All’origine di uno tra i massimi autori contemporanei – poeta e drammaturgo, romanziere e filmmaker –, vi è un numero di matricola: 192102. Nell’asfittica clinica ostetrica Tarnier di Parigi, il 19 dicembre 1910, Jean Genet nasce da Camille Gabrielle Genet. Senza padre, nell’estate del 1911 è abbandonato anche dalla madre (che morirà di malattia nel 1919). Dalla clinica al brefotrofio, è immatricolato (e già orfano) all’Hospice des Enfants-Assistés. Camille non è più madre: Genet è figlio della pubblica assistenza
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All’avvertito lettore d’Immaginario dal vero (Milano, Abscondita, 2005) di Henri Cartier-Bresson sembrerà inverosimile che la situazione psicologica, o meglio la coscienza fotografica profonda del genio di Chanteloup aggioghi una duplice condizione: il fotografo è un antropofago a caccia, la sua preda complice del cannibale. Lo scenario ideale entro al quale va compresa la fotografia di Cartier-Bresson è dunque elementare per limitatezza d’orizzonte: il predatore di realtà fotografa e il fotografato non è il qualunque, è invece l’unicità fotografabile del mondo. Una misteriosa legge fa del fotografato il fotografabile. L’esemplare osmosi fra l’atto o clic e la fissazione dell’oggetto nella memoria della macchina riflette una trasmissione sensuale, una migrazione di seme dal guardante nel guardato
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Al Pala De Andrè di Ravenna, dal 27 agosto al 13 settembre 2010, più che una mostra su Corrado Cagli, il visitatore coglie – in poco più di cento opere – l’eccezionale versatilità dell’artista anconetano. Il poeta di Vita d'un uomo, Ungaretti, amico e più di tutto stimatore di Cagli, richiama proprio l’immagine dell’«uomo» allo scopo di eleggere il principio e il fine, la ragione esemplare dell’opera cagliana
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A un fenomeno di radiance, a una libera fioritura astrale si pensa dopo aver letto lineamadre (Donzelli, 2007) di Maria Luisa Vezzali. E sullo sfondo permanente di un tempo, di una temporalità in eterno boccio, rosario da erigere a cristallo della sua poesia
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Anche alla sensibilità del lettore meno avvertito, per caso imbattutosi nella Forza del pudore di Andrea Tagliapietra, verrebbe da pensare – per rovesciamento di titolo – all’attualità storica, culturale, ma di segno opposto, della debolezza del pudore
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A quell’ora della notte, era quasi l’alba di un nuovo giorno, lampare come stelle splendevano lontano, quasi nascendo dall’orizzonte marino, e sostavano calme nel cupo silenzio dell’inverno. Il tremolio delle onde moriva a riva e le luci lontane danzavano, ogni cosa intorno schiariva. A piedi nudi, con i calzoni di tela arrotolati fin sotto le ginocchia, Gaston passeggiava frangendo le creste bianche dell’acqua marina. Affossava nella sabbia bagnata e con rapidi strappi sottraeva il piede alla sepoltura.
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Da tempo, forse da molto tempo Reduce di Giovanni Lindo Ferretti, il poeta dei CCCP–Fedeli alla linea, dei CSI ed ora dei PGR, chiedeva – sebbene da poco più di qualche mese in libreria – d’essere conosciuto. Anzi, d’essere letto. Anche al di là del mestiere di chi scrive sui libri, al di là della critica letteraria
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Rosalie Beatrice «Ruth» Scherzer alias Rose Ausländer è originaria della leggendaria Czernowitz, la città fiorente nella «verde madre» Bukowina (Bukowina III) – alveo geografico della grande, clamorosa poesia «rumena» («Czernowitz/patria dei sognatori», In memoria di Elieser Steinberg).
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Almeno due sono le immagini, dolorose e cariche di verità, dolorose forse perché cariche di verità, di un film, un altro coraggioso gesto di Sabina Guzzanti, Viva Zapatero! Mi riferisco all’esplosione di pianto di un redattore del «Corriere della sera», Alfredo Pieroni, lacrime piante ricordando il destino di Enzo Biagi
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Della «doppia vita» di Ignazio Silone, Dario Biocca – dopo che il Novecento l’ha consegnata nell’aspetto della mendacia colposa – prova a illuminare, accanto al lato “rosso” della militanza comunista il lato dell’ombra, ciò che la vita rende appunto «doppia», il dialogo clandestino condotto dallo scrittore con la «polizia fascista».
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Quando Jack Zaccagna e l’aiutante Bob Frusta estrassero i coltelli dai foderi di cuoio, Mohamed Mbami urlava e sanguinava da molto tempo. Dai grandi capezzoli bruni strappati da tenaglie roventi, il sangue scorreva a fiotti senza arrestarsi, mentre una coppia di morse strette a due lembi di quadricipiti divelti mostrava la bianchezza del femore. I becchi taglienti di due morsetti lasciati in terra stringevano invece grossi pezzi di carne insanguinata
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