elogIO della soliTUdine. Castelli di carta di Alberto Teodori
I castelli di carta sono il mondo, come già espresso da Alberto Teodori in Per non apparire, e forse anche in altri luoghi, vista la sua tendenza a ritestualizzare e rilanciare certo suo déjà écrit. Perché ripubblicare il pubblicato? Intanto, trapiantare il passato nel futuro riattualizza uno ieri non esaurito, e che non si vuole esaurire. Ma il vero motivo è che in un autore tout se tient. Dimentichiamo troppo spesso l’accesa sensibilità al tempo di un autore: se è un autore. I castelli di carta sono il mondo, d’accordo. Tuttavia, Sergio Quinzio scrive in prefazione, «castelli di carta sono anzitutto le nostre parole», anche quelle, Quinzio continua, attraverso cui Teodori tende a definire e insieme a dare spessore alla separatezza, a quel «cercare l’ombra di sé stessi» che sembra essere l’esclusivo principio ispiratore delle sue opere. Quinzio racconta che il giovane Teodori aveva tradotto Mallarmé usando lipogrammi in r. Il risultato furono versi «dolci e morbidi». Platone diceva che la rho dà l’idea del movimento (Cratilo). Sopprimerla potrebbe dare l’idea di una parmenidea immobilità, di una soppressione del divenire. Sarà un nesso indotto, costruito, ma quei versi privati della r sembrano trattenere qualche affinità con una esistenza quasi inerte, chiusa al mondo. Un volontario isolamento viene vissuto da Teodori senza concettualizzare il regressivo o ricorrere all... continua a leggere
tag: alberto teodori, castelli di carta, poesia
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