Bibliomanie

Manzoni e “L’invenzione dell’inevitabile”. Il Saggio sulla rivoluzione francese del 1789
di , numero 33, maggio/agosto 2013, Saggi e Studi

Il Mounier conclude la sua giustificazione con questo argomento: «Perché noi fossimo in colpa, bisognerebbe che avessimo potuto prevedere con certezza tutte le circostanze che dovevano condurre i Francesi sotto il giogo della tirannia popolare». No davvero. Sarebbe troppo iniqua la condizione dell’uomo se per discernere il diritto dal torto, ci fosse bisogno d’esser profeta Confinato in un luogo meno che marginale, al fondo della lunghissima novantesima nota, questo passo, soprattutto con quella chiusa fortemente gnomica, esprime in nuce tutto il senso del vasto lavoro inconcluso di Alessandro Manzoni, il Saggio sulla Rivoluzione francese del 1789 e la Rivoluzione Italiana del 1859: il suo intendimento e la sua aporia. Di fronte all’evento inaugurale dell’età moderna, al più drammatico laboratorio storico-sociale degli ultimi due secoli, a un fascio di fatti così carichi d’avvenire, l’int... continua a leggere

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Una meditazione filologica sull’Amleto
di , numero 20, gennaio/marzo 2010, Saggi e Studi

Quando, nel 1977, Heiner Müller pensa ad Amleto, pensa probabilmente al giovane Laurence Olivier, che dall’alto della scogliera apostrofa verboso («BLABLA») le onde, mentre alle sue spalle – l’anno del celebre film è il 1948 – si innalzano ancora i fumi apocalittici di un’Europa in rovine. La medesima Europa dove, nel dramma shakespeariano, Norvegia, Polonia e Danimarca si combattono per un lembo di terra senza valore, nemmeno grande a sufficienza da ospitare le tombe degli uomini che vi moriranno. La stessa Europa che, di lì a poco, si getterà a capofitto nell’immenso carnaio della Guerra dei Trent’Anni ... continua a leggere

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Iago, il ventriloquo assillante. Una lettura di Othello
di , numero 19, ottobre/dicembre2009, Saggi e Studi

Più del silenzio carico di inestinguibile rancore di Aiace, come lo leggeva l’Anonimo del Sublime, più del leggendario ammutolire di Arthur Rimbaud, più del muso di sfinge del vecchio Pound, più del tacere di Antonioni, una poetica fattasi carne e sofferenza, più insomma di qualunque altro cecidere manus, l’abbandono della scena (e della parola) di Iago è il paradigma di come il sublime, appunto, coincida a volte con un taglio radicale, e la letteratura attinga il più alto grado di sé fuori da sé, o annullandosi ... continua a leggere

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