Un silenzio interiore. I ritratti di Henri Cartier-Besson
Neil Novello, Un silenzio interiore. I ritratti di Henri Cartier-Besson, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 23, no. 14, ottobre/dicembre 2010
All’avvertito lettore d’Immaginario dal vero (Milano, Abscondita, 2005) di Henri Cartier-Bresson sembrerà inverosimile che la situazione psicologica, o meglio la coscienza fotografica profonda del genio di Chanteloup aggioghi una duplice condizione: il fotografo è un antropofago a caccia, la sua preda complice del cannibale. Lo scenario ideale entro al quale va compresa la fotografia di Cartier-Bresson è dunque elementare per limitatezza d’orizzonte: il predatore di realtà fotografa e il fotografato non è il qualunque, è invece l’unicità fotografabile del mondo. Una misteriosa legge fa del fotografato il fotografabile. L’esemplare osmosi fra l’atto o clic e la fissazione dell’oggetto nella memoria della macchina riflette una trasmissione sensuale, una migrazione di seme dal guardante nel guardato
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