Per ogni genere letterario, qualunque esso sia, l’interrogativo “quando lo scrittore scrive, cosa gli viene in mente?” apre una ricca e complessa pluralità di scenari: l’auctor può volere istruire, dilettare, completare il lavoro altrui, così come contestarlo, emularlo etc. Molteplici, forse infinite sono le possibilità, specie perché “un’arte il cui mezzo è la lingua darà sempre creazioni ampiamente critiche, poiché la lingua stessa è una critica della vita: essa denomina, colpisce, indica e giudica, in quanto dona la vita”. Proviamo dunque ad analizzare alcune forme che il pensiero assume quando si decide di scrivere.
La prima, come è ovvio, non può venir disgiunta da una scelta squisitamente stilistica. E tuttavia, varie possono essere le successive declinazioni.
La convinzione secondo cui la letteratura rappresenta l’espressione del pensiero di una nazione è di antica data. In particolare, essa trova la sua base, in Italia, nel... continua a leggere
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La trama delle Affinità elettive è ordita a intreccio dalle relazioni affettive che si combinano attorno a due poli, quello della vita e quello della morte (intese rispettivamente come nascita di una relazione o il suo contrario), che tra loro interagiscono secondo la prospettiva alchemica del morire per vivere. Della vita e della morte i sentimenti sono sia la causa – perché partecipano attivamente alla nascita o alla fine di un rapporto – sia l’effetto: il risultato della fine di un rapporto è un sentimento che può portare a unirsi di nuovo con qualcuno o a restare soli fino a quando, secondo la prospettiva goethiana, non si troverà una persona compatibile, alla stregua di una reazione chimica che può legare o dissolvere gli elementi che si incontrano in natura, per poi riunirli con altri e di nuovo allontanarli. Proprio su di essa Goethe ha modellato il titolo del romanzo
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Lo studio delle opere del Guicciardini è relativamente recente: queste, infatti, cominciarono a circolare solo dopo la sua morte; in vita egli fu noto esclusivamente come uomo politico, non come scrittore. Tale fama fu alimentata da lui stesso, che non volle dare alle stampe nessun testo, se non la Storia d’Italia, terminata poco prima della morte – l’opera sarà pubblicata integralmente solo nel 1564. L’aristocratico fiorentino scriveva essenzialmente per se stesso, specie onde riflettere e chiarirsi le idee
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