Immagini vecchie e nuove di viaggi verso la Luna. Un itinerario comparatistico
Maria Giulia Andretta, Immagini vecchie e nuove di viaggi verso la Luna. Un itinerario comparatistico, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 47, no. 5, luglio 2018/giugno 2019
La storia della fantascienza, prima come genere letterario e successivamente come verosimile realizzazione di visionari esperimenti, si lega indissolubilmente alla Luna e al desiderio di raggiungerla. Musa silenziosa, astro narrante, falce d’argento, eterna lanterna, l’ispiratrice di evasioni dal mondo terrestre e di contatti con civiltà aliene è poi diventata obiettivo di conquista e di esplorazione.
La narrativa è stata la prima a far viaggiare l’uomo verso il satellite alla scoperta di fantasiose e ibride creature che hanno popolato Selene prima che la tecnologia permettesse di raggiungerla davvero.
Luciano di Samosata, nel II secolo d.C., è tra i primi a raccontare di un viaggio alla volta della Luna. La sua Storia Vera, pur parodistica, satirica e surreale, diventerà uno dei primi riferimenti della letteratura fantastica e fantascientifica in quanto descrive con dettaglio tutte le caratteristiche somatiche e sociali dei Lunari, gli abitanti del satellite e sudditi del re Endimione, ispirandosi soprattutto all’opera di Plutarco1. Luciano è il primo autore a far approdare, con una vera e propria nave, i suoi lettori su un mondo lunare dove regnano immaginazione, avventura e fantasia. Tuttavia, dopo la sua Storia, le vicende del satellite e dei suoi stravaganti abitanti vengono abbandonate a fronte del recupero della dottrina aristotelica che sostiene fermamente l’inesistenza di altri mondi abitati ad eccezione della Terra.
La visione peripatetica del mondo oscurerà la Luna fino a quando le corrispondenze neoplatoniche porteranno l’uomo a riprendere l’idea di esplorazioni alla volta del cosmo. È proprio Dante a raccogliere le eredità del Somnium Scipionis attribuito a Cicerone, nonché a riprendere il tema del viaggio oltremondano nella Commedia. La Luna, come risaputo, è protagonista del II Canto del Paradiso, occasione che permette al poeta di affrontare la discussione legata alle macchie lunari spiegate attraverso il diverso influsso delle virtù delle intelligenze angeliche.
Al contrario, la Luna ariostesca, poetica e visionaria, non è più raggiunta tramite lo sforzo dell’intelletto, ma grazie all’impiego di animali fantastici come il leggendario ippogrifo. Ariosto ne L’Orlando Furioso ribalta in modo definitivo la prospettiva e fa della Terra il mondo osservato dalla Luna. Queste simmetrie e specularità saranno, non a caso, recuperate da Giordano Bruno, che nella Cena de le ceneri scriverà: «Non più la luna è cielo a noi, che noi alla luna»2. Secoli dopo l’Apollo 8 sperimenta la congruenza dell’affermazione del Nolano proprio grazie allo spostamento della prospettiva di riferimento in quella straordinaria visione descritta dai tre astronauti.
Le prime risposte scientifiche alle varie speculazioni fantascientifiche arrivano con Galileo, il geografo celeste, e con il suo cannocchiale puntato verso il cielo. Le “sensate e certe dimostrazioni” cambieranno irreversibilmente il modo di guardare al mondo, facendo perdere alla Terra quella posizione privilegiata nell’universo che aveva occupato fino a quel momento3. La nuova tecnologia ottica trasforma le eretiche ipotesi in incontrovertibili certezze così quando nel 1609, Galileo punta una versione modificata dell’occhiale olandese verso la Luna, affianca l’osservazione alla spiegazione dei fenomeni celesti. Le macchie chiare e scure che, per secoli, avevano alimentato le più varie speculazioni si svelano con i dettagli dell’ingrandimento e confermano che altre zone della superficie del satellite non sono affatto lisce, uniformi e levigate, ma irregolari e ineguali, con monti e valli…
Il Sidereus Nuncius – il messaggero celeste, del 1610, come un astronauta ante litteram – è l’opera in cui vengono riportate note e commenti su tali osservazioni. Queste saranno accompagnate da una serie d’illustrazioni delle montagne e delle pianure lunari, che restituiscono quell’immediatezza e quella facilità di comprensione che saranno elementi fondamentali nell’affermazione del metodo scientifico e che rendono il testo unico nel suo genere4
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La sua diffusione, anche grazie alle lezioni pubbliche e all’invio presso le corti, in aggiunta al volume, di un cannocchiale per ripetere le osservazioni, non arriverà solo agli esperti del settore. Nel 1616 la Congregazione dell’Indice blocca la diffusione della teoria eliocentrica, mettendo all’indice il De revolutionibus di Copernico dopo che per 70 anni aveva circolato indisturbato. Galileo non ne è immune e tra i capi d’imputazione più forti compaiono proprio le sue affermazioni sulla natura della Luna, tanto che le vicissitudini che coinvolgono il pisano si concluderanno dopo anni di processi, nel 1633, con la famosa abiura.
Galileo apre un “nuovo mondo”, quasi come Colombo o Vespucci, e condivide con i suoi contemporanei un’ardita visione ultra-terrestre che, invece di ridimensionare l’immaginario fantascientifico, lo alimenta sensibilmente. Il telescopio ha già messo sottosopra il cielo disintegrandone l’immagine perfetta. D’altro canto, il clamore delle accuse contro le sue posizioni affatto rivoluzionarie contribuirà – com’è noto – alla diffusione delle sue teorie, tramite canali di comunicazione oramai indipendenti dal controllo capillare delle autorità teologiche, soprattutto grazie alle stamperie olandesi. Galileo, di fatto, eclissa Selene, elimina i confini del mondo sublunare e affida alla “scienza nuova” la Luna… fino a quando l’Apollo 11 non la consegnerà definitivamente alla storia.
Intorno alla metà del Seicento, l’interesse per il cielo è indiscutibilmente influenzato dai mutamenti di pensiero, si poggia su nuovi paradigmi e non è estraneo alle nuove suggestioni della balistica che farà esplodere, nel vero senso della parola, i viaggi fantascientifici nei secoli successivi. Non è un caso, quindi, che itinerari lunari diventino materia di una nuova forma letteraria dove si affianca l’immagine fantastica alla visione scientifica del satellite. Uno dei casi più celebri è il Somnium seu opus posthumum de astronomia lunari, di Johannes Kepler, che nel corso dei suoi studi astronomici e sulle orme di Galileo si occupa a lungo della Luna. Keplero conosce la letteratura legata ai viaggi verso il cosmo dei secoli precedenti e cita nel Somnium Plutarco e Luciano di Samosata. La sua visione è però corredata da numerose indicazioni che fondono elementi astronomici con il repertorio dell’immaginario popolare e con l’inserimento di alcuni personaggi e situazioni della sua vita5.
Questo sofisticato e fantasioso trattato scientifico permette all’autore di inserire veri e propri esperimenti mentali utili a far ragionare il lettore su come apparirebbero i fenomeni terrestri se osservati dalla Luna. La scelta del sogno viene dalla tradizione latina e ha un valore quasi mistico, perché veicola la conoscenza “altra” del mondo, legata ad elementi ultraterreni e inconsci. Keplero stesso, in questo senso, proprio onde proteggere le sue affermazioni, aggiunge un ricco corredo di annotazioni volte a chiarire i passaggi che potrebbero essere male interpretati. Più la teoria copernicana si afferma nel panorama scientifico moderno, più la letteratura attinge ai mondi lunari per mascherare la denuncia a usi e costumi della società del tempo.
Tra i casi più significativi spicca l’opera di Savinien Cyrano de Bergerac, L’autre monde ou Les Etats et Empires de la Lune (L’altro mondo, o Gli stati e gli imperi della Luna), completata nel 1650 ed edita postuma dall’amico Henry Le Bret nel 1657. La narrazione lunare, pur nell’immaginazione, non viene mai completamente meno ad un rigore scientifico coerente e riprende tanto Luciano di Samosata quanto Francis Godwin che, in The Man in the Moon (L’uomo nella Luna), del 1638, confuta, proprio grazie ad un viaggio lunare, le teorie astronomiche più recenti.
Cyrano enfatizza nel mondo selenita tutte le problematiche della società francese di metà Seicento: “l’altro mondo” è quello della Luna, ma è visto come un riflesso del microcosmo umano e così l’alterità dei Séléniens, metà uomini, metà bestie, è un modo per prendere le distanze dall’uomo contemporaneo. Il protagonista è un esploratore che in un primo momento approda nel Nuovo Mondo grazie ad un marchingegno costituito da una cintura piena di ampolle di rugiada in evaporazione. Dal Canada, l’aeronauta estroso, prima tentando con una portantina a vela, poi con un rocambolesco razzo, alimentato a scienza e superstizione, visto che sfrutta il magnetismo e l’attrazione supposta della Luna sul midollo animale, raggiunge il satellite6.
La permanenza però è breve, in quanto Cyrano viene portato a processo perché sostiene che la Luna è il satellite della Terra, e, siccome i Seleniti sono convinti del contrario, lo costringono ad abiurare contro il modello geocentrico. È così che la Luna degli Altri Mondi che all’inizio del romanzo è un trampolino per la fantasia, cessa di essere nel corso della narrazione un capriccio dell’immaginazione per farsi centro di una trama che intreccia scienza, realtà, fantasmagoria, logica e paradosso7. L’autore è fermamente convinto della pluralità dei mondi e dell’infinità dell’universo, in netto contrasto con la dottrina cattolica. Se la Chiesa aveva trovato una giustificazione per la presenza delle Americhe, doveva per forza accettare anche la possibilità dell’esistenza di altri mondi abitati nell’universo8.
Le idee di una società illuminista di cui Cyrano è anticipatore e la volontà di ridicoleggiare ogni forma di antropocentrismo, saranno evidenti un secolo dopo nel Micromégas di Voltaire del 1752. In questo breve racconto viene descritto un viaggio al contrario dal cosmo alla Terra, di un filosofo originario di un pianeta orbitante intorno alla stella Sirio che giunge su Saturno e poi sulla Terra.
Nel 1703 Iter Lunare, or a Voyage to the Moon (Iter Lunare, o un viaggio verso la Luna) di David Russen è la risposta inglese agli Imperi di Cyrano dove l’autore si sofferma in particolare sulla concreta e plausibile possibilità tecnologica di viaggiare nello spazio. La denuncia di Russen riguarda prevalentemente l’ambiziosa tecnologia adottata dai suoi predecessori per raggiungere la Luna che a suo avviso è troppo complessa e artificiosa9. The Consolidator, or Memoirs of Sundry Transactions from the World in the Moon (Il Consolidatore, o Memorie di Varie Transazioni dal Mondo nella Luna), racconto del 1705 ad opera di Daniel Defoe, riguarda invece il resoconto di un viaggiatore che rientrato dalla Cina rivela che la Luna è abitata e ha avuto per secoli contatti e scambi con il popolo cinese. La Terra è, infatti, il satellite della Luna dove si usano occhiali telescopici per mapparne le diversità governative in vere e proprie cartine geopolitiche10.
Quasi mezzo secolo dopo, nel 1785, Rudolf Erich Raspe raccoglie i racconti di Karl Friedrich Hieronymus von Münchausen e pubblica Baron Munchausen’s Narrative of his Marvellous Travels (Le avventure del Barone di Münchhausen) ispirandosi alle avventure del famoso militare tedesco. Il barone di Münchausen aveva l’abitudine di raccontare storie assurde e fantasiose sul suo conto e addirittura riporta di aver raggiunto nei suoi viaggi per ben due volte la Luna, prima dopo essersi arrampicato su una pianta di fagioli, poi a bordo di una nave trasportata da un uragano11. The Conquest by the Moon (La Conquista dalla Luna) del 1809 di Washington Irving è invece il primo racconto dove si parla di un’invasione della Terra da parte dei Lunari con un modello di imperialismo culturale analogo a quello adottato dagli Europei durante la conquista del Nord America12.
Nell’Ottocento la Luna è uno dei topoi più diffusi tra letterati, poeti, musicisti ed artisti, Selene torna Musa trasfigurata. Un giovanissimo Giacomo Leopardi si avventura sul doppio sentiero della visione ormai scientifica del satellite e l’immaginazione, tra le sensate esperienze e i pleniluni, tra le necessarie dimostrazioni e la traduzione dei versi saffici. Nel 1813 scrive la Storia dell’Astronomia dalle origini al 1811, ove ripercorre le tappe più importanti dell’osservazione del cielo, ma nelle Operette morali (Dialogo della Terra e della Luna) l’astro torna ad essere invocato per diventare poi muto ascoltatore degli interrogativi escatologici nei versi sublimi del Canto notturno di un pastore errante dell’Asia13.
Il recupero di una lettura emotiva della Luna non arresta i viaggi fantastici e non passano molti anni fino a quel fatidico 25 agosto 1835, che segna la nascita della fantascienza. Decine di migliaia di lettori del New York Sun, quel giorno, prendono chiarezza: uno studio dell’Edinburgh Scientific Journal ha appena verificato che, diversamente da quanto era noto fino a quel momento, la Luna è abitata.
Si tratta, beninteso, di un falso scoop preparato ad arte, tanto che, per dare credibilità alla notizia, la scoperta viene attribuita a John Herschel, uno degli astronomi più famosi del tempo che stava lavorando ad un nuovo telescopio, posto al Capo di Buona Speranza. La “bufala” che passerà alla storia con il nome di The Great Moon Hoax, venne architettata con la collaborazione del giornalista e scrittore britannico Richard Locke e organizzata dallo stesso giornale al fine di incrementarne le vendite14. Una coppia di scienziati di Yale si reca immediatamente a New York, visto che non avevano trovato gli articoli originali nel loro archivio dell’Edinburgh Journal, ma non gli viene fornito alcun originale in consultazione.
I dibattiti che si accendono dopo le pubblicazioni sono molteplici e la notizia oltrepassa anche i confini nazionali arrivando in Europa. François Arago, l’allora Presidente della Académie des Sciences, si fa travolgere dalla notizia. In Italia viene pubblicato da un Anonimo, nel 1836, un opuscolo con la traduzione dal francese dei primi quattro articoli del Sun, dal titolo Delle scoperte fatte nella Luna del dottor Giovanni Herschel, dove gli episodi sono integrati con leggende metropolitane e dettagli originali, nonché dalle litografie di Leopoldo Galluzzo. Edgar Allan Poe, allora giornalista, viene coinvolto in qualità di “debunker” e accuserà il Sun di plagio verso uno dei suoi racconti di fantascienza del 1835, Unparalleled Adventure of One Hans Pfaall (Avventure senza precedenti di un Hans Pfaal), ove racconta di un viaggio sul satellite15.
Da questo momento in poi i viaggi letterari verso la Luna iniziano ad essere sempre più fondati su basi scientifiche verosimili e consistenti: la tematica andrà via via a configurare un vero e proprio nuovo genere lato sensu letterario. Basti pensare che già nel 1857 l’allora direttore dell’Osservatorio di Capodimonte, Ernesto Capocci, astronomo e giornalista dalla spiccata vena letteraria, pubblica la sua Relazione del primo viaggio alla Luna fatto da una donna l’anno di grazia 2057. Nel suo testo dà alla tecnologia quasi due secoli per svilupparsi e anticipa di qualche anno le tematiche delle opere di Jules Verne16.
La corsa letteraria allo spazio nasce, per certi versi, nel 1865 con il romanzo fantascientifico De la Terre à la Lune, trajet direct en 97 heures 20 minutes (Dalla Terra alla Luna, rotta diretta in 97 ore e 20 minuti). Per la prima volta le fantasticherie magiche della letteratura precedente e i rocamboleschi marchingegni che avevano portato l’immaginazione dell’uomo sulla Luna vengono sostituiti dall’esaltazione dei progressi scientifici. Negli anni immediatamente successivi alla fine della Guerra Civile, i soci del Gun Club, il Club del Cannone, di Baltimora, decidono di investire le loro risorse e le loro competenze balistiche per costruire un cannone che possa mandare un proiettile sulla Luna. Tutta la trama ruota attorno alla preparazione di questo straordinario viaggio e, difatti, questo primo racconto termina con la partenza verso lo spazio. L’autore cerca una tecnologia che possa vincere realmente la gravità terrestre e la trova nelle eredità dell’artiglieria della Guerra di Secessione; gli Stati Uniti sono quindi il paese all’avanguardia e destinato ad essere il primo a raggiungere il cosmo. Uno degli elementi più interessanti, oltre alla ricostruzione di tutti i processi decisionali per organizzare una missione così ardita, riguardano l’esaltazione della ricaduta mediatica, della propaganda e della curiosità popolare verso l’impresa, prevedendo quello che sarà l’impatto sul grande pubblico delle missioni Apollo un secolo dopo17.
Si dovrà però aspettare il 1869, con Autour de la Lune (Intorno alla Luna) per scoprire la sorte degli esploratori lunari che sulla superficie del satellite non arriveranno mai, ma si limiteranno ad orbitarvi attorno, ammirarne il desolato paesaggio, per poi ammarare nell’Oceano Pacifico. La documentazione specifica che ha preceduto la stesura dei romanzi ha permesso a Verne di cercare coerenza e credibilità senza sacrificare la fantasia. Questo metodo è ciò che gli consentirà di prevedere effettivamente alcune scelte che saranno determinanti per la conquista della Luna. Il luogo dove viene costruito il cannone Columbiad in Florida, dista circa cento chilometri dal Kennedy Space Center di Cape Canaveral che sarà la base dei lanci spaziali delle missioni Apollo. Con un secolo di anticipo lo scrittore francese prevede la nazione che effettuerà il primo lancio, gli Stati Uniti, il mese, dicembre, il numero di uomini a bordo, tre, il sistema di ritorno a Terra, l’ammaraggio e anche il luogo dove questo avverrà, l’Oceano Pacifico. Perfino la forma del proiettile-astronave non è troppo diversa dai moduli che manderanno gli astronauti nello spazio. Inoltre, le modalità di volo di volo, sono pressoché identiche a quelle dell’Apollo 8 del 1968 che per la prima volta porterà un equipaggio umano in orbita intorno al satellite e anche verso la faccia nascosta della Luna18.
Al di là delle profetiche coincidenze i romanzi contengono anche molte imprecisioni, legate prevalentemente alle specifiche tecniche del Columbiad, il cannone che sparerà l’astronave-proiettile alla volta della Luna. Molte di queste saranno discusse, commentate e confutate dai padri della missilistica che studieranno a fondo il romanzo mostrando un vero e proprio debito di riconoscenza nei confronti dello scrittore francese. Verne amava la scienza e si documentava in modo attento a proposito di quelli che erano i traguardi del suo tempo.
Molti dei suoi racconti mostrano uno spaccato alquanto dettagliato delle conoscenze scientifiche e tecnologiche della seconda metà dell’Ottocento. Del resto, uno dei leitmotiv della sua opera è – come si sa – la fiducia a dir poco ottimistica nelle macchine produttive. Come che sia, l’eredità lasciata dai suoi testi rimane ad oggi una delle più significative nell’ambito della letteratura fantascientifica mondiale; ancora, è indubbio che il contributo offerto dal narratore francese alla visione della Luna nell’immaginario collettivo perverrà, agli albori del cinema, anche sul grande schermo.
Alla fine dell’Ottocento, si tende ad affiancare ai racconti fantascientifici illustrazioni sulle tecnologie dell’epoca e future; le tavole di Albert Robida immortaleranno l’atmosfera fin de siècle delle esposizioni universali, con dirigibili e macchine volanti. A portare i viaggi spaziali nel nuovo secolo sarà Herbert George Wells, il quale dopo il capolavoro del 1898 The War of the Worlds (La Guerra dei Mondi), pubblicherà, a distanza di tre anni, The First Men in the Moon (I primi uomini sulla Luna) installandosi a pieno titolo come secondo padre del genere fantascientifico. Tuttavia, nonostante gli elementi realistici presenti nel suo testo, l’opera di Wells è più vicina alle avventure satiriche degli Imperi della Luna che all’epopea dei fanatici di ingegneria e balistica del Cannon Club19. Proprio a fronte delle posizioni contraddittorie dello scrittore britannico e della fiducia-sfiducia nella scienza, molte delle sue opere avranno un’ampia diffusione nella cultura di massa del Novecento e alcuni dei suoi racconti arriveranno sul grande schermo e segneranno la nascita della cinematografia del genere fantascientifico.
Nell’ Europa dell’est intanto, Konstantin Eduardovich Ciolkovskij, ingegnere, scienziato e pioniere dell’astronautica russa, pubblica, nel 1893, il racconto На Луне (Sulla Luna), dove i protagonisti, tramite un sogno, compiono un viaggio sul satellite. Ciolkovskij è il padre della missilistica sovietica, il primo che, a partire da competenze squisitamente scientifiche e tecniche, approda alla letteratura20. Al di là dei meriti letterari, il suo maggior contributo è il lavoro di ricerca sui motori a propulsione esposti nel trattato sulla missilistica del 1903, Esplorazione degli spazi cosmici con razzi a propulsione21. Il volume si diffonderà qualche decennio più tardi in Europa e negli Stati Uniti e arriverà anche tra le mani di Wernher von Braun e di Sergej Korolëv. In Unione Sovietica, in particolare, le teorie esposte nelle ricerche di Ciolkovskij saranno la base metodologica del programma spaziale per le missioni dello Sputnik, delle Vostok, che porteranno i primi uomini nello spazio, e sui razzi N1 che verranno costruiti in competizione con il programma Apollo.
È nata, quindi, la fantascienza moderna e le coordinate entro le quali si muove sono l’esigenza di plausibilità delle vicende, i parallelismi con elementi fino a quel momento solo immaginabili e la capacità di integrarsi con la tradizione. A questo si aggiunge gradualmente la proiezione utopica di un futuro lontano, le critiche all’utilitarismo della scienza, la conquista dello spazio come metafora della vittoria dell’intelletto sull’ignoto. Aerostati, creature chimeriche, oche volanti, fagioli transgenici, fuochi artificiali, ampolle ed elettromagneti sono ormai un ricordo. Il punto di partenza è ora la sistematica esplorazione possibile con l’intento di vedere, con gli occhi della scienza e della tecnologia, l’ossimoro di nuove realistiche fantasie. Nel mondo che si conosce viene inserito un cambiamento del quale si cercano di prevedere le conseguenze in una proiezione del noto verso un plausibile ignoto22. In Italia però, il neologismo identificativo di questo nuovo genere non è ancora stato coniato; lo farà Giorgio Monicelli, fondatore nel 1952 della rivista Urania e ideatore nello stesso anno del termine “fantascienza”, dal calco linguistico dall’inglese scientifiction che diventa solo successivamente science fiction.
Il cinema nasce ufficialmente il 28 dicembre 1895, presso il Grand Café sul Boulevard des Capucines, quando viene presentato il primo spettacolo a pagamento dei fratelli Lumière. Tra i primi artisti di questa nuova forma espressiva Marie-Georges-Jean Méliès, regista cinematografico in senso stretto, passa alla storia come il secondo padre della “settima arte” ed è considerato l’inventore del cinema fantastico e fantascientifico. Nel settembre del 1902 viene proiettato a Parigi Le Voyage dans la Lune (Il Viaggio nella Luna), capolavoro indiscusso destinato a debuttare anche sugli schermi statunitensi già un mese più tardi. I 17 quadri messi in scena come piccoli corti teatrali portano gli spettatori su una Luna del tutto immaginaria e popolata da seleniti. Le sue fonti sono, non a caso, Verne e Wells, ma quando, con l’avvento della notte lunare, gli infreddoliti viaggiatori assistono al “chiaro di Terra”, si ritrova la tradizione iconografica del mondo alla rovescia23. La sequenza del proiettile sparato dalla Terra, che acceca la Luna, diventerà una delle icone più rappresentative nella storia del cinema.
Il melodramma fantascientifico del regista tedesco Fritz Lang, Frau im Mond (La ragazza nella Luna), è il primo tentativo di fondere avventura spaziale e sotto trama sentimentale. L’idea nasce dall’omonimo romanzo della moglie di Lang, Thea von Harbou e la pellicola debutta a Berlino nell’autunno del 1929 riscuotendo un grande successo. Oltre metà del film affronta l’organizzazione pratica di un viaggio spaziale, in particolare della sua partenza, e i presupposti scientifici e tecnologici sono quelli che erano effettivamente in fase sperimentale in quegli anni. Il fisico Hermann Oberth e lo scrittore scientifico Willy Ley, rispettivamente presidente e vicepresidente della Verein für Raumschiffhart (Associazione per i Viaggi nello spazio), nota come VfR, sono consulenti speciali del progetto e inaugurano così la prima grande collaborazione tra mondo scientifico e industria cinematografica. Il momento di maggior tensione del film coincide con il lancio, una sequenza che renderà il regista uno dei pionieri del cinema fantascientifico24. Lang è infatti l’inventore del conto alla rovescia, che crea una sorta di attesa sospesa prima del decollo e che diventerà una pratica consueta da Bayqoñyr a Cape Canaveral.
Di là dal singolare triangolo amoroso attorno al quale ruota la trama, i passaggi chiave del film riguardano l’assemblaggio dell’astronave-proiettile, in quanto tutti gli aspetti tecnici vengono fedelmente dedotti dagli studi avveniristici di Oberth. Proprio per i dettagli nella ricostruzione del razzo, tra il 1933 e il 1945 il film è bandito in Germania e la Gestapo, nel 1937, requisisce tutti i modelli della capsula spaziale e tutte le stampe dell’immagine. Tuttavia, nonostante i problemi dovuti alle somiglianze con il progetto dei razzi V2, il primo missile lanciato con pieno successo dall’ingegnere Wernher von Braun dalla base di Peenemünde, sul Mar Baltico, ha il logo della locandina di Frau im Mond dipinto su un fianco25. Mentre Fritz Lang continuerà a lavorare ad altre pellicole di successo, Oberth, sempre nel 1929, lancia il suo primo razzo a propellente liquido: sarà aiutato da alcuni suoi studenti dell’Università di Berlino, tra i quali conviene senz’altro segnalare Wernher von Braun. Willy Ley, invece, prima dello scoppio della guerra si trasferisce definitivamente negli Stati Uniti, dove inizierà a lavorare per il magazine fantascientifico Astounding Stories.
Negli Stati Uniti è iniziata la così detta epoca d’oro della fantascienza, propriamente detta Golden Age of Science Fiction, (1938-1960), anche grazie alla rapida diffusione del mensile dedicato al genere, rinominato Astounding Science-Fiction. Qui, tra gli altri, esordirà lo scrittore russo trapiantato in America, Isaac Asimov, con il suo Foundation (Ciclo della Fondazione). Quegli anni segnano una vera e propria transizione dalla narrativa fantascientifica di consumo, tendenzialmente priva di contenuti, a una letteratura di più alto livello, plausibile nelle sue storie, basata su solidi fondamenti scientifici e con finalità didattiche e divulgative. I racconti – sempre più spesso – contengono profonde riflessioni sociologiche e futuristiche sui destini dell’umanità: si abbandona, fra l’altro, l’idea di viaggi di esplorazione, e le spedizioni verso la Luna e il cosmo diventano vere e proprie evasioni.
Non a caso Asimov in Trends (Tendenze), del 1938, racconta dei contrasti che sono scoppiati tra l’opinione pubblica e il Governo nei confronti dell’organizzazione di un viaggio verso il satellite26. La scelta di inserire delle resistenze ai viaggi spaziali crea una vera e propria novità editoriale che non era mai stata pensata fino a quel momento: posizioni antiscientifiche contrastano con le pressioni politiche anticipando un futuro così vicino da essere ormai quasi una certezza, con uno stile fantascientifico molto vicino alla scienza vera e propria.
La Seconda Guerra Mondiale catalizza tutto l’impegno tecnologico per fini bellici e segna una temporanea battuta d’arresto della cinematografia fantascientifica. Non si cerca più il mero intrattenimento, ma registi e sceneggiatori si avvalgono di consulenti tecnici, esperti di missilistica e di avionica per dare verosimiglianza ai loro film. Contemporaneamente, progettisti e ingegneri si rivolgono all’industria cinematografica per vere e proprie forme di propaganda, che saranno determinanti nella ricezione della “corsa allo spazio” e della possibile colonizzazione della Luna nell’opinione pubblica.
Il primo film di fantascienza vero e proprio del secondo dopoguerra è del regista Irving Pichel, con produzione di George Pal: Destination Moon (Uomini sulla Luna), del 1950, viene compiuto su un soggetto liberamente ispirato al racconto The Man Who Sold the Moon di Robert Heinlein, dove per la prima volta sono descritte le premesse finanziarie e burocratiche, affiancate dai problemi scientifici e tecnologici legati all’organizzazione di un viaggio davvero credibile sulla Luna. La realizzazione delle scene ambientate nello spazio e sul satellite sarà effettuata con il coinvolgimento del divulgatore scientifico Willy Ley e dell’illustratore astronomico Chesley Bonestell: la pellicola – in technicolor – vincerà nel 1951 il Premio Oscar per i migliori effetti speciali27. Il plot riprende i temi dei classici della fantascienza in uno spirito alimentato da recenti sviluppi della fisica e dell’ingegneria spaziale. Lo scienziato stereotipato, pieno di inventiva, lavora con il militare austero e questo non fa che ricordare le collaborazioni attive tra ambienti scientifici e militari che puntavano allo stesso obiettivo con finalità diverse. È iniziata, del resto, la space race.
A partire dal 1932 la Difesa Nazionale Tedesca si era interessata agli sviluppi di nuovi razzi a combustibile liquido e l’allora capitano d’artiglieria, Walter Dornberger, era rimasto molto impressionato dal test di un vettore progettato e costruito da un giovanissimo, brillante e poliedrico ingegnere, il barone Wernher von Braun dianzi citato. Dopo i primi successi con un piccolo razzo con motore a etanolo e ossigeno liquido il suo team è spostato a Peenemünde sul Baltico, per iniziare a lavorare ad una nuova arma, i missili V1 e V2. Anche noti come Aggregat 4, armi di rappresaglia, saranno utilizzati dalla Germania durante le ultime fasi della seconda guerra mondiale, in particolare contro Gran Bretagna e Belgio nell’estate del 1944, in una vera e propria manovra della propaganda tedesca per distogliere l’attenzione dalle operazioni che si stavano svolgendo in Francia dopo lo Sbarco in Normandia.
Per le potenze che usciranno vincitrici dal conflitto mondiale è evidente che la tecnologia alla base di questi razzi è l’unica a poter essere impiegata per realizzare i veicoli che consentiranno all’uomo di raggiungere lo Spazio28. Dopo la Seconda Guerra Mondiale USA e URSS si contendono gli strumenti più all’avanguardia che erano stati utilizzati dell’esercito tedesco, ma anche il capitale umano, ingegneri e progettisti. Wernher von Braun si consegna agli americani, mentre l’Unione Sovietica ristabilisce la produzione di missili in Germania e la trasferisce sotto la guida di Sergej Korolëv. Peenemünde e gran parte delle fabbriche utilizzate per la costruzione dei missili, dopo gli accordi della Conferenza di Jalta si trovano, infatti, nella Germania dell’Est, cosa che garantisce un vantaggio territoriale non trascurabile29. Sullo sfondo della Cold War, l’esplorazione spaziale diventa un nuovo terreno di propaganda per le due superpotenze, ma la competizione, nel primo decennio, viene dominata da una serie di schiaccianti primati sovietici.
Terminata la prima fase della space race, letteralmente destinata al recupero della missilistica di guerra, si punta tutto alla sfida per i satelliti, strumenti che interessano prevalentemente l’esercito per la possibilità di telerilevamenti fotografici di basi nemiche in alta quota. Sputnik 1 il 4 ottobre del 1957 è il primo satellite artificiale lanciato in orbita terrestre. La così detta ‘luna rossa sovietica’, rimasta in orbita per 3 settimane, con il suo segnale rintracciabile anche dai radioamatori sarà un duro colpo per gli americani. Gli Stati Uniti avevano annunciato che si sarebbero impegnati a mettere in orbita attorno alla Terra un satellite artificiale entro la fine dell’Anno Geofisico Internazionale, il 1958, e in un primo momento vengono presentate tre diverse proposte da parte dell’aeronautica militare, dell’esercito e della marina militare. Mentre l’URSS ha già messo in orbita Sputnik 2, guadagnando un altro primato, gli USA disperdono risorse, fondi ed energie, tanto che il razzo Vanguard della Marina esplode pochi secondi dopo il lancio alla base aerea di Cape Canaveral il 6 dicembre 1957. Il recupero avviene il 31 gennaio 1958, quando l’esercito statunitense, alle cui dipendenze lavora von Braun, lancia in orbita l’Explorer 1, il primo satellite americano30.
In questo contesto si inserisce una delle più importanti collaborazioni tra industria cinematografica e agenzia spaziale; quella tra Walter Elias Disney e Wernher von Braun. Lo scienziato tedesco, alla fine degli anni Cinquanta, viene coinvolto dal periodico Collier per iniziare una collaborazione dove raccontare la sua visione dell’esplorazione spaziale. L’uomo al quale perfino il Time dedicherà poco dopo la copertina definendolo, nel 1958, Missileman, coglie l’occasione per raccontare i programmi di conquista americani al grande pubblico. Questi contributi, illustrati da importanti artisti, restituiscono immagini tecnologiche con visioni apparentemente fantascientifiche. Von Braun viene quindi coinvolto tra il 1955 e il 1959 come consulente tecnico di tre film televisivi legati allo spazio, con l’obiettivo di combinare gli strumenti dei produttori con la conoscenza degli scienziati, per dare un quadro reale degli ultimi piani per la grande avventura dell’uomo verso i cieli. In Man in Space, Man and the Moon e Mars and Beyond, gli esperti di effetti speciali realizzano modelli accurati dei veicoli spaziali proprio grazie alle indicazioni degli ingegneri, simulazioni capaci di andare oltre la sola fantasia, ormai figli della fantascienza e della tecnica e di innescare una ricaduta positiva nello stanziamento dei fondi e nelle priorità del programma31. Lo show sarà rinominato scientific factual e sarà la base di un nuovo approccio alla scienza, con le tecniche di animazione del marchio Disney, che avrà un forte potere persuasivo sia sul mondo politico, sia sul grande pubblico.
Il 3 novembre 1957, tuttavia, la cagnolina Laika (Kudrjavka), la prima esploratrice del cosmo, ha già fatto sentire i suoi guaiti al mondo, confermando che gli esseri viventi, e quindi presto anche gli umani, possono viaggiare nello spazio. Il 12 aprile 1961, il cosmonauta Yuri Gagarin a bordo della Vostok 1 è il primo a raggiungere lo spazio e completa un’intera orbita ellittica attorno alla Terra, raggiungendo un’altitudine massima di 302 km e una velocità di 27.400 km/h. La prima donna sarà la cosmonauta Valentina Tereškova nel 1963 a bordo della Vostok 6. Dal 1958 è già nata la NASA, l’agenzia governativa civile responsabile del programma spaziale americano e nel 1961 il Presidente Kennedy ha promesso la Luna entro la fine del decennio; gli Stati Uniti però sono ancora indietro, replicano a distanza di mesi i successi sovietici e temono che queste nuove tecnologie possano essere presto impiegate per spionaggio32. Per la NASA sembra fondamentale rivedere gli investimenti, creando una sinergia tra Governo, Aeronautica e Marina che si concretizzerà nei programmi Mercury e Gemini, veri e propri banchi di prova del programma Apollo.
Alla fine degli anni ’60 inizia la rincorsa che porterà al definitivo sorpasso: l’Unione Sovietica lavora a sonde automatiche per il recupero di campioni di suolo lunare, la NASA punta a verificare e perfezionare le procedure per inviare l’uomo sulla Luna e riportarlo sano e salvo sulla Terra. Mentre l’URSS, con il programma Luna, si sta dedicando all’invio di sonde robotiche sul satellite per recuperare campioni di roccia lunare, in quanto le missioni automatiche erano meno rischiose rispetto a quelle con equipaggio, l’esordio di Apollo 1, il 27 gennaio 1967, finisce in tragedia. A causa di un cortocircuito in fase di test divampa un incendio nella capsula che porta alla morte i tre astronauti, e questo dramma impone una revisione non solo tecnologica, ma anche nell’organizzazione vera e propria delle fasi di viaggio. Le successive cinque missioni saranno dei test e sarà Apollo 7, nell’autunno del 1968 a dare il via libera verso la Luna33. Quell’anno era stato particolarmente complicato per gli Stati Uniti. Il leader pacifista Martin Luther King e il candidato alle presidenziali Bob Kennedy erano stati assassinati, la Guerra in Vietnam era ad un punto critico e nei college universitari erano iniziate le manifestazioni studentesche contro la guerra e per i diritti civili. Il passaggio di consegne della fantascienza alla scienza riuscirà, almeno in parte, a risollevare lo spirito di avventura dell’opinione pubblica.
Un anno prima che l’uomo metta piede sulla Luna debutta nelle sale cinematografiche 2001: A Space Odyssey (2001: Odissea nello spazio), capolavoro nato da una collaborazione del regista Stanley Kubrick con lo scrittore Arthur C. Clarke. Il primo ha già conquistato il pubblico con Paths of Glory (Orizzonti di gloria) del 1957 e con la sua cinica quanto ironica denuncia politica del Dr. Strangelove (Il dottor Stranamore) del 1964. Il secondo è già un punto di riferimento della così detta hard science fiction. Tra i due nasce un’intensa collaborazione che vedrà il riadattamento del racconto del 1950 di Clarke The Sentinel (La Sentinella), dal quale lo scrittore ricaverà un romanzo, 2001: A Space Odyssey, che crescerà assieme alla sceneggiatura dell’omonimo film.
L’intento comune è quello di demolire lo stereotipo che il genere fantascientifico riguardi esclusivamente scienziati pazzi, mostri e battute futuristiche, ed entrambi puntano ad alzare il livello per raggiungere un pubblico sempre più ampio con scientificità e rigore34. A fronte di questo, cavalcare l’onda mediatica della conquista dello spazio era, a quel punto, fondamentale. L’intuizione geniale fu attuata con una cura pressoché ossessiva dei dettagli, in quanto l’elaborazione dei vari modelli di astronavi non venne affidata esclusivamente ai maestri degli effetti speciali, ma pure a ingegneri aerospaziali.
I satelliti e la stazione spaziale sono riproduzioni di veri progetti della NASA perché Kubrick coinvolge il designer Harry Hans-Kurt Lange e porta sullo schermo un futuro destinato ad avverarsi, dal cibo liofilizzato alle videochat con i tablet35. Lange, del resto, lavorava alla sezione ‘progetti futuri’ dell’agenzia spaziale americana, aveva collaborato con Wernher von Braun per la realizzazione del Saturn 5 e, a quel tempo, si stava occupando del design dei veicoli spaziali per l’esplorazione del cosmo dopo la Luna.
Non è un caso che il modello di base orbitante intorno alla Terra a forma di ruota, che l’ingegnere tedesco aveva già presentato nell’ambito di documentari realizzati in collaborazione con Walt Disney, è esattamente come quella del film. Solo la prima parte della narrazione si lega al racconto di Clarke ed è comunque evidente come Kubrick voglia illustrare soprattutto la possibilità di incontro con intelligenze aliene e il rapporto con l’intelligenza artificiale, anticipando uno dei temi cardine della fantascienza degli anni a seguire. Lo straordinario livello tecnico, la sua monumentalità, rende il film nettamente superiore a qualsiasi altra pellicola prima realizzata, e apre il genere a nuovi orizzonti visivi e intellettuali.
Stanley Kubrick – come oggi risaputo – era del resto un “perfezionista”, e curava personalmente ogni singolo particolare; le sue astronavi danzano nel cielo a ritmo di valzer ed è proprio l’accuratezza delle ricostruzioni a determinare gran parte del fascino e delle suggestioni della pellicola36. 2001: A Space Odyssey non è quindi solamente un film di fantascienza, è un’opera di arte e suono destinata a entrare nell’immaginario cinematografico, nonché a ridefinire tutti i canoni del suo genere.
Nel dicembre del 1968 Apollo 8 mantiene la promessa di Kennedy, tre uomini, Frank Borman, William Anders e James Lovell raggiungono il satellite, vi orbitano attorno e rientrano sulla Terra, entrando nella storia e nell’immaginario collettivo per una foto scattata fuori programma, Earthrise, l’alba della Terra vista dalla prospettiva di un altro corpo celeste, e per il famoso messaggio di Buon Natale dalla Luna. Il loro viaggio, inoltre, è quello che consegnerà la fantascienza di Jules Verne alla storia per le analogie profetiche che si riscontreranno tra il romanzo e la missione37.
Tutto è pronto per il leggendario volo di Apollo 11. Il 16 luglio il gigantesco Saturn 5, il capolavoro di von Braun, svetta sulla rampa di lancio 39A di Cape Canaveral: in cima, nella capsula Apollo ci sono Neil Armstrong, Edwin Buzz Aldrin e Michael Collins. I primi due nel modulo lunare saranno i primi terrestri a mettere piede su un altro corpo celeste, mentre il compagno resterà ad attenderli in orbita lunare. Il 20 luglio, alle 20.18 UTC, “l’Aquila è atterrata” e il comandante Armstrong è pronto a muovere quel piccolo passo per l’uomo, il grande balzo per l’umanità38. La gara è finita. Gli Stati Uniti hanno vinto e la conquista della Luna, per la sua straordinarietà e l’impatto che avrà sul grande pubblico, dimostrerà come la scienza possa essere ancora più stupefacente della fantascienza, che dovrà così spostare il suo campo d’azione in altri contesti.
Le missioni Apollo sono state 17: 11 di queste hanno previsto un equipaggio e dopo la tragedia in fase di simulazione a terra di Apollo 1, conclusasi con la morte prematura e inopinata dei tre astronauti, i successivi 5 voli sono stati test; 6 degli altri 7 hanno raggiunto la Luna. Un totale di 12 astronauti hanno calcato il suolo lunare, hanno raccolto campioni e condotto ricerche segnando una svolta in campo scientifico e tecnologico che non ha avuto pari. Con la conclusione del programma Apollo i viaggi di conquista escono dall’immaginario ed entrano nella cronaca. Autori e registi decidono di cercare nuove ispirazioni, trame e stimoli per tutto il filone fantascientifico, in modo da continuare a coinvolgere e interessare l’opinione pubblica.
Tutto ciò porta, da un lato, alla diffusione di trame apocalittiche orchestrate fra colonizzazioni, invasioni aliene, mondi ipogei e guerre planetarie; dall’altro, favorisce indagini sempre più critiche (e amare) circa l’humana condicio che, sullo sfondo di suggestivi paesaggi lunari, impone ai terrestri, ormai esuli dal pianeta d’origine, di tirare le somme sulla loro fragile condizione da un punto di vista insieme geostorico, antropologico, sociale e politico.
Note
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