Da insegnanti precari non è raro vedere smorzato il proprio entusiasmo da neofiti con una sola (e per di più infelice) battuta di un collega, come quella che dà il titolo all’ultimo libro di Cinzia Dezi Qui non siamo al liceo classico (Book Tribu, 2023). A pronunciarla è il prof. Riporto, responsabile del dipartimento di filosofia, dopo che al primo consiglio di classe la supplente, nonché protagonista del libro, Aurelia Alessandrini, ha osato proporre
«un laboratorio interscolastico di lettura del testo filosofico del tutto gratuito, a cui avrebbero potuto accedere gli studenti di tutti i licei della Città del Capoluogo e della Provincia e che avrebbe visto gli studenti accendersi sulle parole degli autori»;
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«Intorno alla tavola si pone in scena il potere, si svolgono transazioni, si stabiliscono alleanze, si compongono dissidi» – scrive Elisabetta Graziosi in uno dei saggi raccolti nel volume Il cibo e le donne nella cultura e nella storia. Prospettive interdisciplinari, a cura di Maria Giuseppina Muzzarelli e Lucia Re, Bologna, Clueb editore, 2006.
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In uno studio sulla poetica dello spazio nella letteratura italiana e non, la casa senza dubbio rappresenta un terreno di necessaria esplorazione. Tanto più se a rapportarsi con l’immagine della casa sono scrittrici; ovvero donne che all’interno delle mura domestiche hanno trovato nel contempo la protezione e l’esilio, la rottura e la tradizione e su questo doppio binario hanno intessuto le maglie del proprio discorso. Immaginando, allora, una ricognizione novecentesca dei rapporti tra scrittura femminile e spazio domestico, il romanzo breve di Maeve Brennan, La visitatrice, tradotto a giugno scorso da Ada Arduini per la Bur, non può non figurare.
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