Riscoprire la storia della scienza
Maria Giulia Andretta, Riscoprire la storia della scienza, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 39, no. 3, maggio/agosto 2015
La storia della scienza come campo di ricerca autonomo e come disciplina presente nei programmi universitari è molto recente: le prime cattedre vengono istituite sotto dipartimenti umanistici nel 1892 a Parigi, e solo negli anni ’20 in Inghilterra e negli Stati Uniti.
In Italia, nonostante la fama e il valore dei patrimoni (perlopiù) storico-scientifici, bisognerà aspettare il 1979; ancor oggi, peraltro, l’inserimento sistematico di questo insegnamento nei percorsi scientifici è parziale, tanto che spesso rimane affidato a scelte e iniziative de facto individuali. La comunità scientifica italiana ha risentito pesantemente di questo ritardo: pure a causa del lungo processo unitario, non ha avuto a disposizione gli strumenti culturali, sociali e istituzionali per incidere sul fronte della divulgazione, cosa che è avvenuta in maniera sporadica e occasionale1.
Per secoli, nella cultura europea, la tradizione letteraria ha ricoperto un ruolo fondamentale in campo educativo, stimolando il senso critico e le facoltà di giudizio e analisi. La scienza, oggigiorno ben si sa, è stata un’impresa fatta di tentativi, di errori, ma pure d’innumerevoli successi, realizzati con impegno creativo analogo a quello che ha prodotto le arti figurative, la letteratura, la musica. Negli ultimi anni, le nuove generazioni hanno manifestato un interesse sempre più vivo verso le conoscenze e le competenze tecnico-scientifiche, che però è spesso proposto in alternativa ai programmi classici2.
Le Università, fondate a partire dal Medioevo, iniziano a laicizzare una conoscenza fino ad allora di dominio della Chiesa e diventano luoghi privilegiati di un sapere e di una ricerca che acquisisce riconoscimenti sociali via via crescenti3. La nascita delle Accademie scientifiche segna l’inizio, viceversa, di una sinergia virtuosa fra quello che accade nei laboratori e il mondo esterno, avvicinando così la comunità di studiosi alle nuove teorie e scoperte scientifiche. La scienza viene vissuta in modo globale fino al Novecento, ma il crescere delle specializzazioni, inevitabilmente, diversifica e allontana le discipline. Oggi lo scienziato, consapevole del proprio ruolo, dovrebbe guardare oltre le sue ricerche, aprirsi al confronto e partecipare in modo sempre più attivo e responsabile alla crescita e allo sviluppo della società.
Il lavoro dello studioso che desideri occuparsi dello sviluppo nel tempo dell’impresa scientifica e tecnologica non può non considerare che la storia della scienza indaga la scienza del passato: non può prevederne il futuro, dunque, ma può aiutare a capirne il presente, mettendo in risalto i limiti, le ambiguità, ma anche la sua straordinaria utilità e bellezza.
Invero, conoscere la storia della scienza può aiutare a comprendere, fra l’altro, quanto questa abbia influito sullo sviluppo della civiltà, negli assetti politici e religiosi, sempre modificando e sovente migliorando la vita dell’uomo.
È sbagliato poi pensare che la scienza sia immobile nel tempo e nello spazio, quasi fosse circoscritta e istantanea: dev’essere analizzata come un processo lungo e articolato4. Certo, se la scuola (a ogni livello) seguiterà a considerare la storia come la semplice narrazione cronologica delle vicende degne di memoria, ben difficilmente potrà dialogare col divenire insieme problematico, esigente e senza fine della scienza.
La storia della scienza, proprio perché in essa convivono due anime, quella oggettiva e quella soggettiva, propone punti di vista diversi e richiama a una responsabilità etica tanto gli scienziati quanto gli storici. È un’avventura a molte voci e la ricostruzione del suo lungo percorso nel tempo dovrebbe essere affrontata con documenti e fonti attendibili – usando, dunque, attrezzi antichi ma anche strumenti moderni. Non basta, in effetti, promuovere e diffondere i risultati positivi conseguiti, ma è necessario trasmetterne i valori di vario ordine che li hanno alimentati e animati:
La conoscenza della storia può contribuire a rendere più chiari gli effettivi valori alla base della nascita della scienza moderna, valori che sono il frutto di una conquista, di battaglie che hanno visto combattere sullo stesso fronte uomini come Galileo, Cartesio, Bacone e molti altri insieme a loro: il rifiuto del principio di autorità, la diffusione di un sapere pubblico, controllabile e verificabile da tutti, perché accessibile a tutti, il ruolo della comunità scientifica, la separazione degli ambiti di competenze fra scienza, religione, letteratura»
5.
È importante capire – soprattutto – che la scienza moderna dalla quale ha avuto origine la scienza che si studia e sulla quale oggi si fa ricerca vera, è nata per affermare princìpi che hanno a che fare con la libertà di pensiero e la democrazia, non già con dogmatismi o autoritarismi di sorta. Certo, i saperi scientifici non sono estranei a condizionamenti politici, ideologici ed economici, e i valori sociali su cui si fondano, così come sono stati conquistati, potrebbero essere anche perduti…
La scienza ha una sua storia che ci racconta, fra l’altro, cos’è un fenomeno, come funziona un esperimento, quando e perché è stato iniziato e che risultati ha ottenuto; ci dice chi sono stati i suoi protagonisti, in che tempo si è svolta, quali convinzioni ha mutato; ma forse, in special modo, quali percorsi ha seguito nel passare dalla teoria alla pratica e dal laboratorio alla rivista specializzata o al manuale didattico de race.
Molto diffusa, inoltre, è la convinzione che tra scienza e cultura continui a sussistere una profonda frattura, dettata spesse volte, a onor del vero, dalla malcelata diffidenza degli “umanisti”: non di rado, per esempio, gli investimenti economici sono giudicati eccessivi, specie perché le ricerche possono impiegare anni prima di fornire risultati concreti. La comunicazione e la divulgazione possono costituire, allora, strumenti decisivi per oltrepassare le diffidenze e le critiche (generiche?) verso una scienza ritenuta fine a sé stessa, costosa ed elitaria, in quanto possono garantire un contatto costante fra ambienti scientifici e società civile.
Risulterebbero vincenti, in questo processo, la dialettica e la trasparenza, che da sempre hanno rappresentato il motore autentico dello sviluppo scientifico, che non va inteso come un corpo di nozioni organiche, ma che è fondamentale sia studiato parallelamente alla tradizione umanistica. La più accreditata storia della scienza ha peraltro dimostrato che, nel lungo periodo, le teorie scientifiche possono rivelarsi parziali, dato che nuove scoperte possono soppiantare anche clamorosamente i paradigmi precedenti, imponendo nuove spiegazioni di fatti considerati assodati.
L’impresa scientifica resta un processo dinamico, in continuo mutamento, costantemente sottoposto a verifiche e smentite e i non “addetti ai lavori” dovrebbero confrontarsi meno con la figura del tecnocrate che non con quella dell’esperto di comprovata qualità6. Oggi più di ieri, con ogni probabilità, discipline umanistiche e scienze naturali rappresentano vie per superare la realtà immediata delle cose; hanno poi in comune una radice profonda e inestirpabile: la curiositas verso i “massimi sistemi”, naturali e soprannaturali.
Negli ultimi anni, Bologna sembra aver recuperato una spiccata attenzione nei confronti della storia della scienza, anche grazie ad una serie di manifestazioni alle quali aderiscono musei, istituzioni e fondazioni. Crocevia naturale e punto d’incontro fra mondo mediterraneo e Mitteleuropa, centro senza termini di paragone – forse – di avvicinamento e irradiamento di cultura e scienza, la città dispone di un ricchissimo patrimonio di storie, personaggi ed episodi da cui attingere per ricostruire e documentare mentalità e attitudini in parte irrimediabilmente perdute.
Per rievocare il passato della città, giova ricorrere alle fonti più disparate, spesso rimaste a lungo trascurate o, addirittura, ignorate. Lo spessore del patrimonio storico è particolarmente vario e vasto, e consente di risalire dal presente al paleolitico in grazia di una singolare continuità di retaggi e d’impronte.
La storia della scienza a Bologna è stata strettamente legata, ben si sa, all’Istituto delle Scienze che, assieme all’Università, ha rappresentato il luogo più alto ed ambìto del sapere scientifico. Fondato nel 1711 dal generale Luigi Ferdinando Marsili – intellettuale e diplomatico oltremodo “polìtropo” che non necessita qui di presentazioni – il generoso progetto punta sùbito a diventare una nuova sede per il dibattito scientifico, in modo da far entrare la città emiliana nel panorama culturale di quell’Europe savante che, per tutto il XVIII secolo, vedrà nell’Istituto un punto di confronto e scambio.
Marsili, così come avveniva presso la Royal Society di Londra e l’Académie des sciences di Parigi, non crea solo un milieu di discussione, ma mira a radicare nel territorio una vera e propria risorsa pubblica, ove alla teoria venga affiancata la pratica ed ove, soprattutto, siano a disposizione degli scienziati laboratori all’avanguardia per fare ricerca vera in più settori dello scibile.
La multidisciplinarietà e l’interrelazione delle officine da lui volute, favoriscono un’inedita, fruttuosa cooperazione fra le scienze, e creano nuove e, talvolta, sorprendenti occasioni di scambio, declinate entro un contesto ben più ampio rispetto a quello di un pur stimabile laboratorio isolato.
È necessario che la stretta, ineludibile collaborazione che sussiste fra mente e mano, fra teoria ed esperienza permangano (o, meglio, risorgano!) fra lo scienziato – che sperimenta, analizza, astrae – e l’artista, o l’artigiano, che sa restituire unità con l’esperienza sensibile e immediata a fenomeni, idee, emozioni.
Arte e scienza convivono così mirabilmente nell’Istituto petroniano: alla suggestiva ubicazione in un palazzo patronale del Cinquecento, Marsili affiancherà strumentazioni moderne e selezionerà, fra i maestri e gli scolari dell’Alma Mater, uomini già avvezzezzati alla ricerca sperimentale e alla collaborazione proficua, lasciando un’eredità di cui la città beneficia ancor oggi.
Note
- Cfr. P. Govoni, Un pubblico per la scienza. La divulgazione scientifica nell’Italia in formazione, Carocci, Roma, 2002.
- Cfr. J. Conant, in La rivoluzione copernicana – Introduzione, Torino, Einaudi, 2000.
- Cfr. Pa. Rossi, La nascita della scienza moderna in Europa – Premessa, Laterza, Roma-Bari 2011.
- Cfr. P. Govoni, Che cos’è la storia della scienza, Carocci, Roma, 2014.
- M. Ciardi, Manifesto del progetto DECKARD: filosofia, scienza, ambiente, 2009.
- Cfr. C. Modonesi e G. Tamino (a cura di), Fast Science: la mercificazione della conoscenza scientifica e della comunicazione, Jaca Book, Milano, 2008.
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