessualità non solo in termini di storia dell’omofobia, ma anche di storia di forme di resistenza, desiderio ed erotismo.
Questa preoccupazione è condivisa anche da Santiago Joaquín Insausti che nella sua dettagliata analisi della storia della repressione statale contro la diversità sessuale in Argentina e delle politiche di memoria dell’attivismo LGBT+ nel paese sudamericano, auspica che la storia e la memoria del movimento non sia solo quella dell’offesa di cui si chiede la riparazione, ma anche delle pratiche di resistenza ed esercizio del desiderio.
Rebecca Vivi analizza invece la cultura omosessuale in Cina, la cui identità si declina secondo categorie native e quadri sociali e culturali diversi dalla cultura occidentale. Tuttavia emerge anche in Cina un dato comune a molti paesi: la categoria di omosessualità, nell’uso che ne fanno le istituzioni statali, si colloca in un più ampio processo di costruzione dell’altro come nemico. Così se nell’Argentina delle dittature militari e negli Stati Uniti del maccartismo, l’omosessualità era una depravazione comunista, in Cina è segno della decadenza borghese e capitalista. Ciò ci riporta alla funzione “difensiva” dell’omofobia nell’articolare il confine tra Noi e Loro, così come proposta da Bellassai.
Vivi apre in un breve paragrafo il tema dell’Aids che viene approfondito in due altri saggi. Álvaro Navarro Gaviño analizza il discorso sull’Hiv e l’Aids negli Stati Uniti e in Spagna, mentre Salvatore Cecere analizza il caso italiano: entrambi i testi si concentrano sul periodo tra anni Ottanta e Novanta e sulle campagne istituzionali e attiviste per la prevenzione della malattia e l’accesso alle cure. Il titolo del contributo di Cecere ci ricorda il primo nome dell’Hiv: Gay-related Immune Deficiency – GRID, immunodeficienza associata all’omosessualità, come il 5 giugno del 1981, esattamente quarant’anni fa, il Centers for Disease Control and Prevention degli Stati Uniti battezzarono i casi di aumento di polmoniti in giovani omosessuali, causate da una immunodeficienza acquisita.
Al centro dell’attivismo di questo periodo, così come della relazione con lo Stato e le istituzioni, si trova una forte tensione tra due necessità: quella di non rappresentare l’Aids come “malattia gay” – contribuendo alla patologizzazione dell’omosessualità che con difficoltà si stava cercando di contrastare –, ma anche di porre il soggetto omosessuale come quello, in quel momento storico, maggiormente vulnerabile all’epidemia e dunque bisognoso di tutela e cura.
Nell’ambito letterario italiano è indubbiamente l’opera di Pier Vittorio Tondelli a dar forma all’esperienza storica dell’omosessualità nell’ultima parte del secolo scorso, segnata dalla pandemia di Hiv/Aids. Se Camere separate appare l’esito più alto, e purtroppo finale, della visione tondelliana di quel momento storico, il romanzo Rimini – al centro dell’analisi di Naponiello – rappresenta un momento di articolazione importante a cavallo degli ultimi due decenni del Novecento.
Il saggio di Rosaria Claudia Romano si focalizza sulle riviste LGBT+, uno strumento culturale fondamentale per la formazione identitaria dei movimenti. Romano ci offre un inquadramento storico-culturale del passaggio dai movimenti di liberazione omosessuale fino a internet, con una focalizzazione sulle produzioni italiane: dal “Fuori!”, mensile pubblicato dal 1972 al 1982, a “La Falla” almanacco ora online del Cassero LGBT center di Bologna.
Sulla nascita del Cassero, a un anno dal quarantennale, si apre l’intervista a Franco Grillini, storico attivista del movimento LGBT+ italiano, che ci ha raccontato la nascita del Cassero di Bologna, la transizione dai movimenti di liberazione ai movimenti dei diritti civili tra anni Settanta e Ottanta, la crisi dell’Hiv/Aids e la relazione tra movimenti e politica istituzionale.
Oltre alla parte monografica, il numero ospita altri cinque contributi.
Virginia Conti analizza le modalità in cui il giornale “Rudé právo” del Partito Comunista cecoslovacco costruisce nel 1989 la memoria della primavera di Praga del 1968, che alimenta quella che pochi mesi dopo diventerà la Rivoluzione di velluto.
A un altro, diverso, processo memoriale, è dedicato il saggio di Alessandro Trabucco sul Ammunition Hill memorial site di Gerusalemme che ricorda la battaglia tra l’esercito israeliano e giordano durante la guerra dei sei giorni nel 1967.
Il saggio di Fabio Martelli ricostruisce invece la biografia di Jacopo Gaufrido nella prima metà del Seicento, attraverso cui l’autore legge la struttura delle corti padane e il processo di formazione che permette l’accesso a grandi carriere politiche (seppure, nel caso di Gaufrido, segnata da un tragico epilogo). Elisabetta Brizio ci porta invece alla poesia italiana contemporanea attraverso l’opera di Alessio Vailati.
Infine in questo numero ricordiamo un tragico momento di svolta della storia contemporanea italiana e internazionale: i venti anni del G8 di Genova con la morte di Carlo Giuliani in Piazza Alimonda e le torture agli attivisti e alle attiviste nella caserma di Bolzaneto. A questo tragico momento ci riporta Ilaria Bracaglia nel suo Aria di Genova (G8 2001).
Questo articolo è distribuito con licenza Creative Commons Attribution 4.0 International. Copyright (c) 2021 Daniele Salerno