Al braccio alzato del carabiniere che intimava l’alt misi la freccia e accostai l’automobile nei pressi della pattuglia; la strada deserta, lo sfarfallio delle prime luci della sera. Spento il motore, un silenzio spettrale.
Era la seconda settimana di aprile del 2020, gli italiani da un mese vivevano un’esperienza mai vissuta; il lockdown e la pandemia avevano trasformato completamente la vita di ciascuno. Tra me e il militare le espressioni non verbali erano dimezzate dalla mascherina, ma c’era una calma quasi irreale, una gentilezza naturale, la stessa situazione che avevo trovato arrivando a New York un mese dopo l’11 settembre. Certo dovevano controllare i miei documenti che mi autorizzavano a circolare, ma il desiderio più grande era scambiare finalme... continua a leggere
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A San Antonio, in Texas, fu picchiato dalla polizia, arrestato per vagabondaggio e sbattuto in galera, la sua chitarra sfasciata perché s’era messo in testa di suonarla per strada. Era il novembre del 1936 e Robert Johnson era giunto in città da poche ore. Il giorno dopo, nella stanza 414 del Gunter Hotel, avrebbe inciso una manciata di canzoni poi entrate nella storia. 16 brani giunti a noi. Il produttore Don Law gli chiese almeno due versioni per ogni canzone. Wikipedia lo definisce così: “Tra le massime leggende della musica blues, è considerato uno dei più grandi e influenti musicisti del ventesimo secolo”. Ma prima di Wikipedia altre leggende della musica lo avevano iscritto tra le stelle a cui ispirarsi, da Jimi Hendrix ai Rolling Stones.
Lo s... continua a leggere
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‘Isolare’, leggo sul De Mauro, è ‘separare da tutto ciò che circonda’. Nel dizionario etimologico è ancora più duro, ‘staccare checchesìa attorno da qualunque corpo’. Eppure isolare viene da isola, e questa parola per me è sempre stata un sogno. Nato dopo la guerra non mi sfiorava l’idea di associarla al confino, come fu durante il fascismo. Pensavo piuttosto alla fuga in un posto meraviglioso, l’isola dei sogni, cantavo ‘l’Isola che non c’è’ di Bennato, ma soprattutto la parola mi accendeva l’idea di utopia, luogo estremo dove sperimentare il Nuovo. Un luogo da trovare, magari scrutando qualche mappa emersa dall’Archivio Generale delle Indie di Siviglia, in quel tempo in cui le mappe non erano solo una necessità ma anche una fonte di im... continua a leggere
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«Io ero la donna più bella del mondo, l’unica mia consapevolezza era il mio corpo, non sapevo fare nulla, il mio cervello quello di una mosca. Solo accudire forme straordinarie, null’altro».
Così si racconta Elena dopo la maturità al culmine di una vita intensa, in cui ha lottato per far crescere un io diverso da quello in cui si trova incastrata fin dalla nascita. Un corpo da ammirare, da offrire agli uomini e poco altro. Il suo sogno: essere famosa e splendente per qualcosa di realizzato e non per quello che era.
In questo modo Loreta Minutilli ci porta dentro questa auto narrazione di una delle poche donne entrate nei racconti mitici greci. Chi ha mai chiesto a Elena, la bellissima regina di Sparta, perché è fuggita con Paride, lasciando prole e mari... continua a leggere
tag: Elena di Sparta, Loreta Minutili
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