Alfonso Gatto nacque a Salerno il 17 luglio 1909 da Giuseppe e da Erminia Albirosa. Perdette un fratellino, a cui dedicherà rime tenere e amorevoli.
A Salerno compì gli studi classici e poi ben presto cominciò il suo peregrinare per l’Italia – una costante della sua vita – da Milano a Bologna, da Firenze a Roma, conservando nel cuore la nostalgia (dolore del passato) della sua piccola patria: “Sono venuto a Salerno, a risciacquare i miei panni in Irno… e su queste rive ho appreso la mia bella lingua” (l’Irno è il “fiumicello natio che sbocca in mare ai confini della vecchia città”). Ben nota la serie ininterrotta di spostamenti e di occupazioni, le più disparate, da correttore di bozze a commesso, da bibliotecario a scrittore, da profes... continua a leggere
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Da quando è principiata l’“età del treno”, si è assistito a una rivoluzione pressoché copernicana nei modi e negli stili del viaggiare per il Paese, inducendo – inter alia – una modifica sostanziale dei tessuti urbani e rurali che ha generato, agli esordi, timori e sospetti gravi.
A ogni modo, tutte le stazioni ferroviarie hanno costituito e costituiranno – per almeno due secoli tondi tondi… – uno strumento affatto inedito di emancipazione, di conoscenza, di avventura, di lavorio impietoso dentro se stessi, di officia familiari, di vacanza, di divertimento etc.
D’altra parte, l’universo cognitivo e affettivo connaturato al perenne divenire del treno – e di chi guarda il treno passare con intelligenza responsabile, un giorno dopo l’altro – appare singolarmente vicino: il treno sul ponte, il treno nell’anima della campagna, che corre fulmineo sotto la pioggia, il fumo denso e pesante che avviluppa tutto (“sembrava un giovane pu... continua a leggere
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Claudio Imprudente, scrittore, giornalista e formatore, è nato a Bologna nel 1960. In occasione della laurea honoris causa in “Formazione e cooperazione” svoltasi il 18 maggio di quest’anno a Rimini, ad opera della facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bologna, e con il rettore Ivano Dionigi, venuto come “discente”, ha esordito “dicendo” – grazie ad una traduttrice che interpretava i suoi sguardi su una tavoletta dove vi erano le lettere dell’alfabeto – che era “molto emozionato e per l’emozione avrebbe… balbettato”. Ha raccontato nel suo testo che, da piccolo, il suo papà lo prendeva fra le braccia e lo portava dalla mamma con la quale faceva colazione, poi la mamma lo prendeva fra le braccia e lo portava al papà che gli lavava il viso e i denti, poi il papà lo prendeva fra le braccia e lo portava alla mamma che lo cambiava e lo rivestiva, e così di seguito. A due anni un dottore, dopo averlo visitato disse ai suoi... continua a leggere
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Lo zero rappresenta un affascinante territorio di congiunzione fra matematica, storia e scienze umane, ogni ambito legato all’altro, in una realtà ideale, priva di frontiere, in una repubblica della scienza che si è costruita un suo spazio anche in settori molto complessi. Il caso dello zero è un caso emblematico perché la matematica, come la massoneria, ha la capacità di passare dall’osservazione delle cose visibili all’immaginazione delle cose invisibili, marcando così uno dei suoi segreti più profondi
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La setta degli Apofasìmeni fu una società segreta fondata negli anni venti dell’Ottocento che partecipò anche ai moti del 1831. La setta fu guidata da Carlo Bianco di Saint-Jorioz che la organizzò in Francia e nelle colonie britanniche, e nel 1831 entrò a farvi parte anche Giuseppe Mazzini che successivamente, attraverso la Giovine Italia, l’assorbì (“una costola buonarrotiana inserita nella Giovine Italia”). Fra gli esponenti di rilievo Filippo Buonarroti, che contribuì peraltro, fra il 1831 e il 1834, a costituire una catena di società segrete. Gli Apofasimeni ebbero in Toscana, in Piemonte, a Bastia, a Napoli, a Parma e a Bologna le zone di più intensa diffusione, anche perché riuscirono a combinare elementi carbonari e patriottici dell’area romagnola e dell’area bolognese
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L’attuale politica culturale del nostro paese non marca, di norma, il raggiungimento di mete ideali: è amministrazione, burocrazia, prassismo quotidiano, e tutto sembra tendere a divenire negoziato fra le varie componenti. Troppo spesso, non è certo un mistero, mancano radicalmente idealità, aspirazioni virtuose e passioni autentiche. Oggi esistono sistemi sofisticati che appaiono e scompaiono, che parlano il linguaggio della democrazia paludata, utilizzando tuttavia la ricattabilità di taluni uomini politici per infiltrarsi nelle istituzioni, per sedurre gli intellettuali più fragili, in un Paese sì pieno di credi, ma vuoto di religione, in un Paese dove non manca la libertà, ma, parecchie volte, gli uomini liberi
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Noi siamo ciò che ricordiamo di essere stati. La memoria storica è un diario, un salvadanaio dello spirito, e racconta i fatti più pregnanti della vicenda umana: ecco perché la storia diventa la memoria vivente del mondo intero. Non c’è futuro senza memoria. Distruggere la memoria equivale a distruggere la base della propria identità e della propria continuità nel tempo. La memoria storica è testimonianza del passato: consiste, in estrema sintesi, nell’organizzare il passato in funzione del presente, insegna la fecondità del sacrificio e celebra il trionfo della spiritualità. Indubbiamente, però, la conoscenza storica non filtrata dall’osservazione delle vite individuali, oscilla tra una improbabile razionalità e l’insignificanza dell’addizione degli avvenimenti
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Desidero innanzitutto dire che, fin da ragazzo, ho sempre nutrito una grande ammirazione per il popolo ebraico, e perciò sono davvero onorato di essere in questi antichi luoghi, perché ciò assume per me e per tutti noi una particolare valenza simbolica e spirituale, conferendo un rigore speciale ai gesti che compiamo, alle parole che diciamo e all’esplorazione di nuove prospettive. Si è qui per conoscere e per apprendere, sapendo bene che l’apprendimento non è uno sparo di fucile, ma un volo di farfalla e la memoria è il nostro granaio, il vero salvadanaio dello spirito
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Malgrado l’importanza da tutti riconosciuta all’azione e al pensiero di Aurelio Saffi e l’attualità ribadita persino nella delibera che ha consentito l’avvio della Facoltà di Scienze Politiche nell’Ateneo bolognese, ove si parlava di collegamento ideale con la Libera Scuola di Scienze Politiche di Aurelio Saffi, pare indubbio che - salvo rare e talora valide eccezioni - gli studiosi non abbiano ancora
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Da molti anni, oramai, insegno “Storia contemporanea” ed altre discipline storiche nell’Università di Bologna - presso la Facoltà di Magistero ch’è divenuta poi Facoltà di Scienze della Formazione - e nell’Accademia militare di Modena. In questa fase della mia lunga quanto appagante parabola didattica e scientifica, mi sta davvero a cuore esporre una sintetica riflessione sull’attività da me svolta confrontandomi con migliaia e migliaia di studenti.
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L’asino, dal latino asinus e dal greco ovos, sembra quasi aver un gran talento nell’ignorare le cose: è andato via da asino ed è tornato da somaro (sic).
L’asino, per secoli personificazione dell’ignoranza e della diabolica ostinazione, è al tempo stesso l’animale che sa di più, perché sa di non sapere. In effetti, il raglio è, fra le voci della natura, una fra le più drammatiche, espressione di un’urgenza irrimediabile e della volontà di non tacere più, dopo aver troppo taciuto.
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Quando sento vivi gli occhi
degli allievi su di me,
quando cerco d’entrar nei loro cuori
come un uccello ferito e smarrito
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Il Viaggio in Italia di Montaigne - per molte ragioni già chiarite da voci attendibili e per altre che tenterò qui di esporre - può considerarsi un classico tout court. Così, preliminarmente, mi chiedo con Roberto Roversi: «Sono ancora i classici il ponte di liane degli incas, tremolanti su tremendi strapiombi, che con filo di dura corda e pezzetti di legno uniscono ripe lontane e contrapposte altrimenti inaccessibili? Resistono ancora ad essere lo specifico miracoloso di lunga durata?».
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