Uno scrittore dipinto da uno scrittore: Pietro Jahier
Roberto Roversi, Uno scrittore dipinto da uno scrittore: Pietro Jahier, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 02, no. 1, luglio/settembre 2005
Barba Pietro lo chiamavano i suoi alpini della prima e terrificante guerra mondiale. “Agente ottimo ma impromovibile” lo definivano i suoi capi nella Ferrovia e gli agenti della polizia durante il ventennio fascista. “Con che silenziosa ostilità”, confidava, “ho portato i miei vent’anni di miseria e di soprusi”. Infine, ancora: “Confino e prigione spirituale! La persecuzione Fascista mi ha privato dello scrivere, ma non mi ha impedito di pensare!”. E durante la seconda guerra mondiale, relegato (in effetti, confinato da Firenze) a Bologna, affermava con convinta durezza: “Ho solo il problema di conservarmi”.
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